Tutte le strade portano a casa
"Mi é piaciuto questo giro teatrale. Hai qualche altro posto da farmi vedere, a parte la fattoria di funghi?" chiese Byron. "Si, certo: il punto di osservazione. A quest'ora si può osservare indisturbati diverse specie di uccelli che abitano qui a Last Cost. Di solito un sacco di fotografi e artisti vanno lì per stolkerare i poveri pennuti che vogliono farsi solo gli affari propri, ma è anche un ottimo punto di osservazione per guardare Last Cost dall'alto. È bellissimo anche alla sera perché si vedono benissimo le stelle, quindi puoi decidere tu: pennuti o stelle?" chiese Kim.
Byorn osservò il cielo che pian piano si tingeva di un bel rosa chiaro, poi il suo sguardo si posò su Kim intenta a stiracchiarsi con fare soddisfatto. "E se facessimo entrambi? Possiamo prenderci un panino così da stolkerare dei poveri animali e poi guardare le stelle" propose. Kim sorrise. "Bella idea. Ma al posto del panino, che te l'ho fatto già mangiare oggi, ti propongo una bella pasta. Più avanti c'è un ristorante italiano che fa anche cibo da asporto. Un sacco di volte, quando finivo teatro e non avevo voglia di aspettare la cena da quanto avevo fame, mi fiondavo «Alla casa della pasta» e mi facevano una scorpacciata di cibo fino a scoppiare. Per questo devo essere molto simpatica al gestore, visto che l'ultima volta mi fa fatto lo sconto sulla pasta" disse.
Ma ormai Byron si era fermato alla prima parte del discorso di Kim: nell'immaginare un piatto italiano, che decisamente superava in bontà qualunque orrido hamburger con patatine fritte, gli era venuta l'acquolina in bocca. Già si immaginava mentre pregustava dei ravioli o degli spaghetti... "Decisamente ti ho sedotto con la carta «Cucina Italiana». Dai muoviamo, così riusciamo a fare tutto in tempo" disse Kim ridendo. Scosse la testa nel vedere la faccia imbambolata di Byron, senza sapere che l'oggetto di interesse non era più il cibo ma i riflessi di luce sui capelli della ragazza, che da neri erano diventati di un inspiegabile arancio scuro.
"Come l'ambra... lo stesso colore dei suoi occhi" pensò meravigliato Byron. Delicatemente prese il mento di Kim tra le dita e voltò il suo viso verso il suo. "Ehm... Byorn, che c'è?" chiese la ragazza perplessa. "Sei davvero bella" rispose semplicemente il demone. Kim rimase impietrita, e un bel color rosso rubino le tinse le guance. I due rimasero a guardarsi, sguardo nello sguardo, con il fiato improvvisamente rarefatto, quasi a temere che respirando normalmente avrebbero potuto rovinare quel momento. In quel mondo rarefatto, i rumori delle auto o il chiacchiericcio delle persone erano attutiti, quasi come se Byron e Kim si trovassero sott'acqua. Gli ultimi sprazzi di luce li colpirono debolmente sul viso e sulle braccia, ma rimasero comunque fermi a guardarsi. Il rossore sul viso di Kim sparì leggermente, ma improvvisi brividi di gioia percorsero la schiena e il cuore della ragazza. Riuscì a sorridere, e gli occhi si addolcirono diventando così occhi di miele. Con un ultimo sorriso, Kim sprofondò nel petto di Byorn, respirando il suo profumo e sentendo la leggera consistenza della seta sul viso. Le lunghe braccia del demone si strinsero intorno alla sua schiena, e rimasero così immobili per lunghi minuti, forse intere ore.
"Byorn, andiamo direttamente a casa mia. Te la mostro, e se mamma non fa tardi a lavoro, ti faccio conoscere alla carica suprema" riuscì a sussurrare. Non sapeva se il demone l'avesse sentita visto che la faccia era sprofondata in quei centimetri di stoffa, ma avverti una lieve pressione sulla testa. "Mi farebbe piacere" sentì. "Perfetto, allora andiamo" disse Kim usando lo stesso tono di prima.
Con sommo dispiacere sciolse l'abbraccio, e sorridendo attorciglio la propria mano a quella di Byron. "Da questa parte" disse. Iniziò a percorrere una stradina, opposta alla via principale in cui si erano trovati fino a quel momento, ma con passo leggero e tranquillo, al contrario di quello che Byorn aveva sempre visto usare. "Non vuole correre o scappare questa volta" pensò con gioia. Con il cuore leggero da quella scoperta, il suo sguardo si posò sulle insegne dei negozi, sui nomi delle vie e sulle porte delle case. "Tra qualche minuto vedrò casa di Kim... Si sta finalmente fidando di me... E io potrò conoscerla meglio di quanto non ho fatto finora" pensò. In fondo, le persone non si conoscono grazie alle case in cui abitano, dove passano la maggior parte del loro tempo plasmandola in base al loro carattere e al loro vissuto?
La casa in cui era nato e cresciuto era grande e ricca ma fredda e senza cuore, mentre la villa a Orchidea della Luna era calda e vissuta: come sarebbe stata quella di Kim? Piccola e confortevole o a metà tra il degrado e la gioia?
Non ci volle molto per trovare una risposta. Kim si fermò, e indicò una fila di case dipinte con colori pastello. Ognuna possedeva un proprio vialetto e una cassetta postale rossa, con i giardini incorniciati dai steccati dipinti di bianco. Byorn non vide il giardino in cui Kim e il padre si allenavano ma probabilmente era nel retro. La ragazza si diresse verso la terza casa e aprì il cancello con una spinta. Attraversò la stradina e guardò la porta di casa dipinta di un leggero blu cobalto. Qualcuno aveva appeso un ciondolo a forma di quadrifoglio su un gancetto appena sopra la porta, e il pomello era così pulito che ci si poteva specchiare al suo interno senza troppi problemi.
"Hai la chiave?" chiese Byorn in un sussurro. "Purtroppo no, l'ho lasciata a Orchidea della Luna. Ma possiamo prendere quella di riserva" disse Kim. Si abbassò verso una Venere Acchiappamosche che cresceva lungo il muro della casa, cercò per qualche secondo nel territorio e ne uscì vittoriosa con una chiave in ottone. Senza lasciare la mano di Byorn mise la chiave nella serratura della porta, e girandola per due volte a sinistra riuscì ad aprirla.
Si trovarono davanti uno stretto corridoio dipinto di blu e dalla moquette grigio topo, che terminava in quella che sembrava una cucina. Una sedia malamente costruita in legno si trovava a metà strada, a poca distanza dal ripostiglio e da una seconda porta, mentre un cassettone in legno scuro faceva da accompagnatore a un attaccapanni in ferro all'ingresso, proprio a destra della porta. Una scala portava al piano superiore, e sorridendo Kim trascinò il demone verso di essa.
"Chiudi la porta mi raccomando" riuscì a dire Kim. Con un tonfo la porta si chiuse, e i due proseguirono la breve scalata verso l'alto. Arrivati in un altro corridoio più luminoso di quello di sotto e decisamente più largo, Kim indicò a Byorn i quadri e le foto e i souvenir appesi alle pareti. "Tutte le persone rappresentati nelle foto sono tutti i parenti e amici di famiglia, ma ci sono anche foto di matrimoni e di vacanze. Vedi quel quadro a sinistra? L'abbiamo comprato a Budapest, mentre quelli zoccoli appesi al muso li abbiamo presi in Olanda. I campionari di tessuto li abbiamo comprati in Nuova Zelanda, morbidissimi. Il tipo continuava a volerci vendere anche due tappeti e dei maglioni, ma siamo riusciti a comprare solo quei campioni perché erano le uniche cose ad entrare in valigia. Anche se non sono propio una bellezza appeso al muro, fanno la loro porca figura appeni li accarezzi" spiegò. Byorn aveva scambiato i pezzi per una sciarpa molto colorata, ma riguardandoli meglio dovette dare ragione a Kim: non erano molto eleganti da vedere.
Si guardò intorno e notò un altro mobile, un piccolo comò in legno scuro, sormontato da un piccolo cestino pieno di fiori finti e da diverse statuette. Alcune rappresentavano animali e persone in legno dipinto, altri provenivano invece dall'Africa occidentale, altre ancora erano figure astratte costruite in ceramica o con lo zaffiro. C'era anche qualche conchiglia dai riflessi rosati, ma il loro numero era scarno in confronto alle statuette.
"Esattamente quanti negozi avete derubato per averne così tante?" chiese perplesso. Lo sguardo di Kim si posò sul comò e sghignazzò. "Decisamente io e Nath abbiamo una passione per le cose fatte a mano. Oliver adora le cose naturali, ecco il perché delle conchiglie" spiegò.
Con un leggero movimento trascinò il demone verso la porta più vicina a loro, difesa da una fantasiosa maschera tribale, e l'aprì. "Questo è il mio vero regno!" disse Kim agitando la mano libera. Byorn osservò la camera, dipinta di un delizioso verde acqua e con i mobili dalle tonalità cioccolato. La scrivania era molto ordinata, con i quaderni impilati e le penne e matite in due portamatite diversi. Una tavoletta in sughero decorata con finte stelle marine era appoggiata sul muro, e diverse foto erano appoggiate o attaccate ad essa. A destra della scrivania un mobile a più scompartimenti faceva da casa a diverse scatole in carta, ad alcuni quaderni che non stavano sulla scrivania, a pile di fogli e un paio di scarpe nell'ultimo ripiano. A sinistra della scrivania trovava posto una lampada e un manichino in legno, forse usato da Kim per futuri lavori.
Di fianco alla porta sorgeva una cassapanca molto spaziosa, un'altra lampada dalla telatura rosa e un letto singolo dalla base bianca e dalle coperte lillà. Di fianco al letto c'era una piccola sedia che Kim usava per appoggiare i vestiti, ma che spostò subito per far sedere Byorn. "Allora, come ti sembra?" chiese Kim mentre si buttava sul letto. "È molto nel tuo stile: semplice ma chic. Unica pecca: pensavo che ci fossero più foto e schizzi dei tuoi abiti appesi alla pareti , più tessuti e più cose da teatro" rispose il demone. Kim rise.
"Gli schizzi e le stoffe ci sono ma sono ben nascosti. Il teatro e le foto sono del mondo esterno: questo è il mio mondo incontaminato, e ci sono solo io e la mia vera passione" disse. "E dimmi, quante persone ci entrano qui dentro?" chiese Byorn, curioso di sapere tutti i segreti della ragazza. "Beh, Nath e Oliver sempre. E anche mamma. Papà non ci è mai entrato, così come la maggior parte delle persone che conosco. Una volta ci è entrato Kyle, ma solo una volta. E tu... questa è la prima volta..." sussurrò con tono imbarazzato.
Byorn sorrise e gli porse la mano. "Mi fa piacere di vedere la vera te stessa" disse. I numerosi pensieri che aveva in testa frullavano come delle api in un alveare, e Byorn desiderava afferrarne qualcuno per raccontarlo a Kim, ma preferì zittirli e godersi il momento.
Il suo sguardo cadde fuori dalla finestra, e guardò la cupola celeste coperta di stelle. "È già così tardi?" chiese. "A quanto pare. Non credo che incontreremo mia madre se non è ancora rientrata. Mi spiace" disse Kim. "Non preoccuparti, me ne farò una ragione" rispose il demone ridendo.
Kim rise. "Meglio muoversi allora: Alla casa della Pasta non sarà sempre aperto" disse. I due si alzarono e uscirono dalla camera chiudendo la porta alle loro spalle, scesero gli scalini e uscirono dalla porta d'ingresso, nascondendo infine la chiave nel terriccio della Venere Acchiamosche. E all'insaputa di tutto e di tutti, i due si allontanarono da casa Evans.
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