Speranze e disillusioni
CAPITOLO 8
In casa Fletcher regnava un'aria tetra. Mrs Fletcher e Herietta, alleate, non rivolgevano la parola a Mr Fletcher, da giorni. Etta non perdeva occasione per insultare, ora apertamente, Milly.
Il padrone di casa si era accordato con il conte affinché venisse in visita quel pomeriggio.
Per evitare altre scenate, aveva fatto in modo che la visita corrispondesse all'orario in cui la moglie e la figlia minore si recavano dalla modista. Doveva fare qualcosa per risolvere la situazione, ma il suo orgoglio gli impediva di essere il primo a chiedere una tregua. Aveva dato tutto alla famiglia e si era sentito accusare di pensare più agli affari che agli affetti. Questo era davvero troppo. Mandò a chiamare Milly.
"Padre? Volevate vedermi?"
La ragazza indossava un semplice, ma pesante, abito da casa. Era stata in giardino, comprese il padre dalle macchie di terra sull'orlo. La conferma delle voci, che circolavano sulla figlia, lo aveva sconvolto. Non era tanto ipocrita da negare di averla spesso valutata in base a canoni classici di bellezza. Senza la sorella accanto, Mr Fletcher dovette ammettere che non era poi molto grassa, anzi, con quel vestito senza troppi fronzoli, non stava affatto male. E non pareva così brutta! Certo, non era bella come Etta, ma aveva un'aria alquanto esotica. Aveva preso da lui i capelli scuri e il colore degli occhi, anche se, quelli della ragazza, erano molto più chiari. Strano che non l'avesse notato prima.
"Milly, tra poco arriverà il conte, credo dovresti cambiarti!"
"Mi dis... dispiace, non... io, non lo sa... sapevo" balbettò agitata.
"Su su, calmati! Non te l'ho detto prima, per evitare che lo scoprissero tua madre e tua sorella. Avrai notato che, ultimamente, non facciamo che litigare!"
Sì, Milly l'aveva notato, così come aveva provato, sulla sua pelle, la rabbia della sorella. Aveva cercato di evitarla il più possibile, passando ore in giardino, nascondendosi, nonostante il freddo.
Il maggiordomo annunciò l'arrivo degli ospiti.
"Bene, sembra che siano in anticipo. Non avrai il tempo di cambiarti, ma potresti toglierti il grembiule" le consigliò il padre, sorridendo.
Milly era a disagio. Non solo per l'abbigliamento non adatto a ricevere visite ma, soprattutto, per il modo in cui il padre interagiva con lei. Non era mai stato gentile o scherzoso. Non nei sui confronti. Cercò di sistemarsi i capelli, si sfilò il grembiule e si passò le mani sulla gonna, provando a lisciare le pieghe.
"Stai bene, smettila di agitarti. Vieni a sederti!"
La rimproverò il genitore, ma a differenza delle altre volte, era più un invito che un ordine.
Jason entrò al seguito di Lucien.
Mr Fletcher provava una certa simpatia per i due uomini e aveva molto rispetto per il tutore tanto d'aver dichiarato che, negli affari, erano molto simili.
Il giorno in cui era andato dai Kerr, dopo il chiarimento, aveva passato del tempo a esaminare, insieme a loro, i progetti su cui stavano lavorando. Ne aveva ammirato la complicità e l'intelligenza.
"Siete in anticipo!" li apostrofò bonariamente.
"Non che sia un problema per me ma, come sapete, le signore hanno bisogno del loro tempo per prepararsi. Temo abbiate messo in difficoltà mia figlia".
Jason non era riuscito a togliere gli occhi di dosso a Miss Milly. Il suo aspetto era diverso, un po' disordinato. Alcune ciocche, sfuggite allo chignon, le incorniciavano il viso dalle gote arrossate e l'abito semplice, chiaro con fiorellini azzurri, ne esaltava la figura.
"Trovo che vostra figlia non potrebbe essere più perfetta di così, signore".
Quelle parole uscirono dalle labbra di Jason, senza che lui riuscisse a frenarle.
Mr Fletcher sorrise compiaciuto, il ragazzo aveva abboccato.
Milly arrossì ancora di più. Non era sicura di aver ricevuto un complimento. Forse, il conte intendeva che non sarebbe mai stata accettabile, a prescindere da cosa indossasse. Non osava alzare lo sguardo.
Jason intuì il suo turbamento, credeva di averle fatto un complimento ma, non avendolo mai fatto prima, probabilmente aveva sbagliato tutto.
"Milly, credo che dovremmo offrire il tè ", la sollecitò il padre.
"Si, avete ragione, scusate".
Milly si alzò e suonò per ordinare che fosse portata la bevanda e dei rinfreschi. Quando tornò sul divano, gli uomini sedettero. Jason fu invitato a prendere posto vicino a lei, mentre Lucien si accomodò accanto al padrone di casa che, senza perdere tempo, lo tempestò di domande sui progetti su cui stavano lavorando. Quando entrò il valletto con il tè, Milly si adoperò a servire i signori. Lo fece istintivamente, come si era esercitata a fare per anni e, nonostante le tremassero le mani, non ne sparse nemmeno una goccia. Lasciò gli uomini conversare di affari e restauri, sicura che non fosse un argomento a cui poteva partecipare, quando il conte affermò:
"Forse, Miss Milly dovrebbe vedere la casa e decidere cosa tenere e cosa buttare. In fondo sarà la sua dimora".
Alla ragazza, quasi cadde la tazzina di mano.
"Scusatemi, non stavo seguendo!" affermò, arrossendo ancora di più.
Mr Fletcher ebbe compassione della la sua ingenuità.
"Vedi, Milly, Mr Kerr e il conte stanno pensando di ristrutturare la casa di Londra dove viveva il tuo precedente fidanzato".
A Jason non piacquero quelle parole. Non era stato un vero fidanzamento. Non si erano frequentati, almeno da quello che aveva detto il padre della ragazza. Si erano visti una sola volta! E non era sembrata felice di sposarlo, questo l'aveva capito bene. O forse no?
"Quindi", continuò Mr Fletcher, "il conte suggeriva di coinvolgerti nella sistemazione di quella che sarà la tua nuova dimora".
"Io non so". Era confusa, nessuno voleva il suo parere su niente.
"Non ho stile, né buon gusto, non credo di poter essere d'aiuto".
"Miss Milly, non vi sto chiedendo di arredare un palazzo. Sarete a conoscenza del disastro che mi è stato lasciato in eredità".
Anche Jason faticava a spiegarsi.
"Quello che sto cercando di dire è che vorrei foste voi a scegliere ciò che più vi piace, in modo da creare un ambiente in cui sentirvi a vostro agio".
Era imbarazzato. Neanche durante le interrogazioni aveva fatto tanta fatica a esprimersi.
"Direi che possiamo parlare di questo più avanti" suggerì Lucien.
"È quello che stavo per dire io. Perché non mostri il nostro bel giardino a milord, Milly, sono sicuro che sarà entusiasta di vedere quante bellissime varietà di piante abbiamo" propose Mr Fletcher.
Milly si alzò, seguita dal conte.
"Se volete seguirmi, milord".
"Con piacere, miss". Porgendo il braccio, Jason aspettò che la mano di Milly si posasse su di lui. Il brivido che gli percorse il corpo, fu lo stesso che aveva provato la prima volta. Il suo profumo era inebriante. Jason non aveva mai sentito niente del genere. Era così dolce da far venire l'acquolina in bocca.
L'aiutò a infilarsi il mantello, si mise il cappotto e uscirono.
Il giardino era immenso.
"È enorme!" commentò Jason.
Milly sorrise.
"Presumo sia vero. Non ne ho mai visti altri, perciò devo affidarmi a quello che mi dicono. Anche i miei insegnanti insistevano nel dire che la definizione esatta è parco, non giardino, milord".
"Vorrei che mi chiamaste Jason. Non sono abituato a tutto questo: milord, signore, conte!"
"Non credo sia corretto, chiamarvi per nome" sospirò la ragazza.
"E, se vi chiamassi Milly, sarebbe corretto, per voi, chiamarmi Jason?"
"Non saprei".
"Allora proviamo. Che pianta è questa, Milly?" chiese, indicando un piccolo cespuglio.
La ragazza sorrise.
"È erica, Jason".
Anche lui sorrise.
"Non è stato così difficile, non trovate, Milly?"
"No, non lo è stato, Jason".
Scoppiarono a ridere. Jason rimase incantato.
Quando rideva si formavano delle graziose fossette sulle guance. Avrebbe voluto baciarle. Un momento! Che diavolo stava pensando? Voleva creare una certa amicizia, per poter sopportare quel matrimonio imposto, non voleva essere attratto da lei. Il fatto che sognasse spesso i suoi occhi non voleva dire niente. Erano solo insoliti. Aveva giurato a sé stesso di non permettere mai più ai sentimenti di prevalere sulla ragione. Non ci sarebbe cascato di nuovo!
Milly guardò estasiata quel volto sorridente. Era uno spettacolo. Oltre a essere bellissimo, era anche simpatico. Sarebbe stato la sua rovina. Lo vide rabbuiarsi, così anche il proprio sorriso svanì. "Milly, questa situazione è incresciosa per entrambi. Ci è stata imposta, ma confido che, insieme, riusciremo a trovare un accordo che ci permetta di coglierne la parte migliore. Potremmo diventare amici, soci magari. Sono propenso a vedere il bicchiere mezzo pieno, non mezzo vuoto. E voi?"
"Non lo so, non mi è stato mai permesso di guardare nel bicchiere. Ho sempre fatto ciò che mi veniva ordinato".
Jason non si stupì della sua risposta arguta, l'intelligenza traspariva dai suoi occhi.
"Non avete mai desiderato qualcosa per voi ?"
Milly avrebbe voluto dirgli che l'unica cosa che desiderava era andarsene, ma non ne ebbe il coraggio.
"No, non desidero nulla per me".
"Eravate innamorata del vostro fidanzato?" La domanda scappò a Jason, prima che potesse impedirselo, ma voleva capire se la sua impassibilità fosse dovuta al dolore della perdita.
"No, non lo conoscevo nemmeno. L'ho visto una sola volta, avevo tredici anni e mi sembrava così vecchio!" Milly, si nascose la bocca con le mani e sgranò gli occhi. Non avrebbe dovuto dirlo, non era appropriato! Jason scoppiò a ridere della sua espressione buffa.
"Non preoccupatevi, Milly, non lo dirò a nessuno. Quanti anni aveva?"
"Mia madre disse quarantacinque, mi pare".
"Mio Dio, era davvero vecchio! Voglio dire, voi avevate tredici anni e lui ne aveva trentadue di più!"
"Beh, ormai non ha più importanza". Milly si ricompose e cercò di fare conversazione come le era stato insegnato.
"Voi come passate il tempo, Jason?"
"Studio, Milly, a Eton. Sono anche il capitano della squadra di cricket, siamo forti!"
"Oh, congratulazioni, credo".
"Non sapete cos'è il cricket?"
"No, mi dispiace, non ne ho idea".
"È uno sport, in cui due squadre si affrontano. Dovreste venire a vederci giocare".
"Mi piacerebbe, ma io non posso uscire".
"Parlerò con vostro padre. E voi, Milly, come passate il tempo?"
"Studio, anzi, studiavo. A dicembre, mio padre ha deciso che, visto che mi sarei sposata presto, non sarebbe più stato necessario sprecare denaro per gli insegnanti. Ora, continuo a esercitarmi al pianoforte, ricamo, leggo, disegno e ultimamente faccio giardinaggio, con Billy."
"Devo essere geloso?"
Jason proprio non capiva come le parole sembrassero sfuggire alla sua volontà. Non voleva corteggiarla, ma pareva non riuscisse a farne a meno!
Milly rise di gusto.
"No, Jason, non dovete anche se Billy è bellissimo e molto espansivo, non manca mai di darmi attenzioni e ama le carezze".
Jason sentì il sangue ribollire.
"Aspettate, vediamo se è da queste parti" così dicendo, Milly cominciò a chiamare:
"Billy! Billy vieni qui!"
Un turbinio di pelo fulvo strisciò fuori da sotto una panchina, poco lontana, e si precipitò sulla ragazza, rischiando di farla finire a terra. Jason la tenne stretta da dietro, mentre il cane, più brutto e grosso che avesse mai visto, cercava di leccarle la faccia. Milly rideva a crepapelle, agitando la testa a destra e a sinistra, poggiata sul petto di Jason. Non gli arrivava neanche al mento. La sensazione di quel corpo, contro al suo, gli suscitò una violenta erezione. Quando il cane si arrese, Milly si allontanò da lui.
"Vedete, Jason, questo è Billy!"
"È vostro?" Il ragazzo si chiuse bene il cappotto per nascondere il suo stato imbarazzante .
"Oh, no, mia madre non sopporta gli animali. È del giardiniere, lo porta con sé solo il martedì, quando lei e mia sorella sono fuori. Sa che mi piace giocare con lui, così lo fa entrare di nascosto. Nessuno l'ha mai scoperto perché adora riposare sotto quella panchina".
Milly accarezzava il meticcio mentre parlava. La dolcezza, nei gesti e nella voce, facevano vibrare delle corde, nel corpo di Jason, che non sapeva neanche di avere. E questo non gli piaceva.
"State tremando, Milly, dovremmo rientrare".
La voce di Jason era diventata fredda e distaccata.
Milly tremava davvero. Non era, però, il freddo a procurarle i brividi, ma il ragazzo che l'aveva tenuta stretta quando Billy l'aveva assalita. Non era mai stata abbracciata da un uomo e quello era il gesto più simile a un abbraccio che avesse mai ricevuto. Poteva, uno come lui, volere una donna come lei?
Le vennero in mente le parole con cui il padre gli aveva assicurato che avrebbe potuto avere tutte le amanti che voleva e lei non avrebbe fatto obbiezioni.
Ora, era tutto chiaro. Ecco perché aveva accettato lei. Amici o soci, aveva detto prima. La magia del momento si spense, come la scintilla di speranza che aveva provato.
"Si, rientriamo per favore".
Jason capì che qualcosa era cambiato. Forse, era meglio così. Dovevano conoscersi e diventare amici, punto.
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Jason doveva partire il giorno seguente, per tornare a Eton. Non vedeva Milly da quattro giorni e sorprendentemente gli mancava. Si disse che era preoccupato per lei, che era semplicemente il suo istinto protettivo, che doveva assicurarsi che stesse bene, prima di partire.
"Lucien, sarebbe sbagliato se facessi visita a Miss Milly? Potremmo scambiarci gli indirizzi e scriverci qualche volta" buttò lì con noncuranza, mentre spostava i documenti sulla scrivania.
Lucien sorrise tra sé, non avrebbe fatto capire al cognato che aveva notato un certo interesse. Sapeva quanto avesse sofferto e voleva che fosse lui ad aprirsi.
"Trovo sia un'ottima idea. Inoltre, sarebbe brutto che partissi senza averla salutata".
"Vieni con me? Non ho avvisato Mr Fletcher, non vorrei creare problemi".
"Va bene, andiamo. Porterò questi resoconti così mi farò dare qualche consiglio".
Il maggiordomo li informò che Mr Fletcher era occupato. Li accompagnò in un salottino, pregandoli di attendere. Non era il salotto in cui avevano conosciuto le signore. Aveva colori scuri e un arredamento sobrio. Lucien aprì la cartellina e cominciò a esaminare i documenti mentre Jason batteva le dita sulle gambe.
"Nervoso?" chiese Lucien sorridendo.
"Si, ma non per il motivo a cui stai pensando. Arrivare così, senza preavviso, non è appropriato. Ci è voluto del tempo perché Mr Fletcher ci approvasse, non vorrei rovinare tutto".
"Rilassati, Mr Fletcher sarà felice di vederci, soprattutto quando gli mostrerò questi!"
Lucien sventolò dei fogli sotto al naso del giovane.
"Cosa sono?"
"Entrate extra del tuo primo investimento" gongolò il tutore.
"E perché ne vuoi parlare con lui ? Avresti dovuto parlarne prima con me!" Jason era offeso.
"Ehi, ne sto parlando prima a te, ma visto che è stato Mr Fletcher a darci la dritta, pensavo fosse una scusa valida per presentarci senza invito" concluse il cognato, strizzandogli l'occhio.
Il maggiordomo li informò che sarebbero stati ricevuti. Mentre si dirigevano verso lo studio, videro due uomini uscire. Non erano gentiluomini, lo si capiva dall'abbigliamento e dalla stazza. Sembravano due pugili.
Quando entrarono, Mr Fletcher era in piedi davanti alla scrivania.
"Buongiorno, signori, a cosa devo questa visita inattesa?"
Fu Lucien a farsi avanti, stringendo la mano del padrone di casa.
"Volevamo rendervi partecipe del primo successo del conte".
Così dicendo gli consegnò la cartellina. Mr Fletcher fece loro segno di sedersi, mentre prendeva posto dietro la scrivania. Sfogliò lentamente ogni foglio, facendo dei cenni con la testa. Quando arrivò all'ultimo, esultò.
"Eccellente, Kerr, eccellente. Non avevo dubbi che avreste colto la mia imbeccata. Posso chiamarvi Kerr?"
"Potete chiamarmi Lucien. Vi siamo grati per averci suggerito d'investire sul cibo in scatola, ma è stato Jason a capire che, vista la guerra in corso, sarebbe stato meglio azzardare su quello da esportare" asserì, sorridendo al cognato.
"Davvero notevole, conte" affermò Mr Fletcher, guardando il ragazzo con orgoglio.
"Allora, se preferite che vi chiami Lucien, dovrete chiamarmi George".
Gli afferrò la mano e la strinse, come a siglare un accordo.
"Dobbiamo brindare" aggiunse andando a prendere brandy e bicchieri. Dopo aver sorseggiato il liquore, Jason intervenne:
"Mr Fletcher, domani torno a Eton. Mi chiedevo, se fosse possibile salutare Miss Milly e, se per voi va bene, vorrei scriverle, ogni tanto".
Mr Fletcher lo guardò seriamente.
"Se sono George per il vostro tutore, lo sarò anche per voi" sbottò.
"Va bene, George. Quindi, posso salutare vostra figlia?"
"Non solo potete! Lo dovete proprio fare! Venite, sta suonando, vi accompagno. Anche voi, Lucien".
Insieme, i tre uomini salirono al primo piano poi, seguendo la musica, arrivarono a una stanza con la porta chiusa.
Mr Fletcher l'aprì. Era un salotto molto ampio, c'erano tre divani e una decina di poltrone. Un pianoforte occupava il lato destro della stanza. La musica era intensa e suonata in modo magistrale. Le note fluttuavano nell'aria, come minuscole particelle di polvere che, illuminate dalla luce, danzavano estasiate. Quel suono, quasi ipnotico, s'insinuava nella mente, cancellando ogni pensiero, per poi scendere nel cuore. E, tutto ciò che si poteva fare, era sentire, provare, percepire.
Jason fissò lo sguardo su Milly che, con gli occhi chiusi, faceva volare le dita, leggere, sui tasti. Era assorta, concentrata, eppure sembrava le venisse naturale creare una tale meraviglia.
Lei non li sentì entrare, ma un brivido le percorse la schiena e capì che lui era lì. Terminò il brano, poi si voltò lentamente. Un applauso partì da Jason, seguito subito dal tutore e dal padre. Nessuno l'aveva mai applaudita. Milly arrossì fino alle orecchie. Jason si avvicinò, allungò la mano e prese la sua con riverenza. Depose un bacio sul dorso di quella mano prodigiosa che aveva creato tanta ammirazione e scintille si sprigionarono tra loro. Milly trattenne il fiato. Forse, il conte non aveva percepito niente ma, quando lo guardò, capì che anche lui l'aveva sentito.
"Siete incredibile, Milly, la vostra musica ha qualcosa di magico".
E anche voi, avrebbe voluto aggiungere, ma non lo fece.
"Volete sentire cos'è davvero magico, conte?"
La voce di Etta, li fece voltare tutti. Era elegantissima. Pareva una principessa, coi suoi biondi capelli raccolti ad arte e i luminosi occhi azzurri. Con sorriso angelico ordinò:
"Suona il mio brano, Milly".
La giovane si girò sulla panca e cominciò a suonare, obbediente come sempre. Etta si avvicinò al pianoforte, sfiorando il conte. Poi, iniziò a cantare. Jason notò che aveva davvero una bella voce, con una notevole estensione, ma non trasmetteva emozioni. Milly invece, con quelle dita, riusciva a creare un mondo di sensazioni. La musica offuscava il canto. Al temine dell'esecuzione, tutti applaudirono. Avvicinandosi al conte, Etta sussurrò:
"Allora, milord, avete sentito la mia magia? Milly non avrà mai la mia voce, la mia bellezza, la mia eleganza. Vi siete scelto una contessa che suona in modo mediocre, che è brutta, grassa e goffa. Sarete lo zimbello della nobiltà".
Aveva uno sguardo maligno. Poi, cambiò rapidamente espressione, battendo le ciglia, e aggiunse in tono civettuolo:
"Ma, se ammettete di esservi sbagliato, io e mio padre potremmo ancora rimediare. Sarei la contessa perfetta. Saremmo bellissimi insieme".
Jason scattò all'indietro, come se l'avesse schiaffeggiato. Le stesse parole di Prue.
Odiava che tutto si concentrasse sul suo aspetto fisico. Lui era più di un bel ragazzo! Era intelligente, colto e un campione in campo. Aveva sentimenti e desideri, ma pareva che a nessuno importasse, a parte Lucien e Joy.
Milly si alzò dalla panca del piano. Non osava guardare Jason. Aveva udito ogni parola pronunciata da Etta e sapeva, per esperienza, che non c'era confronto né per l'aspetto né per la prova musicale. Fece un inchino, pronta ad andarsene. Non voleva che vedessero l'ennesima sconfitta stampata sul suo viso, né la profonda pena nei suoi occhi. Cercò di allontanarsi, ma Jason le prese la mano. Milly avrebbe voluto piangere. Si sarebbe scusato e avrebbe scelto Etta. Sospirando, si voltò a guardarlo.
Jason era ancora frastornato dalle parole di Herietta, quando notò che Milly stava lasciando la stanza. Non l'avrebbe permesso. Non se ne sarebbe andata così. Le prese la mano per fermarla. Lei si voltò a guardarlo. La tristezza infinita, in quegli occhi da cerbiatto spaventato, lo riportarono alla realtà.
"Non scappate" le sussurrò con dolcezza.
Milly sentì un nodo alla gola. "Vi capisco, milord, avete bisogno di una contessa all'altezza e io non..." Jason non la lasciò finire
"Ho bisogno di voi, Milly!"
Lo strillo di Etta richiamò l'attenzione di tutti. La ragazza, livida di rabbia, buttò a terra tutti gli spartiti, prese un vaso e lo scagliò contro il pianoforte, inveendo contro la sorella:
"È colpa tua! È sempre colpa tua! Brutto mostro invidioso!"
"Adesso basta!" tuonò il padre, prendendo Etta per un braccio.
"Ti stai comportando in modo infantile e mi stai mettendo in imbarazzo davanti ai miei ospiti!"
Etta, che non era mai stata al centro dell'attenzione se non per le sue qualità, di fronte a quell'umiliazione fuggì, piangendo.
"Vi prego di scusare l'atteggiamento di mia figlia. Farò in modo che non si ripeta " assicurò Mr Fletcher.
Milly non gioì dell'umiliazione della sorella. Aveva sofferto talmente tanto per quelle che le erano state inflitte, da non riuscire ad augurale a nessuno.
Mr Fletcher invitò Lucien a seguirlo, lasciando Jason e Milly soli.
Jason invitò la ragazza a sedere sul divano, poi si accomodò acconto a lei. Milly era molto imbarazzata. "Mi dispiace " mormorò.
"Non dovete dispiacervi. Vostra sorella deve farlo, non voi. Avevo molte cose da dirvi, ma sono ancora incantato dalla vostra musica. Siete bravissima".
Milly arrossì di piacere.
"Grazie, ma, in realtà, è merito dell'esercizio. Chiunque si eserciti tre ore al giorno, suonerebbe bene. Non è talento, io non ne ho".
"Smettetela di sminuirvi, siete bravissima e piena di talento. La vostra musica provoca emozioni. Mio Dio, non le sentite quando suonate? Io credo di si, vi ho vista, con gli occhi chiusi, viaggiare in mondi incantati".
Milly sbarrò gli occhi. Nessuno l'aveva mai capita così bene!
"Come... ?"
"Come l'ho capito? Perché mi avete rapito e condotto con voi".
Jason sorrise della sua espressione stupita. Non voleva sembrare invaghito o darle false speranze, ma lei doveva sapere che non aveva solo talento, aveva un dono.
"Sono venuto a salutarvi, domani torno a Eton".
"Oh!" fu tutto quello che riuscì a dire la ragazza.
"Mi chiedevo, vi farebbe piacere se, qualche volta, ci scrivessimo?"
Milly saltò in piedi, sotto lo sguardo curioso di Jason. Si avvicinò al mobiletto ad angolo, aprì il cassetto, ne estrasse un foglio, una penna d'oca e dell'inchiostro. Li porse al ragazzo. Jason rise di cuore, prese il tutto e l'appoggiò sul tavolino da tè.
"Immagino sia un si!"
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