Difettose ali dorate. E comunque, chi ci crede
Cassie
Risuona nelle casse quella canzone che amo e che parla di una ragazza. Lei si chiama Chariot ed è in grado di volare e ostentare le sue ali dorate, secondo il suo fautore, mostrandosi bella e lasciandosi amare e ammirare come un'autentica musa...
Certe parole ti entrano dentro e ti si tatuano addosso. E poi, soprattutto, vorresti conoscere quella mente geniale che le ha scritte, componendo qualcosa di tanto stupendo e tanto invasivo da rubarti i pensieri.
E poi vorresti pure conoscere questa Chariot, e chiederle com'è che si fa ad avere l'oro nelle ali. Io le ali nemmeno me le sento, ma la mamma continua a ripetermi che, prima o poi, spiccherò il volo e che devo avere fiducia in me stessa.
Comunque, a quella stronza di Chariot, vorrei confidarle la mia invidia, perché lei ha una canzone tutta per sé e, insomma, chi non ne vorrebbe una?
La musa in questione, evidentemente se l'è guadagnata una composizione così e tutta per sé; il desiderio di suscitare le stesse emozioni in un essere vivente (che non sia la mia mamma) mi fa quasi venire le lacrime agli occhi, perché la sensazione perennemente avvinghiata tra le viscere, di essere un errore, non mi abbandona mai.
Sbagliata fino al midollo, mi ripeto sempre.
Che palle. L'adolescenza fa schifo, voglio schiaffeggiare chiunque abbia rinnegato un concetto così vero, maledizione.
Visto che, probabilmente, il mondo vuole distrarmi dai miei trip, il telefono mi suona sulla pancia e mi trema l'addome. Pigramente prendo il mio cellulare, ma senza entusiasmo. Tanto so già che non è Harry.
So che non è lui, ma non so perché vorrei fosse lui, invece. Per quanto io abbia aspettato un suo messaggio per l'intera giornata di martedì e, per quanto io sia stata tentata di cercarlo mercoledì, non mi aspetto sia lui, perché non ci sarebbe alcun motivo per cui dovrebbe cercarmi dopo avermi restituito la parannanza.
Non capisco neanche con certezza da dove suscitino queste nuove svampe di calore che mi fanno venire i brividi, ogni volta in cui penso a quell'uomo e al desiderio di scoprire dove sia e cosa stia facendo... Sono confusa a causa del suo atteggiamento ambiguo e mi ha fatto pensare di poterne ricevere un pochino, delle sue attenzioni. Proprio lui. Ma potrebbe essere mio padre, ha trentatré anni, quasi il doppio della mia età. Dovrebbe farmi schifo. Dovrei rabbrividire... Ma proprio non mi viene, di essere spaventata. O almeno non in quel senso! E la curiosità di scoprire come lui sia mi si mangia viva.
Ma parliamoci chiaramente, sono una cretina. A che mi metto a pensare?
Apro il messaggio perché mi sono stufata di insultarmi mentalmente, e mi sorprende vedere il mittente. È Dan.
Ciao Cassie, io e te dovremmo vederci direttamente domani, ma avrei bisogno venissi anche questa sera. Alexandra si è ammalata e quindi manca una ragazza in sala. Puoi venire, per favore? Ti ringrazio bellissima, ti aspetto alle 6.30 pm :-*
Dan è un ruffiano, ma lo è per davvero! Cos'è quel bacetto alla fine del messaggio? Mi viene da ridere al pensiero che ci abbia pure inserito il nasino. Comunque, avrei preferito lavorare solo venerdì e sabato, ma non se ne parla che non vado. Tanto mi sto annoiando, e per quanto mi abbia avvertito con poco preavviso, mi decido a rispondergli.
Sono lì alle 7.00 pm Dan. Prima non riesco, mi dispiace. A dopo, baci.
Invio, anche se nello stesso istante me ne pento: stare in sala a servire i tavoli equivale a più interazione coi clienti, e io in quello me la cavo piuttosto male. Non sono un portento a interloquire e servire i clienti, se davanti a me non c'è un bancone a celarmi almeno un pochino. O a darmi l'illusione di esserlo.
Il mio telefono squilla nuovamente.
Va bene ma, per favore, non più tardi che mi servi! E i baci li darò io a te quando verrai, davvero Cass. Mi stai salvando.
Dal suo messaggio prevedo una serata lavorativa da spezzarsi la schiena, perché è evidente avesse davvero bisogno di qualcuno che gli coprisse il turno. Sbuffo, quindi, mi alzo pigramente dal letto e preparo il cambio per il lavoro nella borsa. Interrompo la musica dal mio computer prima di guardarmi allo specchio.
Sono sempre io, e me lo devo far andare bene... Mi rassegno all'idea mentre prendo la bici e percorro il breve tragitto da casa al Flavour. Subito dopo aver messo la catena alla mia bici, guardo l'orario dal display del mio telefono: 6.49 pm, sono in perfetto orario.
"Ehi, buonasera." Saluto, mentre faccio il mio ingresso. Ci sono solamente due clienti in fondo alla sala, con un alcolico tra le mani, e Cristine è dietro al bancone col suo sorriso sorprendentemente contagioso. Lei ha superato i trentacinque anni, e lavora qui da poco. Non ha mai gestito altro se non il lavoro al bancone, perciò non è molto pratica qui in sala in veste di cameriera. Ed ecco spiegato a cosa servivo io qui, questa sera: niente aiuto in sala per me.
"Ciao Cassie, sei pronta per la cattiva notizia? Abbiamo una tavolata prenotata per le 8.30 e una per le 9.00. Stiamo nella merda, è ufficiale." Asserisce.
"Scherzi? Cavolo, io così torno a casa spompata! E domani ho pure l'ultimo giorno di scuola, maledizione." Non voglio assentarmi, onestamente. Non voglio perdermi l'ultimo giorno di scuola. Non l'ho mai fatto e mai lo farò.
Mi passo le dita nei capelli e saluto il resto dello staff prima di indossare la mia tenuta lavorativa, che consiste nei miei jeans neri, un paio di Nike distrutte alle punte, il grembiulino con il marchio Budweiser e una T-shirt nera. Entusiasmante, eh?
Sbuffo e mi rassegno all'idea di dover lavorare pure oggi, nonostante non ne abbia assolutamente voglia.
Dopo essermi preoccupata di cambiarmi e aver fatto i miei ultimi compiti per la preparazione prima di attaccare con il vero e proprio lavoro, mi concedo una piccola pausa.
"Cass, Cass, Cass! Dove vai? Vieni qui," Mi striglia Dan, "Non ti allontanare, per favore. Sono quasi e mezza, e mi servi assolutamente qui all'accoglienza."
"Avevo bisogno di un goccio d'acqua, ora torno." Sorrido rilassata, ma confusa all'atteggiamento preoccupato del mio titolare. Mi prende il mento tra le dita fissandomi negli occhi, con fare agitato.
"Brava, torna subito, per favore." Annuncia. Io sorrido imbarazzata, perché ormai ho imparato a conoscere Dan, è fatto così e si prende molta confidenza. Ma decisamente, alcune volte, mi sento troppo impacciata.
"Ho capito, va... Rimango qui, tranquillo. Ma, sicuro vada tutto bene? Perché tanta agitazione?"
Dan sorride per la mia apprensione, "Tutto a posto dolcezza, tranquilla. Ma tra neanche tre minuti, quel tavolo," Indica la tavolata ancora vuota prenotata per le 8.30, "Sarà occupata dal mio figliastro e dai suoi amici. Questa cosa mi rende un po' nervoso." Ammette, in un sospiro.
"Aspetta, cosa? Viene qui coi suoi amici? Perché non me lo avevi detto nel messaggio?" Sputo, con gli occhi ingranditi dallo stupore.
"E che cambiava, se ti avessi avvisato? Comunque deve essere tutto perfetto, Cassie. Ti voglio impeccabile, vado ad avvisare anche la chef. Sto cercando di costruire un rapporto decente, con quel ragazzo, ed è la prima volta che viene qua, cazzo..." Lo sento borbottare altro, mentre si allontana per andare in cucina a fare le sue raccomandazioni. Nel frattempo io sto per cedere, perché sono troppo agitata.
Non posso crederci, finalmente verrà qua. Questo mi fa pensare che probabilmente stia cercando di costruire qualcosa col suo patrigno e mettere da parte l'odio nato prematuramente, ma, comunque: come sto? Ti pareva, che doveva venire quando faccio più schifo del solito! Cerco il mio riflesso sul vetro che affianca la porta d'ingresso, ma non riesco a vedere altro se non la mia sagoma scura. E osservando meglio, lo vedo, in perfetto orario mentre si avvicina all'entrata del Flavour.
Apre la porta e "Ciao," Dice e sorride. Respira, Cass, sta' calma. "Dov'è, ehm- Dan?"
"Ciao Lou-" Recupero la voce con un colpo di tosse. "Ciao Louis. Vado a chiamarlo. Ti accompagno al tavolo, okay?" Noto il suo amico Liam di fianco a lui, perciò gli sorrido e lui ricambia con un espressione simpatica. Tengo lo sguardo basso per tutto il tempo, altrimenti rischierei di prendere a tartagliare, mi capita spesso ed è qualcosa che appena prende inizio, non riesco poi a gestire.
"A voi, ragazzi." Porgo i menù a Louis e Liam e ai tre ragazzi dei quali non conosco il nome. Guardo ognuno di loro negli occhi, sorridendo, perché è così che sono abituata a fare, ma evito di proposito lo sguardo di Louis Tomlinson. "Aspettate qualcun altro, ragazzi?"
"Sì, dovrebbero venire altri due amici nostri, ma intanto ti saremmo grati se potessi portarci delle pinte. Eh, ragazzi?" Louis propone ai suoi amici, e quando ognuno di loro mi specifica la loro preferenza, quest'ultimo cerca il mio sguardo.
Non posso non assecondarlo, non posso evitare di sussultare quando mi guarda... Come fa ad essere così carino? E in ogni particolare?
"Ehm, sì. Arrivo subito." Allontanandomi dal loro tavolo la punta del mio piede urta una mattonella sporgente e, ovviamente, inciampo di brutto.
Cassie, ti prego, concentrati. Ce la fai.
Ingoio il mio stesso auto incoraggiamento insieme alla poca saliva che mi è rimasta in gola: sento i ragazzi ridacchiare e, improvvisamente, vorrei stappare da terra il listone del pavimento leggermente sollevato e rompermelo in testa.
Sarà una lunga serata.
*
"Ecco qui l'ultima portata, ragazzi." Piazzo il pesante piatto davanti Louis, che appunto ho servito per ultimo per evitare inspiegabili gaffe. Lui mi sorride ed io svio il suo sguardo, mentre sto per allontanarmi dal tavolo la porta d'ingresso si apre, ricordandomi che, oltre alla marmaglia di clienti che va e viene, è arrivata l'ora di accogliere i clienti del tavolo delle ore 9.00.
Guardo il polso: 9.18 pm. Sono loro per forza, altrimenti gli levo il tavolo e Dan non deve lamentarsene! Mi sto impazzando qui in sala, da sola, tra il suo figlioccio, i suoi amici carini e il resto dei clienti. Sono tutti troppo esigenti ed io, purtroppo, non ho ancora imparato a sdoppiarmi.
"Buonasera ragazzi." Dico agli uomini di fronte a me, ma rivolgendomi a quello che mi ritrovo di fianco. "Avevate la prenotazione, non è vero?" Il terzo ragazzo mi guarda incuriosito, ma io non ci bado e cerco di non pensare all'elevato livello di testosterone che sta improvvisamente allagando l'intera sala del Flavour.
"Sì, siamo noi. Non so a che nome, ha prenotato St-"
"Ragazzi!" Ecco Dan, ha finalmente deciso di farsi vivo e venire a darmi una mano? "Eccovi qui, finalmente. Cass, sta' tranquilla. Penso io a loro. Manca ancora qualcuno di voi, non è vero?" Gli chiede, accompagnandoli verso il tavolone che affianca quello del suo figlioccio. Prendo Dan in parola e mi preoccupo della gestione dell'intera sala, eccetto che dei suoi amici.
Quando sembra che ogni coperto sia soddisfatto del servizio, decido di fare un giro di perlustrazione e liberare i tavoli dai piatti vuoti. Purtroppo, arriva anche il turno del tavolo che sto profondamente odiando: quello di Louis.
Compongo una pila di sette piatti e aggiungo tutti i tovaglioli appallottolati, faccio per allontanarmi e quando sono abbastanza lontana, riesco a scorgere la voce di quello penso si chiami Nick.
"Quindi il tuo patrigno se le scopa le dipendenti?" Che cosa? "Non sarebbe male, quella lì si merita una botta come si deve. Cazzo, guarda il suo-"
La faccia mi si accende di calore, una fiammata di rabbia mi percorre il corpo facendomi tremare e non riesco più a sentire il resto della frase.
"Oh, ragazzino? Quando non riesci a trattenerti certe porcherie per te, cerca almeno di tenere un profilo basso, santa Madonna!" Da un'altra direzione una voce ruvida si fa dura. Quando identifico la provenienza della voce, trovo Harry Styles al tavolo delle 9.00, mentre guarda l'idiota di Nick con l'espressione di uno che sta per ribaltare l'intero locale.
Io, essendo io, rimango impalata, arrabbiata e imbarazzata. Vorrei davvero andare dal presunto Nick e schiaffeggiarlo, ma a quanto pare Harry ha preso le mie difese. Mi fa piacere, ma mi crolla un peso enorme sulle spalle quando vedo Louis ridere... Perché sta ridendo? Ride di me?
"Ma che stronzi!" Bisbiglio e abbasso lo sguardo.
A quel punto la serata non può andare peggio di così e finalmente, quando giunge al termine, realizzo di non aver rivolto parola nemmeno a Cristine, troppo amareggiata da ciò a cui mi tocca assistere per guadagnare due soldi.
Quando il locale è ormai svuotato, gli ultimi clienti ad alzarsi e a liberare il loro tavolo sono gli amici di Dan, tra cui Harry che, se non mi sbaglio, mi ha fissato per un tempo indefinito. Ma io non volevo farci caso. Confabulava col ragazzo moro con i grandi occhi a mandorla, proprio di fianco a lui, giusto appena prima di guardarmi.
Mi hanno lasciato una mancia davvero abbondante, insieme al conto, ho sorriso a ognuno di loro in modo riconoscente mentre mi passavano davanti per uscire, ma Harry Styles mi ha infilato altri soldi in mano. Confusa, l'ho guardato e ho sentito i suoi occhi penetrarmi sotto le ossa. "Non devi, Harry." Gli ho sorriso ancora, e poi ho allargato gli occhi nel momento in cui ho constatato che la sua mancia fosse eccessiva e sembrava superare persino a quello che avrei ottenuto per l'intera serata, da Dan. "No, decisamente non puoi lasciarmi tutta questa mancia!"
"Te la meriti, Cassie." Quando mi ha stretto il pugno nel suo palmo enorme, un brivido mi ha percorso la schiena, e il battito cardiaco ha cominciato a sbattermi nel petto.
"Grazie, allora." L'imbarazzo nella mia voce ormai lampante. "E... Hm, anche per prima. Per avermi difesa."
Quando gli ho sorriso, ha ricambiato, ma poi ha scosso la testa leggermente adirato.
"Beh, mi fa piacere tu l'abbia pensato. Ma difenderti non era il mio scopo. Stavo solo dichiarando i pensieri di tutti coloro che hanno sentito quell'idiota blaterale sui suoi bisogni sessuali. E durante l'ora di cena, peraltro." Mentre sorride beffardo abbandona la mia mano, che mi cade lungo il fianco, "Non stavo cercando di difenderti, Cassie."
Oh.
Sono davvero convinta che questo capitolo non vi piacerà, però ci provo ugualmente a postarlo. Aspetto dei vostri pareri e, se vi andrà, lasciatemi un segno del vostro passaggio. Grazie infinite per leggere, Eu.
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