Capitolo 10
Tornai a casa verso le sei di sera. Il cielo era ancora grigio cenere e sembrava che si stesse preparando a piovere. Quando arrivai di fronte casa, trovai ancora la macchina di mio padre parcheggiata nel vialetto e dalla finestra della cucina, potevo vedere le sagome dei miei genitori che stavano ancora discutendo. Nessuno poteva immaginare quanto odiassi vederli litigare. Se dovevo pensare, che solo fino ad un anno fa eravamo una famiglia perfetta, mi chiedo quale sia stata la causa della loro rottura...
Girai la chiave nella porta ed entrai.
«Mamma! Sono tornata a casa!» dissi, appoggiando per un momento le pesanti sporte della spesa all'ingresso. Mi tolsi le scarpe da ginnastica e le riposi nella scarpiera.
«Non può andare avanti in questo modo, io chiederò il divorzio!» urlò mia madre dalla cucina.
«Fa quel che cazzo ti pare!» sbottò mio padre, poi lo vidi uscire dalla cucina e avvicinarsi all'ingresso, dove mi trovavo io.
Mi irrigidì all'istante. Mio padre mi passò di fianco, senza farmi o senza dirmi nulla. Se ne andò via sbattendo la porta di casa e lo vidi salire in macchina, e andarsene.
Mia mamma stava piangendo in cucina, allora andai da lei.
«Mamma, stai bene...? » dissi, non sapendo proprio da dove cominciare o come muovermi. Lei sollevò la testa, col volto rigato dalle lacrime e mi chiese di lasciarla sola. E così ho fatto. In ogni caso, non le sarei stata di gran aiuto e non avrei saputo cosa fare.
Lasciai le buste della spesa all'ingresso, prendendo con me solo la borsa e il regalo per Ethan, poi me ne andai in camera mia.
Accesi il computer e mi collegai a Skype. Alexis non era on-line, ma aveva lasciato un messaggio per me.
Ehi, bella amica che sei!
Ieri sera ho aspettato fino a l'una che ti collegassi.
Il Cern mi è piaciuto, però qui ormai non c'è più nulla da vedere. Forse, il prossimo venerdì torniamo a casa.
Tu che cosa hai combinato nel frattempo?
Scrivimi presto,
~ Alexis.
Iniziai a scrivere tutto quello che mi era capitato la sera prima, dal momento in cui mi ero svegliata fino a quando non ero svenuta nel bosco e il tizio con le accette non mi aveva riportata a casa. Rilessi tutto il messaggio prima di spedirlo, ma... suonava così surreale che persino Alexis, pur essendo la mia migliore amica, mi avrebbe dato della svitata. Sbuffai, mentre cancellavo tutto il messaggio. Le scrissi che le cose stavano andando come al solito e che i miei genitori avevano litigato. La solita solfa... già... la solita vita di merda.
Aprii una pagina su Google e ripresi le mie ricerche.
Tornai su quel sito in cui avevo letto quella strana parola: «Creepypasta». Dopo qualche minuto, appresi che si trattavano di storie inventate da utenti anonimi per suscitare un senso di agoscia nel lettore. - Tutto qui? - mi domandai.
Tornai sulla pagina principale e digitai, oltre alla parola Creepypasta, anche 'storie vere' e cliccai su 'cerca'. Ovviamente, non mi sarei mai aspettata di trovare qualcosa, ma dovevo ammettere di essere rimasta sconvolta dalla moltitudine di pagine che avevo trovato. Per lo più, erano discussioni su dei forum in cui diversi utenti riportavano le proprie esperienze personali, ma nessuno parlava di un tizio con gli occhiali arancioni e le accette. Poi, trovai dei video su YouTube di utenti che dicevano di aver avuto contatti con personaggi delle Creepypasta. Un nome che ricorreva spesso era... Slenderman.
Non sapevo neanche che cosa significasse. Provai a fare copia e incolla della parola e a inserirla nel browser per vedere che cosa mi sarebbe saltato fuori tra le immagini. Le foto che trovai, mi fecero gelare il sangue nelle vene.
Niente volto, una cravatta rossa, vestito di nero, molto alto.
Tutto coincideva con la descrizione di Ethan dell'uomo nero e coincideva anche con la mia, con la creatura che avevo sognato l'altra notte.
Chiusi tutte le finestre aperte su Internet e spensi in fretta in pc. Poi, mi infilai il pigiama e andai a dormire.
«Non è reale... non è reale... » continuai a bisbigliare sottovoce, nascondendo la testa sotto le coperte e cercando di addormentarmi.
Quella notte, non riuscii a riposare bene.
Un po' per la paura e un po' perché mi sentivo osservata. Più volte avevo lanciato un'occhiata fugace alla finestra per controllare se qualcosa mi stava guardando, ma non avevo visto niente.
Nella mia testa, continuavo a pensare a quell'inquetante volto e al messaggio scritto su quella pagina ingiallita - "BEWARE".
Adesso capivo da chi dovevo stare attenta...
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