Capitolo 19 - Scatoloni
Quando apro gli occhi, ancora assonnata, mi ritrovo abbracciata a Brian. Lui ancora dorme, ha un bel sorriso, sembra così sereno. Cerco di uscire dalla tenda senza svegliarlo, ma purtroppo apre gli occhi proprio nel momento esatto in cui chiudo la tendina.
<< Buongiorno. >> sorrido.
<< Buongiorno. Dove stai andando? >>
<< Volevo fare una camminata. >> dico sbadigliando, con gli occhi ancora impastati dal sonno.
<< No, dai, resta qui. >> mi prende una mano e mi trascina vicino a lui. Non rispondo, appoggio la testa sul suo petto e ascolto il ritmo del suo cuore accelerare; lui mi mette una mano sulla schiena e mi abbraccia. Mi accorgo che osserva il mio polso destro, senza distogliere lo sguardo.
<< Hai ancora il mio braccialetto al polso? >> domanda e sul volto gli spunta un sorriso.
<< Sì, mi piace molto. >> sorrido.
<< Perché è bello? >> si solleva per mettersi seduto accanto a me.
<< Perché me l'hai regalato tu. >>
Dopo qualche ora abbiamo finalmente finito di smontare tutto e decidiamo di fare colazione, per poi andare a prendere il treno in stazione.
Quando torneremo, so già che sia la zia che lo zio ci faranno una ramanzina infinita; di quelle che ti ricordi.
Ci sediamo ad un bar e prendiamo due cornetti alla crema e due spremute. A tutti i costi decide di pagare lui, e alla fine mi tocca accettare.
<< Non credi che quando torneremo a casa la zia e lo zio saranno non poco arrabbiati? >>
<< Sì, può darsi. Per me ne è valsa la pena. >> sorride e mi prende la mano. Non riesco a reggere il suo sguardo, perciò abbasso gli occhi sorridendo.
Una volta finita la colazione corriamo in stazione, ovviamente in ritardo. Riusciamo a prendere il treno e, una volta sopra, mi addormento.
<< Alex, svegliati. Siamo arrivati. >> apro gli occhi e ritrovo avanti a me il suo bel sorriso.
<< Sì, certo. >> dico alzandomi di scatto.
Torniamo a casa camminando e ridendo, come sempre, e ci fermiamo davanti alla porta di casa. Mia zia è alla finestra e ci vede arrivare. Ci corre incontro, ha un'aria preoccupatissima.
<< Ma siete matti? Avete idea di come mi avete fatta stare? Cosa vi è saltato in testa! Se lo scopre tuo zio! >> comincia la sua ramanzina, e noi alla fine riusciamo a cavarcela con una scusa tutto sommato credibile.
<< Avevo un compito di punizione per scuola, ma non potevo di certo andare di notte in spiaggia da sola. >> cerco di giustificarmi. Carola solleva un sopracciglio e finge di crederci.
<< Almeno so che state bene. Ringraziate che non c'è tuo zio adesso, che a lui ho detto una bugia per difenderti. >> continua mia zia.
<< Scusa, avremmo dovuto avvertirti. È colpa mia. >> mi difende Brian.
<< Che non ricapiti. Intesi? >> mi lancia un'occhiataccia, poi mi sorride e mi abbraccia.
<< Certo! >> diciamo in coro io e lui.
Mi faccio una doccia e mi sistemo, poi decido di accompagnare mia zia a fare alcune commissioni come mi ha chiesto.
<< Tesoro, la prossima volta avvertimi, sono stata in pensiero! >>
<< Lo so, mi dispiace. >> mi scuso, ha ragione.
<< Tra poco è il tuo compleanno tesoro, il tuo diciottesimo compleanno. Bisogna festeggiarlo! >> sorride.
<< No, zia, davvero. Non voglio festeggiare il mio compleanno. Non ci sono i miei genitori, non ci sarebbe troppa gente che vorrei che ci fosse. >>
<< Se nonna si opera prima, potrà esserci! >> sul suo volto esplode un sorriso.
<< Se nonna si opera prima, io torno da lei. >> il sorriso sul suo volto sparisce.
<< Tesoro, a proposito di questo... >> comincia, l'ansia comincia a farsi spazio dentro di me. << I medici dicono che tua nonna supererà sicuramente l'operazione. >> tiro un sospiro di sollievo. << Però hanno detto che sarebbe meglio se tua nonna potesse appoggiarsi a qualcuno di vicino. Quindi i nonni verranno a abitare da noi dopo l'operazione. Così sarà più sicura. >> sorrido, è una bellissima notizia.
<< Sono felice! >> esclamo, entusiasta.
Mi allontano per andare a comprare alcune cose al supermercato, intanto che mia zia paga altre cose in posta.
<< Alex? >> domanda qualcuno alle mie spalle, è Gabriele. Faccio finta di non averlo sentito e continuo a camminare cercando di accelerare il passo per seminarlo il prima possibile. << Alex! Fermati! >> comincia a correre per raggiungermi ma io non mi fermo, anzi continuo sempre più veloce. Sento le sue mani premere sulla spalla, a quel punto sono costretta a fermarmi.
<< Lasciami stare! >> dico, spostando la sua mano.
<< Ascoltami, per favore. >> mi scongiura, ma io sono troppo ostinata.
<< No, non hai niente da dirmi né da spiegarmi. È tutto chiaro, davvero. >> taglio corto, cercando di chiudere così la conversazione per poter entrare nel supermercato. Intanto le persone ci stanno osservando in silenzio.
<< Alex! Ascoltami un attimo! >> alza la voce.
<< Ci stanno guardando tutti. Evita queste scenate! >> questa volta il mio tono è leggermente più forte e duro.
<< Per favore, ascoltami, solo un minuto. >> continua.
<< Ha detto che non ha voglia di parlarti. Non è stata abbastanza chiara? >> si intromette un signore, alto e grosso. Probabilmente il proprietario di qualche negozio che ci ha sentiti urlare.
<< Chiarissima! >> urla lui, andandosene e guardandomi male.
<< Grazie mille! >> ringrazio il signore.
<< Certi ragazzini devono abbassare la cresta! Piacere, Aldo Ferrari, proprietario dell'azienda. >>
<< Piacere, Alexandra! >>
<< Sai, ti ho già vista da qualche parte! >>
<< Può darsi, comunque adesso devo entrare. È stato un piacere, grazie ancora per avermi aiutata! >>
Entro nel supermercato e compro tutte le cose sulla lista che mi ha fatto la zia. Pago e poi la raggiungo in posta. Torniamo a casa, e all'ingresso è Brian ad aprirci.
<< Eccovi tornate! >> esclama. << Avevo paura di rimanere a digiuno! >> lo guardo storto, poi rido.
<< Ah, grazie! >>
<< Zia, tu per caso conosci un certo Aldo? >> domando, lei conosce tutti in città.
<< Sì, il proprietario del supermercato. Era un amico vecchissimo dei tuoi genitori. >>
<< Ah, ecco perché ha detto di avermi già vista! >>
<< L'hai incontrato? >>
<< Sì, mi ha aiutata a liberarmi di un ragazzo molto invadente e maleducato. >>
<< Capisco, comunque è una brava persona. Ha avuto un passato difficile ma è una persona d'oro. >>
Per tutto il pranzo Brian è strano, e anche io. L'incontro con Gabriele è bastato a rovinarmi la mattinata.
<< Brian? Tutto Okay? >> domanda Sarah, seduta a tavola di fronte a lui.
<< Sì! A proposito, tu non ci hai ancora raccontato com'è andata l'uscita con quel ragazzo. >>cambia discorso.
<< Molto bene, ha detto che vuole rivedermi. Probabilmente usciremo domani! >> sorride ed è così contenta che anche io lo sono per lei.
<< Molto bene! >> diciamo entrambi, con la bocca piena di verdure grigliate.
<< Alex! Sarah! Brian! Ci chiama Carola più volte, prima di sentirci rispondere.
<< Cosa c'è? >> esclamiamo in coro, uscendo dalla camera.
<< Scendete! Subito! >> sembra entusiasta, allora perché ci chiama così insistentemente?
Tutti e tre scendiamo le scale frettolosamente, per poco non inciampo addosso a Brian. Quando entriamo in salotto, la stanza è piena di scatole e scatoloni. Cosa sta succedendo?
<< Mamma, cosa stai facendo? >> domanda Sarah, tossendo per la troppa polvere.
<< Guardate! >> esclama mostrandoci il contenuto della scatola. Decine di porta foto, disegni, lettere.
Nella mia testa cominciano a riaffiorare tanti ricordi, sempre più intensi.
<< Sarah, da bambina eri una polpetta! >> esclama Brian ridendo e prendendola in giro.
<< Non è vero! >> ribatte lei, osservando la foto che mi sta mostrando Brian.
Osservo che, in fondo, c'è una scatola sigillata.
<< Questa cos'è? >> domando, indicando a mia zia la scatola.
<< Quella me l'ha portata la nonna! Sono tutti ricordi tuoi, ha pensato che li volessi accanto. >>
Apro la scatola, trovandoci dentro tantissimi ricordi. Decido di portarla in taverna per poter guardare tutto con calma più tardi. Io e Brian continuiamo a prendere in giro Sarah, che a sua volta prende in giro me.
Passiamo un paio d'ore osservando ogni singola foto di ogni singolo porta foto. Il pomeriggio passa così, e mi sento davvero bene.
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