Capitolo 18 - Sotto il cielo stellato

<< Alex! Stai attenta alla lezione! >> mi rimprovera la professoressa di Biologia, non appena mi coglie distratta.

<< Mi scusi. >> sussurro, mentre osservo il mio foglio per gli appunti. Il titolo in alto, e poi vuoto. Non è da me, biologia è una delle mie materie preferite, insieme a psicologia.

<< A che pensi? >> domanda Chiara, cogliendomi distratta un'altra volta.

<< Niente. >> mento. Pensavo a troppe cose. Troppe cose per stare nella testa di una persona nello stesso momento.

<< Oh, certo. >> mi prende in giro, passandomi gli appunti per copiarli appena suona la campanella.

Anche una volta suonata la campana, resto seduta ad osservare gli appunti di Chiara, senza rendermene conto i minuti stanno passando e la classe si sta preparando per andare a casa.

<< Alex? Cosa stai facendo? >> domanda Desirèe prima di uscire dalla classe.

<< Cosa? >> ritorno alla realtà.

<< Pensi di restare a dormire qui? >> mi prende in giro mentre preparo lo zaino e mi incammino insieme a lei verso l'uscita.

<< Oggi non so dove ho la testa! >> ridiamo.

<< Se ne è accorta tutta la classe, tranquilla che era abbastanza evidente anche senza che me lo dicessi tu. >> sorride e poi ci salutiamo. Raggiungo Chiara alla fermata, poco prima che l'autobus passi. Saliamo e stranamente troviamo subito due posti per sederci. L'autobus sembra andare a due all'ora, fermandosi anche quando nessuno prenotava la chiamata.

<< Cosa ne pensi? >> mi domanda Chiara interrompendo i miei momenti di riflessione filosofica.

<< Scusami... >>

<< Tranquilla, oggi non hai proprio la testa. Ne parliamo domani. È la tua fermata, scendi prima che l'autobus riparta! >> mi alzo di scatto e quasi inciampo sui piedi di qualcuno. Non mi fermo a guardare di chi si tratta, sono troppo di fretta. Mi scuso per avergli pestato un piede e scendo appena in tempo. Raggiungo camminando la via di casa e suono al campanello. Sento qualcuno scendere le scale di fretta e quando apro la porta trovo Martha ad aprirmi.

<< Ciao, ben tornata! Siediti a tavola, oggi ho deciso di cucinare io. >> sorride.

<< Grazie! >> entro in casa e tolgo le scarpe, salgo in camera per sistemare la cartella e qualcuno bussa alla mia porta.

<< Ciao! >> sorride Brian piombando nella mia stanza senza neanche aspettare un mio 'avanti'.

<< Ciao, prego, entra pure! >> ironizzo. Lui si sdraia sul mio letto perfettamente intatto stropicciando la trapunta celeste.

<< Ti va di andare in un posto? >>

<< Dove? >>

<< In un posto. >>

<< Grazie. Adesso? >> domando, sembra agitato.

<< Dopo pranzo. >>

<< Va bene... >> non sono molto convinta, ma decido di accettare comunque. Mi alzo e appoggio il mio diario sul comodino. Diverse foto cadono a terra e mi piego per raccoglierle.

<< Ti aiuto. >> al tocco delle sue mani accanto alle mie rabbrividisco. Sorride e poi si rialza. Mi restituisce le foto, soffermandosi però a guardare quella con il bambino. La osserva per svariati secondi, e sembra avere un'illuminazione.

<< Chi è il bambino nella foto? >>

<< Un mio amico delle elementari, e delle medie. >> cerco di non fargli capire che dietro c'è una storia, ma lui sembra capirlo.

<< E perché tieni una sua foto nel tuo diario? Era importante? >>

<< Sì, molto. Peccato che poi mi abbuia lasciata sola. >> abbassa lo sguardo, sembra piuttosto dispiaciuto per me.

<< In che senso? >> continua a fare domande riguardo al ragazzino della mia infanzia.

<< Magari te lo spiego un'altra volta. Adesso non mi va. >> taglio corto per evitare altre domande da parte sua.

<< Va bene. >> scendiamo entrambi a mangiare, parlando del più e del meno come facciamo sempre, per poco non mi va di traverso l'acqua per una delle sue stupide battute.

<< Martha noi adesso usciamo, avverti tu la zia quando torna? >>

<< Certo! Quando tornate? >>

<< Non lo sappiamo! A dopo! >> esclama chiudendo la porta di casa e trascinandomi fuori, prima che Martha possa replicare o opporsi, o fare altre domande.

Camminiamo a lungo, fino a raggiungere la stazione. Mi vengono i brividi solo ad entrarci, scorro lo sguardo da una parte all'altra; sempre più confusa.

<< Cosa ci facciamo qui, Brian? >>

<< Aspettiamo il nostro treno. >> afferma, portandomi davanti al binario 10. Il treno è segnato in arrivo tra non più di quindici minuti, ed è diretto in Liguria.

<< Non abbiamo i biglietti. >>

<< Ho già tutto. Stai tranquilla, sei troppo paranoica. >>

<< Non sono paranoica. >> mi guarda storto. << Okay, forse un po' sì. >> sorride.

Il treno arriva e noi saliamo, dopo aver fatto qualche procedura necessaria per poter salire in treno. Ora capisco perché si è portato dietro uno zaino. In poco più di un'ora siamo arrivati, scendiamo dal treno e camminiamo un po', fino a trovare la spiaggia.

<< Passiamo un pomeriggio alternativo. >> dice stendendo due coperte sulla sabbia e sedendosi sopra, facendomi segno di sedermi anche io. Il vento che tira in spiaggia è tremendamente bello. Nonostante faccia molto freddo, si sta davvero benissimo. Io e Brian chiacchieriamo per diverse ore, ridiamo, scherziamo, come sempre abbiamo fatto da quando lo conosco. Verso le cinque, però, comincia a farsi buio.

<< Scusa, ma tu hai pensato a un viaggio di ritorno vero? Come torniamo a casa? >> domando girandomi a guardarlo.

<< Sì certo, però torniamo domani. >>

<< E dove dormiamo? Qui fa freddo! >> alla mia domanda comincia a tirare fuori una di quelle tende piccole, carine, quelle che sono già montate.

<< Qui. >> lo sguardo storto, ma non riesco a trattenere un piccolo sorriso.

<< Va bene. >>

<< Comunque ti va di camminare un po'? >> domanda una volta che abbiamo finito di sistemare le cose, e mi accorgo che non siamo gli unici ai quali è venuta in mente questa idea. La cosa mi tranquillizza, dal momento che almeno adesso so che è una cosa possibile.

<< Sì, certo. >> dico, prendendo la mia borsa.

Camminiamo a lungo, sotto il cielo che mano a mano si riempie di tante stelle. I nostri discorsi variano da una cosa all'altra, con lui mi sento bene.

<< Ti va di parlarmi del bambino della foto? >> domanda di nuovo. Annuisco.

<< Quel bambino è stato l'unico bambino alla quale avevo confidato tutta la storia della mia malattia, della mia mamma e del mio papà, quando ero piccolina. Quel bambino che, in qualche modo, era entrato nella mia vita. Mi ricordo molto bene che passava con me i pomeriggi in ospedale, o mi accompagnava a trovare mia mamma e mio papà al cimitero, fino a quando non ho compiuto i miei dodici anni. Il mio dodicesimo compleanno me lo ricordo benissimo. Lui era venuto a trovarmi anche se avevo deciso di non festeggiare. Avevamo passato il pomeriggio sulla 'nostra' altalena, lui mi aveva portato un regalo e dodici candeline che mia nonna aveva posizionato perfettamente sulla torta. Dopo quel giorno, però, quel bambino ha smesso di rivolgermi la parola. A scuola non mi parlava più, mi evitava, aveva smesso di venire a trovarmi, non aveva più risposto alle chiamate o ai messaggi che ogni tanto gli inviavo. Poi, un giorno, a scuola la professoressa ci comunicò che quel bambino non sarebbe più stato in classe nostra e che aveva cambiato scuola, città, forse anche paese. Era sparito, senza salutarmi; mi aveva lasciata più sola di prima come se nulla fosse. >> racconto. Ha l'aria parecchio dispiaciuta, forse gli faccio pena. Non sarebbe la prima volta.

<< Come si chiamava quel bambino? >> domanda una volta che ho finito di parlare.

<< Non me lo riesco a ricordare, durante un incidente non troppo recente ho rimosso alcuni dettagli della mia vita. Ricordo tutto di lui, ma non il suo nome. Credo che però, in fondo, sia forse meglio così. >>

<< E non vi siete più visti? >> domanda poi, alzando lo sguardo. Mi accorgo che nei suoi occhi c'è un leggero tono di malinconia.

<< No, non ci siamo più visti. Ed è meglio così. Quel bambino ha passato mesi ad evitarmi e a farmi stare male, nonostante sapeva benissimo come mi sentivo e quanto ero sola. Non mi ha neanche salutata prima di andarsene. Non mi ha neanche mai detto il perché di tutto questo. >> ho la voce rotta.

<< Non piangere. Comunque sono sicuro che quel bambino non volesse ferirti. Un bambino non farebbe mai nulla per ferire qualcuno a tal punto. Forse aveva un motivo. >>

<< No. Non è così. >> abbasso lo sguardo.

<< Guarda il cielo, è pieno di stelle. >> sorride alzando lo sguardo.

<< Bellissimo, da qua si vede benissimo. >> commento mentre ammiro quello spettacolo.

Restiamo per parecchi minuti a guardare il cielo, sorridendoci ogni tanto.

<< Hai freddo? Stai tremando. >> in effetti è vero, ho davvero freddo. << Tieni. >> mi porge un giubbotto suo, che tira fuori dal suo zaino.

La felpa ha il suo stesso profumo, buonissimo. Mi fa indossare il giubbotto e poi mi prende la mano.

<< Torniamo, è tardi. >> dice dirigendosi verso la nostra piccola tenta, in mezzo a tante altre piccole tende.

<< Okay. >>

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