Capitolo 4
Victoria.
Sono arrivata a casa da circa un'ora ma come al solito non c'è nessuno ed è completamente vuota, ho fatto un altro giro completo per potermi ambientare e ho scoperto che il bagno principale è proprio accanto alla mia stanza e che, nonostante l'abbia usato questa mattina, non ci abbia fatto caso. Il sonno gioca brutti scherzi.
Mio padre si è occupato di cambiare le tende e di mettere quelle più leggere possibile che mantengano comunque la privacy e per farmi stare tranquilla e in luce la casa, una cosa molto importante per me. Ecco come mio padre dimostra il suo affetto: con dei gesti che servono a salvaguardarmi; non mi ha detto nulla delle tende, lo ha semplicemente fatto perché sa della mia più grande paura: il buio. Do un ultimo sguardo al salone e salgo in camera per potermi rilassare un po' e, senza accorgermene, sono di fronte alla tela bianca su di un cavalletto a disegnare non so cosa. Ho un'idea confusa nella mia mente, vedo un volto femminile, un volto dolce e dallo sguardo perso, non rappresenta nessuno, solo il pensiero. I tratti sembrano realistici ma in realtà so che nei miei disegni ci saranno molti errori tecnici di prospettiva e proporzione. Disegno pure una mano sotto il suo mento e ingrandisco un po' le labbra in modo da renderle più visibili. Non lo coloro, lo lascio solo a matita su quel foglio bianco e lo guardo da lontano, il risultato al di là di tutto, mi soddisfa parecchio a tal punto da appenderlo nella mia camera. Mi butto sul letto e chiudo gli occhi. Sapere che Leila è la mia vicina di casa mi rende felice? Nel senso, sono felice, se così si può dire, di conoscere una persona che frequenti la mia stessa scuola ma allo stesso tempo non voglio affezionarmi. Spero solo che in questa nuova vita non vada tutto a rotoli. Lo spero tanto.
Sento il rumore di una moto rombare in strada facendomi sobbalzare e sento anche che si ferma molto vicino a me. Mi alzo dal letto e mi avvicino alla finestra che ,guarda caso, mi permette di vedere la moto e la casa dove si è fermata. La casa accanto a quella che dovrebbe essere di Leila. Dalla moto scende un ragazzo dai capelli scurissimi che indossa una maglietta bianca che lo fa risaltare tra il verde del suo giardino. Le braccia che fuoriescono dalla maglietta sembrano ben definite e i suoi tratti ,anche se riesco a vederli solo da lontano, sembrano molto belli.
Ma perché spii le persone?
Sobbalzo indietro a questo mio pensiero e chiudo la tenda. Rido di me stessa e mi stendo di nuovo sul letto e questa volta senza accorgermene mi addormento dopo essermi ingozzata di quasi mezzo pacchetto di cioccolatini.
******
Buio, è tutto buio intorno a me, non respiro, tremo, soffoco.
-Non mi cercare- sento una voce di donna pronunciare queste parole.
Times New Roman
Il buio si intensifica. Sento che l'aria sta per finire e il mio respiro si fa ancora più corto. Poi improvvisamente, una luce, un lampo. Una camera da letto, vuota. Buio. Le coperte grigie. Buio. Due buste. Buio di nuovo. Soffoco di nuovo, mi accascio nell'oscurità e cado. È come se sotto di me non ci fosse più niente.
–anche se un giorno dovessi riuscire a trovarmi, io per te non sarò più nulla- la voce di questa donna continua. Continuo a cadere, non riesco a fermarmi e...boom.
Mi alzo dal letto grondante di sudore, uno dei miei soliti sogni, anzi, incubi legati a mia madre. Succedono molto spesso. Mi passo una mano sul viso e mi giro verso il mio comodino per guardare l'orario e per poco non grido. Sono le sette e mezza! Mi lavo in modalità velocità supersonica e indosso i primi vestiti che trovo nell'armadio, un paio di jeans e una maglietta bianca, converse basse e dopo aver preso una borsa a tracolla nera e averci buttato dentro dei quaderni a caso volo per le scale e cado a terra a circa mezzo metro dalla porta.
Che botta...non mi sento più il culo.
Sei sempre molto femminile nelle tue affermazioni,vedo.
Sempre.
Mi metto in piedi e vedo mio padre guardarmi stranito mentre tiene con una mano una tazza di caffè cercando di trattenere una risata. Perderò l'autobus! Dannazione.
-Ciao- lo saluto uscendo.
-ciao anche a te figliola- e ride cercando di soffocare il suo gesto.
L'autobus è appena partito. Non potete farmi questo il primo giorno di scuola. Potrei prendere la macchina ma non so se parte, è troppo tempo che è ferma in garage, mentre quella di mio padre a lui serve. Benissimo.
-Victoria? Hai bisogno di un passaggio?-
-Leila?-Dio benedica questa ragazza!
-vieni - mi invita e mi avvicino a lei.
-grazie, non hai idea di quanto tu mi stia aiutando- dico sincera.
-Figurati, potresti venire con me tutti i giorni se vuoi.- dice.
-oh no, no..- dico. Non voglio recare disturbo a nessuno.
-siamo o no vicine di casa?- chiede ridendo.
-certo- rido per la tanta energia di questa ragazza...e sono solo le otto meno dieci del mattino.
-bene allora!- esclama e parte ma dopo circa dieci metri si ferma di fronte a casa dei suoi vicini, quella del ragazzo di ieri sera. Non ci credo. Il destino è maligno.
- ciao Dylan- lo saluta.
Dylan? Quel Dylan? Il Dylan del quale mi parlava ieri?
-ehi bellezza- la saluta e le da un bacio sulla guancia, poi vede me e mi sorride. Ha dei capelli spettinati castani e due grandi occhi marroni, folte sopracciglia e sorriso magliante... il pensiero che sfiora immediatamente la mia mente è "è davvero molto bello". Veramente molto bello.
Il suo sguardo è penetrante, mi osserva per alcuni secondi senza dire una parola e mi sembra di sprofondare di nuovo nel buio, ma questa volta non mi fa paura. Indossa una maglietta grigia con scollo a V che gli lascia scoperte le braccia dai muscoli asciutti e dei jeans neri. Una cosa di lui mi colpisce: una cicatrice che gli attraversa il braccio destro da sopra il gomito fino ad un punto vicino al polso. Appoggia le mani alla macchina e i suoi muscoli si contraggono lievemente mentre si sporge per guardarmi meglio.
- non ci conosciamo, piacere, sono Dylan Vuller- mi porge la mano e mi sorride.
-sono Victoria Mason.- rispondo stringendola.
-bel nome- si complimenta.
Sono sicuramente tutta rossa ma cerco di non dar a vedere il mio imbarazzo -anche il tuo è un bel nome- dico riuscendo a mantenere la voce calma.
Ma che cosa dici? "anche il tuo è un bel nome"?Sei un disastro.
Mi mette ansia parlare con gli sconosciuti ma sono brava a nasconderla anche se spesso risulto fredda e chiusa.
Sta per dirmi qualcos'altro ma viene interrotto da Leila:- smettila di provarci con lei, sei un donnaiolo- lo ammonisce ridendo.
Ho già detto che questa ragazza è una benedizione del cielo?
-Guastafeste- sussurra lui e dopo averle schioccato un altro bacio sulla guancia sale sulla sua moto nera.
Noi partiamo definitivamente e dieci minuti dopo mi trovo assieme a Leila davanti a scuola seguiti da Dylan e in seguito un altro ragazzo si avvicina a noi, esattamente l'opposto di Dylan , ha dei capelli biondissimi e degli occhi azzurri che accompagnano un fisico fantastico che trasparisce dalla maglietta a scollo a V, praticamente identica a quella di Dylan e di quasi metà dei ragazzi che fin ora ho visto varcando quel cancello. Non hanno altri tipi di magliette dentro il loro stupido armadio?
Non lamentarti! Accogli il bel fisico dei ragazzi e benedici sempre quelle magliette.
La mia coscienza, a volte non sembro neanche io con lei di mezzo.
-buongiorno amore- saluta Leila con un bacio veloce sulle labbra e quando vede me mi rivolge un sorriso dolce,forse Leila lo deve aver informato del nuovo arrivo.
-mi chiamo Leo Jonson e tu devi essere la nuova arrivata Victris... giusto?- chiede
-Victoria- lo correggo con un sorriso forzato solo per non sembrare già scorbutica a primo giorno.
-ah vero, Victoria, scusa- sembra sincero- mi ha parlato molto di te Leila ieri, e da quello che mi ha detto sembri simpatica- dice.
Non so cosa rispondere e semplicemente sto zitta, non dico nulla e mi limito a sorridere frettolosamente e distogliere lo sguardo dalle tre persone che mi guardano, per non parlare delle altre trecento che ogni tanto lanciano occhiatine verso di me.
Imbarazzo, ecco cosa provo per ora.
Leo e Leila sono davanti a me, lui le circonda le spalle con un braccio e vedo che lei è tranquilla e serena, ma cerca comunque di stare vicino a me e di farmi sentire a mio agio sorridendomi qualche volta. Dylan è al mio franco e le mie narici si inondano del suo profumo, un profumo comune a tutti gli uomini. Non so se ci avete mai fatto caso ma i maschi hanno quasi tutti lo stesso profumo, non cambia mai. Noi donne invece ne usiamo diversi ed è raro trovare due donne con lo stesso odore. Il suo è un profumo dolce e forte allo stesso tempo. Mi piace tanto, comunque. Il braccio con la cicatrice è proprio vicino al mio. Chissà com'è che se l'è procurata. Quella linea non troppo fine ma neanche troppo spessa che gli attraversa il braccio lo rende molto più affascinante di quanto lui già non sia per conto suo.
-non sei un tipo di tante parole eh?- chiede accanto a me.
-non saprei cosa dire - rispondo atona guardando davanti a me.
-sembri anche acidella- dice ridendo lievemente.
-scusa?- mi fermo di colpo e lo guardo.
-mmh...anche carina- dice lui continuando a camminare dopo avermi squadrato e avermi sorriso maliziosamente. Già mi ha urtato i nervi.
Mantieni la calma.
-tu sembri un insopportabile idiota- dico continuando a camminare senza degnarlo di uno sguardo e superandolo di poco.
E la calma è andata a farsi fottere, giusto?
-un insopportabile idiota con il quale, però , condividerai il banco in tutti i corsi comuni- dice ridendo.
-cosaa?!-
Spazio autrice:
Grazie per le quasi 60 visualizzazzioni! Immagino che per voi non sia molto, ma fidatevi, per me è veramente, veramente TANTISSIMO. GRAZIE DI CUORE. Spero che continuerete a leggere e che mano a mano, inizierà a prendere forma. Grazie ancora.
xoxo
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