2 • Primo giorno
Il colloquio fu veloce ma esaustivo, il superiore aveva tutto in regola e non si concedeva a futili chiacchiere che neanche a No-eul interessavano. Eppure, a vederlo dall'esterno, quel luogo pareva uno spazio liminale ma vomitato da arcobaleni in ogni dove: un edificio nascosto in un'isola remota, grande tanto da comprendere più dormitori, corridoi infiniti, zone accessibili a membri esclusivi e altrettante zone messe in atto per una serie di giochi, ognuna col proprio obiettivo ben preciso. Le pareti variopinte ma al tempo stesso spoglie di qualunque decoro davano a No-eul un senso di emicrania semi costante.
Poi quella dannata voce registrata, con un timbro femminile e petulante, si era infiltrata nella sua mente dal primo minuto: quando non comandava un superiore, vi era lei a indirizzare i lavoratori.
Ma soprattutto... Quel lavoro. Si promise di non tornarci ma accettò come gli anni precedenti. Conobbe il superiore molti anni prima, in un ospedale fatiscente, ai limiti tra la vita e la morte: a sua sorpresa, No-eul aveva ucciso tutti gli ex colleghi e varcato il confine tra nord e sud Corea, lasciando dietro di sé purtroppo pezzi della sua vita, il compagno morto e la figlia sperduta.
La bambina di appena un anno era considerata da tutti morta ma No-eul non voleva accettarlo. Piena di rancore, rimorso e rabbia accettò di lavorare per mano di quell'uomo, nonostante stesse letteralmente sacrificando uomini in pasto a demoni sulla Terra.
Odiava quella realtà ma era l'unica a cui poté aggrapparsi all'ultimo e il suo temperamento freddo le salvò la sanità mentale il più delle volte, quasi facendole appositamente dimenticare degli orrori vissuti in ogni edizione dello Squid Game fino ad allora.
I ricordi balenavano tra quelle mura, a ogni passo verso la propria anonima stanza. Rimuginava continuamente sulle parole del superiore, scossa da quella variazione che egli stesso propose e che alcuni colleghi seguirono ciecamente: rivendere organi al mercato nero.
Tra le centinaia di guardie, No-eul era una delle più piccole di corporatura, nonché la più bassa tra i soldati. Il regolamento rimase il medesimo: la gerarchia tra le guardie si divideva in managers che comandavano soldati, a loro volta di grado più alto ai lavoratori; contrassegnati rispettivamente dal simbolo quadrato, triangolo e cerchio sulla propria maschera nera. Era severamente proibito rivelare la propria identità a giocatori e colleghi stessi, parlare se non richiesto e uscire dalle proprie stanze fuori dall'orario di lavoro. E l'ultima regola non scritta: sparare ai giocatori eliminati in punti non vitali, cosicché gli organi non potessero collassare e diventare inutili a orribili fini.
Che stronzata... No-eul si tolse la maschera nella propria stanza prima di andare a dormire.
Quattro mura spoglie, una brandina scomoda e un tavolino per la razione di cibo data attraverso il foro della porta. L'odiosa voce meccanica diede a tutti la buonanotte prima di spegnere le luci. Fu così che il mattino seguente iniziò quel lavoro, nella speranza di superare i giorni il più in fretta possibile.
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