Capitolo Terzo (III) [R]
Solange fissava l'orologio sulla scrivania da una decina di minuti. Il ticchettio della sveglia la infastidiva, ma era talmente tanto in ansia da ignorare anche quel rumore imperterrito. L'orario dell'appuntamento si avvicinava pericolosamente e lei non sapeva cosa fare: da un lato voleva sapere cosa lo strano ragazzo aveva da dirle, dall'altro non si fidava per nulla di lui. Conosceva a stento il suo nome e non sapeva affatto chi o cosa fosse, dato che si divertiva a far levitare libri. Sapeva che una persona sana di mente non avrebbe mai accettato di incontrare uno sconosciuto, ma cosa aveva da perdere? La sua vita era sempre stata anonima, nascosta all'ombra di tanti segreti e menzogne. Aveva seguito quelle persone, adesso si fidava di un ragazzo che, oltre a non sembrarle esattamente normale, aveva come nome un'iniziale; non sapeva spiegarsi le motivazioni, ma dentro di sé sentiva di star facendo la scelta giusta. Andava incontro a dei pericoli, la conversazione che aveva origliato non era che l'ennesimo avvertimento di quanto fosse sciocca a seguire quella specie di "sensazione" che sentiva, eppure nulla la fermava. Era certa che, anche volendo fuggire, non ci sarebbe riuscita, avrebbe solo peggiorato le cose. Rimanere in quel luogo e cercare spiegazioni e risposte era l'unica scelta che le restava. Era entrata a far parte di un gioco particolare e non era intenzionata ad uscirne.
Lo scatto della serratura la fece sobbalzare, i suoi pensieri si diradarono all'istante svuotando la mente e vide una sorridente Jillian entrare nella stanza. La ragazza continuò a sorridere fino al momento in cui si accorse della sua presenza, in quel momento mutò espressione e cominciò a fissarla quasi spaventata. Indietreggiò di poco, quasi scontrandosi con l'attaccapanni, e racchiuse in una morsa i libri al petto: le dita sottili erano artigliate al cuoio del primo volume e i muscoli delle braccia erano tesi, mostrando le vene scure sulla pelle pallida. Solange si stranì nel vedere quella reazione: ne aveva suscitate tante di risposte ai suoi comportamenti, ma mai nessuno si era mostrato così spaventato da lei, una ragazzina anonima ed esile. Non poteva permettere che qualcuno si sentisse così nei suoi confronti e, soprattutto, doveva sbrigarsi a trovare risposte, così saltò giù dal suo letto e la raggiunse, fronteggiandola apertamente.
- Non so cosa voglia dire la parola che mi hai rivolto, ma devo capire perché sono qui. Puoi aiutarmi?
Dapprima la ragazza sussultò, non si aspettava che Solange usasse quel tono nei suoi confronti, in due giorni a stento le aveva rivolto la parola, poi però Jillian arricciò le labbra rosse. Il suo sguardo mutò, se prima sembrava un cerbiatto impaurito ora nei suoi occhi brillava una luce diversa: aveva allentato la presa sui libri, posandoli a terra, e aveva steso le braccia lungo il busto. Aveva uno sguardo affilato, felino, gli occhi verdi luccicavano e la stavano osservando minuziosamente, con un'intensità tale da darle l'impressione che le stesse leggendo dentro. Poi, veloce come lo era stata prima nel cambiare espressione, si portò una mano sul volto sciogliendo la tensione; con uno sbuffo, infine, alzò una ciocca di capelli ramati che le era scivolata davanti al viso, e avanzò fino a raggiungere il suo letto.
- Non riesco a leggerti. Per nulla. Non puoi essere una SenzaTerra e men che meno una di noi. Ma cosa sei, Solange? - Lo sguardo affilato della compagna di stanza non la turbò molto, era abituata a quel tipo di sguardi. Lei li rivolgeva spesso alle persone.
- Un ragazzo si è offerto di farmelo capire.
Jillian alzò un sopracciglio nella sua direzione e si avvicinò ulteriormente a Solange, cercava un contatto fisico che l'aiutasse a capire che tipo di persone fosse. Jillian adesso era più confusa di prima.
- L'ho incontrato nella biblioteca. Mi ha detto di chiamarsi T, non so altro.
- Aspetta, tu sei entrata nella Libreria? - Il tono di voce di Jillian si alzò di un'ottava, tendendo all'isterismo, e i suoi occhi si spalancarono: non conosceva nessuno in tutto l'istituto che fosse mai entrato in quel luogo. Come poteva una semplice ragazzina, per di più che sembrava non essere nulla di conosciuto, entrare in quel luogo e parlare addirittura con qualcuno al suo interno?
- Sì, sono entrata in quella dannata stanza. Perché tutti sembrate così sconvolti? - Solange era stanca di vedere solo sguardi sorpresi e spaventati quando si parlava di questo luogo. Cosa aveva di speciale e cosa aveva lei di particolare per esserci entrata? Prima che potesse continuare a chiederselo, però, la sveglia sul comodino trillò avvertendola che l'orario era arrivato.
La ragazza prese una decisione, stavolta definitiva. Doveva capire cosa stava succedendo e se l'unico che voleva davvero fornirle le risposte che cercava era una specie di mago, allora sarebbe andata da lui. Si spostò all'indietro, mettendo tra lei e la coinquilina diversi passi di distanza, e fece per voltarsi ed andare via, ma quest'ultima la bloccò. Avanzò di colpo avvicinandosi di nuovo e lasciando svolazzare la gonna rossa e gialla che indossava.
- Ti ci porto io - senza avere il tempo di protestare, Solange si ritrovò la mano pallida della sua coinquilina a stringerle il polso sottile.
Cercò di liberarsi della presa, non le piaceva il contatto fisico, ma questa, senza guardarla per nemmeno un secondo, separò le labbra rosse e pronunciò qualcosa che non capì. Inarcò le sopracciglia e aprì la bocca per protestare, ma l'ultima cosa che vide fu un lampo giallo negli occhi di Jillian e poi venne inghiottita da qualcosa. Solange si sentì sollevata in aria, quasi senza peso o gravità; la mente era del tutto svuotata e avvertì il nulla completo, come se non esistesse più. Poi, pochi secondi dopo, il suo corpo si appesantì di nuovo e tutto in un momento avvertì la testa riempirsi di pensieri. Si sentì cadere e, istintivamente, pose le mani davanti a sé attutendo una caduta. Atterrò di lungo su qualcosa di duro, urtò con il fianco e il posteriore un sottile strato di erba, per nulla confortevole; aveva i capelli scompigliati davanti al volto e il fiatone, senza rendersene conto. Chiuse gli occhi un secondo, per il dolore, per poi riaprirli e alzare la testa, per accertarsi di essere ancora tutta intera. Davanti a sé si stagliava la figura della Libreria, enorme e altezzosa come l'aveva vista il giorno prima. Dopo un'apparente moto di confusione, Solange spalancò gli occhi e si sollevò a sedere; i pensieri vorticavano impazziti e i suoi occhi ripercorrevano prima il suo corpo e poi il luogo in cui si trovava. Come aveva fatto a passare dalla sua stanza a quel luogo? Sussurrò tra i denti delle espressioni di spavento e sgomento, i suoi muscoli, ancora in tensione, tremavano sotto la pressione di ciò che era successo.
Intravide la figura di Jillian, tranquilla più che mai, intenta a sistemarsi la gonna che si era sollevata e la camicetta bianca che sembrava essersi stropicciata.
- Cosa mi hai fatto? Sono morta?
Jillian rise inclinando la testa all'indietro e scuotendo i capelli. Solange non ci trovava nulla da ridere e, ancora spaventata, cominciò a toccarsi il corpo accertandosi di avere tutto nel proprio posto. Quella gente era strana, pazza, forse aveva fatto un errore a rimanere. Sembravano utilizzare la magia, o qualcosa di simile, ma non era possibile, solo nei romanzi esisteva la magia.
Cercando di calmare la mente, controllò il proprio corpo e si alzò da terra, posando le mani sull'erbetta e facendo forza sugli avambracci. Una volta in piedi spazzò via dal jeans che portava le tracce di erba e volse lo sguardo nuovamente verso la biblioteca e, in quel momento, si accorse del ragazzo del giorno prima che avanzava verso di loro con uno sguardo omicida e un'incrinatura delle labbra che tendeva al disgusto.
- Cosa non ti era chiaro di "non parlare a nessuno del nostro incontro"?
Solange inarcò le sopracciglia: quella situazione stava diventando ridicola.
- Sono appena atterrata su dell'erba, in un luogo che si trova dalla parte opposta in quello in cui mi trovavo fino a due minuti fa, sto seriamente pensando di essere totalmente impazzita e l'unica cosa che sai dire è "non parlare a nessuno del nostro incontro"? - Solange non si accorse di aver preso un respiro profondo e lasciò fuoriuscire l'aria dalla bocca, ansimando appena.
Jillian fece un'altra risatina. - È la frase più lunga che le ho sentito pronunciare da quando l'ho incontrata.
Solange si voltò piccata verso la ragazza ed evitò di risponderle a tono solamente perché si sentiva ancora parecchio scossa. - Prima che uno dei due possa aprir bocca, vi pongo le domande. Cosa sono le Dinastie? Cosa sono i SenzaTerra? Perché siete così sorpresi che sia riuscita a entrare in una biblioteca?
- La Libreria si offende se la tratti come una qualsiasi biblioteca. Le tue risposte sono lì dentro, comunque. - T le afferrò una mano, ma Solange si ritrasse impaurita.
Sia Jillian che il ragazzo la guardarono confusi e lei alzò le spalle: l'ultima volta che una persona le aveva afferrato il braccio si era trovata con il sedere su uno strato d'erba sottile teletrasportata in un altro luogo senza capire esattamente come, non era un'esperienza che voleva riprovare a breve. Tra l'altro non era nemmeno abituata al contatto fisico, soprattutto se improvviso, e già parlare e discutere con degli sconosciuti era oltre il suo limite. T, compresa l'antifona, lasciò le lasciò la mano e le fece segno di seguirlo all'interno. Sulla porta, Jillian si bloccò: aveva sentito di persone che erano state portate in infermeria dopo aver provato ad entrare nella Libreria, non voleva fare la loro fine. Solange, già dentro, le rivolse uno sguardo interrogativo: perché adesso sembrava impaurita ad entrare in quel luogo? Tutti lo veneravano come se fosse davvero una persona reale. Vide Jillian prendere un grosso respiro e camminare verso l'entrata, stringendo gli occhi, come se fosse pronta a ricevere qualche botta. Jillian stessa si sorprese quando non le accadde nulla e Solange rafforzò la sua ipotesi: forse quello era un istituto per malati mentali e lei non sapeva ancora di esserlo. Quando si accorse anche dello sguardo sorpreso di T pensò che doveva essere lei quella strana, visto che le sembrava normale entrare in una biblioteca.
- Oh, bene. Da quando hai deciso di far passare chiunque da quella porta? - T sembrava parlare all'aria, non a qualcuno di preciso, - Comunque io sono T per te, dolce pel di carota. La Libreria è lieta di far entrare anche un Leone qui dentro - borbottò tra i denti, camminando verso il centro. Il suo tono era tutt'altro che gentile, anzi una vena di sarcasmo ricopriva quelle parole.
- Jillian. - Poi si rivolse alla coinquilina. - Non è leggermente antipatico?
Solange alzò le spalle, non stava a lei giudicare le servivano solo informazioni. Quando un libro le sfrecciò davanti al volto alla velocità della luce si spaventò nuovamente; chiuse gli occhi cercando di darsi un contegno, altrimenti alla volta successiva avrebbe cominciato ad urlare e a sembrare davvero fuori di testa.
- Non mi abituerò mai a questi libri volanti.
Jillian, al contrario, non sembrava particolarmente sorpresa, infatti si accomodò su una delle sedie e incrociò le gambe elegantemente spostando la gonna fino a coprire metà coscia. Solange aveva notato che, nonostante sembrasse una persona sfacciata, Jillian era molto elegante e poco incline alla volgarità. T la seguì, aprendo il libro, e con un cenno chiarì a Solange che doveva sedersi. La ragazza si mostrò titubante, non voleva che la sedia cominciasse a levitare davanti ai suoi occhi; afferrò lo schienale in maniera ben salda, sedendosi quasi subito e constatando che l'oggetto non sembrava volersi alzare in volo. Si sfiorò il ciondolo, sotto la maglia, e ripose le mani sulle gambe, sedendosi dritta sullo schienale.
- Oggi rispondiamo alla prima domanda - T assunse un tono solenne, spostando gli occhiali sul naso e fissando il volume davanti a sé. - Cosa sono le Dinastie? - poi, cominciò a leggere e snocciolare, con un tono di voce più chiaro possibile, le informazioni.
Nel 1876, i Conti Dufort e Albergue, entrambi grandi maestri di alchimia, costruirono il castello. La fortezza nacque per proteggere i potenziati e compiere ricerche sulle loro origini. I due uomini scoprirono, tramite le grandi informazioni acquisite, che, sparse per il mondo, esistevano persone che esercitavano delle particolari abilità. Ognuna di loro aveva delle qualità uniche che, se combinate con altri poteri, potevano dare inizio alla fine. Per riuscire a trovare e proteggere queste persone, i Conti affidarono ai propri discendenti il compito di rintracciarli e portarli in un unico luogo sicuro. Il castello.
Questa struttura, negli anni, ha ospitato sempre più potenziati fino a diventare una vera e propria scuola di magia e alchimia. Nessuno, al di fuori dell'istituto, può venire a sapere delle loro capacità a causa di una legge emanata, anni orsono, dai reggenti. Il re e la regina, con cadenza annuale, rinnovano la legge per fare in modo che il mondo degli uomini non entri in contatto con le particolarità che accadono all'interno dei muri dell'istituto.
Per catalogare, in maniera approssimativa, la qualità dei poteri che ogni ragazzo possedeva, i discendenti fondarono le Dinastie.
Le Dinastie sono tutt'ora ancora presenti. Ogni Dinastia ha delle caratteristiche ben precise: i poteri sono associati a un elemento naturale.
Esse sono quattro in tutto:
- Aquila
- Serpente
- Leone
- Delfino
Gli elementi naturali, alla base dei loro poteri, fanno in modo che queste persone riescano ad esercitare il loro potenziale al massimo. L'aria è un elemento tipico della Dinastia dell'Aquila, detentori di saggezza e velocità; l'acqua è tipica della Dinastia del Delfino, portatori di benessere e tranquillità; il fuoco è l'elemento della Dinastia del Leone, coraggiosi e forti; la terra è tipica della Dinastia del Serpente, furbi e ingannatori. L'elemento alla base di tutto è l'etere, sfortunatamente i Conti non riuscirono mai a trovare nessun potenziato con tali caratteristiche. Abbandonarono la ricerca dell'etere, dopo anni di esperimenti, intuendo che non sarebbero mai potuti arrivare a comprendere i suoi poteri.
Nel 1996, però, i fondatori entrarono in contatto con qualcosa di assolutamente stupefacente...
T si fermò e cominciò a osservare il libro confuso, sfogliando avanti e indietro il volume tentando di trovare una risposta al suo interrogativo. Solange, piena di informazioni, sembrava sull'orlo di scoppiare e non fece neanche caso alla sua pausa. Cercava di unire i punti di qualcosa di totalmente insensato, affascinante e incredibile. Quello di cui parlavano quelle pagine era magia, qualcosa che andava al di là del conosciuto, dello scientifico. La confusione, poi, era accentuata dalla ricerca di questo etere e dell'alchimia. Cosa c'entrava l'alchimia con la magia? Aveva letto dei libri, nella biblioteca dell'orfanotrofio, che nominavano Nicholas Flamel e i suoi progressi con l'alchimia, qualcosa che portava un equilibrio tra scienza e magia.
Jillian che, invece, era rimasta affascinata dal racconto, si mise in mezzo. - Perché ti sei fermato, iniziale?
T alzò un sopracciglio interdetto - Non è un'iniziale, è il mio vero nome. I miei genitori non avevano molta fantasia - borbottò infastidito, prima di continuare, - e comunque mi sono fermato perché mancano delle pagine. Qualcuno deve averle strappate.
Jillian annuì pensierosa e osservò la sua compagna di stanza rimanere in uno stato di trance. Provò a punzecchiarla, lasciandole dei leggeri calci per svegliarla, ma Solange non sembrava reagire.
- Solange, ci sei? - Non ottenendo risposta, si rivolse al suo nuovo compagno di svago - Penso che tu le abbia dato troppe informazioni insieme.
Solange si risvegliò all'improvviso dai suoi pensieri ed elucubrazioni; guardò Jillian e T sorpresa e al contempo spaventata e poi mutò la sua espressione: assottigliò gli occhi e incrociò le mani sul tavolo.
- Quindi siete dei maghi, come Harry Potter?
I due si guardarono confusi: T inarcò le sopracciglia, quasi toccando la parte superiore della montatura dei suoi occhiali e increspò le labbra; Jillian invece stava elaborando qualcosa, infatti aveva il viso pensieroso e i denti che mordicchiavano le labbra carnose. All'improvviso, Jillian si illuminò e sorrise.
- Ti sembro Harry Potter, per caso? - Con uno schiocco di dita, una piccola fiammella infocata apparve sul palmo della sua mano.
Solange sobbalzò impaurita, si allontanò di scatto dal tavolo e nel farlo la sedia si rovesciò a terra, con lei sopra, provocando un rumore fastidioso. Aveva gli occhi spalancati, il respiro corto e pesante e le mani che indicavano tremanti il fuoco. T alzò gli occhi al cielo: spaventarla era di certo l'ultima cosa da fare e, come aveva sempre pensato, i Leoni avranno anche la caratteristica di essere coraggiosi ma sanno essere anche molto stupidi. Il ragazzo soffiò sulla fiamma della ragazza, spegnendola, e fece riaccomodare con delicatezza Solange sulla sedia, cercando di calmarla dallo spavento. Quella ragazza era curiosa, fin troppo, sembrava non conoscere nulla del loro mondo, quello in cui erano praticamente cresciuti, eppure ci doveva essere una spiegazione se era lì. Non certo la Libreria, né tanto meno i Maestri, l'avrebbero fatta entrare senza permesso in quel luogo sacro. Voleva saperne di più e per farlo, doveva mettere da parte la sua diffidenza nei confronti delle persone. Se per farlo doveva anche accettare la compagnia di un Leone, allora l'avrebbe fatto.
- Non siamo dei maghi, Solange, siamo dei potenziati. Delle persone che alla nascita hanno sviluppato dei poteri particolari collegati agli elementi naturali.
- Questo, però, non spiega perché lei sia qui. Dovrebbe avere almeno un piccolo accenno di potere. - Constatò pensierosa Jillian.
- Soprattutto perché la Libreria non fa entrare i SenzaTerra. Anche se, dopo aver fatto entrare una come te, è possibile che faccia entrare chiunque.
Jillian gli fece il verso, incrociando gli occhi e curvando le labbra per renderle più sottili. T inarcò vistosamente un sopracciglio, il suo pensiero sulla maturità del Leone non era cambiato, ma doveva accettare la sua presenza per amore della conoscenza. Era nato per fare quello, il suo destino era stare chiuso in quella Libreria e girovagare per l'istituto senza essere notato. Gli risultava parecchio facile.
- Jillian è un Leone, me lo ha detto lei, ma tu di che Dinastia sei? - Solange ruppe il silenzio, rivolgendosi al ragazzo. Adesso che stava cercando di collegare i pezzi, si stava sforzando di capire chi e cosa fosse T, visto che sembrava essere molto più particolare di Jillian. E lei era già oltre i suoi standard di normalità.
T sospirò, sorridendo. - Non faccio parte di una Dinastia. Ma è una storia lunga e tu non sei pronta a sentirla adesso.
Solange annuì, ancora confusa, e sfiorò la collana che portava al collo. Avrebbe voluto chiedere altro ma sentiva di essere satura, non poteva sopportare altre informazioni e ne aveva già ricevute troppe. Doveva processare quello che aveva scoperto, pensarci su e capire come collegarlo a lei anche se mancavano diversi pezzi. Ora, però, sapeva di poter entrare in quel luogo e di poter accedere a tutta la conoscenza che voleva e questo era un grande aiuto. Doveva conoscere e scoprire cosa ci faceva in quel luogo, chi l'aveva voluta lì e perché era una prigioniera in quell'istituto, anche se nessuno cercava di farla sentire in quel modo. All'improvviso, la collana vibrò leggermente, come faceva spesso quando c'era qualcosa di cui preoccuparsi, e Solange immediatamente si concentrò sui suoi sensi. Ogni volta che la collana si illuminava o brillava cominciando a tremare, sembrava volerla mettere in allerta. Aveva imparato, nel tempo passato all'orfanotrofio, a riconoscere i suoi sensi e a concentrarsi solo su uno di essi per estraniare il mondo. C'erano delle persone al mondo che lo facevano, isolavano gli altri sensi per riuscire a lavorare solo con uno, quindi non si era mai chiesta il perché della sua condizione. Ma ora che era chiusa in quel luogo, cominciava a credere che forse quelle sue capacità avessero a che fare con il motivo per cui era chiusa lì. Concentrandosi sull'udito, avvertiva dei fruscii distinti, sembravano dei passi, ma non riusciva ad esserne certa. Sicuramente appartenevano a una persona, non potevano essere dei libri che svolazzavano per la Libreria.
- C'è qualcuno con noi. - La voce di Solange risuonò tetra e incolore, come se fosse qualcuno ad usarla e non lei stessa.
Jillian e T si allertarono, loro non avvertivano nulla, ma sentivano che c'era qualcosa di anormale in quel momento. Chiedendo al libro di ritornare al proprio posto, i due si alzarono rumorosamente dalle sedie e costrinsero Solange a fare lo stesso. Con passo accelerato raggiunsero l'uscita, non permettendo a Solange di guardarsi indietro e cercare di capire. Le porte della Libreria si chiusero rumorosamente dietro di loro.
°°°
Una figura si spostò lateralmente, dopo aver visto i tre ragazzi allontanarsi, e raggiunse la loro precedente postazione.
Il lungo mantello nero strisciò a terra, provocando dei fruscii inquientanti, mentre i piedi sembrarono quasi danzare nell'aria.
Liberò una mano dal mantello, ricoperta da uno spesso strato di fasciature giallastre, e sfiorò la sedia sulla quale Solange sedeva. Una scossa di piacere allietò la figura, facendole imprimere un sorriso sul volto stanco e deturpato. Un sorriso che era malinconico e spento. Ritirò la mano, nascondendola nuovamente sotto il mantello, e si spostò verso l'interno sfiorando la Libreria.
Il suo caro e vecchio amore.
Una sensazione di malessere avvolse la sua mente, facendola vacillare. In fretta, la figura inclinò la testa e spedì un messaggio telepatico.
L'hanno trovata. Devi proteggerla.
E con il Terzo capitolo auguro una Buona Vigilia e Buon Natale (in anticipo).
Spero sarà molto felice per tutti voi.
A presto,
Tom.
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