Capitolo 1

Nicola aveva appena finito di pulire la cucina dopo aver cenato. Era stata una lunga serata, e non vedeva l'ora di sprofondare nella poltrona in salotto con una tazza di tè caldo in una mano ed un romanzo aperto nell'altra.

Si era trasferito da poco, ma quella casa isolata in mezzo al bosco era l'ideale. La rete internet prendeva sorprendentemente bene, con un'antenna adatta, e la strada era in ottimo stato. La patente e l'auto non erano un grosso problema, per lui, e anche fosse rimasto a piedi una mezz'oretta di passeggiata per arrivare al paese non faceva certo male alla salute.
La villetta era spaziosa, con un paio di camere inutilizzate, che sarebbero presto o tardi diventare deposito di materiali e oggettame vario.

Aveva persino lo spazio per due laboratori nel seminterrato, più un garage. E la sua naturale propensione per la solitudine lo rendeva proprio il posto ideale.
Per questo imprecò quando suonarono alla porta e fu costretto ad alzarsi.

Erano le nove. Chi cazzo si avventurava in culo ai lupi a quell'ora? Non aveva invitato né Giulio né Susanna, e loro non si sarebbero mai presentati a casa sua a quell'ora. E sperava che i corrieri non fossero costretti a lavorare ad un tale orario.

Sbuffando, si avvicinò all'entrata, dando un'occhiata dallo spioncino. Sbuffò di nuovo appena capì di non avere idea di... Cosa avesse davanti. Aprì la porta.

Avrà toccato appena il metro e sessanta di altezza. Portava un grosso zaino nero, e aveva addosso una camicia e delle bretelle che reggevano un paio di pantaloni rossi. Guanti neri senza dita, una bandana -anche questa rossa- ed un ciuffo di capelli scuri.
Questo era quello che era in gradi di descrivere con precisione.
Il resto era un'accozzaglia di pezzi metallici e non, assemblati per dare una parvenza vagamente umana. Gli occhi emettevano un lieve bagliore giallognolo. Passò qualche secondo a cercare di decifrare il mosaico di materiali di quello che immaginava essere il viso, e a parte una striscia di gomma nera che ne segnava la metà esatta non era capace di distinguere molto altro.

Lo vide porgere una mano.

"Piacere. Ci... Hanno detto che un meccanico vive qui. Nicola Ferraris, giusto?"

"Sì. Sono io"

Strinse esitante ma mano, e la cosa la afferrò anche con la sinistra prima di scuoterla.

"Noi siamo Rotella-" la mano sinistra si spostò ad indicare uno dei due lati del volto, "-ed Ingranaggio-" la mano si spostò ad indicare il lato destro, "-ed è un piacere per noi conoscerla"

Nicola li guardò confuso. Non era del tutto convinto, e si aspettava che si trattasse di una candid camera o qualcosa del genere.
Ma invece non accadde nulla.

"Be', ecco, il... Piacere è mio?" si passò una mano tra i capelli, poi si afferrò la base del naso, sospirando profondamente.
"Scusate, ma... Cos'avete detto di essere?"

"Non l'abbiamo ancora detto," la cosa fece scioccare la mascella, "ma siamo stato costruiti con l'idea di essere un automa. Un robot, insomma" si sistemò un attimo la camicia, "per quanto i più pignoli ci chiamerebbero androide".

Nicola li studiò per un attimo.

"Quindi... Immagino che siate in due? O come- Aspettate, perché vi serve un meccanico? C'è un guasto?" chiese, confuso.
Il robot scosse la testa.

"È una lunga storia. La sintesi è che siamo in due, e vorremmo essere separati," spiegò, "ma finora non abbiamo avuto fortuna. È una faccenda delicata"

Nicola li fissò per un attimo, prima di mormorare un "...immagino" a mezza voce.

"Potremmo entrare? Ci servirebbe una presa di corrente. Bisogna camminare un bel pezzo per arrivare qui, ed è da un po' che non abbiamo avuto l'occasione di ricaricarci"

Nicola ci pensò su per un momento. La situazione era, a dir poco, assurda. Però sembravano educati. Sempre ammesso fossero in due.
Nel peggiore dei casi erano pur sempre un oggetto, e avrebbe potuto spegnerli senza troppi problemi.

"Entrate pure" disse, facendosi da parte. Rotella ed Ingranaggio chinarono per un attimo la testa mentre attraversavano la porta, per quanto fossero decisamente più bassi della soglia.
Sarà stata un'abitudine? Era possibile per un robot?

"Lasciate le scarpe qui. Vi do subito delle ciabatte. Qual è il vostro numero?"

"trentanove, ma qualunque cosa va bene, non si disturbi"

"Datemi del tu" rispose, porgendo loro il paio di ciabatte più piccolo in suo possesso, un quaranta.

Lo ringraziarono, iniziando a togliersi anche lo zaino. Il braccio destro cigolò leggermente in risposta al peso applicato.

"Cosa c'è lì dentro?" Chiese incuriosito

"La nostra fisarmonica, e qualche pezzo di ricambio"

Una risposta decisamente inaspettata.

"Sapete suonare uno strumento?"

"Oh, sì. E cantiamo pure. Giaggio ha una voce fantastica, ma è timido. Lascia parlare me di solito"

Nicola poté sentire chiaramente un brontolio sovrapporsi alle parole di Rotella. Okay. Dovevano anche avere due voci, quindi.

"Giaggio è l'altro, giusto? Posso sentirlo?" Si voltò per far loro strada verso il soggiorno.

"Solo se riesci a convincerlo a cantare" ridacchiò Rotella.

"No, intendevo solo parlarci"

"È a disagio. Non... Sempre abbiamo avuto buone esperienze con ingegneri e meccanici. Di solito si occupa lui stesso di tenerci a posto"

"Dev'essere impegnativo"

"Lo è" rispose Rotella, fermandosi a guardare il soggiorno. Due poltrone rosse, un caminetto scoppiettante e un tappeto sul pavimento. La parete sinistra era occupata da un paio di librerie in legno, su quella destra si apriva una lunga vetrata. L'impressione era quella di un ambiente comfortevole.

Posarono la borsa accanto alla porta, aspettando che Nicola si sistemasse per primo. Lui quasi non si accorse che si fossero fermati.

"Quindi," esordì, prima di vederli fermi alla porta.
"Non... Non vi sedete?"

"Non osavamo, tutto qui"

"Vi ho lasciato la poltrona vicino alla presa"

"Grazie" non se lo fecero ripetere due volte. Presero un cavo dalla loro tasca che somigliava al caricabatterie di un comune cellulare, se non fosse stato più voluminoso. L'attacco aveva, ovviamente, una forma diversa- ed era di un tipo che Nicola non aveva mai visto prima.
Stavano dando le spalle a Nicola, quindi non potè dire con precisione dove lo collegarono, ma immaginò fosse da qualche parte sul loro petto. Quando si sedettero sulla poltrona, per un attimo ebbe paura che si sarebbe sfondata sotto il loro peso.

"Quindi... Voi siete in due lì dentro, giusto?"

Annuirono.

"E volete che io provi a separarvi"

Annuirono di nuovo.

"Immagino non sia il primo a cui lo chiediate"

"Be'... No. Viaggiamo parecchio. Ogni volta che arriviamo in un posto nuovo cerchiamo qualcuno per le riparazioni che non siamo capaci di fare per conto nostro. Giaggio è geniale, ma non sa ancora fare i miracoli"

"Deduco che dovrò parlare con lui per capire meglio come funzionate"

"Be', sì. Ma come ti ho detto è timido. Credo tu possa capire che non possiamo fidarci di chiunque, insomma, è abbastanza facile essere manomessi"

"È ragionevole".

Era di nuovo una situazione paradossale. Loro venivano a chiedere il suo aiuto, eppure non erano ancora disposti ad accettarlo. Era a dir poco singolare.

"Se avete bisogno di qualcosa, basta chiedere. Ho gli attrezzi e i pezzi di ricambio più comuni. Lavoro da casa, quindi potete stare qui," lanciò uno sguardo allo zaino di fronte alla porta, "basta che non facciate troppo casino, ok?"

Vide Rotella aprire la bocca per rispondere, ma non ebbe il tempo di farlo.

"Grazie".

Era una voce diversa, decisamente più profonda. A sentirla così sembrava piuttosto comune, così come quella di Rotella, ma c'era una sfumatura in più rispetto alla sua.
Doveva essere Ingranaggio.

"Non c'è problema" provò ad accennare un sorriso.
"Vi serve un letto? Carburante?"

Rotella sembrò lasciare il tempo ad Ingranaggio per rispondere al posto suo, ma capì che non l'avrebbe interrotta di nuovo.

"No, grazie mille. Ci serve soltanto una presa e un po' di compagnia"

Nicola annuì, poi si alzò.
"Mi ero fatto del tè, ma adesso è freddo. Sicuri che non vi serve nient'altro?"

Scossero la testa.
"potremmo solo... Dare un'occhiata ai libri?" Chiese Rotella, alzandosi anche lei.

"certo, non c'è problema"

Li guardò staccare il caricatore prima di alzarsi e dirigersi verso le librerie.
Una buona parte degli scaffali più a vista erano manuali di elettronica, ma non mancava la narrativa, tutto meticolosamente organizzato secondo il genere. Fantascienza, thriller, fantasy... Tra gli altri libri figuravano persino dei manuali di gioco di ruolo.

Decisero di afferrare un romanzo casuale, tornando a sistemarsi sulla poltrona. Nicola era già di ritorno, nel frattempo, che sorseggiava il suo tè mentre li osservava muoversi.

"Scusate se mi prendo certe confidenze," prese un piccolo sorso per inumidirsi le labbra, "ma... Insomma, siete stati costruiti da qualcuno, no? Perché non avete chiesto a lui?"

Poté vederli soppesare le parole da usare. Prima abbassarono lo sguardo, poi lo spostarono sulla loro fisarmonica, fino ad arrivare al volto di Nicola.

"Non l'abbiamo mai conosciuta. Sappiamo a malapena che si chiamava Rebecca Giusti" iniziò a spiegare Rotella, "ci aveva chiuso nella soffitta di casa perché non aveva più i soldi per sviluppare il progetto. Quando ci hanno tirato fuori di nuovo era già morta da qualche anno"

"Mi... Dispiace"

"Non ha senso piangerci su. A noi basta essere la prova che i suoi studi stavano andando effettivamente da qualche parte. E poi ci siamo accesi per la prima volta in quella soffitta, quindi... Non abbiamo patito più di tanto"

Nicola intuì che Rotella stava cercando di fare spallucce, ma mosse solo quella sinistra. Curioso.

"E fammi indovinare... A parte lei nessuno riusciva a capire come fuonzionavate, giusto?"

"Bingo. Quello, ed il fatto che è stato Giaggio a costruire la maggior parte del nostro corpo. Rebecca era riuscita a completare solo la testa e il braccio destro, tutto il resto... Be', l'abbiamo dovuto fare da soli con quello che capitava. Quando ci hanno tirato fuori hanno apportato delle modifiche, certo, ma nessuno è riuscito a cambiare la nostra meccanica in modo radicale".

Nicola annuì, pensoso. Questo voleva dire che lavorare direttamente su di loro era pressoché impossibile.

"Ed io cosa ci guadagno ad aiutarvi? Sembra un lavoro monumentale. Non so se me lo posso permettere"

"Be'... Abbiamo dei soldi, sì, ma oltre a quello non abbiamo molto altro da offri-"

"Te sei un meccanico, giusto? Credo che dare un'occhiata qui dentro sia un'offerta decisamente interessante" Ingranaggio la interruppe all'improvviso, picchiettando il loro petto.

"È un meccanismo poco ortodosso, ma proprio per questo ne vale la pena. Per non parlare di quello che c'è qui" Stavolta diede un paio di colpetti alla loro testa, "Non ho mai potuto vederlo di persona, ma credo sia strabiliante. C'è un piccolo reattore di quel che ho capito, ma non garantisco nulla. Se ci aiuterai, potrai sfruttare e prenderti il merito di qualunque cosa troverai qui dentro"

Nicola doveva ancora abituarsi agli improvvisi cambi di timbro. Poteva intuire che quella che aveva davanti era una macchina straordinaria, e a giudicare dal tono di Ingranaggio aveva l'impressione che Rotella avesse raccontato anche troppo.

E se nella loro testa si trovava effettivamente un reattore, allora l'offerta iniziava ad essere allettante.

"Va bene. Ci sto" le sue parole spezzarono i pochi secondi di silenzio.
Rotella e Ingranaggio annuirono, ma sembravano ancora tesi.
Porsero la mano destra.

"Affare fatto?"

"Affare fatto"

Appena afferrò la mano, sentì una stretta più salda di quella che si sarebbe aspettato.

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