Capitolo 26


Non era del padre..errore mio.

Un gravissimo errore. L'ho visto con i miei occhi, gli ha dato la giacca e alla sua proposta viscida di rivedersi qualche altra volta lei ha risposto di si. Non ci credo.

Credici allora.

Sto incominciando a crederci. Le sono fiondato a dosso sotto gli occhi del professore, quell'altro cazzone. Mi ha spostato dall'ultimo banco per mettermi al secondo durante le sue ore di lezione. E quel Chris, quanto lo odio. Sembra volermi sfidare. Cazzo quanto lo odio. Mi ha guardato in un modo mentre usciva dalla classe che mi ha praticamente fatto girare i nervi. Lo odio, lo odio, lo odio. Non posso farci niente. Lo vorrei riempire di pugni come faccio con il sacco da boxe in palestra. Bastardo.

-ehi amico, calmati- dice Leo e mi appoggia una mano sulla spalla.

-quel pezzo di merda me la paga cara- sibilo.

-okay ma adesso andiamo a mensa, tu e Victoria potrete parlare con più calma- dice Taylor.

-Calma? Loro? - ride Zac. In effetti non ha tutti i torti, io e lei quando litighiamo non siamo molto sodi.

-andiamo- dice Matt e lo seguo.

Per fortuna non sembra esserci molta confusione e arriviamo presto al nostro tavolo.

-eccolo il lunatico - sbuffa.

-si, sono arrivato- dico infuriato.

-ma mi spieghi che problema hai?- chiede incazzata.

-è lui il mio problema- indico Chris due tavoli più in là.

-e abbassa quel dito, bambinetto- dice appoggiandosi alla sedia- non capisco che cosa ti abbia fatto di così tanto male da doverlo odiare così tanto- dice.

-ha fatto anche troppo- sono un tipo possessivo, forse troppo.

Devo ricordarti che lei per te non è ancora niente?

-cosa? Io non capisco- dice seria.

-lui è troppo appiccicoso, troppo vicino- dico. Cerco di inserire altre parole, penso e ripenso in pochissimo tempo- non capiresti- ci rinuncio. Non so neanche io cosa dire.

-appiccicoso? Troppo vicino?- chiede- ma stai bene?- chiede alzando gli occhi al cielo e incrociando le braccia al petto.

-si, sto benissimo come puoi ben vedere- dico- anzi, so cosa mi farebbe star bene- mi alzo e Zac mi segue con gli occhi sbarrati.

-Amico, che hai intenzione di fare?- chiede mentre mi allontano.

-Dylan?- chiama Leo dietro di me. Mi avvicino al tavolo occupato da Chris e con due dita gli tocco la spalla. In una frazione di secondo lui si volta e dopo avermi sorriso in maniera maligna si alza.

-Guarda chi c'è qui. Hai qualche problema? La ragazza non ti vuole più?- sorride ancora. Il mio pugno si chiude e si va a scontrare contro la sua mascella.

-Dylan!- urla qualcuno alle mie spalle.

Sono pronto a dargliene un altro ma delle mani mi tirano indietro, sono Leo, Taylor e Zac.

-Dylan, amico, che ti dice il cervello? Esci da qui! - mi tirano- se ti vedono i prof è finita per te- dicono. Decido di seguirli ma prima di farlo osservo Victoria, con gli occhi sbarrati e duri verso di me, i capelli scompigliati e le labbra serrate. Era delusa e a deluderla, sono stato proprio io. Vedi, coscienza, perché io e lei non possiamo stare insieme? Perchésiamo due disastri, e insieme co mbineremmo un enorme e catastrofico casino.

-ma che cazzo fai? Idiota! - mi buttano contro la macchina di Leo, una jeep azzurra.

-che ti è saltato in mente?- continua Zac.

-tu sei fuori di testa- Taylor è su tutte le furie.

-torniamo a casa- dice Leo- salta su- e obbedisco dopo aver tirato un calcio alla gomma.

-voglio andare in palestra- dico.

-a dare ancora pugni?- chiede Leo.

-Si, devo massacrare qualcosa- la rabbia è troppa.

-tu sei fuori-continua Zac.

- sei geloso- si intromette Matt che non ha fatto che seguirci in silenzio mandandomi occhiatacce.

-oh questo è certo- dice Zac- quale altro sano di mente si mette a picchiare il ragazzo con il quale è uscita una ragazza- continua.

-Non sono geloso-

-sei anche bugiardo- continua Matt.

-sei troppo chiacchierone e come ho tirato un pugno a Chris, lo tiro pure a te fra poco- dico verso di lui.

-perché gli hai tirato quel pugno?- chiede Taylor.

-Perché se lo meritava- dico semplicemente- adesso rinchiudetemi in palestra-

Victoria.

-Dylan!- grido. Sta per caricare un altro pugno sul volto di Chris ma Taylor Leo e Zac lo riprendono in tempo. Non è possibile che lo abbia picchiato solo perché gli ho ridato una giacca. La sua giacca.

Perché sei uscita con lui, sicuramente gli ha dato fastidio.

Non sono la sua fidanzata, non devo dare conto a nessuno se voglio uscire con lui o meno. Dylan viene tirato via dai suoi amici e mi guarda, mi ha deluso adesso, parecchio e sono sicura che lo abbia capito. Mi avvicino a Chris che ha un labbro mezzo spaccato e la mascella violacea.

-tutto bene?- chiedo.

-si..tutto okay- dice asciugando con il dorso della mano una goccia di sangue - il tuo amico ha un destro fortissimo- ride ma smette subito a causa di una fitta.

-andiamo in infermeria?- chiedo.

-si, ora vado - dice toccandosi la mascella.

-va bene... se vuoi ti accompagno- mi offro sentendomi in colpa.

- va bene, grazie - dice e lui sorride lievemente.

Camminiamo fuori dalla scuola per pochi metri in silenzio ma lui inizia a parlare.

-mi dispiace averti messo in questi casini- dice.

-bhe, più che io, ti sei messo tu nei casini- rido- ti ricordo che hai mezza faccia viola- e il mio sorriso finisce.

-passerà, non è la prima volta che succede, non con Dylan ma...è successo- dice.

-capisco-

-grazie per avermi accompagnato- dice mentre apriamo la porta di vetro.

-Santo cielo ragazzo!- una donnina paffutella si fionda da noi- ma che hai combinato?- domanda.

-sono caduto a mensa- dice.

-sei un po' maldestro- lo guarda in tono di rimprovero.

-giusto un pochino- dice. Sta proteggendo Dylan, non sta dicendo che è colpa sua e sul mio volto nasce un sorriso.

-vieni qui- ci accompagna in una stanza e lo fa sedere su di una lettiga.

-stai comodo?- chiedo volendo alleggerire la situazione.

-si, molto- ride e quando la signora torna con un pezzo di cotone impregnato di disinfettante sorride ancora di più.

-signora?- una voce chiamano l'infermiera- abbiamo un ferito- chiama ancora.

-oh Gesù mio, arrivo-dice- ragazzo, come ti chiami?-

-Chris-

-bene Chris, adesso si occuperà di te la tua ragazza- indica me.

-Non siamo fidanzati- dico subito.

-oh, scusami- dice porgendomi il cotone- comunque, chiunque tu sia, tampona questo pezzettino di cotone, arrivo subito- dice spingendomi verso di lui.

-o-okay- dico sconcertata. È agitata e goffa e buffa. Ha le guance rosse ed è preoccupata- non sono molto brava nelle medicazioni- mi volto verso di lui.

-non importa- mi sorride. Ha un sorriso dolce ma non mi sento svenire come quando sorride Dylan, con lui è diverso. Non avvampo, non ho il cuore che batte in maniera accelerata, non ho le palpitazioni e non sudo. Eppure è anche lui un bel ragazzo.

Lui, semplicemente, non è Dylan.

Esatto, lui non è Dylan. Vorrei odiarlo in questo momento per aver fatto quello che ha fatto ma non ci riesco. Vorrei tanto sapere quello che sta facendo, vorrei capire il perchè l'ha fatto e sentirmelo dire dalla sua voce possente e dolce.

Lo ha fatto perché tiene a te molto più di quanto lui possa dimostrarti.

In questo momento non capisco niente. Sono solo confusa. Mi avvicino a Chris che ,seduto sulla lettiga, è sempre più alto di me e inizio a tamponare il labbro ferito. Lui sussulta e io indietreggio un momento per poi riprendere.

-non avrei voluto che tu arrivassi in infermeria- dico.

-non è nulla- sussulta di nuovo e i miei e i suoi occhi si incontrano. Per un attimo mi era sembrato di vedere al posto dei suoi occhi blu, un paio di occhi scuri, talmente profondi e dolci da risucchiarmici dentro, per un momento mi è parso di vedere Dylan, davanti a me, ferito , ed io con la sua cura fra le mani. Per un attimo...ma non era lui. Era solo Chris.

-grazie- sussurra e appoggia le mani sulla mia vita. Sembra la scena sdolcinata di un cazzo di film.

-di nulla- dico osservandole per alcuni secondi- ma mi faresti un favore se togliessi queste mani dai miei fianchi- dico lentamente. Non voglio che mi tocchi così tanto, neanche lo conosco.

Solo Dylan può vero?

NO, NEANCHE LUI.

Non sembra visto quello che è successo sul letto.

Basta ricordare quell'avvenimento. Chris toglie le mani e le poggia sulla lettiga mentre ride leggermente.

-sei fedele a Dylan?- chiede sorridendo amaramente.

-Non sono fedele a nessuno-dico semplicemente e lui sussulta sotto il tocco del cotone- solo che non mi piace tutta questa confidenza dopo soli pochi giorni di conoscenza-

-avremo modo di conoscerci, fidati. A me interessi- dice e io alzo gli occhi incontrando i suoi color del mare. Profondi e piccoli, puntati sui miei.

-cosa?- chiedo.

-tu mi interessi- dice di nuovo guardandomi.

-penso che la botta ti abbia dato alla testa- dico- andiamo- continuo.

-no aspetta- mi prende per un polso- non sto scherzando- dice.

-andiamo- ed esco dalla stanza. Il mio cuore martella nel petto adesso, sono solo sconvolta.

E triste, anzi un po' delusa.

Devo darti ragione adesso. Sono delusa.

Avresti voluto che fosse Dylan lì con te, a dirti queste cose.

Forse si.

So che è così..

Chris arriva vicino a me e dopo avermi guardato per un paio di secondi mi saluta- ci vediamo domani- mi da un bacio sulla guancia.

I suoi occhi di azzurri si spiegano leggermente e dopo esser entrato nella macchina parte.

-Victoria?- Leila mi chiama.

-Ehi- le rispondo voltandomi verso di lei.

-tutto bene? Mi sembri un pò sconvolta- dice appoggiandomi una mano sulla spalla.

-no, tutto bene- dico- vuoi un passaggio a casa?-chiedo.

-si, Leo se n'è andato con Dylan e io non volevo lasciarti sola- dice guardandomi attraverso i suoi occhi chiari. Quel suo sguardo così dolce emana dolcezza, è sempre disponibile e talmente femminile.

-grazie-le sorrido e insieme ci avviamo alla mia macchina.

-Dylan non è un tipo che alza le mani facilmente, deve esserci stato un motivo valido- dice Leila seduta dal lato passeggero.

-lo immagino, non sembra un ragazzo violento- ammetto. In effetti è così, Dylan non è affatto violento. È stronzo, sì, ma non violento. E su questo ci potrei mettere la mano sul fuoco soprattutto adesso che Leila, la sua migliore amica dagli occhi azzurri, mi ha dato la conferma.

-deve avergli fatto o detto qualcosa, sicuro- continua a pensare ad alta voce.

-bhe, questo non lo so, ma per quanto lui possa essere pacifico, oggi poteva evitarsi questa reazione azzardata- dico delusa.

-in effetti è così, ma come ti ripeto, deve essere stato provocato parecchie volte, lui non alza le mani senza un motivo, se non per scherzo e in quel caso non provoca dolore e non rende neanche la faccia di un ragazzo mezza viola e mezza nera- lo difende Leila- non prendertela molto con lui, piuttosto, prenditela con Chris che lancia delle occhiate alquanto fuori luogo- dice incrociando le mani sulle gambe fasciate da una gonna di jeans.

-Leila mi sembri una cazzo di principessina- rido

-Victoria, queste parole!?- urla nella macchina.

-e dai! Non ne dici mai tu?- chiedo,

-qualche volta scappano, ma non così tante quanto a te- dice ridendo- sembri un maschio- ride ancora.

Accompagno Leila a casa e subito dopo entro nella mia abitazione, non c'è nessuno visto che mio padre è ancora all'ospedale, e io mi siedo sul divano nel salotto a guardare un pò di tv.

Mi trovo avvolta nell'oscurità, il mio corpo trema e sento che sto per svenire, sento una voce, femminile, è dura, fredda e sembra anche cattiva ma in fondo in fondo sembra anche spaventata.

"Non mi cercare" dice "non ci sono più" dice ancora "va via" mi caccia. Vedo uno spiraglio di luce ma è troppo lontano, mi accascio al suolo, è morbido e bagnato, sembra fango. Mi sento sudicia, mi sento uno schifo. Tutto poi, sotto di me scompare. Cado nel vuoto, non vedo niente e la luce si allontana sempre di più. Io vorrei gridare ma non ci riesco, è come se la voce mi si perde all'interno delle mie corde vocali. Tutto è buio, non riesco a vedere nulla e questo mi provoca brividi. Vedo Dylan. Lo vedo in lontananza che mi tende la mano, il suo volto sembra tranquillo ma il mio è colmo di terrore. "È colpa tua" la voce di donna continua a parlare. È colpa mia, è vero. È colpa mia se lei se n'è andata. Se mi ha abbandonato. Le lacrime scendono sulle mie guance mentre cado nel vuoto. Vorrei gridarle scusa ma non ho voce. Cado.

Mi sveglio di soprassalto, sono tutta sudata e il mio cuore è irregolare. Un altro incubo. Un altro brutto incubo. Mamma, perché mi fai questo?

****

Sono le dieci di sera e dopo aver indossato il pigiama mi sdraio sul letto. Mi ritrovo ad osservare il soffitto bianco, a pensare alla mia vita, alla mia infanzia e alla mia adolescenza passate in maniera scura a buia. Leila, voglio parlare con lei. Mi siedo di scatto sul letto e afferro il telefono.

-Pronto?- la sua voce risponde al terzo squillo, sembra stanca.

-Vieni a casa mia?- chiedo. Lo so, mi prenderete per pazza. Victoria Mason, la ragazza seria e che non da mai confidenza a nessuno, che fa brutti sogni, che vuole la lontananza da tutti, l'acida, la cattiva, che tutto d'un tratto cerca di costruirsi una vita. Ma sai cosa vi dico? Non me ne importa un cazzo di quello che la gente pensa di me in alcune situazioni, questa è una di quelle determinate situazioni. Ecco, mi sto facendo una vita, sto cercando di andare avanti anche se ormai è abbastanza tardi ma sto cercando di creare dei rapporti e con Leila, Leo e in parte anche con Dylan...sono a buon punto.

Il campanello suona pochi minuti dopo e Leila mi spunta con il suo pigiama fuxia fluo che mi acceca.

-sembri una lampadina a led - la saluto.

-Tu sei pazza- mi saluta e vola nella mia stanza per buttarsi sul mio letto.

-Avevo voglia di vederti- le dico ridendo per la sua reazione. Non è truccata e ha i capelli raccolti in una coda alta che la rende meravigliosa. È meravigliosa anche senza trucco, non ha imperfezione, i suoi occhi azzurri risaltano di più e il suo colorito la rende perfetta sotto ogni punto di vista.

-Non avevo mai visto la tua stanza- dice con la faccia spiaccicata su di un cuscino- non ero mai arrivata qui sopra-continua- ma adesso che ci sono..- balza in piedi e osserva tutto attorno a se.

Mi fa ridere molto- ma che fai?-le chiedo.

-Osservo- gira dalla mia parte di stanza e guarda i libri disposti sulla scrivania, i miei quadri toccandoli leggermente con i polpastrelli - sapevo ti piacesse disegnare.... ma non ti facevo così brava..- mi sorride. Si avvicina alla finestra e prende un foglio da dentro un libro sotto di essa e si sofferma su di esso parecchio.

-Tu lo hai disegnato?- chiede -tu hai disegnato Dylan?-

-Oh- mi alzo e cerco di raggiungerla

- come mai?- ride maliziosamente.

-Io, bhe...allora...l'ho visto e non so come spiegartelo- dico veloce.

-Hai pensato di disegnarlo- dice guardandolo ancora.

-Bhe ecco..sì.- dico cercando di nascondere il mio imbarazzo.

-certo..- ride mentre si gira nelle mani quel libriccino sgualcito dalla copertina neutra- che libro è?- chiede poi.

-era di mia madre. Ha studiato letteratura e ha copiato qualche poesia che la colpiva lì dentro. È una delle poche cose che ho di lei, a parte quella lettera-

-la conservi?- mi chiede sbalordita.

-si, nel primo cassetto del comodino- lo indico con la mano.

-non..non ti fa del male sapere che quella lettera soprattutto sia così vicina a te?- mi chiede.

-si..ma ormai è così tanto tempo che convivo con questo dolore da non farci più caso.- dico. Lei osserva ancora il libriccino e poi lo posa al suo posto, si siede sul letto e dopo aver sorriso mi chiede:- come hai accettato di uscire con Chris?-

-ero tornata a casa da poco- inizio, e nella mia mente ripercorro le tappe, ero a casa di Dylan, dovevamo guardarci un film, ma poi siamo finiti sul suo letto, lui vicinissimo a me, al mio volto, mi ha baciato il collo, mi ha stretto a lui, mi ha coccolato e mi ha fatto sentire tranquilla e protetta. Non mi sembra il caso di darle tutte queste informazioni banali..

Banali?

- mi è squillato il telefono ed era lui, mi ha chiesto di vederci alla caffetteria vicina e io ho accettato.- riassumo brevemente il tutto.

-e che avete fatto?- chiede.

-nulla, abbiamo solo preso uno stupidissimo caffè insieme e abbiamo parlato, non di cose importanti, del nostro trasferimento, del nostro modo di ambientarci ma nulla di più- dico seria.

-è stato noioso?- chiede.

-noioso non direi, ma non è stato neanche divertente. Non è un cattivo ragazzo, ci mancherebbe, ma non è...- non mi fa finire di parlare.

-non è Dylan- finisce la frase.

Bingo.

-ecco..io non so cosa provo-

-lo capirai-

-come hai fatto a capire che eri e sei innamorata di Leo?- chiedo.

-bhe, lo senti dentro, quando sei vicino a lui diventi subito rossa, il cuore ti palpita nel petto, e tutto ti sembra più bello e facile con lui al tuo fianco- parla con occhi sognanti e a sentirle pronunciare quelle parole la mia pelle si riempie di brividi. Possibile che lui mi piaccia?

È una cosa umana.

-ieri sono andata in ospedale perché mio padre ha avuto un incidente e si è rotto una gamba, un braccio e ha qualche costola incrinata, mentre un suo amico si è rotto un braccio e si è fatto male alla testa- dico velocemente senza respirare volendo cambiare discussione e sul suo viso nasce un'espressione triste e sorpresa.

-oh..-non la faccio finire di parlare.

-E ho incontrato Dylan- dico.

-quindi hai saputo..- continua.

-Si, ho saputo di sua sorella Bea- concludo.

-Anche lui soffre ma non lo da a vedere-

-per favore dimmi tutto- la supplico. Voglio sapere la sua storia.

-Bea come sicuramente Dylan ti avrà detto è in quelle condizioni da ormai nove mesi a causa di un incidente. Un ubriacone li ha scaraventati a terra e neanche si è fermato. - inizia- Io quel giorno ero a casa mia, stavo facendo i compiti e non appena mi è arrivata la telefonata della madre di Dylan in lacrime mi sono fiondata all'ospedale lasciando tutto e insieme a Leo lo abbiamo trovato praticamente tutto ingessato su di un letto di ospedale. Ricordo che piangeva a dirotto e singhiozzava. Potrai ben capire come fosse strano vedere un gigante come lui piangere e singhiozzare come un bambino. C'erano anche i suoi genitori e Matt. Diciamo che lui era il suo "quasi fidanzato", stavano sempre insieme prima che tutto questo succedesse. Non appena Bea fu trasportata nella stanza che occupa tutt'oggi i medici comunicarono il suo stato di salute: il Coma . Fu un trauma per tutti. Dylan ci raccontò tutto quello che era successo nei minimi dettagli, una luce accecante lo aveva colto di sorpresa e non aveva avuto neanche il tempo di frenare che si trovava a terra a pochi metri dal corpo della sorella .- il mio corpo si riempie di brividi. Immagino il dolore si tutti.

-Nient'altro. Quando è venuto a conoscenza di come Bea era ridotta anche per lui fu un vero e proprio shock e la cosa che lo tormenta tutt'ora - dice Leila.- Il fatto di essere sano, mentre lei invece è in coma-

-Immagino- continuo io.

-Non hai idea del dolore che la sua famiglia ha provato e che prova tutt'ora-

-posso immaginare-

-si, tu puoi- mi guarda e mi prende per mano.

-è stato un colpo basso anche per me scoprire di mia madre con un bigliettino- le confesso- ero sempre molto spaventata da lei, dalla sua stanza e dai suoi comportamenti. Gridava spesso e il mio corpo era ogni volta in preda ai brividi- ricordo-quando ho trovato quel bigliettino, poi tutto è cambiato. Sono diventata fredda da allora, ne sono consapevole, sono diventata quella che sono. Ho respinto tutti e tutto. Ho vissuto da sola con la consapevolezza di portare dolore a mio padre per la troppa somiglianza con mia madre- dico.

-Non è di certo colpa tua la somiglianza- mi rincuora Leila.

-Non dico questo, ma fatto sta che mio padre ha sofferto anche a causa mia- dico seria.

-Non fartene una colpa- dice Leila.

-Me ne faccio una colpa invece, per me almeno lo è, è un peso che porterò per sempre- dico seria, ancora.

-Non devi, anzi, dovresti solo ringraziare tua madre per averti fatto così bella. Io penso che se lei ha fatto questo gesto, un motivo ci sarà e che un giorno, se tu vorrai potrai cercarla e magari capire il perché di questa sua azione- dice dolcemente.

-Io non so se voglio rivederla- dico.

-Ma se tu la rivedessi o perlomeno, la ritrovassi...anche se per sbaglio, ma comunque, la rivedresti davanti a te, in carne ed ossa, che faresti?- chiede.

-Non lo so, forse le butterei addosso tutto il mio dolore- dico pensandoci.

-Non la abbracceresti affatto?- mi chiede.

-No, mai.- sono convinta di questo. Conoscendomi, so che non lo farei mai.

- Non l'hai vista per così tanto tempo, ha procurato tanto dolore, è vero, ma ciò non toglie che è tua madre e per sempre lo sarà.-

-questo si..ma..non so..- dico incerta- la sogno spesso-

-e come sono questi sogni?- chiede abbracciando uno dei cuscini che si trova sul mio letto.

-sono più che altro incubi- dico- mi trovo in un luogo buio, senza nessuna luce, e la mia più grande paura è il buio-

-hai paura del buio così...intensamente?- mi chiede ancora Leila sbalordita.

-si, da allora si. Lo ricollego a mia madre, al fatto che era sempre chiusa, sempre distante e mi sento soffocare. È come se mi sentissi d'un tratto sola, sola al mondo e senza ossigeno. Inizio a tremare e avere dei sussulti orribili fin quando tutto non sfocia in un attacco di panico- spiego.

-capisco, bene, continua a dirmi di questi incubi- chiede.

-mi trovo sola nel buio e sento la voce di mia madre dire che no la devo cercare, di starle lontana e di lasciarla stare e che è tutta colpa mia. Poi cado, cado nel vuoto fino a quando non mi sveglio- mi alzo dal letto e mi siedo sulla finestra. La tenda è tirata ma riesco a vedere lo stesso il balcone di Dylan e la sua figura affacciata ad esso.

-Victoria?- mi chiama ed io mi volto.

-io ci sarò sempre se tu mi permetterai di esserci- dice.

-si, te lo permetto. Voglio vivere adesso, anche se è un po' troppo tardi, voglio vivere la mia vita.- e sorride.

-Dai, su- dice -dormiamo, domani abbiamo scuola- continua buttandosi sul mio letto.

-Si, dormiamo un po'-

Si avvicina al mio letto e si sdraia vicino a me. Mi sorride e dopo avermi preso per mano mi sussurra -io ci sarò sempre-

Spazio autrice:
Ecco il nuovo capitolo! Sono riuscita a sistemare la situazione ❤
Aspetto vostri commenti e vostre stelline❤
Xoxo

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