Preparativi per Last Cost

"Perché te né torni a casa?" chiese Oliver con le lacrime agli occhi per la tristezza. Doveva essere uno shock per lui scoprire che la sorella li abbandonasse così, e sicuro pensava che non si stesse divertendo. "Non sto andando a casa. Ci faccio solo un giro con Byorn. Insomma, è il minimo che possa fare visto quanto mi sopporta" spiegò Kim. "E quanto ci staresti?" chiese dubbioso Nath. "Solo questo pomeriggio. Se sono fortunata, sarò qui a casa per le sette. Massimo otto" disse la sorella.

Finì di cambiarsi- gonna bianca, maglietta vintage e stivaletti neri- e prese la borsa dal letto. "Visto che ci sei puoi passare da mamma a salutarla? Così sa che non ci siamo dimenticati di lei" esclamò Oliver. Kim alzò le spalle: non voleva dargli false speranze, ma non voleva neanche dirgli di no. "Ci provo. Magari si sta facendo una vita sociale anche lei mentre non ci siamo noi a scorrazzarle intorno". Nath trattenne una piccola risata per come Kim aveva appena descritto la vita della madre.

"E comunque, perché non possiamo venire anche noi scusa?" ribatte Oliver con fare schizzinoso. "Perché due giorni fa mi avevate promesso di aiutarmi a sistemare la cantina, visto che oggi è il giorno libero di Camille e Bart" disse zio Arthur entrando in camera della nipote in quel momento. "Aspe... Ma quando lo abbiamo detto?" esclamò Oliver con fare sorpreso. "Infatti, quando lo avrebbero detto esattamente?" chiese a sua volta Kim. "Se fossi rimasta più tempo con noi lo sapresti" disse Arthur con voce contrariata. "Se fossi rimasta più tempo qui non avrei conosciuto bene Byorn e ne avrei paura come te. Quando hai chiesto ai gemelli di aiutarti con la cantina?" ribatte Kim secca.

Arthur sbuffo. "Mica è un male chiedere aiuto, sai?" disse. "Zio, per caso stai alludendo a qualcosa? Perché se è così, parla chiaro" disse Kim. Arthur non disse niente, e capendo di aver vinto lo scontro Kim si alzò per prendere dalla scrivania un foglio a quadretti e una penna. Iniziò a scrivere qualcosa, e quando fini consegnò il foglio ai gemelli. "Firmate qui a destra. Nome completo e cognome" disse. I due bambini obbedirono, poi Kim passò il foglio allo zio.

"Firma anche te" disse. "Che cos'è?" chiese Arthur perplesso. "È un contratto. In pratica acconsenti di usare Nath e Oliver solo per cinque ore, con una pausa di quindici minuti e con una paga di venti dollari a testa. Quindi, visto che i diretti interessati hanno firmato, devi accettare anche te" spiegò Kim con una finta gentilezza . Arthur sgranò gli occhi, con le spalle definitamente messe al muro dalla nipote appena diciannovenne. "Ma...ma..." cercò di dire per prendere tempo. "Zio, se non accetti stai illegalmente sfruttando dei minori. E visto che hai un'attività avviata da molto tempo, finire in carcere non ne gioverebbe. Sarebbe molto più facile firmare" disse Kim con voce soffice.

Arthur rimase ancora più pietrificato dagli occhi ambrati della nipote, e rinunciando all'ultimo brandello di dignità che possedeva, prese macchinalmente la penna dalla mano di Kim e firmò.

Con un sorriso, Kim prese il "contratto" e lo appese sulla parete con dello scotch. "Così non lo perdiamo. Divertitevi ragazzi miei, e non distruggete la cantina. In questo momento lo zio ha solo bisogno di aiuto, non di due Kremlin" disse con un sorriso. Bacio sulle guance i due bambini, diede una pacca sulla spalla dello zio e uscì dalla stanza. Un minuto dopo la porta d'ingresso sbatte, e Arthur seppe di essere salvo. O almeno così credeva mentre i due gemelli si dirigevano verso la cantina con aria furba, e con "Ucciso da tua nipote!" gridato da Nathan.

Arthur sapeva che il nipote avesse ragione, e si chiese se Kim fosse sempre stata così malvagia o se lo fosse diventata il quello strano periodo dovuto dalla separazione dai genitori.

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