insufficienze

Una cosa che ho imparato, man mano che le cose sono venute fuori in questa raccolta del cazzo è che non ho mai la più pallida idea di cosa possa venire fuori perché mettere in ordine i pensieri nella mia testa è come giocare a monopoli: vai in bancarotta prima o poi. Con me perdi i nervi. M'ammattisco io da sola, come vorresti sopravvivere?

Ad ogni modo, deduco che questa mia incapacità di sistemare ed equilibrare e dare un senso e tant'altro che non ricordo in questo esatto attimo -- dicevo, sì, questa mia incapacità si colloca perfettamente nella mia serie di insufficienze.

Ora vi spiego, non pretendo mi capiate al volo. Anche perché non so cosa ho intenzione di comunicare, quindi. . . Certo, le insufficienze, che sciocca. Vedete, crescendo ne ho assommate così tante da essermi trasformata in una di loro. Ci sto arrivando.

Quando ero piccola, una stronzetta che andava in giro con un pupazzo rosa fluorescente (ora di un rosa schiarito che fa cagare anche i pesci), ero convinta che venendo su avrei avuto un motivo. Cosa sono i motivi? Qualcosa che, ad una certa, ti fa dubitare e poi riprendere e so e posso. Ecco. Non ne volevo chissà quanti, uno o due, massimo, mi bastavano anche perché poi i motivi pesano eh, non crediate sia semplice caricarseli addosso. Comunque, dicevo, ne ero proprio sicura. Camminavo con quel dannato pupazzo del cazzo e pensavo che avrei fatto grandi cose. Ora che ho diciotto anni e la mia vita consiste di accondiscendenze e rifiuti posso dire di non aver soddisfatto le mie aspettative. Ma ci sto arrivando. Tutte le mie certezze e fran. Non c'è mai stato un cazzo. Sono cresciuta in errori altrui che hanno distrutto la mia esistenza senza che io potessi anche solo espormi sull'argomento. Sono diventata un'adulta a cinque o sei anni in un mondo di grandi che s'atteggiavano da bambini. Senza responsabilità, come se non le sentissero. Mi piacerebbe dire di stare meglio adesso. Vedete, non sempre un estremo si cura con un equilibrio, a volte semplicemente tutto fa proprio schifo ed è una merda e vorresti piangere e strapparti la pelle con le unghie, ma non puoi. Ed allora ti sposti involontariamente dall'altro lato: possessività, oppressione, libri. I libri mi hanno rovinato la fottuta esistenza. Quando c'ho cacciato la testa, vedete, in quel momento, ho capito. Mi sono imbottita di pillole di gioia ed angoscia, di liberta ed eroi ma qui, dove devo trovare il mio infinito, qui tutto è oltre niente. Invece del niente oltre tutto che ho immagazzinato con la mia amata Austen (concetto spassionatamente complesso e privo di un senso, me ne rendo conto), ho trovato anime desolate e indaffarate. Dove sono gli uomini? Ed ho messo due parole in croce ed ho realizzato: cazzo, la mia prima insufficienza. Non so guardare alla realtà con occhio obiettivo e concreto, pratico (insomma), ma posso scriverti moltissime parole paradossali e pindariche. Posso prendere il volo.

Ahia. No. Un'altra insufficienza. Io non ho le ali. Vedete, gli uomini sono nati con questa assurda disgrazia del non poter volare e si ritrova pertanto ad invidiare un bel piccione che caga sulle fontante delle propria città. Meraviglioso. Ma i piccioni portano un bordello di malattie ed hanno il cervello quanto quello di una nocciolina --- insomma, non è che vi sto a dire i motivi per cui essere un piccione mi farebbe rimettere e rotolarmi nelle briciole di pane rubato ormai vomitate con tutta la mia anima. I piccioni sono animali fantastici, ve lo giuro. Tutto è straordinario se è del mondo che parliamo, ma se io posso coglierlo è perché ho un qualcosa che il piccione non possiede. Io ho una sensibilità. Io ho una parte razionale. Io ho degli occhi che invece del pezzo di pane per alimentarsi vede un insieme di carboidrati (tutti i legami e così via). Eccitante, no? Quello che la nostra può fare e vedere e pensare e costruire. Nessun piccione puó. Noi . Tuttavia quando piove sulla nostra testa, non abbiamo la capacità di scacciare quest'acqua (i piccioni sì, sapete, lo strato ceroso che ricopre le loro ali) e allora la accumuliamo e la teniamo immagazzinata e poi affoghiamo. Il paradosso sta che uno tenta di salvarsi quando sta lì lì, ma non riesce e fran. Tutto si ferma. A volte me lo chiedo quanta felicità si ottenga nel fermarsi del mondo e di te stesso. Niente paranoie. Niente. Niente acqua nella mia sensibilità. Insufficienza. Anzi, due. La prima è il non poter impedire che piova sulla tua anima, la seconda è non sapere se davvero dopo c'è la pace. È che io la cerco la pace, ci arrivo. L'uomo dovrebbe avere il cervello ricoperto di uno stato ceroso, vorrei dire. Continuiamo.

L'uomo ha un sacco di insufficienze. Occorre che io ve lo dica? Non basterebbe una vita per contarle e questa è un'altra grande insufficienza del cazzo a cui non possiamo porre rimedio.

Se poi metti piede nella mia testa, troverai paranoie, pianti infiniti e tanta filosofia. Non c'è nulla di positivo in questo (insufficienza). Nutrita dalle incantevoli aspirazioni di libertà, a diciotto anni mi ritrovo a chiudermi in un cesso nella seconda ora di un sabato soleggiato perché mia madre in un momento di assoluti egoismo e tristezza ha deciso di etichettarmi in un altro dei sue cento modi.

Il problema dell'essere insufficiente è che mai penserai di poter riempire le giornate di qualcuno perché non concepirai l'idea di una persona che possa scegliere te.

Da quando ho lasciato andare Darcy, poi, le mie insufficienze si sono moltiplicate. Non che io non sappia più provare sentimenti, che ve lo dico a fare il modo in cui la mia anima si sta sfracassando sul pavimento --- assolutamente no. Tra le tante inette faccende della mia vita, a sommarsi alle altre c'è la incapacità di partorire qualche scritto degno della vostra attenzione. Sufficiente. Appunto. E non è che mi manchi Darcy, anzi, ce l'ho più ora che quando lo amavo, ma quella forza di buttare a terra le mie sensazioni non ce l'ho più.

A volte tutto è un po' una merda. Per i miei genitori resto e resterò una bambina immatura, egocentrica, inopportuna, sbiadita, stupida, insufficiente. Non c'è momento in cui mi guardino e io veda nei loro occhi non so, una persona? No. Vedo un oggetto. Vedo un contenitore di sabbia piena di ricchezze da sfoggiare, da mostrare agli altri assieme ai voti di una pagella e poi? Poi tanto silenzio. Poi mi viene detto che non penso bene. Poi poi poi. Il tempo è un'insufficienza del cazzo.

E mentre scrivo questa schifezza durante la spiegazione di Carducci mi chiedo quando le insufficienze termineranno di asfissiare le esistenze. Ogni uomo tenta di completarsi perché, insomma, spieghiamoci, non è che questi tormenti che precedono l'età adulta avviliscano solo me, proprio no. Ma c'è questa mia assurda sensibilità che mi fa vomitare le budella ogni qualvolta un essere vivente, compreso il mio cane ciccione, mi guarda con disaccordo.

Il mio cane ciccione è bravo in questo. Mentre sto lavando i piatti o sto seduta a non far niente, lei (il cane ciccione è una femmina da due settimane sterilizzata - e ditemi se questa non è un'insufficienza. Essere sterilizzata) prende quella dannata pallina o quella pecora di plastica estremamente inquietante e me la porta ai piedi. Non proprio ai piedi. Un po' più in là. Come se dicesse: sforzati un pochino per me. E poi mi guarda. Inizialmente con aspettativa. A volte la ignoro: non è cattiveria, o sto spazzando o asciugando le pentole, non ho tempo - lo abbiamo detto, il tempo è insufficiente - e lei comincia a tremare e a guardarmi con disprezzo assai gracile. Poi gliela devo lanciare per forza quella cazzo di pallina.

Il problema è che la mia vita è come un cane obeso che mi lascia la pallina un sacco lontano. Si aspetta io ogni volta mi distragga dalle mie idee, dalle mie concentrazioni, e gliela lanci. Il fatto è che io sono insufficiente e non sono più in grado di alzarmi ed andare lontano per prendere quella pallina e lanciarla. Capite. Forse no. Forse proprio no perché non ha un cazzo di senso. Ma il punto è: io vorrei che qualcuno la pallina me la portasse in mano. Che non debba essere sempre io ad alzare il culo e soddisfare le aspettative. Se la vita me la rendesse più facile, io sarei meno insufficiente.

Tuttavia la vita è una cane grasso e non lo farà mai. Il mio cane è anche invalido, quindi non ci sono opportunita. E qui arriviamo alla grande consapevolezza: la vita stessa è un'insufficienza.

È insufficiente per amare perché a volte sei stanco, altre volte deluso, altre volte stanco e deluso e vorresti che quella persona ti guardasse e ti dicesse da solo che ha dei sentimenti per te. Amare è grande, amare mica lo si può gestire in uno solo.

È insufficiente per scrivere. Hai Darcy, un attimo dopo ti senti in colpa ad attingere a lui perché non lo ami più. Come fai a guardarlo e ad ispirarti se non lo ami più? Potrebbe dirti: stronza puttana del cazzo, nessuno più mi dedica attenzioni, tu ora hai un altro, e vorresti scrivere su di me?

Minchia e sei hai ragione. Ma il fatto è che sei la mia musa. Come te lo spiego.

È insufficiente perché di muse ce ne sono tre su sette miliardi ed è abbastanza capitalista, la vita, che ti impegna a tal punto da non avere più la forza - altra insufficienza - di trovarne una e guardarla e renderla immortale.

È insufficiente perché da un giorno ad un altro, ti toglie qualcosa che non ti ridarà mai. È che dovresti crescere, maturare, percepire. È difficile, oh. Crescere, maturare. Vorresti svegliarti da quest'incubo e oh mia nonna è ancora qui, non in una cappella al cimitero. Ma no. Puoi provarci, ma ti sveglierai la notte e avrai ansia per la mattina dopo ma altre quattro ore per dormire però non riesci a dormire. Né ad usare virgole.

È insufficiente perché sei ferma, zoppa, su una panchina. Col culo al freddo. Aspettando un treno, un autobus, un tram. Questo arriva eh. Ma non tu non vuoi prenderlo, tu vuoi trovarti. Perché sei ovunque. Ma da nessuna parte.

Dove sei ora? Chi sei? Dove stai andando?

Immagino tu non abbia sufficienti risposte o parole per questo quesito. Io nemmeno.

Mi viene detto che non dovremmo voler viaggiare per trovarci, non dovremmo voler andare via o perderci o bere. Il problema non è trovarci. Lo spazio, il corpo. Non sono categorie, ma intuizioni, pertanto perché cercare qualcosa che solo ipoteticamente esiste e se, e soltanto se, in relazione ad altri forme? E l'anima nemmeno ce l'ha una esperienza, quindi non ci provo nemmeno a razionalizzarla. Allora cosa cerco? Ma sciocca, la tua personalità. Il tuo scopo. Il tuo non voler essere.

Perché se per i primi due la faccenda è complessa, non immagini quanto invece sia semplice per il terzo. Vedi, se ti guardi attorno e vedi un piccione, saprai di non voler essere un piccione. O un gatto pigro. O un uomo o donna che sia troppo sicuro di sé. O troppo poco sicuro di sé.

Tutti vogliamo essere. È la parte peggiore questa. Perché per essere dobbiamo non essere. Io non voglio essere Darcy, o non potrei scrivere. Tuttavia Darcy è essenziale nel suo essere sé e nel suo non essere me o altrimenti non avrebbe musa.

La parte strana è che per quanto lo neghiamo, tutti cerchiamo di non essere qualcosa. C'è questo mio amico che si impegna un sacco per portare una divisa da grande, perché lui non vuole disobbedire, lui non vuole non appartenere. Cosmico.

Anche mia madre mentre urla è qualcuno, ma soprattutto non vuole essere qualcuno che non ha una posizione. Qualcuno che è diverso da lei. Qualcuno che non soffre come lei. Soffre un sacco mia madre, vorrei poterla aiutare. Ma non posso. Perché anche io non voglio --- non voglio dovermi sempre prodigare.

Il punto di questo testo assurdo e senza senso è che nel nostro essere siamo insufficienti, ma nel non essere siamo impeccabili. Stiamo sempre a sottolinearlo. È magnifico. Odiamo essere insufficienti nella nostra esistenza e quindi evidenziamo quanto siamo perfetti in ciò che non siamo. È umano. È sensibile. E io invece di piangere, ci scrivo sopra. Magnifico.

Tuttavia questo testo è. Ed è insufficiente. Come la mia vita. Come il mio carattere. Persino come il mio non essere perché io non mi trovo e non mi conosco. So solo che sono insufficiente. Divertente.

Quindi non lo correggo. Se è insufficiente, sarà impeccabile perché non è perfetto.

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