Capitolo 15
Emily's P.O.V.
Si stava facendo tardi e mia mamma non era ancora tornata a casa. Le avevo fatto sei squilli, ma tutte le volte aveva risposto la segreteria telefonica.
Sbuffai e cercai di non andare nel panico, continuando a pensare che prima o poi avrebbe visto le mie chiamate e mi avrebbe risposto. Magari era stata solo trattenuta al lavoro oppure si era fermata a ordinare delle pizze per cena.
Non avevo nulla di cui dovermi preoccupare.
- THUD! -
Sobbalzai. Avevo appena udito un tonfo provenire dal piano di sopra. A giudicare al rumore, doveva essere stata la mia finestra e sembrava che qualcosa di pesante fosse caduto sul pavimento.
Poi, sentii dei sinistri scricchiolii.
Il cuore aveva preso a martellarmi nel petto e il panico stava prendendo il sopravvento. Guardandomi un po' intorno, afferrai il manico della scopa e uscii dalla cucina, per salire le scale e andare al piano di sopra; mentre stavo percorrendo il corridoio per avvicinarmi alla porta della mia stanza, avevo stretto tra le mani il manico della scopa, continuando a prestare ascolto agli scricchiolii.
Quando mi trovai abbastanza vicina, intuii che doveva esserci qualcuno nella mia stanza. Presi un grande respiro e afferrai la maniglia. - Calma Emily... magari è solo il vento... solo il vento... o forse un animale... - . Cercai di tranquillizzarmi, anche se ormai non smettevo più di tremare.
Girai la maniglia e con un rapido gesto, aprii la porta.
Niente.
Non c'era niente o nessuno nella mia stanza, solo la mia vecchia finestra rotta che era rimasta aperta e stava cigolando in modo sinistro.
Levai un sospiro di sollievo e mi avvicinai per chiuderla.
Poi, dopo aver fatto dietrofront per tornare in soggiorno ad aspettare mia madre, mi trovai a pochi passi da un paio di occhi scuri che mi fissavano dietro due lenti arancioni.
«Wah!». Mi sfuggii un urlo per lo spavento.
Toby se ne stava davanti a me, con le mani affondante nelle tasche dei jeans. Indossava la stessa felpa verde fango e le maniche a righe, con cui lo avevo visto quella mattina. E come sempre, insieme agli occhialetti arancioni steampunk, portava quella strana maschera che copriva solo la sua bocca e le mani erano coperte da un paio di guanti neri di pelle.
«Scusa, mi hai spaventata Toby». Dissi, vergognandomi di avergli urlato davanti alla faccia. Neanche un secondo dopo, avevo iniziato a chiedermi cosa ci facesse nella mia camera.
«Perché non te ne sei andata?». Domandò secco.
«Oh beh... ecco, io stavo...». Biascicai, prima di essere interrotta.
«Emilu non s-sei al sicuro q-qui. Stanotte Lui t-ti verrà a cercare». Balbettò.
E detto questo, non mi lasciò neanche il tempo di reagire che mi afferrò per un braccio e mi trascinò nel corridoio e poi giù per le scale, fino al piano di sotto.
«Aspetta!». Lo interruppi un secondo nella foga e lui allentò la presa sul mio braccio. «Che cosa ne sarà di mia madre? E Ethan? Non verrà a cercare anche loro?».
«Lui vorrà solo te». Tagliò corto.
- Come faceva ad esserne tanto sicuro? - mi stavo chiedendo, mentre afferravo la borsa che avevo preparato, prima di precipitarmi fuori di casa con lui. Non avevo altra scelta se non fidarmi e basta.
Camminammo lungo il marciapiede.
Non c'era nessuno per strada; era normale, a quest'ora tutto il vicinato era seduto a tavola a consumare la cena e ascoltare i notiziari.
«Dove hai pensato di andare?». Chiese Toby, interrompendo il silenzio.
«A Tampere».
«Come ci si arriva?».
«In autobus».
Mi accompagnò fino alla fermata più vicina e diedi una rapida occhiata agli orari, i quali informavano che la prossima linea diretta alla grande città sarebbe passata tra quarantacinque minuti.
Nel frattempo, il sole era scomparso dietro le nuvole e una pallida luce giallo-oro si stava riflettendo sulle lenti arancioni di Toby.
Mi voltai verso di lui, notando che i suoi occhi stavano guardando lontano, in un punto fisso, verso la foresta che circondava Thur. Mi sembrò come paralizzato. Guardai nella stessa direzione e mi sentii gelare il sangue nelle vene.
Avevo riconosciuto la maglietta a righe di Ethan prima di vederla scomparire dietro un albero, accanto al sentiero che si addentrava nel bosco.
«Ethan!». Lasciai cadere la borsa, pronta a precipitarmi verso di lui; ma Toby mi bloccò appena in tempo... e solo allora, capii perché lo aveva fatto.
Al limitare della foresta, era comparsa una figura incappucciata e stava guardando proprio nella nostra direzione. In un primo istante, non riuscii a capire perché il suo volto fosse così scuro... poi, intuii che stava indossavano una maschera.
Toby mi lasciò la spalla, per estrarre le accette dalla cintura e in quello stesso istante capii che eravamo in pericolo. Dentro di me sentivo che non avrei mai più dimenticato quella notte.
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