Risveglio

Mi ero svegliata.
Osservandomi attorno mi ero accorta di trovarmi in un'orribile stanza.
Sembrava un luogo di tortura, non di certo uno stanzino medico!
Ero al centro, su una scomoda panca in legno bianca e dura, accanto a me c'era un tavolino tondo dello stesso materiale a sorreggere una bacinella d'acqua sporca di sangue con a fianco degli utensili in metallo, simili a forbici, e delle bende, anch'esse tutte zuppe di liquidi.

Almeno c'era una finestra, della stessa forma e dimensione del piccolo tavolino, dalla quale entrava un tiepido sole, come quello dell'alba.
Guardando oltre notavo due spogli armadietti in metallo pieni di altri oggetti, alcuni li riconoscevo come unguenti, almeno riuscivo ad identificare qualcosa.
Per il resto la piccola stanza era spoglia, fredda e color legno naturale.

Dovevo aver preso una brutta botta alla testa, visto il dolore che provavo, e, d'istinto, ero andata a toccarmi la fronte, vicino all'attaccatura dei capelli, a destra, trovando una lunga ed evidente cicatrice.
Era la mia pelle, quella, la sentivo morbida e tiepida, invece il tratto che partiva poco sotto l'attaccatura e finiva ad arco fin dietro l'orecchio era ruvido, freddo e frastagliato.
Lo sentivo chiaramente e mi disturbava sapere che esso fosse parte di me.

Scavando nella memoria avevo ripescato gli ultimi attimi vissuti, ovvero quelli in cui venivo immobilizzata nonostante i miei tentativi di liberarmi, ed ecco che avevo trovato un'altra orribile cicatrice su tutto il ginocchio destro, simile ad una croce.

All'improvviso era entrato qualcuno.
Era l'uomo dai capelli blu che avevo visto il giorno prima, insieme ad un altro uomo leggermente più basso di lui, esile e con indosso una maschera molto appariscente bianca con strisce azzurre a coprirgli il viso.
"Hai idea di dove ti trovi?" Aveva domandato il ragazzo biondo con la maschera.

Ero sobbalzata a quella domanda e velocemente avevo scosso la testa.
"Sai almeno chi siamo noi?" Aveva continuato lui calmo, senza mettermi pressione.
Li avevo osservati un attimo, cercando di fare mente locale.
Cercavo nella mia mente chi io fossi, cosa fosse accaduto, almeno il mio nome, o per lo meno se sapessi chi fossero loro, se potevo sentirmi salvata o dovessi preoccuparmi ancora di più.

"Wire ha ragione, quella ferita alla testa deve averla confusa molto"
L'uomo che teneva coperto il volto alle parole del suo compagno aveva annuito, senza mostrare alcuna emozione, per poi chiudersi a pensare.
"Almeno ricordi il tuo nome? Kuma ti ha mandato qui e non possiamo ucciderti senza sapere che cosa vuole da questa ciurma" aveva continuato spiegandomi la situazione come se niente fosse.

Come, uccidermi?
Perché avrebbero dovuto farlo dopo avermi salvata!
"Non so il mio nome e non conosco questo Kuma" avevo ribattuto immediatamente.
Volevano uccidermi e cercavano informazioni da me che non possedevo!

Non potevo fare nulla e nemmeno c'era la possibilità che potessi ingannarli con false informazioni, non sembravano i tipi da bersi delle bugie così evidenti, e questo era ancora più pericoloso di ritrovarmi in un luogo sconosciuto senza memorie.

"Hai dormito per due settimane, nel frattempo abbiamo dovuto riparare la nave appena comprata a causa della tua intrusione e ci è costata molto"
Non lo diceva con un tono arrabbiato, l'uomo mascherato, anzi, non lasciava trasparire neanche il più minuscolo acciglio, tanto che non mi sentivo in urgente pericolo nonostante la situazione ed avevo disteso un po' i muscoli.

"Siamo una ciurma giovane, perciò non abbiamo tanti mozzi" aveva aggiunto l'altro dai capelli blu.
"Fra due giorni ti manderemo a pulire per ripagarci dei danni e da allora avrai una settimana per ricordarti le tue vicende con Orso" aveva sentenziato il biondo.
In che senso una settimana? Non intenderà che...

"Mi ucciderete, anche se vi dirò ciò che volete?" Avevo domandato impaurita.
Come ci ero finita in una ciurma di pirati! Per di più così spietati!
"Sì, ma almeno non avrai nessuna tortura, credimi, è un grande favore" e, dette quelle parole, erano usciti, lasciandomi da sola.
Terribile, ero in una situazione irreale.

Non ricordavo il mio nome e fra poco sarei morta a causa di informazioni che non ero in grado di rivelare in quanto non mie!
Mi era presa il volto nelle mani dallo sconforto, maledicendo quel giorno funesto.
Poco dopo era entrato un altro ragazzo, piuttosto anonimo.

Appariva interdetto, era tremante e sporco d'acqua usata e fili di tessuto di vario colore incastrati qua e là.
Sarà stato sicuramente un mozzo, come lo ero io ora, e, velocemente, mi aveva portato del cibo.
Era però un piatto caldo e dal profumo invitante per il mio povero stomaco vuoto.
Non avevo mai mangiato in vita mia un qualcosa di simile, credo... aveva una salsa rossa leggermente dolce e del cibo all'interno giallastro dalla forma sottile e lunga.

Era buonissimo!
Solo guardandolo lo stomaco aveva iniziato a brontolare e, senza badare alle macchie ed alla fatica per acchiappare quei viscidi filamenti, avevo mangiato tutto di corsa sporcandomi ovunque.
Quel piatto mi aveva riscaldato il cuore, tanto che mi sentivo un po' meglio nonostante stessi per morire la settimana a venire.

Nonostante tutto si mangiava bene, in questo spoglio posto, e sarei almeno morta con lo stomaco pieno e caldo.
Non sapendo di preciso quanto tempo dopo, era entrato un uomo alto ed incappucciato, dall'aria solida e molto muscoloso, ed aveva iniziato a controllare le bende che mi ero ritrovata nel basso ventre.
"Ti sei sporcata tutta di sugo, dovrò cambiare ogni benda" aveva affermato ridacchiando divertito mentre appoggiava il tridente nelle sue mani di fianco al muro.
Perché si portava dietro un grosso e pesante tridente di metallo tonalità mattone?

La sua mano non era molto veloce, né tantomeno delicata, tuttavia dovevo essere grata del fatto che mi stessero curando.
Mi avrebbero dato una settimana di vita in più, dovevo ringraziarli!
Era tutto così frustrante!
"Perché mi curate se poi mi ucciderete a sangue freddo? Non ricordo nulla di me e mi sembra impossibile che io abbia le informazioni da voi desiderate" avevo chiesto calma.

Non avevo paura a parlare ora che avevo metabolizzato la situazione.
Se il loro volere era quello di darmi una settimana ero piuttosto sicura che avrebbero mantenuto i patti presi dalla persona che li comandava senza disubbidirgli uccidendomi.

"Non sono un medico, però se muori di certo non potrai parlare.
Ti ha mandato qui uno della flotta dei sette, un tipo pericoloso, è normale che Killer sia in allerta e voglia più informazioni possibili su quello che sta accadendo" aveva risposto lui mentre sistemava sgraziato le bende.

"Chi è Killer?"
A quella domanda era scoppiato a ridere.
"È l'uomo con il viso sempre coperto, anche quando mangia, il nostro vice capitano" aveva spiegato ancora divertito.
L'uomo biondo, quindi, si chiamava Killer.

"In quale isola sei nata? Non ho mai visto un umano con degli occhi gialli che risplendono al buio" aveva continuato lui mentre aveva preso un utensile per tagliare il bendaggio.
Occhi che risplendono al buio e gialli come quelli di un gatto? Era possibile?
"In questo momento non so nemmeno come sono allo specchio, non saprei risponderti" avevo ribattuto sconsolata.
Avevo gli occhi di questo colore, quindi?

"Ti conviene ricordare in fretta, hai nove giorni contati escluso oggi"
Certo, nove giorni, due in questa stanza a riprendermi e le altre sette a lavorare come mozzo per questa nave.
Ce l'avrei fatta, in così poco tempo?

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