Capitolo Quarto (IV)
Solange fissava il soffitto della sua stanza. Le informazioni che le aveva dato T erano troppe, decisamente troppe, da assorbire. Non trovava spiegazioni, eppure sapeva che era la verità. Era sempre stata diversa dagli altri, ma non pensava fino a quel punto.
La storia delle Dinastie e dei loro poteri sembrava essere uscita da uno di quei libri di letteratura che le sue balie avevano nell'orfanotrofio. Si alzò dal letto, mettendosi seduta, e continuò a rimuginare sulle informazioni che le erano state riferite. Con un balzo, scese dalla branda e si recò alla scrivania. Afferrò un foglio e una penna e cominciò ad annotare tutto ciò che le era stato riferito.
Dinastie (4) – Elementi naturali
Etere sconosciuto/non esistente
SenzaTerra (??) - io ? - no poteri?
Jillian – Leone – coraggioso – fuoco
T – sconosciuto ?
I miei "genitori" ?
Osservò il foglio un secondo e si accorse di avere ancora troppe poche informazioni, soprattutto perché la maggioranza di queste le erano ancora ignote. La prima cosa che aveva bisogno di sapere era: chi erano quelle persone che si erano professate i suoi genitori?
Con decisione, arrotolò il foglio e lo nascose tra le pieghe del materasso. Diede un'occhiata allo specchio in bagno per rendersi conto del suo aspetto, ma vi rinunciò quando notò le profonde occhiaie che circondavano i suoi occhi. Si infilò una delle giacche che l'istituto le aveva fornito e uscì dalla stanza in cerca di quelli che dicevano di essere i suoi genitori.
***
La giornata sembrava essere stranamente serena e il fatto che il vento caratteristico di Northlem non soffiasse la straniva. Infilò le mani nella giacca e cominciò a vagare per i grandi giardini. T e Jillian erano entrambi a lezione e lei non sapeva da dove iniziare per cercare i suoi protettori. Si trovò davanti una statua altissima e ci girò intorno per riuscire a capire cosa rappresentasse.
La statua aveva sembianze femminili; una corona di alloro le circondava la testa e le dava una parvenza insolita. Un sorriso strano, quasi inquietante, le ricopriva il volto spento. In mano portava un'ampolla gigantesca, sembrava contenere del liquido al suo interno, mentre il resto del corpo era ricoperto da una mantella lunga fino ai piedi. Nella mano sinistra stringeva un enorme filtro che da un'angolazione particolare somigliava incredibilmente a una spada lucente. Solange osservò la statua in contemplazione, era attratta dalla sua figura nonostante fosse tutt'altro che affascinante come rappresentazione.
- Hai appena fatto conoscenza con l'Alchimia. Terribile, vero?
Solange sobbalzò vistosamente, voltandosi spaventata verso la voce che aveva parlato. Un uomo brizzolato, dagli occhi color cioccolato, la fissava in modo strano. Il suo protettore.
- Non volevo spaventarti, mi spiace.
Solange si calmò, posizionandosi una mano sul petto e stringendo appena la collana con la lacrima che aveva nascosto sotto il maglione.
- È strana, – osservò Solange, dopo qualche minuto di silenzio tra i due, indicando la statua con la testa – non so se esserne affascinata o terrificata.
- Risulta essere un sentimento comune – annuì l'uomo, concordando.
Solange si fermò ad osservarlo, cercando un dettaglio che le facesse pensare di essere padre e figlia. Non era eccessivamente alto, ma pur sempre più alto di lei. Aveva il volto stanco, sembrava temprato dalle avversità, e gli occhi spenti, di un colore molto simile al suo ma più scuro e caldo. Aveva un bel viso, era attratta dai suoi lineamenti, anche se le sembrava strano che potesse essere collegato in qualche modo all'ereditarietà. I capelli brizzolati erano abbastanza lunghi, coprivano gran parte del viso in modo evidente, e il pizzetto con cui l'aveva conosciuto era sparito nel frattempo. Era vestito come un uomo impegnato: doppio petto grigio, in tinta unita con il completo che indossava, e la cravatta di un colore metallizzato leggermente più chiaro.
- Mi metti in soggezione se continui a fissarmi.
Solange spalancò gli occhi e immediatamente un colorito rossiccio raggiunse le sue guance pallide. Distolse lo sguardo e infilò le mani nella giacca, in imbarazzo.
- So che vuoi chiedermi qualcosa.
Non era certo una domanda e Solange si trovò ad annuire alla voce calda dell'uomo.
- Qual è il tuo nome? Non sei davvero mio padre, vero?
L'uomo sorrise appena, evidenziando una fossetta pronunciata a fianco delle labbra, precedentemente nascosta dai capelli.
- Cosa dici se ci allontaniamo da qui?
La ragazza annuì, seguendolo. Solange osservò che camminava lentamente, quasi volesse impedire che lei si perdesse. Si avvicinarono, in silenzio, alla Libreria. Questo la confuse. L'uomo accarezzò delicatamente la parte esterna della biblioteca e Solange lo guardò torva. Cosa aveva di strano quella biblioteca? Ogni persona che entrava sembrava esserne spaventata oppure onorata di entrarvi.
- Seguimi.
La ragazza non osò controbattere e lo seguì all'interno. Una volta chiuso il portone, l'uomo sembrò rilassarsi. Allargò le braccia e alcuni volumi si impilarono sul tavolo di fronte a loro.
- Non mi abituerò mai – accertò Solange, incrociando le braccia.
- Oh, allora hai già fatto conoscenza con la Libreria. Non avevo dubbi.
Solange non fece in tempo a chiedersi come facesse lui ad essere entrato che l'uomo spostò la sedia dal tavolo, con un gesto della mano, quasi facendola levitare, e la invitò ad accomodarsi. La ragazza spalancò gli occhi e, sussultando leggermente, fissò stralunata il genitore.
- Andiamo, credevi che fossi un SenzaTerra? Non mi avrebbe fatto entrare. Per nessun motivo al mondo.
Tremante, la giovane si accomodò sulla sedia e fissò la persona di fronte a sé.
- Cosa è un SenzaTerra?
- Andiamo con calma. Puoi chiamarmi Newman e sono un potenziato – fece una pausa leggera – non sono tuo padre, come avrai capito, ma Indra non aveva tutti i torti quando si è presentata come tua protettrice. Io sono qui per proteggerti, Solange, e non c'è bisogno che ti spieghi altro.
Solange registrò le informazioni: adesso conosceva i nomi di entrambi e sapeva che loro erano effettivamente i suoi protettori. Ma da cosa o da chi? E soprattutto, allora chi erano i suoi veri genitori?
- Chi sono i miei veri genitori, allora?
Newman sospirò.
- Non lo sappiamo, Sol. Li stiamo ancora cercando.
Solange arrossì appena al nomignolo e scosse le spalle. - Parlami del resto.
- I SenzaTerra sono persone senza poteri. Ma non si limitano ad essere solo questo: vengono accolti nella scuola per essere addestrati all'alchimia, aiutano i potenziati a controllare i loro poteri. Due dei Maestri sono dei SenzaTerra.
- Maestri?
Solange lo vide esitare appena, guardarsi attorno, e poi incupirsi. – Sono coloro che gestiscono l'istituto. I diretti discendenti dei conti che fondarono questa scuola. I Maestri sono persone prive di sentimenti, due di loro sono senza poteri e odiano la maggior parte di noi. Fai in modo di non incontrarli mai, Sol, sono uomini e donne che ormai non sanno più cosa significa vivere da esseri umani.
Il tono di Newman era cupo e pieno di rabbia, evidentemente questi Maestri dovevano avergli fatto qualche torto. Prima che Solange potesse chiedere ulteriori spiegazioni, la sua collana cominciò a vibrare nuovamente. Il suo sguardo si incupì, mentre quello di Newman si fece sorpreso.
- C'è qualcuno all'interno della biblioteca, dobbiamo andare.
- Vai, Sol, devi andare. Ci penso io. Ti prometto che ci incontreremo ancora – l'uomo le strinse appena la mano, prima di mandarla via dalla Libreria.
Prima di allontanarsi, Solange lo vide sorridere in direzione del fondo della stanza e infilare le mani nelle tasche. Senza chiedersi altro uscì dalla biblioteca più confusa di prima, ma con più risposte.
***
Non appena la ragazza lasciò la stanza, Newman incrociò le braccia sul petto e sorrise in direzione della figura.
Questa si spostò lateralmente, strisciando il mantello a terra, e sorrise appena sotto il cappuccio. Il volto deturpato fece sospirare Newman, in ricordo di un passato non troppo lontano.
L'hai trovata.
- Avevi dubbi?
L'interlocutore non rispose. Fece levitare qualcosa tra le mani ricoperte da fasciature e la mostrò all'altro.
- Il tempo è arrivato. Devo proteggerla – sibilò Newman afferrando l'oggetto.
Non è compito tuo. Adesso devi farla crescere.
Newman sospirò, stringendo tra le mani l'oggetto. La figura si allontanò nell'ombra e l'uomo osservò la sua mano.
La lacrima di Solange giaceva tra le sue dita.
Rossa.
Un profondo augurio di Buon Anno a tutti voi.
Un abbraccio,
Tom
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