Colpa dell'iPhone
Harry
Con la faccia da cazzo e il muso duro.
Ecco come ho congedato Violet poco fa. Soprattutto perché, fosse stato per lei, probabilmente avrebbe temporeggiato un altro po'.
Una donna deliziosa, Violet Johnson... Cassidy doveva pur aver ereditato la sua bella e innata indole da qualcuno di altrettanto bello.
Peccato io sia ancora qui, a snodarmi i pensieri nell'abitacolo di questa macchina che, a questo punto, se puzzasse di gomma delle ruote di una piccola bici bianca ne sarei più che felice.
L'iPhone trilla troppo forte con un allarme che non ricordo di aver impostato. Segna che sono le 11.00 pm. Nella didascalia c'è scritto: Complicati la vita 'n altro po' e sei fottuto.
E adesso mi ricordo di quando ho scritto quel piccolo messaggio nelle note del telefono che, adesso - anche se non ne conosco il motivo - è diventato un allarme; forse devo aver smanettato senza neanche essere del tutto cosciente. Forse ero fatto, o forse un po' brillo.
Ma io, quella frase, l'ho scritta perché volevo ancora sapere di Cassie, cosa facesse, come lo facesse, se fosse vestita o coi capelli neri a coprirle le spalle e la schiena nuda. Se dopo una settimana da quel pomeriggio in un parco di Conway Forest, e soprattutto, se dopo l'incontro di oggi con sua madre, mi avesse pensato.
Apro questo cazzo di Facebook, ormai deciso a complicarmi la vita; sì, alla fine ho optato per quell'alternativa da bravo coglione quale sono.
Trovo la sua chat e digito:
Non sei online. Dammi il tuo numero, dobbiamo parlare di oggi.
Vero che non era online... Ma sono bastati trenta secondi perché lo diventasse. Al suono della notifica, deve essere scattata.
Tu sei strano. E sei un fisioterapista. Il fisioterapista di mia madre.
Cazzo.
Non posso dissentire su nessuna delle tue osservazioni.
Rieccoci coi formalismi. Neanche ti dovrei rispondere, io.
Inspiro. Butto fuori e m'infilo le mani nei capelli, esasperato da questo fottuto pensiero fisso che mi ha tormentato le ultime (ormai) due settimane.
Perfetto. Non insisto allora, sembri decisa a non volere che io ti telefoni.
Invio.
Sto venendo a parlarti, allora.
Invio ancora, subito dopo.
Rigiro le chiavi nel quadro in un attimo, mentre lei manda dei messaggi in cui probabilmente m'intima a non andare da lei. Non guardo le notifiche fino a quando sono nel retro della sua piccola villetta, abbastanza lontano da non essere notato.
Sette messaggi di messenger lampeggiano sul display, tutti di Cass; li ignoro, neanche li leggo, prima di digitare il mio.
Trova un modo per raggiungermi, sono sulla parte posteriore della tua casa.
Cazzo! Ma li hai letti i miei messaggi? Ti ho detto che non posso. Come dovrei fare io, calarmi dal balconcino tipo Tarzan?
Ridacchio alla menzione di Tarzan.
Sarebbe un'opzione. Muoviti. E non dire brutte parole... Che lo dico alla mamma!
Mia madre mi ammazzerà se dovesse scoprirmi...
Tua madre è simpatica.
Ritorco.
Fossi in te non ne sarei così sicuro, che probabilmente ucciderebbe prima te, poi me.
Leggo il messaggio in una risata, perché il pensiero di essere la causa della trasgressione ai suoi orari, di farla uscire di casa in piena notte -- che poi così tardi non è -- mi fa tremolare lo stomaco per l'ironia della situazione.
Quando finalmente la noto sta correndo verso la mia auto e si catapulta dentro, col fiatone a farle svolazzare i capelli davanti al viso.
"Parti, muoviti."
"Beh, ciao eh." Rispondo asciutto al suo ordine, ma quando ingrandisce gli occhi, con l'agitazione a colorarle le gote, metto in moto e parto, ancora divertito da tutta la sua teatralità.
"Non dovrei nemmeno essere venuta. E stavo per mettermi il pigiama per andare a letto." Dice, con aria spontanea e scocciata.
"Sei stanca? Andavi a fare le ninne?" Mi viene naturale di farle il verso, non riesco a evitarlo.
"Ma che cazzo vuoi, Harry? Perché io non ho capito che cavolo vuoi da me..."
Sbotta e mi stupisce, col suo sguardo di rimprovero e un'aria afflitta. Io, questa settimana, non mi sono curato neanche una volta di lei, di quello che potesse provare. Non ho pensato neanche una volta che lei è nel pieno di quella fase adolescenziale in cui le ragazzine sono troppo prese dalla disperata ricerca delle attenzioni altrui, per riuscire a sopravvivere bene all'assenza di qualcuno.
"Oh, cazzo... Tu t'aspettavi che ti stavo dietro a tenerti il moccolo, ragazzina? Ho una vita, un lavoro."
"Ferma la macchina!" Mi strilla nell'orecchio. Ha le lacrime nella voce e i sussulti a spezzarle il fiato. "Se non fosse stato per l'incontro di oggi, tutto questo non sarebbe neanche successo. Ferma la macchina, ho detto." Non lo faccio e aggrotto le sopracciglia, prima di riprenderla.
"Nella mia macchina non esiste che ti fai prendere da qualche tua crisi puberale." Quindi lo sguardo le si accende.
"Non posso crederci!" E ancora che strilla, con le mani ad agitarsi e le lacrime a inumidirle le sclere. "Mi accusi di colpe che non sono io ad avere! Fino a prova contraria sei tu quello a essersi fatto prendere dagli ormoni, baciandomi per primo. Mi vedi come una ragazzina e, okay, lo sono. Sono timida, mi tremano le mani e- cavolo, non posso negare che la tua sfacciataggine e il tuo menefreghismo mi mettono in difficoltà. Mi levano infatti le parole di bocca e mi viene solo da piangere per il nervosismo. Ma non mi faccio trattare con sufficienza da nessuno! Non esiste che tu ti senta nella condizione di essere così irrispettoso nei miei confronti. Che poi, mi avevi assicurato che sarebbe significato qualcosa, quel bacio! Sei solo un-"
"Ti ricordo che ti ho appena detto che devi darti una calmata. Quindi. Respira, parliamone, mi fermo lì. Scendiamo dalla macchina e mi urli in faccia quello che ti pare. Insultami, se può esserti d'aiuto. Ma non. Fare. La. Bambina." Non riesco a essere toccato, né impietosito o scosso dal suo sfogo. L'ho visto fare mille volte, e soprattutto non lo trovo affatto motivato.
"Cosa?" Urla di nuovo e, no, non ha capito che non deve farlo. Non ha capito un cazzo.
Sbuffo e accosto nello spiazzo buio che mi trovo sulla destra, siamo sul lungo mare e qui è deserto. Con parsimonia evito il fosso poco visibile di fronte al mio Range.
"Adesso puoi scendere e fare la pazza. Avanti. Accomodati." Forse la sto provocando un po' troppo, la sto portando al limite. La sto portando alle lacrime.
In ogni caso, lo fa. Scende davvero dall'auto e si mette a sbraitare.
"Lo vedi?" Grida, mentre la seguo per il perimetro della spiaggia. "Non hai accennato a nulla di quello che ti ho detto. Perché sai che ho ragione! Sai che sei stato uno stronzo!"
"Cassidy. Non ho accennato a nulla relativamente a questo perché altrimenti rischierei di smontarti il tuo piccolo mondo fatto di colori e belle cose..."
"Sarebbe a dire? Forza! Dimmi perché sei stato così incurante per tutta la settimana. E oggi, con mia madre, tu... Oddio!" Nascondendo il viso nelle mani mi rivolge le spalle, ed è il suo verso smorzato dalla frustrazione che mi apre un mondo: adesso ho capito, è pure gelosa marcia.
"Mi stai mettendo in difficoltà, perché stai dicendo una marea di boiate e mi stanno facendo incazzare... E non ho intenzione di incazzarmi con te." Sto ancora cercando di mantenere il mio contegno neutrale.
"Tu devi trattarmi come fossi una tua pari. In realtà, io lo sono! Hai capito? Tu mi riponi sotto una luce sbagliata. Tu... Harry, tu devi scendere dal quel piedistallo impostato su un patetico Sono io l'adulto, qui." Per quanto delicata anche in questo, l'ira le circonda gli occhi, sulla pelle, nelle piccole rughe d'espressione a incattivirle i lineamenti.
"Vuoi che ti tratti come una mia pari? Perfetto," Inizio, e lei sembra essere impaziente. "Allora non fare inutili scenate solo perché ho preso del tempo per pensare a ciò che era accaduto. Hai mescolato le tue emozioni di ragazzina frustrata con quelle dell'ipotetica adulta che stai cercando di dimostrarmi di poter interpretare. Ma la tua indole e la tua età anagrafica, Cassie, prevalgono nel momento in cui preferisci un trattamento da donna adulta, malgrado le tue pretese e le tue domande siano quelle di una bambina! Nel mio mondo, quello degli adulti, sparire ogni tanto è la normalità. Nel mio mondo, gli impegni sono tanti. I problemi sono veri. Le persone sono di contorno, quando devi contare solo su te stesso. Nel mio mondo, io ho trentatré anni. E tu continui ad averne solo diciassette." Alla menzione dei fatti, delle nostre età messe a paragone, il suo sguardo si spegne, si abbassa al suolo, sulla spiaggia quasi umida. "Dieci anni, più altri sette. Lo capisci? Capisci che non ho fatto altro che tormentarmi, per questo? So come ti senti, Cass. Ricordo la sensazione, l'adrenalina di aver baciato qualcuno con troppi anni in più. Ma quello non è nulla, in confronto a ciò che mi è passato per la testa per aver baciato una minorenne."
"Ma io-"
"Lasciami finire. Perché è importante che tu sappia che, in questa settimana, mi ero giusto convinto di aver semplicemente fatto una promessa vana. Al Conway Forest io ti ho assicurato che avrebbe significato qualcosa... Ma di parole se ne dicono un'infinità e- Sta di fatto che ora sono venuto a prenderti nel bel mezzo della notte. Siamo sull'orlo di una spiaggia mentre ti confermo nuovamente che è significato qualcosa e tu, invece, sei gelosa di tua madre."
Ed è a quel punto che tutto il mio discorso precedente all'accusa di gelosia, svanisce nel nulla, come se non fosse affatto importante. Tutto ciò dimostra nuovamente tutta la sua misera età.
"Non sono gelosa di mia madre!" Ritorce, con lo sguardo innervosito a causa del mio, troppo duro e statico nel suo.
"Comunque sia non servirebbe esserlo. Lo sai?" Catturo nuovamente la sua attenzione, ma ancora non riesce a fermarsi per un istante e tranquillizzarsi.
"Perché?" Torna a guardarmi col suo sguardo invadente. Invasivo e nocivo, che mi fa male quel verde tagliente. Io comunque non riesco a non guardarla. Non riesco a essere distante per davvero, da questa ragazzina timida ma tanto preoccupata di affermarsi come una guerriera, quale non è.
Il fatto è che posso fingere che non esista per una settimana soltanto. Poi, però, ricomincia la tarantella insormontabile fra me e il mio cervello.
E devo vederla. Toccarla... Mi avvicino a lei.
"E perché? Perché non dovrei esserlo?" Insiste, ma esitante.
"Cass, tua madre è una donna favolosa, non fraintendere. Ma è solo una paziente e," La mia mano raggiunge la spallina del suo top, il mio dito scivola tra la clavicola e il tessuto, "Sono preso da sua figlia." E il suo sguardo guizza di curiosità.
"Cosa?"
"Vedi che alla fine ti ho smontato in cinque secondi?" Sposto l'attenzione dalla mia stupida e troppo azzardata confessione, facendola sorridere.
"E invece ti assicuro che la penso esattamente come prima." Non si sposta, mentre i miei occhi bucano i suoi e le mie mani ormai sono entrambe a racchiudere le sue piccole spalle, sulla sua pelle di seta e miele.
"Posso provare a distrarti in qualche altro modo, volendo..." Io, certe cose, non riesco proprio a trattenermele. Malgrado volessi davvero distrarla in qualche altro modo, non era ciò che avrei voluto effettivamente dire.
Ma con lei mi viene da parlare, prima di agire. Il che dovrebbe essere un bene, ma paradossalmente non lo è, perché non posso starle sempre a chiedere il permesso, e solo perché mi sento sbagliato in quel che vorrei farle. Quei suoi occhi vispi, questi capelli sulla pelle chiara. La chioma le sta da Dio sulle spalle nude. E per quanto contribuiscano a preservare la sua immagine acerba -- di giovane ragazza ancora inconsapevole del suo stacco di gamba e delle sue labbra spesse -- la rendono meravigliosa. Nient'altro.
"Se mi baci e sparisci ti vengo a cercare, questa volta." Mi metto a ridere e, chiaramente, sono ancora più impaziente di farlo, adesso. È da quando è arrivata saltellando nella mia macchina, che bramo le sue labbra.
"Se ti bacio non sparisco, che poi ne voglio di più." Non lo nascondo. Perché dovrei farlo? Perché dovrei celare la realtà? Tutto ha avuto origine da un'attrazione prettamente fisica. Per quanto io sappia, è stato il suo aspetto ingenuo, a tirarmi dentro a questo tornado di curiosità. Sono a conoscenza anche del fatto che la sua innocenza, comunque, le nasce da dentro. Tutto ciò che scaturisce con una risata -- che poi mi fa smuovere semplicemente con un sorriso -- a me fa tremare le viscere. Mi s'ingarbuglia lo stomaco e solo perché sento il suo calore già da qui. Sotto le mani.
Sotto le labbra, col suo l'odore soffice e il sapore di perle a pungermi sul collo. A salirmi sulla mandibola e a farmi rabbrividire alla sola idea di potere ancora avvinghiarmi a lei e farne ciò che voglio.
Ed è lì, quando dice con voce sommessa: "Di più?" Che slaccio le insicurezze e ogni dubbio dalla relazionalità -- che l'ho mandata a farsi fottere -- e sollevo il suo corpo.
Incastrando le nocche nel tessuto del top sposto il suo corpo. Lo sollevo abbastanza da trovare subito dopo il radiatore ancora bollente come supporto.
Ci appoggio entrambi i palmi, con Cassie seduta fra essi, nel bel mezzo della cappotta a guardarmi. È impaurita ed eccitata, l'impazienza è lampante nelle ciglia e sulle palpebre tese, la paura è dovuta solo alla mia irruenza. Non voglio che sia impaurita, ma se non le concedo il tempo non ne avrà mai abbastanza per constatare che, a trattarsi, è soltanto di un bacio.
Non è un esame, non deve agitarsi.
Carezzo delicatamente una gamba esposta, "Lasciati guidare..." Per fare, Harry?
Non lo so. Qualunque cosa, basta che mi conceda un po' di lei.
Non risponde, annuisce leggermente. Accolgo al meglio la sensazione della sua carne sotto le dita e, senza abbandonare il suo sguardo, col cuore a pomparmi ancora i guai e gli errori che sto per commettere, connetto le mie labbra alle sue.
Di nuovo lo zucchero in lei mi fa saltare i sensi alle stelle, mentre avvinghia le sue gambe a me, intorno al bacino, col sospiro sommesso e tremolante. "Piccola, non devi tremare. Non è niente." Circondo interamente le sue labbra con le mie, accarezzandole le labbra coi denti e frugando nella sua bocca con la lingua.
Voglio sedarle la ragione come lei fa con me.
Vorrei anestetizzarle le paure solo col tono della mia voce, ucciderle le insicurezze a forza di spinte e di botte di reni, fino ad avere il mal di schiena e il bruciore ai glutei. Voglio vederla sudata, voglio vederla e sentirla danzarmi addosso, scrollandosi tutto quel desiderio che -- sono convinto -- lei stia ermeticamente custodendo in sé.
Ma devo darmi una calmata, e baciarla così non aiuta a smorzare tutte le mie fantasie.
E ci si mette pure il suo ventre a spingere sul mio. Le caviglie a intrecciarsi dietro la mia schiena. L'interno coscia delle sue gambe a premermi sui fianchi. Le mani a cercarmi e la sua bocca umida, arrossata e piccola, mi stanno facendo schizzare il sangue al cervello. E in tutte le parti del corpo.
Quando ho ormai (praticamente) compresso la sua vita sottile nelle mie dita, emette un verso di piacere. E solo perché le ho acciuffato la carne nuda dei fianchi.
"Ho voglia di toccarti..." Le sussurro sul collo.
"Tu già..."
"Più di così. Molto più, di così... Intendo..." La mia mano sulla sua coscia sale sul suo stomaco, nel centro del suo tronco; lascio scorrere due dita fra i suoi seni, nella piccola valle, senza però assaporare la morbidezza di essi. Non posso trattenermi, ma non posso neanche essere invadente, lei è così fragile...
"Intendi?" Vuole davvero che finisca la frase?
Mentre allontano il mio viso dal suo e osservo i suoi occhi, rimanendo però ancora in stretto contatto con lei, le dico: "Sesso, Cassidy. Sai di cosa parlo, vero?"
Chiaramente la mia è una domanda retorica, che lei svia. Troppo sorpresa per articolare una risposta sensata. "Oddio." Dice, arrossendo e sviando il nostro sguardo.
"La vedo dura..." Polemizzo, col tono di voce a sdrammatizzare.
"Harry, guarda che io non sono un giocattolino!" Si sente di dover dire ciò probabilmente perché l'ha visto in qualche stupido film, ma sa bene che non è di questo a trattarsi.
"Sai che non lo saresti, e non intendevo questo... Ma perché hai lo sguardo così vispo, alla sola menzione di questo argomento? Del sesso?" E improvvisamente torno adolescente, quando, con le ragazze, ne parlavo fino ad averne la nausea, fino a desiderarlo tanto ma senza ottenerlo davvero.
Che il sesso era l'argomento primario. Non si faceva subito, ma si arrivava a agognarlo attraverso gli sguardi e alle parole o le allusioni sussurrate. Alle provocazioni che raccoglievo dalle ragazze che, con nonchalance e disinvoltura, mandavano segnali di aver ormai perduto l'etichetta di verginella pudica.
Ma a Cassie questo non è mai accaduto. Probabilmente non si è mai concessa quel piacere di portare qualcuno fino all'orlo dell'esaurimento, chiacchierandoci di sesso come fosse un argomento ordinario. Fino a farlo impazzire, ai margini del desiderio, tentandolo e facendoglielo venire un po' barzotto solo con le parole, magari nel bel mezzo del cortile a scuola.
Io voglio essere quel qualcuno... Ed è lì che decido che sarò io, a dimenticarmi della riservatezza, per questa sera sarò io a regredire un pochino negli anni. Solitamente con le donne non sono affatto indelicato. Mai, in realtà. Non accenno mai all'argomento sesso, al massimo me le scopo direttamente e poi magari non le richiamo.
Ma a Cassie serve un po' di sesso fatto a parole. Un po' di quel sesso preliminare, spirituale e sublime che si fa nei corridoi della scuola, alla luce del giorno, in mezzo alla piazza o giù al bar, con la propria cottarella del momento.
"L'hai mai fatto, Cass?" Sbotto e lei tossisce subito dopo.
"Ehm... Hm?" Sorridiamo entrambi, ma per motivi diversi.
"Sesso, bimba. Lo hai mai fatto?"
Smetto di toccarla. Voglio che senta tutto il piacere del desiderio. Della straziante necessità di colmare i bisogni, le lacune, con l'esigenza e la fame del contatto.
"Harry, io..." Ha lo sguardo in preda al panico, a schizzare su e giù.
"Sei vergine. È okay. Tranquilla, puoi dirlo." Sorrido, ma non smette di sembrare agitata; non lascia in pace i suoi capelli. "E cosa sai relativamente al sesso?"
"Sta scherzando, spero?"
"Perché non mi rispondi?"
"Perché è strano."
"Ed è per questo che voglio parlarne. Sciogliti e dimmi cosa sai." Ordino, passandomi la lingua sui denti.
"Io..." Cassie inspira ed espira, prima di riprendere a parlare, "Beh... So com'è che si svolge l'atto in sé. E che prima devono esserci i preliminari..."
"E dovresti sapere, però, che non c'è nessun devono, quando si tratta di sesso." La mia ultima osservazione alimenta il suo respiro irregolare, perciò provo con una confidenza, per farla sentire a suo agio: "Sai, alla tua età vedevo i porno. Ma quelli non te li consiglio, sono davvero inappropriati, se sei impressionabile."
"In realtà... Io ne ho visto, qualcuno." Potandosi una mano alla bocca mi lancia uno sguardo imbarazzato, ma le leggo la curiosità di scoprire la mia reazione alla sua confessione. In realtà non sono poi così sorpreso. L'abito non fa di certo il monaco e, inoltre, un porno resta solo un fottuto porno.
"Il porno? Perché?"
"Ero solo... Curiosa. La mia amica Payton mi raccontò della sua prima volta, l'anno scorso... E io..." Trattengo le risate, perché questa situazione è surreale. Mi sembra di star tenendo delle lezioni di educazione alla sessualità.
"E come ti è sembrato?" Piego la testa di lato, avvicinandomi di nuovo alle sue labbra.
Lei ridacchia, "Per niente allettante, a dirla tutta."
Ovviamente. Una ragazzina vergine non saprebbe mai apprezzare il porno.
"Già," Sorrido nella voce e mi avvicino abbastanza per sfiorarle le labbra con le mie. "Non pensarci troppo, a quelle cose tremende." E annuisce.
"Sei stato tu a rimettermele in testa, però!" Sorride sul mio sorriso ed io glielo bacio.
"Scusami, scricciolo. Hai ragione." Risucchio il suo labbro inferiore con le mie, prima di afferrare nuovamente il suo corpo fra le mie braccia. "Ma adesso toglimi una curiosità."
Annuisce, mentre le mie mani volano sulla pelle dei suoi fianchi, per poi scivolare più in basso, fino alle cosce.
"A cosa pensi, quando ti tocco così?" Le chiedo, ma so già la risposta.
"Harry, perché mi fai queste domande?" Si mette a guardare il mare, senza concedermi neanche la soddisfazione di sembrare sorpresa per la mia domanda sfacciata.
"Puoi rispondermi, per favore?"
"Io-" Cassie sbuffa, prima di chiudere le palpebre e ammetterlo: "Al... Al sesso."
Ed è qui, che ti volevo. Vergine o non vergine, quello è il meccanismo naturale che scatta.
"Quindi... Non ti dispiace, se ti tocco in questo modo." Osservo. Distoglie lo sguardo dal mio per quella che è la millesima volta, così mi rendo conto di aver un po' esagerato e mi sento maniacale.
"Okay, cazzo. Non volevo imbarazzarti tanto, cerchiamo un modo per distrarci," Scatto, allontanando le mani da lei. "Qualsiasi cosa. Vuoi andare a casa? Che vuoi fare?" Incido una considerevole distanza fra il suo corpo e il mio, non voglio metterle pressione.
Ma è a quel punto, che mi rimonta il sangue al cervello.
"Sai," Inizia, "Vivo in Florida e non ho mai fatto un bagno al mare dopo la mezzanotte. Facciamo un bagno? Ci rinfreschiamo un po' le idee, magari."
E se pensa che l'acqua bollente del mare di mezzanotte possa rinfrescarmi le idee, e che il suo corpo bagnato possa essere un elemento di distrazione sulla tensione sessuale ormai palpabile tra noi due, allora si sbaglia di grosso.
Ma chi sono io, per privarle un bagnetto notturno?
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