La collina dei Sindaci
Con il respiro affannato e la paura nello stomaco della stessa pesantezza di una palla da bowling, Kim era riuscita a salire la lunga scala che portava alla collina dei sindaci e a nascondersi dietro una statua di un normale sindaco umano.
Kim provò ad usare l'esercizio di respirazione che aveva imparato nel corso di teatro, ma il trucco non funzionò. Il cuore continuava a batterle all'impazzata, e con gli occhi completamente sbarrati Kim continuava a rivedere davanti a sé quella scena, a cui il suo cervello crudele continuava a far riaffore il ricordo solo per farla soffrire di più.
"La pietrificazione di Byorn è identica a quella che ho provato quella sera... È un potere davvero orribile" pensò.... Il lungo corridoio si allungava davanti a lei, con i mobili così familiari che Kim se li ricordava a memoria: il vecchio attaccapanni in metallo chiamato da tutti Mr.Ferro, il cassettone che Mary aveva ricevuto al suo matrimonio da nonna Clary, una sedia tutta storta che Kim aveva costruito alle elementari e dai colori così vivaci che era un perenne pugno nell'occhio ogni volta che la si guardava.
Il corridoio in cui si trovava la ragazza era completamente buio , sia per le luci spente sia per l'ora tarda: erano le dieci di sera, e Kim sentiva pure la freschezza solita di quell'ora sulle braccia nude.
Il suo sguardo però era concentrata sulla persona riversa per terra davanti a lei, in una posizione sofferente, mentre una massa informe di oscurità usciva dalla stanza in cui si trovava, la cui luce artificiale non riusciva nemmeno a scalfire quella spessa corazza che gli copriva il corpo...
"Basta! Non devo pensarci!" pensò con rabbia. Guardò il cielo, in cui l'intenso colore azzurro la aiutò a superare il grosso della tristezza che le opprimeva il cuore. Chiuse gli occhi, poi li spalancò di scatto. "Oh cazzo! I gemelli!" pensò. Si era completamente dimenticata dei due bambini, e si sentì in colpa di essersi sfogata su di loro che non centravano niente con il discorso fatto con Pablo.
"Sono una cogliona! Devo rimediare velocemente: devo controllare sul sito di Orchidea della Luna se in futuro fanno degli eventi interessanti" continuò a pensare. Si stropicciò le mani sul viso e gli occhi, poi se le passò sulle labbra. Il pensiero raggelante di aver fatto lo stesso errore dell'ombra nei confronti dei gemelli, rovinando per sempre il rapporto sviluppatosi in quegli anni le sembrava una prospettiva orribile da sopportare.
Un barlume di speranza le comparve davanti all'improvviso: poteva portarli a vedere i negozi magici, o gli zoo. I due bambini adoravano quel genere di cose, poi poteva affittare anche il terzo film di Pirati dei Caraibi e passare la sera in quel modo, per poi terminarla con i marshmallow immersi nella cioccolata calda. Poi avrebbero sparlato di Pablo e del suo discorso offensivo su di lei, così da risolvere il malinteso.
"È un ottimo piano. Già già" pensò Kim sorridendo. Fece per alzarsi, ma una voce a lei familiare interruppe l'azione sul nascere. "Kim, dove sei?". La ragazza si sporse oltre la statua e vide Byorn vagare tra le statue, con un sacchetto di carta in mano e un bicchiere dello stesso materiale nell'altro.
"Ma che diavolo?" pensò confusa Kim. Vedere un demone aristocratico con in mano il classico caffè di un normale pendolare di un qualsiasi treno faceva il suo effetto. "Kim!!!" tentò ancora il demone.
"Sono qui!" esclamò la ragazza, intenerita dall'atteggiamento del demone. Byorn si voltò verso la sua direzione, e Kim agitò il braccio destro per indicare con precisione il suo nascondiglio.
Il demone si avvicinò alla statua e si appoggiò delicatamente al metallo lucido del sindaco Lucian XXI, come indicava la piccola targhetta d'ottobre incastonata nella pietra bianca della strada.
"Allora quello strano aggeggio che avevano i gemelli ha avuto ragione" disse Byorn ad alta voce. "Quale strano aggeggio?" chiese Kim confusa. "Quell'oggetto che usi in continuazione. Com'è che si chiama?" ribattè il demone. Kim guardò la propria borsa, l'apri e tirò fuori il telefono. "Intendi questo?" chiese. "Si, ecco. Ci hanno maneggiato un po' e poi sapevano perfettamente dove ti trovavi" rispose il demone.
"Maledetto Trova MyIphone" pensò Kim appoggiando il telefono per terra. Da quando Mary aveva affidato ai gemelli un vecchio modello di un telefono che dovevano usare in caso di emergenza, Nathan e Oliver avevano imparato ad usarlo in poco tempo per ogni cosa. Tipo stolkerare la sorella attraverso l'applicazione Trova MyIphone. Quindi non era così strano che l'avessero trovata così in fretta.
Solo in quel momento si accorse che i due pestiferi non erano ancora comparsi, e li cercò con lo sguardo. "Se stai cercando Nathan e Oliver, non sono voluti venire. Li avevi fatto troppa paura" rispose Byorn, rispondendo alla domanda non detta dalla ragazza.
Kim portò le gambe al petto e sbuffò. "A proposito,mi spiace per prima" provò a dire Byorn. Kim sprofondò la faccia nelle gambe e non disse niente.
Il demone non disse niente e si sedette nella parte opposta della statua. "Ecco... Mi è scappato, credo che centrasse quel momento di follia che mi ha colpito poco fa. E non ho saputo controllare la situazione. Di solito non è cosi, il mio potere é così pericoloso che riesco a tenerlo a bada pure di notte, anche quando sono sicuro di essere solo".
"Solo che certe volte devi pure sfogarlo" replicò Kim. Riguardo il cielo e poi il sacchetto di carta, accanto alle lunghe dita affosolate di Byorn. "È questo il problema Kim: io non posso sfogarmi. Quello che è successo è stato un errore di percorso che non deve succedere mai più" disse Byorn. "Allora tutta la nostra amicizia è un errore?" chiese Kim. Silenzio.
"Senti, anche per me questa roba della pietrificazione non deve più succedere. È stato orribile. Mi ricorda una cosa che non deve riemergere, ed è una cosa molto molto spiacevole. Inoltre, ho la sensazione che stiamo correndo un po' troppo nella nostra amicizia" continuò Kim. "Cosa intendi? Vuoi evitarmi per caso?" chiese il demone con la voce improvvisamente fredda, mista ad una nota stridula di sottofondo. "No. Non voglio evitarti, sarebbe ingiusto e difficile. Solo che questa amicizia ha dei tratti, non lo so, frettolosi. Per le amicizie e relazioni ci vuole del tempo per farle evolvere, ma la nostra è diventata profonda in poco tempo. Non vorrei che si distruggerebbe per qualche motivo stupido. Io adoro stare con te ma...". Kim non finì la frase, ma Byorn capì cosa intendesse.
"Ma sei diffidente e hai paura che ti possa fare del male in qualche modo" terminò il demone per lei. "Già" disse Kim a fatica. Con calma Byorn le afferrò la mano più vicina a lei, e Kim restituì la stretta. Aveva la mano sorprendente calda e morbida, tipica di qualcuno che viveva una vita agiata. "Ti aiuterò io, e ti prometto che andrò più lento" disse.
"E come vorresti iniziare?" chiese Kim con voce esitante. Con la mano libera Byorn indicò il sacchetto di carta. "I gemelli hanno detto che i biscotti al pistacchio sono i tuoi dolci preferiti. Ti ho portato pure il caffè come accompagnamento".
Con fare lento Kim si sporse, guardò la tazza e con un sospiro si sedette accanto al demone, quasi appiccicata alla pelle di Byorn. Aprì il sacchetto e afferrò uno dei biscotti, addentandolo con gusto.
Byorn sorrise. Con gentilezza la cinse in un abbraccio, aspettandosi quasi di ricevere un secco rifiuto, cosa che invece non successe. "Posso prenderne uno?" osò chiedere.
"Certo, serviti pure" rispose Kim. Sorridendo Byorn prese un biscotto e né morse un pezzo: era molto speziato, con la menta che prevaleva maggiormente, ma il demone percepì anche un leggero retrogusto di miele. Per una volta non era una delle cose più gustose che a Byorn avesse mai mangiato, ripensando ai biscotti alle more che fin da piccolo accompagnava le sue colazioni insieme al tè verde.
Non disse nulla, temendo in qualche modo di offendere Kim. "Anche se... Questa è la prima volta che vedo la fragilità di Kim in modo così palese. Che strano" pensò. Fissò la ragazza, che stava continuando a mangiare il biscotti uno dopo l'altro, intervallando quella fame con dei brevi sorsi di caffè.
Con delicatezza appoggiò la sua testa a quella di Kim, e sentì per un attimo la rigidità improvvisa nella postura della ragazza. Con un "Byorn?" detto con tono confuso il demone si staccò da lei, capendo di aver improvvisamente superato la linea che aveva appena affermato di non superare.
"Senti, mi accompagni a casa che devo scusarmi con i gemelli? Non credo di riuscirci da sola" disse Kim. "Certamente" affermò Byorn, fiero che la ragazza avesse risposto un po' di fiducia in lui in quel momento così fragile. Doveva essere stato difficile da chiedere, visto il suo temperamento forte.
"Bene. Allora muoviamoci" esclamò Kim alzandosi di scatto. Con uno slancio improvviso si fiondò verso l'inizio della scalinata che portava ai piedi della collina, andando però a sbattere violentemente contro Erycan, che stava salendo tranquillamente dalla parte opposta.
"Ma che fai?!" sbottò il demone con fare provocatorio. "Non rompere il cazzo, Erycan!" esclamò Kim prima di fiondarsi giù per la scalinata. "Ma che modi" borbottò la demone, lisciandosi le pieghe che si erano formate sul suo abito rosa scuro dopo lo scontro improvviso con Kim.
Erycan osservò Byorn raccogliere il sacchetto dei biscotti ormai vuoto e la tazza di caffè, e scosse la testa infastidita. "Ma che stai facendo? I nobili non devono fare i servi degli altri. Dai, fammi fare a me" replicò. "In realtà posso farcela da solo: devo buttare solo due cose" provò a dire Byorn. "Non dire stupidaggini: cosa direbbe Lord Ambrose a una cosa del genere? Sarebbe indignato" disse Erycan con tono acido.
Afferrò senza tanti complimenti il sacchetto e la tazza dalle mani di Byorn, poi lo fissò con fare rabbioso. "Quella ragazza ti sta cambiando in peggio Byorn, e questo non va bene" disse. "Per caso ti disturba il fatto che mi sento a mio agio con qualcuno al di fuori di te, Erycan?" ribattè Byorn.
La donna lo fissò inorridita. "Ma che stai dicendo?" esclamò, alzando la voce di una nota più del normale. Byorn rise e la strinse a se in un abbraccio , accarezzandole la testa con lentezza e calma. "Non preoccuparti Erycan, se ti preoccupa non essere più il punto fondamentale della mia vita, puoi pensare che questo non sia altro che un breve passatempo: dei passatempi ci si può anche stancare no?" disse con voce calma.
Si staccò da lei, e con un ultimo sorriso, si diresse verso la scalinata.
"Potrei anche prenderti sul serio, ma di solito non si guardano i passatempi come se fossero la parte fondamentale della tua vita" riuscì a dire Erycan. Purtroppo il demone non la sentì, ed Erycan rimase da sola a fare quello che aveva sempre fatto da quando era nata, ovvero stare in disparte e obbedire.
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