La stella più fragile dell'universo.
-Rinald, ma dove l'hai buttata la palla?! Possibile che tu debba sempre fare danni?-
-Dada!-
Il più piccolo in tutta risposta mise il broncio, scuotendo la testa piena di ricci e borbottando qualcosa di incomprensibile.
Dopotutto aveva poco più di un anno, ancora non aveva imparato a parlare tanto bene e si reggeva a stento in piedi -ancora barcollava un po'-.
Ermal, il suo fratellone, invece ne aveva già tre e parlava come un adulto per il semplice fatto che fosse fissato, già da così piccolo, nel voler parlare bene.
Fu il più grande a scuotere la testa, ormai stufo dell'atteggiamento da bambino del fratellino - che poi bambino lo era anche lui, anche se.. beh.. non ci si sentiva..- e corse a cercare la palla fra i cespugli.
-Ciao!-
Una voce lo distrasse dal suo intento, facendogli alzare la testa verso l'alto, nel tentativo di riconoscere il suo interlocutore.
Si trattava di un ragazzo più grande di lui, con i capelli scuri e un ciuffo rivolto verso l'alto, che lo guardava con un sorriso stampato sul volto, nell'attesa di una risposta da parte del più piccolo.
Ermal, in tutta risposta, alzò un sopracciglio e sul suo viso si dipinse uno sguardo presuntuoso, mentre portava le mani sui propri fianchi.
-Mamma dice che non si parla co gli sconosciuti!-
L'estraneo rise, portando una mano a scuotergli i capelli e guardandolo divertito.
-Guarda che io ti conosco da un sacco di tempo, e poi non stavi cercando questa?-
Gli occhi del riccio si illuminarono mentre fissò la palla che l'altro aveva tirato fuori da dietro la schiena, tenendola in una mano.
-Quella è mia, ridammela!-
-Ma come, non parli con gli sconosciuti!
Se non mi parli non puoi nemmeno chiedermi la palla!-
Ermal ci pensò un po' su, storcendo il nasino e poi guardandolo con un sorrisetto di sfida, assumendo però un'espressione adorabile, tipicamente bambinesca.
-Mmh.. allora presentiamoci!
Ecco, io sono Ermal!-
-Fabrizio.-
Fabrizio strinse la mano di Ermal, che a sua volta approfittò del momento di distrazione del romano per dare un colpo alla palla, facendola cadere dalla sua mano e afferrandola immediatamente.
-Ah, fregato!-
-Sei proprio un bastardo eh.-
Ermal rise per quella frase, guardandolo stranito e gonfiando le guance, come sempre quando sentiva una parola nuova e voleva apprenderne il significato.
-Che vuol dire?-
Gli occhietti curiosi del piccolo scaldarono il cuore di Fabrizio, che si ritrovò a boccheggiare nel tentativo di una risposta plausibile, ricorrendo però a una scontata.
-Te lo dirò quando sarai più grande.-
-Tu.. tu hai detto che mi conosci, ma io non ti ho mai visto!-
"Certo che per essere nbambino se fa tante domande eh."
Questo si ritrovò a pensare Fabrizio, mentre regalò uno sguardo di comprensione ad Ermal.
-Eri troppo piccolo per poterlo fare, e non preoccuparti, sono abituato a non essere visto dalla gente..-
-Oh vedrai! Quando Rinald ti vedrà lui-
Il discorso del bambino venne bloccato tempestivamente da Fabrizio, il quale scosse la testa e lo zittì con un gesto della mano.
-No, Ermal!
No, io.. non sono un amico normale, puoi vedermi solo tu okay?-
-Quindi sei un amico immaginario?-
-No, non esattament-
Rinald corse in modo buffo e impacciato verso il fratellino, aggrappandosi a una sua gamba mentre tremava per la paura.
Ermal era così preso dalla conversazione con Fabrizio, che non si era reso conto di aver commesso un errore.
Si era dimenticato che suo padre sarebbe arrivato a momenti.
Si era dimenticato di mettere Rinald al sicuro.
Così si girò prontamente verso Fabrizio, nel tentativo di chiedergli scusa per la sua imminente fuga, ma non servì.
Perché Fabrizio era già sparito.
————
Fier, Albania.
Ermal aveva ormai quasi cinque anni, cresceva a pari passo con i suoi coetanei per quanto riguardava l'altezza e il peso, ma non per tutto il resto.
Emotivamente Ermal si sentiva già un uomo, aveva delle responsabilità non comuni in un bambino.
Il suo fratellino, la sua mamma, che in grembo portava una piccola sorellina che sarebbe arrivata fra qualche mese e di cui Ermal era già perdutamente innamorato.
Avrebbe voluto che bastasse, che bastasse la presenza di loro tre nella sua vita, ma purtroppo aveva capito già da tempo che la vita non ti riserva solo cose belle, che spesso ti ritrovi a dover superare degli ostacoli.
Pensiero strano se situato nella mente di un bambino, ma comprensibile se viene analizzata l'ultima figura mancante: suo padre.
Suo padre, un essere ripugnante, uno di quelli che ti sputano nel mondo solo per avere un pasto facile.
Ed Ermal si ritrovò a pensare di avere la pelle dura, pure più di lui, ma per far indurire quella pelle era dovuto passare attraverso giorni molto bui, fatti di pugni e calci nello stomaco.
Ma a suo padre, quella sera, non bastava.
Era tornato a casa più ubriaco del solito e, dopo aver aperto la porta, si era ritrovato davanti la figura esile di suo figlio, col solito volto corrucciato e le mani strette in due pugni, pronto per il combattimento.
La verità era che la sua tenacia lo mandava in bestia, il fatto che ogni volta che lo guardava cadere, era certo che sarebbe stata l'ultima, e invece era sempre la penultima.
Sembrava quasi che non avesse paura di lui dall'esterno, ma non era affatto così, Ermal moriva di paura ogni volta che semplicemente apriva gli occhi la mattina, pensando alla sera che lo avrebbe atteso, chiedendosi se ce l'avrebbe fatta.
Certe sere, invece, si addormentava sperando di non farcela, quasi solo per lasciarsi andare e smettere di lottare contro un mostro che gli aveva rubato i sogni, il sorriso.
"A cinque anni" si ritrovò a pensare Ermal "i mostri non dovrebbero stare solo sotto al letto, o nell'armadio?"
E invece no, l'unico ripostiglio in cui i mostri del riccio erano rinchiusi era il suo cuore, un cuore che batteva all'impazzata, che moriva di paura ogni volta che i suoi occhi incontravano quelli del mostro più grande: suo padre.
Allora perché continuava a svegliarsi ogni giorno con un po' più di grinta?
Perché c'era una cosa che Gezim non avrebbe mai potuto togliergli: l'amore.
L'amore che provava Ermal per sua madre e per i suoi fratelli, e quello che loro trasmettevano a lui.
L'amore che percepiva ogni volta che chiudeva gli occhi e sentiva Rinald riempirlo di baci sul viso, credendo che stia dormendo.
O quello che percepiva quando sua madre gli cantava la ninna nanna, nonostante si sentisse ormai grande, perché erano gli unici momenti in cui sentiva di aver bisogno delle cure di qualcun altro.
O ancora, quello che sentiva quando parlava con Sabina e lei, ancora al caldo nella pancia della mamma, gli rispondeva dando diversi calci, che riempivano di dolore Mira, ma anche di tanta gioia il piccolo cuore di Ermal, così tanta che sembrava quasi scoppiare.
Ermal lo sapeva, ne era sicuro, che ogni volta che uno dei tre avrebbe avuto bisogno d'aiuto, sarebbe bastato tirare quel filo di diamante che li lega, lui li avrebbe sentiti e sarebbe corso da loro.
Questo era l'amore.
Amore che suo padre non poteva comprendere e, non comprendendolo, non avrebbe potuto nemmeno sottrarglielo.
-Dov'è tua madre?-
La voce dell'uomo risvegliò Ermal dai suoi pensieri, facendogli dipingere un'espressione di puro schifo sul volto.
Espressione che non era lontanamente paragonabile a quella del padre, che sprigionava odio da tutti i pori.
-Lontano da te, tanto basta.-
-Stasera ho bisogno di sfogarmi, Ermal.
Potresti non uscirne vivo, sei disposto a rischiare?-
Il piccolo deglutì a vuoto, scuotendo la testa e cacciando indietro le lacrime, annuendo velocemente.
-Tu non li toccherai.-
L'uomo rise, avvicinandosi ad Ermal e tirandolo a se, mente stringeva una mano intorno al suo collo, facendogli chiudere gli occhi.
-Forse no, ma accidenti, sta pur certo che toccherò te.-
Ermal si ritrovò sanguinante sul pavimento, qualche ora dopo, con lo sguardo assente e qualche ferita in più sul suo corpo.
Solo quando sentì la porta richiudersi con forza, permise a se stesso di lasciarsi andare, così iniziò a piangere e ad urlare, per sfogare tutta la frustrazione e i lamenti che fino a quel momento aveva trattenuto.
-Ermal?-
Una voce tremolante interruppe quei lamenti, facendo alzare lo sguardo ad Ermal, che osservò la figura di Fabrizio davanti a se.
Era sempre uguale, solo un po' cresciuto, ed Ermal si sentì quasi in colpa quando si rese conto di aver accantonato il loro primo incontro.
-F-Fabrizio?-
-Guarda come ti sei fatto conciare, nemmeno riesci a parlare..
Ricciolì ma che mi combini?-
Ermal prese un respiro profondo, per poi alzarsi lentamente mentre gemeva di dolore.
-Sto bene, l'importante è che.. che mamma e i bimbi stiano bene..-
Fabrizio si mise dietro di lui, facendogli poggiare la testa sul suo petto e iniziando ad accarezzargli i capelli.
Ermal, d'altra parte, odiava il contatto fisico ma era troppo debole per controbattere, così, dopo qualche minuto di indecisione, chiuse gli occhi e si lasciò andare contro il petto di Fabrizio.
Decisione che lo portò a un punto di non ritorno, perché scoprì di non trovarsi affatto male in quell'abbraccio, perché per la prima volta sentiva di potersi affidare alle cure di qualcuno, di potersi lasciar andare.
-Ermal..-
-C-continua a coccolarmi, per favore?
Ho paura..-
-Di cosa?-
Fabrizio non capiva, si sforzò di farlo ma proprio non ci riuscì, dato che l'uomo era appena andato via e ormai, conoscendo le sue abitudini, sapeva che non sarebbe tornato fino alla mattina dopo.
-C-che te ne vai di nuovo..-
Fu difficile per Ermal pronunciare quelle parole, ma fu ancora più difficile per Fabrizio sentirle.
Sapeva di non poter essere un reale aiuto, sapeva che tutta quella situazione fosse sbagliata, ma non riusciva a negare quelle piccole attenzioni al riccio.
Fabrizio viveva in simbiosi con la parte più irrazionale di Ermal, nella sua mente, e sapeva quanto il riccio si mostrasse forte, come poteva abbandonarlo proprio ora che gli stava mettendo sotto il naso le sue fragilità più pure e nascoste?
Che lui già le conoscesse era un discorso diverso, non erano le fragilità a turbarlo, ma l'atteggiamento di Ermal.
Tuttavia doveva fermarlo, non poteva fare altrimenti, sapeva che più Ermal aveva bisogno di lui e più si sarebbe manifestato al piccolo, ed era sbagliato.
Totalmente sbagliato, com'erano sbagliati i suoi pensieri, come fa a sentirsi in colpa una cosa che nemmeno-
Ecco, non riusciva neanche a dirlo.
-Non sparirò se non vorrai, ma io non posso aiutarti Ermal, puoi capirlo?
Devi salvarti.-
-Non posso farcela!
Non vedi come sono ridotto? Lui è più forte di me..-
Fabrizio scosse la testa, stringendolo di più a se, mentre Ermal si lamentò per il dolore ma si ritrovò a sorridere, godendosi la complicità di quell'abbraccio, seppur privo di calore umano.
-Dovete andare via, okay?
In un posto lontano da qui, potete farcela, devi solo resistere un altro po'..-
-M-ma via dove?-
Ermal lo guardò con gli occhi sgranati, iniziando a tremare un po' per la paura di quell'alternativa.
-Conosco un posto in Italia, lì ti troverai al sicuro, starai bene, te lo prometto..-
Ermal si ritrovò a piagnucolare mentre annuiva, chiudendo gli occhi e perdendosi a fissare il vuoto, ripercorrendo gli avvenimenti della sera che aveva vissuto, uno per uno, pronti a colpirlo allo stomaco.
Fabrizio sentiva i pensieri di Ermal rimbombargli nella testa, così forte che sarebbe potuta anche scoppiare, se solo ne avesse avuta una reale.
Così fece l'unica cosa sensata che gli venne in mente, iniziò a canticchiare la ninna nanna che Mira cantava sempre ad Ermal prima di addormentarsi.
Non ci capiva niente di albanese, l'aveva imparata a memoria per tutte le volte che l'aveva sentita, ma tutto sommato sapeva che fossero parole dolci, a giudicare dal sorriso che il ricci faceva ogni volta che la ascoltava.
Ermal non fece domande, non si chiese come mai il bambino conoscesse quella canzone, non si chiese nemmeno il motivo per cui fosse riuscito a calmarlo.
Si addormentò con la consapevolezza di avere con se tutto ciò di cui aveva bisogno .
Si addormentò e non sognò sangue, botte o pugni in faccia, sognò solo i momenti con Fabrizio, per gli altri non c'era spazio.
Si addormentò e Fabrizio non c'era più.
————
Bari, Italia.
Ermal stava tornando a casa dopo la notte passata nell'ennesimo pub.
Aveva ormai quindici anni, stava iniziando ad approcciarsi alla vita e aveva da poco capito di preferire i ragazzi alle ragazze.
Certo, non aveva avuto una bella esperienza con gli uomini, ma che ci poteva fare?
Il suo corpo era attratto dalla virilità, gli piaceva l'idea di essere sedotto da qualcuno di più forte di lui, qualcuno che se ne prendesse cura, così aveva deciso: quella sera ci avrebbe provato.
E ci aveva provato, stava andando tutto bene, o almeno fu così fin quando al posto del bel giovane si immaginò Fabrizio.
Fabrizio, quel bel ragazzo che ormai gli faceva compagnia tutti i giorni, che lo faceva sentire protetto.
Ma come può farti sentire protetto qualcuno di cui non conosci la natura?
Qualcuno che conosci solo tu?
Che vedi solo tu...
Ermal si ritrovò a sospirare, mentre lasciò il suo zainetto accanto alla porta e si lasciò andare sul letto.
Fissò il soffitto per qualche secondo, poi chiuse gli occhi per liberare la mente.
Quasi ebbe un infarto quando, qualche minuto dopo, li riaprì e si ritrovò la faccia di Fabrizio a pochi centimetri dalla sua.
-Cazzo!-
Urlò forte, talmente forse che fece sobbalzare l'altro, mentre si lasciava andare a una risata isterica.
-Non si saluta più?!-
-Scusame ricciolì, t'ho sentito pensa..-
Nel tempo Fabrizio era cresciuto, diventando sempre più bello, e iniziando a parlare sempre di più in una lingua strana, che col tempo Ermal aveva capito si trattasse di romanaccio.
-Sì, mi stavo giusto chiedendo.. come mai non so quasi niente di te?-
-E che vorresti sape?-
Ermal ci pensò su, guardandolo negli occhi e sorridendo quando i loro sguardi si fusero l'uno nell'altro.
-Hai fratelli o sorelle? Insomma.. una famiglia?-
-Io.. no..-
-Allora, umh.. non ti ho mai chiesto nemmeno quanti anni hai..-
-Non lo so.. so nato co te.-
"Nato con me?"
Ermal corrugò la fronte, piegando la testa di lato e guardandolo confuso.
-E perché parli romanaccio se sei nato in Albania?-
-Nun lo so Ermal, nun lo so va bene?
Io so questo, nun sarò interessante ma.. ma so così, m'hai fatto così!-
Fabrizio sospirò con gli occhi lucidi, puntando gli occhi nei suoi.
Tutte quelle domande lo facevano sentire a disagio, il pensiero di non avere una vita propria, il pensiero di non esistere.. lo uccideva.
Che poi, come fa qualcosa che non esiste a morire?
Fabrizio non lo sapeva, non sapeva nemmeno come facesse a provare determinate cose per Ermal, sapeva solo che lo rendeva felice.
Ma sapeva anche che era destinato a svanire tutto.
-A me piaci lo stesso.-
La voce di Ermal lo riportò alla realtà, facendolo arrossire come al solito, essendo lui molto timido.
Essendo, pur non esistendo...
-Sei uno spirito, Brì?-
-Un.. che? No! Mica semo in Ghost Ermalì.-
Ermal si ritrovò a ridere per la battuta, sospirando poi per la frustrazione.
-Allora cosa sei?-
-Sono te.-
Fabrizio sputò quelle parole senza pensarci, evitando di guardarlo.
-Come?-
-Oh annamo Ermal, nte sei mai chiesto perché me vedi solo te?
Io nun esisto, m'hai creato te perché ero ciò che te serviva pe anna avanti, perché te servivo pe combatte quel bastardo de omo.
E ora m'hai trasformato ner ragazzo perfetto pe te, perché sei adolescente ma.. Ermal io nun te servo più.-
Ermal nel frattempo lo guardava con disappunto, scuotendo la testa e iniziando a piangere silenziosamente.
-No, stai zitto!
Non ti credo, no, io ho sempre bisogno di te!-
-Hai bisogno di persone reali, ricciolì te prego, guardame..._
Fabrizio gli prese il viso fra le mani, mentre entrambi si lasciavano andare alle lacrime, tremando impercettibilmente.
-Ermal, me devi lasciare andare..-
-N-no, non posso, io senza di te non..-
Il più piccolo iniziò a piangere disperatamente, poggiando la testa sul suo petto mentre lo stringeva forte a se.
Fabrizio, che intanto iniziava a scomparire, si lasciò scappare un singhiozzo, regalandogli un ultimo bacio sulla fronte.
-Devi esse forte ricciolì, hai capito?
Andrà tutto bene..-
-F-Fabrizio..-
Ermal si sentì improvvisamente più vuoto, come se avesse appena perso una parte di se, mentre rilassò le mani, non avendo più niente da stringere.
Fabrizio era sparito, di nuovo, e stavolta Ermal sentiva che se ne fosse andato per sempre.
Si lasciò andare contro il materasso e mentre consumava tutte le sue lacrime, pensò che la dimostrazione più dolorosa di amore fossero le stelle.
Le stelle, che bruciano se stesse per illuminarci, e anche quelle più grandi e potenti, come il sole, prima o poi muoiono, non lasciando niente intorno a se, diventando fragili giorno dopo giorno, fino a scomparire.
E quella sera Ermal, senza Fabrizio, si sentiva decisamente la stella più fragile dell'universo.
————
Erano passati due anni da quando Fabrizio era andato via, così tanto tempo che Ermal quasi faticava a credere che fosse esistito.
Ma il suo amore per quel ragazzo era ancora lì, nel suo petto, a bruciare forte come un ricordo senza origine.
Che non lascia traccia, ma ti segna per sempre, facendoti diventare pazzo.
Due anni e quarantotto giorni, per l'esattezza, certo, non che li abbia contati... ovviamente.
Fatto sta che Ermal era così perso nei suoi pensieri, che non si accorse minimamente del ragazzo che stava camminando nella sua direzione, finendogli irrimediabilmente addosso.
Ma no, non si limitò a questo, ma fece anche sporcare la sua giacca con il proprio caffè, rovinandola.
"Beh, tanto è una giacca da pescatore, quindi.."
Quel profumo, quel maledetto profumo.
Ermal era così immerso nei suoi pensieri che non si rese assolutamente conto di aver pensato ad alta voce.
-Se chiama Le Male, ma pe saperlo nun c'era bisogno de versarme addosso er caffè, o sai ricciolì?-
Ad Ermal si gelò il sangue nelle vene, mentre alzò velocemente la testa e impallidì all'istante, fissando l'uomo davanti a lui.
-O so de esse bello, ma a momenti me svieni davanti eh!-
Fabrizio arrossì per lo sguardo insistente dell'uomo su di se, mentre gli porgeva la mano.
-Comunque so Fabrizio..-
-E-Ermal..-
Il riccio gli strinse prontamente la mano e arrossì immediatamente quando sentì il calore umano provenire da essa, provocandogli un sorriso.
-Sei.. sei caldo..-
-Tu no, invece! Che ne dici se entriamo qua dentro e ce prendemo ncaffè nsieme?-
Ermal lo guardò negli occhi, un po' insicuro mentre storse il naso.
-Hai fratelli o sorelle?-
Fabrizio rise di gusto mentre lo guardava stupito.
-Un fratello e na sorella, ma famme capì, la prossima volta pe chiederte de uscì te devo da er codice fiscale o me chiedi se c'ho na vicina?-
Il cuore di Ermal perse un battito mentre si affrettò a prendere per un braccio il romano e trascinarlo nel bar difronte.
-Ao, calmate ricciolì, avemo tutto er tempo eh!-
Ermal si bloccò improvvisamente, rilassandosi all'istante e sorridendo, mentre allentava la presa.
Tutto il tempo.
Mi piacerebbe lanciarti nel cielo, vedere il tuo corpo che pian piano sale.
Collocarti nel posto più giusto, la stella più fragile dell'universo.
E se riniziasse un'altra vita io non chiederei che fosse infinita, mi basterebbe sapere che esisti, che è lo stesso il profumo che lasci.
E se non mi conoscessi farei come ho fatto, dirti che ti aspetto in un posto perfetto.
Che poi io di perfetto non ho proprio niente, divento perfetto se ti ho tra la gente.
Comunque con te, comunque vada con te.
Spazio biscotto 🍪:
Ed eccomi con una nuova os.
L'idea è un po' azzardata e per la prima volta più surreale rispetto alle altre pubblicate, ma mi frullava nella testa e non sono riuscita a metterla a tacere.
Spero comunque che possa piacervi!
Ringrazio come sempre la mia squad unaMETAfincheMORO per supportarmi sempre.
Vi voglio bene.💛
Grazie per essere arrivati fino a qui.
Alla prossima.
Erika😈
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