Capitolo 4
Passo un lungo attimo e poi, sentii la prima accettata ...
. . .
Non ero morta.
Avevo sentito l'impatto della lama che si piantava contro qualcosa di solido, ma io... non sentivo male. Che cosa strana, perché non stavo provando dolore? Riaprii un occhio, poi anche l'altro. Ero a un palmo dal naso da lui e scivolsi con lo sguardo di lato, dove trovai un'accetta col manico arancione brillante nel terreno. Che cosa gli era preso? Era così vicino a me che non avrebbe potuto sbagliare mira, quindi non doveva essere stato un caso ad avermi mancata. Perché?
Alzai lo sguardo e riuscii a vedere i suoi occhi da dietro le lenti arancio i. Doveva avere gli occhi molto scuri e avevano anche uno sguardo triste, perché erano pieni di lacrime.
Perché stava piangendo, se fino a qualche attimo prima voleva uccidermi?
«L-Lyra...». Sentii un sibilo profondo provenire da dietro la sua maschera. -Lyra? Sembrava il nome di una persona...- nel frattempo indietreggiai e mi accorsi che, affianco a lui, c'era il sentiero che portava a casa mia.
Avrei potuto cogliere a mio vantaggio quel suo momento di debolezza e correre a tutta birra, ma qualcosa mi stava bloccando.
Paura? Di certo ne avevo molta, ma non era quella a fermarmi. Sentivo che le gambe si erano fatte incredibilmente pesanti e non riuscivo a muoverle. Poi ebbi un colpo di calore e iniziai a sudare freddo... merda, stavo andando in ipoglicemia. Avevo dimenticato di aver fatto l'insulina quella sera, prima di andare a passeggiare, e non avevo calcolato che avrei potuto avere un blackout da un momento all'altro.
E pensare che ci sono quasi nata diabetica... come avevo potuto fare un errore così grande?
Crollai a terra, e l'ultima cosa che sentii fu la fredda ghiaia contro la mia faccia. Poi, tutto prese a girare nella mia testa e persi coscienza. L'ultimo mio pensiero, in quel momento, fu che, se avesse deciso di uccidermi, almeno ora non avrei sentito nulla.
Tody's P.O.V.
L'immagine di Lyra mi era comparsa nitida di fronte agli occhi, nel momento in cui l'avevo guardata meglio in viso. Le somigliava moltissimo... somigliava moltissimo a mia sorella.
Avrebbe potuto scappare e approfittarsene della mia confusione, ma aveva perso troppo tempo a capire perché la stessi risparmiando e, improvvisamente, mi era crollata sotto agli occhi.
Ho sfilato un guanto e mi sono chinato su di lei per prenderle il polso. I battiti erano regolari e sembrava che si fosse semplicemente addormentata. Le sfiorai i polpastrelli e sentii che erano pieni di calli e avevano i segni di numerose punture.
– le punture per la glicemia... come quelle che fanno i diabetici – mi ricordai che anche mia zia ne soffriva. Era un grave errore per un diabetico fare l'insulina e poi, a stomaco vuoto, decidere di mettersi a correre come un pazzo nel bosco, ma quella ragazza lo aveva fatto per salvare sua madre.
Avrebbe impiegato qualche ora per riprendersi.
E se non si fosse ripresa, e qualcuno passando di lì l'avrebbe soccorsa? Non potevo sapere quanto tempo sarebbe trascorso prima che qualcuno la trovasse e comunque, con Masky e Hoody a piede libero, sarebbe stata una facile preda per chiunque.
Specie per chi aveva voltato le spalle alla sua umanità ed era rimasto solo con l'istinto per la caccia e la voglia di uccidere per il piacere di farlo.
No, io non ero così. O almeno, non ancora. Avevo appena deciso di risparmiarla. Non era la prima volta che graziavo una vittima. Sì, in effetti potrà sembrare strano, ma anche uno psicopatico come me può avere una sorta di codice morale. Mi rifiuto di uccidere i bambini, ad esempio. E scelgo quasi sempre vittime che hanno circa la mia stessa età... in genere sono bulli, curiosi o ragazzine viziate. Gente che la società non rimpiangerebbe.
Okay, non sono così buono come credete.
Anch'io ho ucciso delle persone, tante persone... e alcune di queste, sono morte perché avevano solo fatto il tremendo errore di incontrarmi al momento sbagliato nel posto sbagliato.
Non mi pento di quello che ho fatto e non ho intenzione di pentirmene. Non cerco di rimediare ai miei errori, risparmiando ogni tanto qualcuno. L'ho fatto... solo perché oggi, non sono in vena di togliere la vita a questa ragazza.
Non c'è nulla che mi lega a lei. Solo, non riesco a ucciderla.
«Sentiti fortunata...». Dissi.
Infilai una mano dietro alla sua spalla e la sollevai in braccio: era più leggera di quanto pensassi.
Ormai era l'alba e la gente sarebbe uscita di lì a poco per andare al lavoro. Avevo poco tempo per riportarla a casa sua, passando inosservato e raggiungere gli altri di ritorno dalla 'caccia'.
In che razza di guaio mi ero cacciato?
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