CAPITOLO X - UNA VECCHIA POLAROID

È un nuovo giorno e non sono andato all'università, mi rifiuto, ritornare lì è come buttare sale su una ferita aperta. Non andrò nemmeno al caseificio,con mio padre c'è ancora tensione, a stento ci salutiamo, anzi a dirla tutta ci ignoriamo proprio.

Dopo aver fatto colazione al chioschetto, mi ritrovo in chiesa a dare una mano a Don Luca che deve riordinare le sale dell'oratorio lasciato in disordine dai ragazzi nei giorni scorsi.

«Alex», Don Luca cerca la mia attenzione.

«Sì?»

«A te piace vivere l'ambiente oratorio vero?», chiede.

«Certamente... perché?»

«Ti ho osservato in quest'ultimo periodo e ho visto come ti comporti con i ragazzini, come li fai divertire. Ti sei impegnato per aiutarmi a metterlo in piedi...»

«Va beh, Don Luca...», cerco le parole per sminuire il mio merito, sinceramente non ho mai amato avere i fari puntati addosso.

«Ti va di dirigerlo?», propone cogliendomi di sorpresa.

«Don Luca, ma non saprei come fare...»

«Tranquillo, non devi fare altro che gestirlo, all'inizio magari ti aiuto io. Credimi, tu sei bravo con i ragazzi, soprattutto con i più piccini e molti di loro non fanno che chiedermi di te».

«Don Luca... non so che dire...»

«Accetta, farai felice me, la comunità, e la cosa più bella, ne saranno felice i piccini, magari ti fai aiutare da qualche tuo amico...»

«Dite che ne sarei capace?», sono ancora un po' stranito e del tutto titubante.

«Io dico che sei perfetto!»

«Beh, allora accetto con piacere. Grazie Don Luca...»

«Grazie a te, sarà una grande esperienza», vedo i suoi occhi ridere, è entusiasta e convinto di ciò che dice.

«Non dire niente a nessuno...», continua lui, «Voglio comunicarlo io...», precisa.

Il telefono squilla forte nella mia tasca, nel rispondere sento una voce particolarmente pimpante.

«Ciao Alex, che fai di bello?», domanda Andrew.

«Sono con Don Luca, perché?»

«No, niente volevo portarti con me al centro commerciale».

«Mi dispiace, ma ora non posso, devo terminare qui...»

Segue un breve silenzio.

«Ehi Alex... ci sei ancora?»

«Sì, sì, dimmi...»

«Oggi mi vedo con Rossana!»

«Fantastico!»

«Sinceramente? Sono un pochino teso...»

«Come mai?»

«Diciamo che questa è la nostra prima uscita».

«Questa non si chiama tensione, questa si chiama "emozione"!»

Sorride e dalla risonanza riesco a captare che questo è un sorriso nervoso. Ciò non fa che rendermi felice, perché so che ogni singolo giorno che trascorre lui è sempre più preso da lei.

***

«Certo che proprio questa sera siamo arrivati davvero in anticipo...», faccio notare ad Andrew. Tra l'altro non abbiamo nemmeno una motivazione accettabile, ed io sono fuori casa da questa mattina. Si è fatto tardi sin da subito, poi in chiesa ho impiegato più tempo del previsto e così per la prima volta ho pranzato con Don Luca. 

È stato un "pranzo" speciale: una pizza "la mia solita" e un calice di vino.

È stata una bella occasione per conoscere meglio il Don, e devo ammettere che è una persona speciale. Credo stia diventando un punto fisso nella mia vita e l'idea non mi dispiace. Dopo sono riandato al chioschetto che Fabio ha sistemato in modo delizioso. E ho iniziato a notare che più passavano le ore meno avevo voglia di tornare a casa. Non avevo voglia di restare chiuso tra quattro pareti, e mentre sorseggiavo il caffè, ho visto arrivare Andrew dalla grossa vetrata, camminare veloce a testa bassa. Era chiaro che i suoi piani non erano andati come sperava. Si è seduto di fronte a me e non ha aperto bocca. Tipico da lui. Fa così quando vuole parlarmi.

«Ehi tutto bene?», cerco di rompere quel silenzio che parla.

«Indovina chi ha rovinato tutto?», il tono di voce è acido.

«Filippo?», strano sesto senso? Oppure consapevolezza di chi sa che Andrew aveva un concorrente? Andrew annuisce, ed io non sono sorpreso.

«Racconta...», e come un fiume in piena inizia a traboccare di parole.

«Stavo seduto sul muretto, aspettavo Rossana, è arrivata dopo una decina di minuti con il suo motorino e stavamo per andare a prenderci una coca-cola al chioschetto quando lo vedo arrivare da lontano con la sua bici. Ci saluta e giustamente si ferma su invito di Rossana a sedersi con noi. Accetta senza esitare. Ci sediamo e lui inizia a parlare a ruota libera dello spettacolo che state organizzando, dei piani futuri di università e lavoro, facendomi letteralmente sentire il terzo incomodo. Guardavo lui e guardavo lei e mi chiedevo perché non stessero insieme. Era evidente che io non c'entravo nulla. Lei rideva a tutte le sue stupide battute. Alex...»

Provo a risponde ma non ho tempo.

«...sembravano una coppia e non riuscivo a reagire anche perché, quando aprivo bocca lui s'intrometteva. Poi ha iniziato a giocare sporco quando si è messo a raccontare degli aneddoti su di loro...»

Fa un sospiro. Provo a dire qualcosa, ma lui riprende.

«E a quel punto, amico mio, ho avuto la prova che anche lui è interessato a Rossana»

«Ave Cesare! Ci sei arrivato!», è l'unica cosa che riesco a dire, anche perché sembra in trance e continua a parlare a raffica. Sta proprio tirando fuori tutto il suo rancore.

«Altro che amico! Che stupido sono stato a raccontargli dell'incontro che avevo con lei. Sta usando la scusa dell'amicizia per storcere i miei movimenti...»

Andrew è semplicemente sconvolto! Anche i lineamenti contratti del suo volto confermano ciò che penso. Andrew è quel tipo di persona che tende a drammatizzare ogni emozione, dall'esaltazione alla disperazione.

«Andrew, calmati, quando vedrai Rossana?»

«Non lo so, ma lei questa sera sarà alle prove di canto...»

«Stasera ci saremo anche noi in chiesa».

«Cosa?»

«Si, dai, andiamo lì, magari riuscirai ad incontrarla e stare un po' con lei...»

Inevitabilmente mi ritrovo nel mezzo. Ma ho voglia di aiutare il mio amico e provare a cancellare quella sua tristezza dal suo volto.

***

Siamo seduti tra i banchi della chiesa quando vediamo sbucare dal portone principale Rossana con le sue amiche, dietro di loro c'è anche Filippo, una figura sempre più ingombrante e sempre più presente. In lontananza compare un altro trio: Giosuè, Manolo e Tullio che parlano tra loro in maniera molto fitta.

Andrew mi sussurra di andarcene, ma con una leggera gomitata gli faccio capire che ho del tutto ignorato la sua richiesta. Rossana ci ha visti però fa finta di nulla. 

Filippo invece viene subito da noi. 

«Ciao, cosa ci fate qui?», domanda in modo curioso.

«Devo parlare col Don e Andrew mi ha fatto compagnia», l'unica scusa che sono riuscito a trovare, e pensandoci bene non è nemmeno tanto campata in aria come scusa, visto che qualcosa di cui parlare col Don in effetti c'è, come gli orari e parte della programmazione dell'oratorio.

Intanto le prove di canto del coro iniziano con Andrew e Rossana che si scambiano sguardi che fanno scomparire tutti noi. Finalmente il Don arriva e vado a parlargli. Andrew mi attende tra i banchi.

***

«La domenica dopo la messa delle dieci per te va bene?»

«Sì, certamente, ma se qualche volta non posso?»

«Non ti preoccupare, ti sostituisco io, oppure qualche altro ragazzo.»

«Alex, puoi aiutarmi a trascrivere queste mie omelie al computer?»

«E dovete chiedermelo?»

«Grazie! Sai un giorno le pubblicherò...», dice in modo sognante.

«Ne verrà fuori un gran bel libro...>, e sono sincero. Le prediche di Don Luca sono davvero ben elaborate e soprattutto sono coinvolgenti e mai banali. Quando esco dalla chiesa e controllo l'ora mi rendo conto che sono passate due ore. Andrew mi ammazzerà! Gli vado incontro con faccia desolata, sto cercando di trovare una scusa, ma non mi viene in mente niente! Però lui ride. Sì, quello è proprio un gran sorriso!

Il Don alle mie spalle sta chiudendo il portone principale, i ragazzi saranno già andati via.

«Perdonami, ma...»

«Ma cosa?»

«Per il mio ritardo...»

«Fa niente...!»

«Perché sta faccia da scemo...?»

«Ho parlato con Rossana...»

«Questa ragazza già mi piace!»

Mi da una spallata ed io gli passo un braccio sulla spalla.

«Racconta...»

«Sai, mi sono fatto coraggio e l'ho avvicinata, le ho chiesto se potevo farle compagnia fino al cancello della chiesa, ma è finita che siamo andati a prenderci un pezzo di pizza...»

«Grande... eh...?», sono impaziente di sapere.

«Eh... le ho detto che lei non mi è indifferente, che oggi in villa anche se c'è stato poco spazio per noi due è stato bello vederla. Lei mi ha fatto capire che non devo dar conto a certi episodi o situazioni... e poi le ho regalato un cd...»

«Wow, che passi avanti... grandissimo!»

«Ho dovuto far un'entrata a gamba tesa... per forza!»

«Bravo, questo è il mio difensore arcigno...»

Ci abbracciamo come due sciocchi, ma è di questi momenti che vive un'amicizia.

«Ehi Andrew ma che cd era?»

«Portami con te di Gigi D'Alessio!»

«Iaa... ma daiii... ma come si fa!?! », e faccio scivolare le braccia sulle mie gambe in segno di sconforto.

«Scemo, sta' zitto, è la prima canzone che c›era in radio la sera del nostro primo incontro!!!»

«Aaahhh, se la metti così?!»

Scoppiamo a ridere.

Il Don ci raggiunge e con noi scende le scale.

Chiude anche il cancello, lo salutiamo e poi con Andrew andiamo in piazza.

***

Mi vibra il telefono...

"Salve Alex, questa sera ci vediamo in Parrocchia verso le 20:30, andiamo con il gruppo dello spettacolo a mangiare una pizza, non mancare!". Sono immerso in un caffè mentre leggo il messaggio del Don. Il pomeriggio è pieno zeppo d'impegni: prima gli allenamenti, poi dal commercialista di mio padre – dal quale sono andato perché mia madre mi ha riferito di questa commissione– per ritirare dei documenti. Con mio padre la situazione resta tesa

***

Mi ritrovo che è sera e non mi rendo conto nemmeno come. Il tempo oggi è volato, quando si dice una giornata piena. Ho appena finito di addentare l'ultimo pezzo di pizza pensando che l'ho proprio divorata. Con tanta mozzarella che si scioglieva in bocca, mi ci voleva proprio; e adesso ho solo voglia di una sigaretta. 

La sigaretta immancabile dopo cena per un fumatore, esalta il piacere del cibo per non parlar del primo tiro è puro appagamento. Fuori dal ristorante fa freddo e devo dare forza al mio coraggio per sfidare questo tempo. Ho chiesto agli amici se vogliono farmi compagnia, nessuno di loro si alza. Fa nulla! Esco da solo, avvolto nel mio giubbotto in quell'autunno che già sa d'inverno. Spero con tutto me stesso che questo sia solo la premessa di un inverno tanto rigido da far nevicare.

Da qui sopra c'è un gran bel panorama che mostra tutte le luci di una Caserta già pronta ad ospitare il Natale. Il freddo è davvero pungente, i guanti sono d'obbligo, ma io non li ho con me. Accendo la sigaretta, mi avvicino al balcone e resto ad osservare lo scenario. Tante piccole casette tipiche del borgo medievale con il monte che lo sovrasta, non sbaglia la mia mente a pensare che sembra che stia camminando all'interno di un presepe. Stare qui e guardare la città in movimento è piuttosto bello. 

Fumo perdendomi in alcune tenere riflessioni, cattura il mio sguardo la luce del parco giochi con la ruota panoramica e penso a mio nonno a quando ero con lui sulla ruota, riconosco la villa comunale, ben visibile per via della statua di "Vanvitelli" illuminata. Girandomi noto una zona meno luminosa che dev'essere il cimitero, e un velo di tristezza cala su di me. Penso a noi che stiamo qui a goderci una bella serata, e da qualche parte laggiù un vecchietto con una lacrima sta salutando sua moglie oramai pronta a partire per il suo ultimo viaggio, come ci si può separare dopo una vita?

«Ehi che pensi?»

Sobbalzo e ritorno alla realtà.

«Scusa, ti ho messo paura!»

«Ohhiii Iris, no, non preoccuparti!»

«Speriamo... a che pensi?»

«Non pensavo a niente, piuttosto te che combini? Ti ho sentito leggermente nervosa al telefono, tutto bene?»

«Fa freddo, vero?», si stringe nel cappotto.

«Che fai, cambi discorso? Ho capito non ti va di parlarne! Comunque si, abbastanza, penso che quest'anno ci saranno nevicate.»

Senza volerlo imito il suo gesto, e mi stringo nel giubbotto.

«Sì, lo penso anche io...», poi aggiunge, «Che ci fai qui tutto solo?».

Mi limito ad alzare il braccio destro con ancora la sigaretta tra l'indice e il medio.

«I fumatori!?!», restiamo lì a fissare quel panorama di luci senza dire nulla, poi riprendo:«Nessuno di loro ha voluto sfidare il freddo».

«Beh, c'è da comprenderli non credi? Solo due fumatori incalliti come noi e volendo anche un po' pazzi possono preferire il freddo di una sigaretta al camino acceso».

«Forse hai ragione, un po' pazzi sì. Ma dopo una cena così abbondante difficilmente rinuncio alla mia sigaretta». Lei annuisce.

«Ehi Iris volevo ringraziarti per l'altra sera, sai mi è servito parlarne».

«Non c'è niente da ringraziare, è stato un piacere aiutarti. Hai più risolto con tuo padre?»

«No, ancora no», rispondo malinconicamente.

Un'altra breve pausa s'insinua tra di noi ed io resto ad osservarla mentre si accende la sigaretta.

«Iris però così non vale...»

«Cosa non vale?»

«Che fai parlare sempre me e quando provo a domandarti le cose tu eviti».

Vado dritto al punto, è così che posso farle capire che sono maturo per affrontare certi discorsi e che può fidarsi di me. Solo così posso guadagnare punti e farle capire che non sono un ragazzino. Ad interromperci arriva un personaggio alquanto bizzarro. Ci saluta, scambio uno sguardo perplesso con Iris poi lei mi sorride. Sa di essersi salvata da un momento imbarazzante. Per la prima volta tra di noi c'è intesa, ci siamo compresi senza dire una parola, come se ci conoscessimo da sempre, proprio come fanno due amanti.

«Regala rosa a duaa ragazza?», un ragazzo di colore con una cadenza straniera chiaramente proveniente da una terra lontana e straordinaria come l'Africa. Porta con sé delle rose e anche una vecchia macchina fotografica, una Polaroid; mi viene da sorridere perché è davvero un oggetto molto raro, un fatto che mi appare magico.

«Non è la mia ragazza...», subito preciso e non so, ma cerco di aiutarmi con i gesti:«Ma prendo lo stesso la rosa...», dico indicando la rosa.

«Fare pure fodo?», insiste lui.

Ci guardiamo e per noi parla ancora il nostro sguardo, io chiedo e lei annuisce.

Il ragazzo intuisce che accettiamo di fare una foto, con un fischio chiama il suo amico impegnato a gesticolare con un'altra coppia, è vestito da Babbo Natale e porta con sé anche due capellini da Babbo Natale.

«Di già? Vada per la polaroid, ma i capellini con due mesi d'anticipo no!?!».

Iris esplode in una risata fragorosa e anche il giovanotto lo fa simpaticamente, tra una battuta e l'altra ci scatta una foto. È la prima volta che cingo Iris alla vita, pensandoci bene questa è la prima volta che la tengo così vicina a me ed è un gran momento.

«Ragazziii il dolce...», dal locale ci chiamano, la voce del Don è inconfondibile e spezza a malincuore la dolcezza del momento.

Pago il ragazzo bizzarro mentre Iris rientra e prima di seguirla, rimango a fissare la foto, sospiro.

«Grazie fradellooo»

«Grazie a te, e se non ci vediamo, Buon Natale...».

Scoppia a ridere, ed io con lui.

Involontariamente quel ragazzo mi ha regalato un momento particolare, un momento che speravo di vivere da tanto tempo.

Entro dentro, ad aspettarmi c'è la mia "mousse" con tanto di ripieno di cioccolata calda. La serata finisce tra tante risate. Fuori dalla pizzeria mi rendo conto che il freddo è aumentato, mi avvicino ad Iris e le propongo di tenere la foto.

«Tienila pure...», dice in maniera distaccata.

Gelo in un istante. È palese che lei è cambiata. Qualcosa le ha dato fastidio, ma cosa? La foto? Mi sono spinto (forse) fin troppo in là? Ho esagerato? Mi sono esposto, ho rischiato.

Gelo sulla pelle.

Chiudo la portiera dell'auto abbastanza scontrosamente.

«Vedo che ci siamo fatti delle foto?», la battuta di Giosuè, seduto al mio fianco, arriva puntuale come lo scoccare della mezzanotte.

Non rispondo.

Lui continua.

«Devo proprio dirlo: questa foto non è male, dai sorrisi si vede che c'è sintonia! È spontanea. Secondo me c'è del potenziale... in questa foto!».

Questa sua allusione è chiara, ma faccio finta di non comprendere.

«Per il fotografo sicuramente...» rispondo in maniera secca e infastidita.

Giosuè sa che quando do queste risposte brevi e dirette, non ho voglia di parlare;quindi cambiamo discorso e parliamo di altro.

***

A casa appoggio la cartellina sulla scrivania con dentro le varie schede dello spettacolo, e gli do uno sguardo.

Inizio a pensare che manca qualcosa. Ho la sensazione che all'interno del nostro spettacolo manchi qualche pezzo: ci sono le canzoni, c'è il teatro... manca cosa? La danza! Canto, recitazione e danza... così è completo! Ma chi di noi sa danzare? Nessuno! Dopo un po' ho l'illuminazione: la scuola di ballo dove mia sorella Celeste va a lezione. 

Sì, questa può essere una grande idea! 

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