L'imprevisto

CAPITOLO 5

Era il giorno del suo compleanno. Jason sedeva alla locanda con Lucien.
La sua squadra aveva giocato una delle partite più difficili e, purtroppo, aveva perso.
Nonostante l'umore non fosse adatto ai festeggiamenti, i ragazzi avevano comunque brindato al capitano, porgendo i loro auguri. Si erano, però, ritirati presto, per raggiungere le proprie famiglie. Ora, Jason e il cognato sedevano soli, condividendo la cena in un silenzio complice.
Prue arrivò con Cliff, quando erano al dolce. Si accomodarono al tavolo e Lucien ordinò il dessert anche per loro.
Prue prese la mano di Jason.
"Sei stato grande capitano, è stata solo sfortuna."
Il ragazzo le rivolse un sorriso di cortesia, mentre lei sbuffava:
"Adesso, però, tu e Cliff dovete togliervi quelle brutte espressioni dalla faccia! È una festa di compleanno, non è vero Mr Kerr?"
Lucien confermò:
"Proprio così, milady, e questo dolce è squisito".
Scoperto di avere un alleato, Prue continuò l'opera di distrazione dalla sconfitta.
"Allora, Mr Kerr, quali sete sono di moda quest'anno?"
Lucien non capì.
"Beh, credo dovreste chiedere a mia moglie, io non ne so molto, anzi, non saprei distinguere la seta dalla lana!" affermò sorridendo.
Prue guardò Cliff.
"Credevo avessi detto che i parenti di Jason erano commercianti di seta!" sgridò, così, il fratello.
"No, Prue. È la famiglia di Marcus che commercia tessuti" sbuffò lui.
La ragazza divenne all'improvviso silenziosa. Lucien si chiese se questo dettaglio fosse importante.
Jason, annebbiato dalla birra, seguiva il discorso distrattamente.
"Allora, perché mi hai detto che la famiglia di Jason operava nel commercio?"
"Sei sempre distratta e impulsiva, e ascolti solo quello che vuoi sentire, sorella. Non ho mai detto niente del genere."
Anche Cliff biascicava. Lucien era divertito, ma anche attento. Prue non ritornò sull'argomento e, finito il dolce, lei e il fratello se ne andarono.
Solo allora Lucien attirò l'attenzione del suo protetto.
"Jason, tu e la signorina Prue avete mai parlato delle tue finanze?"
"No, Lucien, lei non è quel tipo di ragazza."
"Quindi non avete fatto progetti o parlato del futuro?"
"Lucien, ci frequentiamo da quasi un anno, ma io ho diciassette anni!"
"Lo capisco, ma quando ci si innamora si pensa a una vita e a un futuro insieme. Quanti anni hai detto che ha?"
"Diciannove" rispose il ragazzo sbadigliando.
"Ha già debuttato?" continuò Lucien.
"No, avrebbe dovuto farlo l'anno scorso ma, visto che ormai è fidanzata, non ne ha avuto più bisogno."
A Lucien sembrava tutto fuorché logico. Ci avrebbe ragionato e avviato delle indagini discrete, giusto per capire. Si fidava ciecamente del suo istinto e, in quel momento, gli diceva che qualcosa non andava.
"Va bene campione, ti accompagno all'istituto. È ora di andare a letto."

Il diciassette di maggio era un giorno freddo e piovoso.
Clifford aveva chiesto a Jason di seguirlo nel refettorio.
Ad attenderlo, c'era Prue seduta su una panca.
Jason notò l'aria afflitta e il fazzoletto che stringeva tra le mani.

Quando lei lo vide, gli fece segno di raggiungerla. Poi, si rivolse al fratello:
"Cliff, puoi sederti in fondo alla sala? Ho bisogno di parlare con Jason. È importante!"
Cliff seguì le istruzioni della sorella e si allontanò abbastanza da non sentire la conversazione.

"Jason" sussurrò la giovane, "non so davvero da dove cominciare".
Si posò, drammaticamente, la mano sulla fronte.
"Vedi, c'è stato un grosso equivoco."
Alle proprie parole fece seguire una risata nervosa.
"Sì, proprio grosso. Io credevo che appartenessi a una ricca famiglia di commercianti, ero sicura che mio fratello avesse detto così."
Jason la guardava, cercando di capire dove volesse arrivare, perciò non disse niente.
"Ero così sicura che fossi ricco, immensamente ricco...
Jason, la mia famiglia è rovinata, per questo non ho debuttato. Il castello è tutto ciò che ci resta. Mio padre ha venduto tutto quello che poteva, non abbiamo altro."

"Mi dispiace molto Prue, davvero, se potessi fare qualcosa, lo farei."
"C'è una cosa che puoi fare per me, Jason. Puoi aspettarmi! Siamo così belli insieme, non c'è un ragazzo più bello di te o una ragazza più bella di me!" affermò, sorridendo dolcemente, accarezzandogli la mano.

"Non capisco Prue, ti ho già promesso che ti aspetterò, anzi sei tu che devi aspettare me! Tra due anni finirò gli studi, poi potremo fare progetti per il futuro."
Scuotendo la testa, la ragazza sospirò.
"Jason, ti sto chiedendo di aspettarmi. Non so neanche per quanto tempo, ma non credo sarà molto. Mi sposo, devo sposarmi."

Jason scattò dalla sedia.
"Cosa stai dicendo? "
"Siediti, ti prego, lascia che ti spieghi".
Jason sedette, ma rimase rigido. Non gli piaceva l'espressione sul suo viso.
C'era una malizia che non aveva mai notato e un'aria scherzosa. Trovava la situazione divertente? Era uno scherzo? Beh, lui non si stava divertendo affatto.
"Parla!" la incitò.
"Jason, in questo momento non c'è futuro per noi, né per la mia famiglia. Ho parlato con mio padre, c'è un suo vecchio amico, un barone assai ricco, ma molto malato. Ha bisogno di una moglie e di un erede."
Lasciò che il ragazzo elaborasse il concetto, poi continuò:
"Non vivrà a lungo e quando sarò una ricca vedova noi..."
Jason si alzò, questa volta con lentezza.
"No!"
"Jason, non capisci? Saremo ricchi, bellissimi e felici!"
"No, Prue, sei tu che non capisci. Mio Dio, chi sei? Io non credo di conoscerti."
"Jason, sono sempre io, la tua Prue. Lo sto facendo per noi, per la mia famiglia. È un sacrificio enorme, ma sono disposta a farlo! Tu devi solo aspettarmi. Non ti chiedo neanche di essermi fedele, ti chiedo solo di aspettarmi! Io ti amo!"
A quel punto, la ragazza stava piangendo senza ritegno, ma a Jason sembrava più un pianto di rabbia, che di dolore.
"Mi dispiace, non posso fare promesse che non sarei in grado di mantenere."
"Almeno pensaci, ti prego, io tornerò da te." Poi urlò: "Se davvero mi ami, mi aspetterai!"

Jason, non rispose, la guardò un istante, poi s'allontanò.
Quella, fu l'ultima volta che la vide.

Nell'anno seguente, Lucien venne spesso a Eton. Non si perdeva una partita e, se gli affari glielo permettevano, restava più giorni. Joy veniva con lui, di tanto in tanto, anche se preferiva non portare con sé la piccola Annie.
Cercarono di essere presenti nella vita di Jason che, da quando Prudence Clifford era diventata Lady Weston, non era più lo stesso. I primi giorni, dopo la rottura del fidanzamento, era stato intrattabile. Si sfiniva tra studio e allenamento. Quando Cliff lasciò l'istituto per poter partecipare al matrimonio, Jason cominciò a bere e ad andare a letto con una ragazza diversa ogni sera. Dopo qualche settimana, il rettore convocò Lucien e, spiegandogli la situazione, chiese il suo aiuto. C'erano voluti mesi ma, un po' alla volta, Jason aveva smesso di bere.
Non aveva smesso però di andare a letto con ogni donna consenziente. Non importava che fossero contadine, cameriere, giovani vedove o matrigne dei compagni. Ogni volta che una donna si rendeva disponibile, lui la prendeva.
Era tornato il ragazzo chiuso di un tempo. Nessun legame, nessun abbraccio, niente più gesti affettuosi.
Lucien era dispiaciuto, quelle strette di mano che sostituivano gli abbracci erano fredde e distaccate.
I suoi progressi a scuola, però, avevano dell' incredibile.

Arrivarono le vacanze di Natale e Jason si presentò a casa Kerr in anticipo. Lucien, sorpreso ma felice, portò subito il ragazzo nel suo studio.
"Che bello vederti Jason, non pensavo saresti arrivato prima della vigilia! Non fraintendermi, sono lieto che tu sia qui, solo un po' stupito."
Con una alzata di spalle, il ragazzo spiegò:
"È il mio ultimo Natale da studente. A giugno sarò diplomato, poi vorrei entrare nell'esercito."
Lucien non si stupì, da tempo sentiva che il ragazzo aveva preso una decisione.
"Sei sicuro che sia la scelta giusta? No, aspetta Jason, fammi finire" disse quando il ragazzo cercò di interromperlo.
"So quanto hai sofferto per quella ragazza, ma stiamo parlando della tua vita!"
"Lucien, non potrò mai ripagati per tutto quello che hai fatto per me. Sei stato un fratello, un amico e una guida, ma ora ho bisogno di andare per la mia strada.
La mia decisione non ha niente a che fare con Lady Weston. È passato più di un anno e mezzo, l'ho superata. "
Lucien non era convinto, le parole e l'espressione erano sincere, ma in quegli occhi grigi c'era un ombra.
Un leggero bussare alla porta, interruppe il discorso.
L'uscio si aprì e Joy entrò con Annie tra le braccia.
"Siamo venute a trovarti papà, perché ci stavamo annoiando, vero pulcino?" scherzò.
Solo allora vide che il marito non era solo.
"Jason! Sei arrivato prima! Che gioia vederti!"
Entrò con passo spedito.
"Hai visto Annie, zio Jason è venuto a trovarci."
Cosi dicendo, protese la bambina verso il fratello che, a differenza delle altre volte, non la vezzeggiò, anzi la guardò con tristezza.

Fu solo un momento, ma Lucien colse la sofferenza del cognato.
Jason allungò le braccia.
"Vuoi venire in braccio allo zio?"
Annie si rifiutò di staccarsi dalla madre, s'infilò il pollice in bocca e posò la testa sulla spalla di Joy.
"È stanca" disse la madre giustificandola, "non ha fatto il suo sonnellino oggi, era tutta eccitata dal decorare l'albero di Natale."
Jason sorrise, mentre Lucien si avvicinava alla moglie. La baciò, poi le prese la bambina.
"Non dovresti tenerla in braccio, tesoro, ha quasi due anni, può camminare."
"Ti prego Lucien, non cominciare! Il dottore ha detto che è tutto a posto ."
"Joy stai bene?" s'informò il fratello.
"Sì, sì, Jason, sto benissimo. Lucien si agita per niente. Aspetto un bambino."
Jason sbiancò:
"Scusatemi, devo andare. Non aspettatemi per cena" e uscì come una furia.

"Lucien, che succede? " chiese Joy preoccupata.
"Non lo so amore, ma ho tutta l'intenzione di scoprirlo".

Jason rientrò all'alba, ubriaco. Barcollando raggiunse la scala, ma non aveva fatto neanche il primo gradino, che il cognato lo afferrò per un braccio.
"Seguimi" ordinò.
Senza aspettare risposta, lo trascinò nello studio. Lo fece sedere sulla poltrona, si posizionò di fronte e lo fissò negli occhi:
"Ora parliamo, Jason! Mi dirai che diavolo sta succedendo e stavolta non mentire."
Era un ordine che non ammetteva discussioni.

Il ragazzo cacciò giù la bile, poi parlò.
"Ha avuto un bambino, Lucien, quella infedele, perfida, spudorata gli ha dato un figlio! Avrebbe dovuto essere MIO!"
Una volta cominciato, il giovane non riuscì a fermarsi. " Sai cosa mi ha chiesto? Di aspettarla. Mentre lei si sacrificava, sposando un ricchissimo moribondo e gli dava un erede, io avrei dovuto aspettarla, questo ha detto, e che da vedova sarebbe tornata da me e saremmo stati ricchi e felici! Chi potrebbe fare una cosa come questa, chi? "
Deglutendo continuò:
"Ha detto che stava facendo un sacrificio per tutti, ma è così, Lucien? Mi ha fatto sentire un verme, dicendo che mi amava, come se, aspettare qualche anno, non fosse che una piccola cosa in confronto a ciò che avrebbe sopportato lei! Come se non l'amassi abbastanza! È vero, Lucien? Sono io l'infame, sono io che non capisco? Credi che stia soffrendo come me? Dannazione, non può essere così malato se l'ha scopata tanto da metterla incinta!"
Ora era tutto chiaro, Jason era ancora bloccato dal dolore del tradimento.
Lucien si sedette accanto al ragazzo e lo abbracciò. Questa volta, Jason non si allontanò, si lasciò confortare dal cognato.
"Non lo so, ragazzo, non so esattamente cosa sta provando quella donna, so però cosa stai provando tu!
Voglio farti una domanda, Jason. A parti inverse, l'avresti tenuta legata a te in questo modo? Credi davvero che amare una persona voglia dire farle passare anni d'inferno, pur di non perderla? Lasciati dire che io non avrei mai potuto sottoporre Joy a tale sofferenza, l'amo troppo. Non sopporto di vederla triste. Questo è l'amore Jason, mettere i suoi sentimenti prima dei tuoi. Vuoi sapere cosa avrei fatto? L'avrei lasciata andare, avrebbe sofferto certo, ma sarebbe andata avanti. La verità è che la stai aspettando, logorandoti e struggendoti. E se, per un miracolo, il marito guarisse?"
"Non so cosa fare Lucien, dimmi cosa devo fare."
"Non posso dirti cosa fare, posso dirti cosa farei io. La lascerei andare. Ha fatto la sua scelta, ha scelto di sacrificarsi, ma l'ha deciso lei, mentre a te non ha lasciato nessuna alternativa. Ha deciso per entrambi, senza chiederti cosa volessi tu! Io non credo che questo sia amore!"
Lucien non sapeva se il ragazzo lo avesse ascoltato. Stava inerme, stretto a lui. Pensò che si fosse addormentato, ma poi lo sentì bisbigliare:
"Grazie."
Lo accompagnò in camera, lo aiutò a spogliarsi e, quando fu certo che dormisse, tornò a letto dalla moglie.

"Come sta?" chiese Joy, quando il marito l'attirò a sé.
"Spero meglio, credo sia sulla via della guarigione."
"Grazie" sussurò la moglie.
Lucien la baciò a lungo con trasporto. Fece l'amore con lei come se fosse la prima o, forse, l'ultima volta. Era così prezioso quello che stringeva, così potente eppure così fragile. La vita poteva dare o togliere tutto, per questo bisognava godere di ogni attimo e lui lo sapeva fin troppo bene.

Le festività natalizie trascorsero in un clima non troppo felice, ma almeno sereno. Jason non tornò mai sull'argomento e Lucien non fece nessuna pressione al ragazzo. Aveva notato un cambiamento e questo era già di buon auspicio.
Nei primi giorni del nuovo anno, arrivò una lettera, nella quale si informavano tutti gli studenti che, a causa di un'epidemia di scarlattina, la scuola non avrebbe riaperto. Sarebbero stati avvisati per tempo, al momento della ripresa delle lezioni.

Lucien cominciò a coinvolgere il ragazzo nei suoi affari. Spesso si attardavano nello studio, a controllare investimenti e spedizioni. Jason scoprì che il cognato aveva ricevuto una piccola eredità e l'aveva fatta fruttare. Era incappato in un progetto che prevedeva l'utilizzo della latta come nuovo sistema di conservazione.
Era un pomeriggio di metà gennaio, quando Peter, il domestico di Lucien, annunciò la visita di un gentiluomo porgendo, al padrone di casa, il bigliettino da visita. Sotto lo sguardo attento di Jason, il cognato lesse: "Mr Drummon avvocato.
Bene, Peter, accompagna qui il signor Drummon, vediamo cosa vuole".
Mr Drummon era un anziano e distinto signore: si presentò, si accomodò e accettò volentieri un bicchiere di brandy.
"Vi ringrazio, Mr Kerr, ci voleva proprio. Fa piuttosto freddo e le mie vecchie ossa si lamentano ogni volta che esco di casa."
"Avreste potuto convocarmi, Mr Drummon, vi sareste risparmiato questo disagio."
"Siete molto gentile, Mr Kerr, ma la faccenda è piuttosto urgente. Vedete, sono stato incaricato, dal segretario reale, di trovare l'erede del conte di Tremain.
Il pover'uomo è deceduto il primo dell'anno. Ha avuto un malaugurato incidente, qualcosa collegato alla carrozza e al ghiaccio, pare. Era ancora relativamente giovane."
A quel punto, sorseggiò un altro goccio di liquore.
Lucien era curioso.
"Molto interessante, signor Drummon, ma ancora non capisco cosa vi porti qui."
"Ebbene, Mr Kerr, ci stavo arrivando. Ordunque, il conte di Tremain non aveva fratelli, così come suo padre e suo nonno. Neanche la madre aveva fratelli o sorelle. Non era sposato e non aveva figli. Perciò capirete la difficoltà di trovare dei legami familiari. Sembra, però, che la nonna avesse una sorella, la quale aveva un figlio che purtroppo non è più tra noi da anni."
Lucien non sapeva se ridere o annoiarsi. Guardò Jason. Il ragazzo sembrava divertito.
"Quindi?"
"Il figlio, della sorella della nonna del conte, aveva un figlio, capite?" Sorrise entusiasta l'avvocato, come se ora fosse tutto chiaro.
Jason rideva, ripetendo:
"Aspettate, il figlio, della figlia della nonna, aveva un figlio?"
"No, no, no, il figlio, della sorella della nonna aveva un figlio! Un certo William Archer."
Il silenzio calò nello studio. Lucien e Jason si guardavano increduli.
"Vedo che cominciate a capire. Mr Kerr, quale tutore del ragazzo, presumo vogliate controllare tutti i documenti."
Poi si rivolse a Jason: "Congratulazioni, lord Archer conte di Tremain."

Lucien e Jason rimasero in piedi fino all'alba, controllando i documenti, studiando le proprietà e i gravi problemi finanziari. Tra tutti gli incartamenti spiccava un contratto di matrimonio, in scadenza.
"Non l'ho mica firmato io!" suggerì Jason "non sono obbligato a rispettarlo, giusto?"
Lucien non ne sapeva molto, perciò cercò di rassicurarlo.
"Conosco un avvocato, di cui mi avvalgo per gli affari. Andremo da lui e cercheremo di chiarire ogni cosa. Che ne diresti se ora andassimo a dormire, conte?" ridacchiò.
"Non è divertente, io non lo voglio questo titolo. Hai visto? Le proprietà sono in rovina e i debiti enormi! E poi, nel pacchetto, c'è pure una moglie! No, grazie, che cerchino qualcun altro!"
"Non so come funzioni Jason, ma puoi contare su di me. Affronteremo tutto, insieme. Ora a letto, è un ordine."
Jason rispose al saluto militare e, ridendo, andarono a dormire.

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