Capitolo 24 - Piacere, ti amo!
La giornata a scuola sembra infinita e pesante. Non riesco a concentrarmi, nonostante sia un comportamento opposto al mio solito.
<< Alex! Hai deciso di non seguire oggi? >> domanda Simone, accanto a me, riportandomi alla realtà.
<< Oggi non riesco a concentrarmi, se ti racconto una cosa mi giuri che non ne parlerai con nessuno? >>
<< Certo, spara! >>
Comincio così a descrivergli la situazione, in tutti i dettagli, come ho fatto con Martha. Lui mi ascolta attentamente, stringendomi la mano quando sono vicina al piangere.
<< Cosa ne pensi? >> domando poi, alla fine del discorso.
<< Che dovresti leggere la lettera. >> anche lui, non ci posso credere. Mi stringe la mano e poi riprende a copiare la versione di latino scritta alla lavagna. Faccio lo stesso e riesco a seguire fino alla fine dell'ultima ora.
Mentre cammino per strada, mi accorgo che qualcuno mi sta raggiungendo. Appena capisco di chi si tratta affretto il passo, intenzionata ad arrivare a casa senza rivolgergli la parola.
<< Alex! >> esclama lui.
<< Gabriele, lasciami stare. >>
<< No, ascoltami. >> no che non ti ascolto, smettila.
<< Non hai nulla da dirmi che mi possa interessare. Non è giornata, davvero. >> ribadisco, ma lui non sembra voler ascoltare.
<< Non volevo prenderti in giro, tu mi piaci. >>
<< Scommetti su qualche altra ragazza, non su di me. Basta Gabriele, lasciami stare. >> urlo.
<< No! >> urla anche lui, per fortuna qualcuno ci sente e si avvicina.
<< Lasciala stare Gabriele, davvero! >> Simone accanto a me mi difende, e Gabriele se ne va furioso come poche volte l'ho visto. Lo ringrazio e lui si offre di accompagnarmi casa. Che carino.
Rientrando in casa, tolgo le scarpe e la giacca di pelle, poi mi siedo sul divano. In casa c'è solo Martha e Brian, che credo sia in taverna o in camera sua.
Passo il pomeriggio a studiare le varie materie, senza concentrarmi su altro. Non posso permettermi di prendere un brutto voto in latino, il prof. mi odierebbe ancora di più e sarebbe impossibile recuperare un'insufficienza adesso che cominciano tutte le altre verifiche e le simulazioni per gli esami di quinto anno che avremo l'anno prossimo.
Si fa presto ora di cena, prima ancora che io possa accorgermene. Finalmente scendo a cenare, dopo varie sere, e mangio tutto quello che mi viene messo nel piatto da mia zia. Sarah, Brian e i miei zii sono increduli, ma alla fine mi sorridono. Dopo cena ognuno torna al proprio posto, ed io e Bryan ci lanciamo solo qualche sguardo prima che si allontani.
Mi accorgo che sul tavolino, esattamente dove l'ho lasciata, c'è la lettera che Brian mi aveva dato anni fa, al mio dodicesimo compleanno. Prima di poter cambiare idea la afferro e la apro.
La scrittura me la ricordo bene, era bellissima anche se disordinata. Aveva un modo di scrivere che mi affascinava, per il modo in cui si esprimeva nonostante fosse un ragazzino di dodici anni; era mille volte più bravo di me.
Ciao Alex,
so che quando leggerai questa lettera mi odierai. Mi odierai perché tu avevi bisogno di me e io non c'ero.
Non ho smesso di parlarti perché non volessi più farlo, o perché mi stai antipatica. Per nulla, anzi, ti adoro.
Ti voglio davvero tanto, ma tanto, bene. Sei unica. Sei stata la prima persona alla quale mi sono affezionato per davvero e, sai, non è facile che questo accada.
Voglio spiegarti il motivo di tutto. Voglio che tu sappia perché le cose sono andate così. Voglio che tu sappia che non è stata una decisione presa da me.
Il giorno prima del tuo dodicesimo compleanno, mio papà è morto. Sai, no, ti ricordi che era in ospedale? Ecco, lui non si è salvato. Se ne è andato per sempre. Non potevo, però, non passare con te il tuo compleanno. Ho deciso che sarebbe stato l'ultimo nostro giorno insieme. Non voglio rendere le cose più difficili anche per te, lo sono già molto per me. Mia mamma ha deciso che tra qualche mese parto con lei per tornare dai miei nonni. Non so come dirtelo, non so come fare, e così ho deciso di non dirti niente.
Tra non troppi giorni parto, non so quando torno. Appena posso ritorno da te. Ti ho promesso che passerò con te il tuo diciottesimo compleanno e che insieme guarderemo le stelle. E sai che io mantengo le promesse. Non mi odiare, non mi sono dimenticato di te. Ti voglio bene, aspettami. Io torno.
Resto incredula davanti alle sue parole. Tutte le mie convinzioni sono appena crollate, e provo una strana sensazione di liberazione.
Lo raggiungo in taverna, e lo trovo addormentato sul divanetto. Appoggio una mano sulla sua guancia, e la accarezzo dolcemente.
<< Brian. >> sorrido, appena apre gli occhi.
<< Alex? >> domanda incredulo, decisamente confuso.
<< Dobbiamo parlare. >> sorrido e lui non se lo lascia ripetere due volte. Si siede e mi fa spazio accanto a lui.
<< Dimmi! >> esclama, impaziente.
<< Ho letto la lettera. Scusami, non dovevo avercela con te. Però mettiti nei miei panni. Arrivo qua e dopo mesi che ci conosciamo ti riconosco, non ho potuto fare a meno di stare male. Sono fregata, però, perché ti voglio troppo bene. Ci ho provato ad odiarti, invano. Non ce l'ho fatta neanche un secondo, figuriamoci se posso farcela per giorni e anni. >> dico di fretta, per non pentirmi delle mie parole e non avere ripensamenti. Voglio dire tutto quello che sento, per una volta. Per la prima volta.
<< Quindi sono perdonato? >>
<< Non ho niente da perdonarti! >> lo abbraccio. Lui ricambia, poi si stacca appena per guardarmi negli occhi.
<< Ricominciamo tutto? >> dice, sorridendo.
<< Piacere, Alex! >> sorrido. Lui fa uno strano sorriso, poi mi stringe la mano.
<< Piacere, ti amo. >>
Il mio sorriso viene interrotto dalle sue labbra sulle mie. Il bacio è lento e calmo, leggero. Come se per tanto tempo avesse voluto farlo, baciarmi per non lasciarmi più andare via.
Il bacio si fa via via più intenso, e le sue mani si spostano lungo il mio corpo. Interrompo il bacio, solo per sorridergli e poterlo ricominciare.
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