CAPITOLO 57
Capitolo 57
Maddy
Due mesi dopo...
Due mesi di riabilitazione per Caleb non erano stati dei più semplici, a causa del suo caratteraccio convincerlo a fare certe cose come: esercizi, esami, radiografie, eccetera non era stato facile. Ma nonostante tutte le difficoltà e i capricci che lo facevano sembrare un bambino di cinque anni ce l'avevamo fatta. Era finalmente arrivato il giorno di tornare a casa. Le feste di Natale e Capodanno non le avevamo festeggiate, i nostri piani erano cambiati il giorno stesso dell'incidente, di comune accordo con i nostri amici e familiari avevamo deciso che avremmo festeggiato una volta che Caleb fosse stato libero di uscire dall'ospedale. Ormai eravamo a metà febbraio, a causa degli eventi che avevano travolto la mia vita avevo perso un sacco di lezioni ed esami all'università, ma in accordo con il rettore mi ero impegnata a recuperare tutto per salvare l'anno e non portare troppi esami al secondo. Ero appena uscita dal suo ufficio dopo un colloquio durato più di un ora, il rettore oltre che a essere interessato alla mia carriera universitaria si era interessato anche alle vicende che avevano visto coinvolto il mio ragazzo negli ultimi mesi. Ormai il mio nome appariva spesso negli articoli e se da una parte mi faceva piacere dall'altro mi infastidiva un po'. I miei social avevano iniziato a crescere di numero, ero sulla bocca di tutti, sapevo di non essere ancora del tutto pronta a quel mondo ma l'avevo accettato. Stare con Caleb comportava una serie di cose tra le quali quella di avere giornalisti e fan tra i piedi sempre. Smisi di pensare alla bufera nella quale mi ero avventurata e salutai cordialmente il rettore. Alyssa e Jade mi stavano aspettando al mio armadietto, mi sembrava impossibile che fossero già passati cinque mesi dall'inizio delle lezioni, la mia vita non era mai stata così tanto movimentata, erano stati i cinque mesi più intensi di sempre.
«Alla buon'ora, che vi siete raccontati in tutto questo tempo?» mi chiese Jade guardandomi con aria indagatrice. Sorrisi nel vedere che Alyssa non aveva alzato gli occhi dal cellulare nemmeno per un secondo, non mi serviva chiedere con chi fosse al telefono, sapevo benissimo che quando era così concentrata stava parlando con Mark.
«Mi sono presa l'impegno di dare tutti gli esami che ho saltato prima della fine dell'anno e fare quelli nuovi regolarmente, non ho intenzione di iniziare il secondo anno con troppe cose da recuperare» dissi alle mie amiche, o meglio a Jade che era l'unica che mi stava ascoltando.
«Direi che ti sei presa un bell'impegno, ce la farai a fare tutto?» mi chiese ancora la mia migliore amica. Aprii l'armadietto e mi misi in borsa tutti i libri che avevo lasciato lì, mi assicurai di prendere tutti i miei appunti e poi lo richiusi. Non feci utilizzo delle mie buone maniere volontariamente, sbattei così forte l'anta dell'armadietto che Alyssa finalmente alzò lo sguardo dal cellulare. Io e Jade trattenemmo una risata per l'espressione spaventata che fece.
«Maddy, sei qui... mi hai fatto prendere uno spavento» disse portandosi una mano al petto con il suo solito fare melodrammatico.
«Sono qui da un po', ma eri troppo impegnata con il tuo fidanzatino per accorgertene» la presi in giro io. Jade rise alle mie parole, allora mi voltai nella sua direzione.
«Non ridere, anche tu quando stai a parlare con Red hai la stessa espressione da rimbambita» le dissi. Sapevo bene che cosa avrebbero detto riguardo ciò, entrambe si rifiutavano di ammettere che le cose stavano prendendo una piega seria con i ragazzi.
«Tu pensa per te, non sei tanto diversa da noi quando messaggi con Caleb, anche tu sembri una rimbambita» mi disse Alyssa poggiando il cellulare nella borsa. Non mi sentivo di controbattere la sua affermazione perché l'unica cosa che avrei potuto fare era darle ragione, ma non le avrei mai dato quella soddisfazione.
«Okay ragazze, finiamola. Siamo tre rimbambite fine della storia» disse Jade categorica. Peccato che avesse messo fine a quella conversazione, mi stavo divertendo.
«Allora, dato che hai interrotto questo momento divertente ora passiamo alle cose serie» dissi seriamente. La loro attenzione era su di me, non per prenderle in giro ma in quel momento sembravano dei soldatini in prima linea. Cercai di trattenere una risata e per mia fortuna ci riuscii.
«Alyssa siamo pronte per andare a prendere Caleb?» lei guardò il suo orologio con il quadrante di diamanti e poi alzò lo sguardo verso di me.
«Partenza prevista per le 16:30, è tutto pronto» mi rispose, come se stessimo organizzando una rapina. La situazione aveva un non so che di divertente.
«Benissimo. La sorpresa a casa è stata organizzata correttamente?» chiesi a Jade. Lei drizzò la schiena con fare autoritario e mi guardò negli occhi.
«Tutto come desiderava» mi rispose dandomi del lei. A quel punto scoppiai a ridere, avevo trattenuto il mio istinto anche troppo, quelle due non riuscivano a comportarsi da adulte nemmeno per un secondo e le adoravo per questo.
«Vi adoro» dissi tra una risata e l'altra. Ci rendemmo conto troppo tardi di aver dato spettacolo quando ci soffermammo sui ragazzi e le ragazze che ci stavano passando di fianco, le loro espressioni sconvolte e interrogative parlavano da sole.
«Direi che è ora di andare, stiamo disturbando la quiete dell'università» dissi abbassando la voce fino a farla diventare un sussurro che potesse essere sentito solo dalle mie amiche. «Almeno questi topi di biblioteca si danno una svegliata, c'è sempre troppo silenzio qui dentro mi sembra di stare in chiesa» disse Jade. La frase iniziò in un sussurro per poi diventare un urlo volontario con lo scopo di farsi sentire da quelli che ci stavano fissando. In quel momento la adorai, la adoravo sempre sia chiaro, ma quando faceva così era veramente unica.
«Ma possibile che tu debba dare spettacolo ogni volta?» le chiese Alyssa con aria di rimprovero. Non volevo che iniziassero a litigare, se avessero cominciato non l'avrebbero finita per molto, molto tempo. Ma in quel momento non potevamo perderci in chiacchiere, Caleb e gli altri ci stavano aspettando all'ospedale.
«Fatela finita, non avete cinque anni. Andiamo alla macchina, non voglio arrivare in ritardo» dissi cercando di rimetterle in riga. Per mia fortuna mi diedero retta e senza aggiungere altro ci dirigemmo verso il parcheggio del campus.
La vita universitaria me l'ero goduta molto poco e ad essere sincera non mi era dispiaciuto per niente, ero stata accanto al ragazzo che amavo ed ero semplicemente felice della scelta che avevo preso. Non stare all'università aveva comportato anche il fatto di non aver più avuto a che fare con Nathalie. Ovviamente ve la ricorderete come la stronza della situazione e ricordate bene. Nella mia mente ormai lei non faceva più parte della mia vita, ma il destino o fato, chiamatelo come volete, non aveva voglia di rendermi le cose facili. Vicino alla macchina di Alyssa c'era parcheggiata la sua. Guardai le mie amiche e poi alzai gli occhi al cielo, pregai perché lei si facesse i fatti suoi, ma la mia preghiera fu vana.
«Guarda guarda chi si rivede!» ci disse rivolgendosi principalmente a me. Non avevo le manie di protagonismo ma il suo sguardo era puntato su di me e mi stava squadrando da capo a piedi come era solita fare sempre.
«Ciao Nathalie» mi limitai a risponderle. Lei fece un passo nella mia direzione prima che potessi salire in macchina. Mi misi a braccia conserte e aspettai che dicesse qualcosa, dopo tutti gli anni di conoscenza sapevo bene che voleva rifilarmi una delle sue solite battute sarcastiche, sperai che non mettesse in ballo Caleb, non avrei reagito bene ad una provocazione in stile Nathalie, non in quel momento. La stronza parlò.
«Mi dispiace» furono le uniche parole che le uscirono dalla bocca. Sul momento non capii se stesse scherzando o meno, mi voltai verso le mie amiche per capire se anche loro avevano capito la stessa cosa che avevo sentito io. Le loro facce sconvolte mi diedero la prova che non ero una deficiente e che avevo capito benissimo. Cercai di trattenere una risata perché quella situazione era del tutto ridicola.
«Scusa puoi ripetere?» chiesi poi avvicinandomi di un passo a lei. Nathalie aveva un'espressione che non le avevo mai visto in faccia prima d'ora, sembrava sincera, ma dopo tutti gli anni di insulti, rabbia e scherzi non sapevo se sarei riuscita a farle passare tutto e dimenticare.
«Non farmelo ripetere, hai capito benissimo» mi disse lei quasi seccata. Sapevo che la vecchia Nathalie non se ne sarebbe mai andata e da un lato questo mi fece tirare un respiro di sollievo, ne avevo abbastanza dei cambiamenti troppo repentini nella mia vita.
«Senti, non so perché tu mi abbia detto "mi dispiace" ma in questo momento non mi interessa» le risposi secca. Avevo voglia di andarmene, era tardi e Caleb mi stava aspettando per tornare a casa. Aprii la portiera della macchina, ma prima di salire Nathalie parlò ancora.
«Adesso chi è la stronza?» mi chiese, la sua domanda mi fece scappare un sorriso. La guardai e scossi il capo quasi rassegnata. Non riuscivo a capirla, non ci sarei mai riuscita, ne ero certa.
«Ho imparato dalla migliore» furono le uniche parole che mi uscirono dalla bocca, le feci l'occhiolino e la sua reazione fu un sorriso, sorriso che prima d'ora non avevo mai visto sul suo volto. Chiusi la portiera senza farmi troppe domande. Alyssa e Jade erano entrate in modalità silenzio, probabilmente erano scioccate quanto me di tutto ciò che era appena successo e come biasimarle.
«Mi potete spiegare che cazzo è appena successo?» fu Jade a parlare, seduta sui sedili posteriori si sporse in avanti per guardare me e Alyssa che ci guardammo a nostra volta.
«No comment, non diciamo niente» dissi io scoppiando a ridere. Non avevo alcuna voglia di pensare a Nathalie, almeno non in quel momento.
Caleb
Due mesi, due mesi persi dentro un cazzo di ospedale, tempo perso, solo e soltanto tempo perso. Non mi ero ancora perdonato per non essere stato più prudente al volante della mia auto, anzi della mia ex auto. Mio padre era stato sincero nel dirmi che la macchina era presa in condizioni veramente pessime e di questo non ero stato affatto felice, ma c'era d'aspettarselo, l'impatto era stato forte. Ma il peggio era passato, dopo due mesi di inferno finalmente potevo tornare alla vita normale. Stavo in ospedale con Mark e Red, stavamo aspettando le ragazze che ci venissero a prendere per tornare a casa tutti insieme. I miei genitori invece stavano parlando con i medici, dopo due mesi si preoccupavano ancora per la mia salute, nonostante io avessi detto più volte che mi sentivo molto bene. L'unico dolore che percepivo ancora era quello alla testa, ma Kelly, mi aveva assicurato che era una cosa del tutto normale dopo l'intervento a cui ero stato sottoposto. Non vedevo l'ora di mettere piede in casa mia e avevo ancora più voglia di passare del tempo da solo con Maddy, avevamo due mesi di intimità da recuperare. Ero pronto a farla mia come solo io sapevo fare.
Dopo aver radunato tutte le mie cose, mi misi a guardare fuori dalla finestra. I giornalisti erano lì fuori in attesa che io uscissi. Non ero ancora pronto a tornare alla vita da vip, ma con accanto Maddy e i miei amici avevo capito che avrei potuto affrontare cose peggiori. Dopo quelle che mi sembrarono delle ore interminabili Maddy, Alyssa e Jade entrarono nella mia stanza. Nonostante la gamba fosse ancora dolorante riuscivo a reggermi in piedi così andai incontro alla mia ragazza, pensai che negli ultimi mesi era diventata ancora più bella.
«Finalmente ragazzina, dove ti eri cacciata?» le chiesi prendendola per i fianchi. Mantenere lo sguardo sui suoi occhi mi era difficile, portava una maglietta nera scollata che mi stava facendo impazzire. Se non ci fossero stati i nostri amici lì, probabilmente le sarei già saltato addosso. Lei mi sorrise e mi diede un bacio a stampo, prima di farlo si guardò attorno per assicurarsi che nessuno ci stesse guardando. Mi piaceva il fatto che nonostante tutto il tempo passato assieme, nonostante ci fossimo scoperti a vicenda più volte, lei aveva sempre dentro di se quel pudore che la faceva sembrare una vera ragazzina, ma d'altra parte la rendeva più sexy delle altre ai miei occhi.
«C'è stato un piccolo inconveniente a scuola. Nulla che meriti di essere raccontato» mi rispose. Sembrava davvero tranquilla, non la vedevo così calma e sorridente da molto tempo. Non le dissi altro, mi limitai a stringerla e a guardarla in quei suoi occhi che avevano la capacità di intrappolarmi come mai altri occhi avevano fatto. Il nostro gioco di sguardi fu interrotto, come succedeva spesso, da qualcuno che entrò in camera. Si trattava dei miei genitori. Spostai Maddy al mio fianco e la tenni vicino a me, non volevo lasciarla andare nemmeno per un secondo. «Allora posso andarmene?» chiesi rivolgendomi a mio padre, poi guardai mia madre e notai il suo sorriso raggiante, vederla così felice mi riempiva il cuore di gioia. Negli ultimi mesi passati in ospedale avevo avuto modo di passare del tempo con loro e di chiarire i fraintendimenti che c'erano stati in passato. Maddy mi aveva aiutato ad accettare il fatto che non era tutta colpa dei miei genitori, mi aveva fatto capire che anche io ero colpevole del rapporto malsano che si era creato. Ma tutto si era risolto per il meglio, avevo deciso di perdonarli e loro avevano fatto lo stesso con me. Eravamo uniti più che mai e nessuno avrebbe più potuto separarci, non l'avrei permesso.
«Sei ufficialmente libero» mi disse mio padre, anche lui stava sorridendo. L'avevo sempre visto come un uomo burbero e senza sentimenti, ma quei due mesi mi erano serviti per capire che mi ero fatto un'idea totalmente sbagliata. Mio padre e mia madre mi amavano come mai avrei pensato.
«Allora andiamo a casa» dissi guardando Maddy e poi mi voltai indietro verso i miei amici. L'ultimo ostacolo da superare era la stampa, ma mi sentivo forte e pronto a tutto.
Prima di lasciare il "River South Hospital" salutai le infermiere che erano state molto pazienti con me. Tess e Giusy erano state fantastiche, fossi stato in loro mi sarei mandato al diavolo dopo cinque minuti, non mi ero comportato come un paziente modello anzi tutto il contrario. «Nonostante il tuo caratteraccio mi mancherai» mi disse Tess abbracciandomi. Ricambiai il suo abbraccio.
«Mi raccomando non dimenticarti di me e grazie di tutto» le dissi staccandomi. Poi guardai Giusy, aveva gli occhi lucidi, non sapevo come gestire quelle situazioni, non ero bravo con le parole e tanto meno ad affrontare gli addii. Feci la cosa più spontanea che mi venne in quel momento. La abbracciai come avevo fatto con la sua collega.
«Ti ringrazio Giusy» furono le uniche parole che riuscii a dire, lei mi sorrise ma non riuscì a dire nulla, stava cercando di trattenere le lacrime. Ricambiai il suo sorriso, non ero solito emozionarmi, ma non vi nego che in quel momento dovetti fare uso di tutto il mio autocontrollo per non farmi diventare gli occhi lucidi. Per ultima salutai Kelly, colei che aveva dato vita alla persona più bella e meravigliosa che avessi mai conosciuto, quella ragazza che era rimasta al mio fianco nonostante le mie stranezze e nonostante la mia vita non fosse delle più normali. «Kelly» le dissi quasi come se stessi recitando in uno dei miei film. Lei trattenne una risata, ormai aveva imparato a conoscermi e sapeva bene che ero solito fare il cretino nelle situazioni che mi risultavano scomode.
«Fatti abbracciare» mi disse lei, non me lo feci ripetere due volte.
«Non sono un tipo che parla molto, soprattutto in queste situazioni, ma ti ringrazio immensamente» sussurrai. Sperai che nessuno, oltre lei, avesse sentito le mie parole. Mi staccai dopo svariati secondi e tornai al fianco di Maddy che stava guardando quella scena quasi commossa, sapevo che era una tenerona e nel vederla così bambina mi scappò un sorriso da ebete. I miei genitori ringraziarono lo staff medico e dopo di che ci avviammo all'uscita.
Maddy e gli altri presero le scale, mentre io e mio padre usammo l'ascensore. Mi fece strano stare solo con lui, dovevo ancora abituarmi all'idea che era rientrato nella mia vita dopo tanto tempo che ero stato praticamente solo. I suoi occhi avevano una luce strana, dovevo ancora capire il suo linguaggio del corpo, ma il mio sesto senso mi convinse del fatto che mi avrebbe detto qualcosa proprio in quel momento. Passarono pochi secondi e mio padre fece una cosa che solitamente si usa fare nei film. Bloccò l'ascensore. Lo guardai in attesa che mi parlasse. «In questi mesi abbiamo parlato di tutto, ma a mio parere c'è un'ultima cosa da sistemare» esordì rimanendo serio, non staccò i suoi occhi dai miei nemmeno per un secondo. Poche volte nella vita mi ero sentito a disagio e quella fu una di quelle volte.
«Di che si tratta?» chiesi io con aria confusa. Avevo talmente tante cose per la testa che non riuscii a capire dove volesse andare a parare.
«Non hai più un agente» mi disse mantenendo salda la sua posizione dritta e autoritaria. Mi passai una mano tra i capelli, era da mesi che non pensavo a Jaxon e al fatto che lo avessi licenziato, o meglio mio padre lo aveva licenziato per me. Senza un agente non sarei andato da nessuna parte, ne ero consapevole. Mi maledii per non averci pensato prima a quel dettaglio. «Soluzioni a questo danno?» chiesi sperando che mio padre tirasse fuori una delle sue perle di saggezza. Lui sembrò pensarci su per un momento, poi sospirò come se si fosse liberato di un peso.
«Ti fidi di me?» mi chiese semplicemente. La sua domanda mi sembrò fuori luogo in quel momento, che cosa c'entrava la fiducia? Cercai di ragionare ma non arrivai a nessuna conclusione, la botta che avevo preso in testa non mi aiutò a pensare.
«Si, ma che cosa c'entra questo?» riuscii a chiedere. Mio padre sorrise, non capii se mi stesse prendendo in giro o altro. Mi incupii.
«Mi basta sapere questo, ora andiamo» furono le sue ultime parole, fece ripartire l'ascensore e in pochi secondi ci trovammo nell'atrio. Non ebbi la forza di controbattere la sua affermazione e la domanda strana che aveva fatto, sperai che avesse in mente qualcosa.
Scesi dall'ascensore ad aspettarci c'erano Maddy e Mark, non sapevo dove fossero andati gli altri. Ma non feci domande in merito, probabilmente avevano già raggiunto la macchina.
«Ci avete messo molto tempo, che cosa è successo?» ci chiese Maddy con aria confusa. Prima che potessi spiegarle mio padre rispose alla sua domanda.
«Discorsi tra padre e figlio, nulla di preoccupante» le disse tranquillo rivolgendole un sorriso. Alle sue parole rilassò le spalle e poi guardò me come a chiedermi "Sei pronto?", io ricambiai il suo sguardo e le feci cenno di "Si" con il capo. Il modo che avevamo di comunicare era speciale, non ci servivano parole per capirci. Guardai il mio migliore amico che mi fece l'occhiolino, presi la mano di Maddy e ci avviammo fuori dell'ospedale. Mio padre stava davanti a noi con il suo solito fare autoritario, ero sicuro che avrebbe pensato lui a tenere buoni i giornalisti. Mi fece strano non avere Red accanto, gliene avrei dette quattro appena ci fosse stata occasione. Varcate le porte automatiche a vetri fui invaso da giornalisti e dai flash delle loro macchine fotografiche. Mi toccai la testa come se potessi proteggermi da tutto quel trambusto ma la mia mossa non funzionò. Avevo passato due mesi lontano da tutto quello, mi ero fatto vedere solo tramite webcam per partecipare alle interviste riguardanti il nuovo film e nient'altro. I miei occhi non erano più abituati a tutta quella luce. Maddy mi si incollò al fianco e io la strinsi come se fosse l'unica ragione di vita. Varie domande dei giornalisti erano dei doppioni.
«Caleb come stai, cosa vuoi dire al mondo?» chiedevano alcuni. «Tu e Maddy state di nuovo insieme?» chiedevano altri. Non risposi a nessuno di loro. Mio padre dopo vari minuti di trambusto si mise davanti ai microfoni dei giornalisti, stava per dire qualcosa. Maddy e Mark lo guardarono non capendo che cosa stesse facendo, poi guardarono me cercando delle risposte, ma non sapendo nemmeno io le intenzioni di quel folle alzai semplicemente le spalle e puntai gli occhi sulla sua schiena in attesa che dicesse qualcosa.
«Signor Graham, ha qualcosa da dirci?» chiese un giornalista, a guardarlo sembrava molto giovane. Alla sua domanda gli altri giornalisti placarono le loro voci per ascoltare quello che stava succedendo. I suoni percepibili erano solo quelli delle macchine fotografiche che non smisero per un secondo di scattare foto.
«Mio figlio oggi tornerà a casa sua, vi ringrazio per l'interessamento. Volevo solo dichiarare pubblicamente che da oggi sarò io il suo agente» con due semplici frasi era riuscito a scioccarmi, soprattutto per l'ultima. Maddy si voltò di scatto per guardarmi, anche lei aveva un espressione sorpresa, per non parlare di Mark che era rimasto a bocca aperta. Il momento di shock fu interrotto dalla mia guardia del corpo, finalmente Red era arrivato per portarmi via da tutta quella folla. Solo in quel momento alzai la testa e guardai oltre i giornalisti, notai che anche le mie fan erano lì, ero felice perché solo in quel momento capii che la mia carriera non era andata a rotoli come tutti pensavano.
«Andiamocene» disse Red facendoci strada tra la folla. Passati i giornalisti, salutai con la mano le miei fan, delle ragazze tenevano in mano il manifesto del nuovo film, quasi mi venne la nausea nel vedere la foto di me e Megan nei panni nei nostri personaggi, eravamo troppi vicini per i miei gusti. Dalla faccia disgustata di Maddy pensai che anche lei fosse della stessa idea. Non volevo che pensasse male di quelle foto, allora la strinsi ancora più vicina e mi avvicinai al suo orecchio.
«Le foto che abbiamo fatto io e te sono migliori» le sussurrai, lei non riuscii a trattenere un sorriso e divenne rossa come un peperone.
«Ovvio che sono più belle, ci mancherebbe altro» mi disse poi facendo l'occhiolino. Non so per quale strano motivo ma in quel momento mi venne in mente l'ennesima follia da fare per far capire alla ragazzina che la amavo come mai avevo amato una ragazza prima di quel momento. La lasciai andare e mi riavvicinai a passo svelto verso i giornalisti che nel vedermi mi corsero incontro per riprendere quello che sarebbe accaduto.
«Cal che stai facendo?» mi urlò Red, ma non mi voltai nella sua direzione. Dopo pochi secondi me lo ritrovai alle spalle. Era tornato a fare il suo lavoro e di questo gliene ero grato.
«Lasciami fare ti prego» gli dissi voltandomi leggermente nella sua direzione. Arrivato al cospetto dei giornalisti non seppi che parole usare, non sapevo bene che cosa dire o fare, non mi ero preparato nessun discorso, stavo improvvisando. Trovato il coraggio di parlare feci poi un respiro profondo. Maddy si era avvicinata per capre che cosa diavolo stessi combinando e Mark l'aveva seguita, sulla sua faccia c'era un'espressione interrogatoria. Sorrisi nel vederlo così sconcertato.
«Ho dimenticato di far sapere al mondo una cosa molto importante» esordii con tono solenne, poi continuai.
«Vedete, quella ragazza laggiù, Madison Collyn è l'amore della mia vita. Mai avrei pensato di innamorarmi di una ragazza seriamente, invece è successo. Lei è entrata a far parte della mia vita forse in uno dei momenti più incasinati che stavo passando, eppure nonostante tutto, nonostante io sia alle volte un totale coglione, lei è ancora qui e spero rimarrà al mio fianco per sempre» dissi le ultime parole guardandola negli occhi. Maddy non staccò lo sguardo da me nemmeno per un secondo e grazie a questo notai i suoi occhi brillare. Era sull'orlo delle lacrime, e poco ci mancava che ne uscisse una anche a me. Non aspettai di sentire che cosa avevano da dire i giornalisti, mi limitai ad abbandonare la folla per raggiungere la mia ragazza. Non aggiungemmo altro, nessuno dei due parlò del gesto che avevo appena fatto e mi stette bene così, non avevamo bisogno di parole.
Raggiunte le macchine di Alyssa e Mark salutammo i miei genitori.
«Spero che la mia presa di posizione ti stia bene» mi disse mio padre. Io lo guardai e non potei fare a meno che ringraziarlo.
«Mi sta bene, grazie» dissi semplicemente. Mia madre fece un passo nella mia direzione.
«Sai che per qualsiasi cosa potrai contare su di noi da ora in poi, posso abbracciarti?» mi chiese con gli occhi lucidi. Non volevo che piangesse, non mi piaceva vedere le persone piangere.
«Certo che puoi» le dissi e prima che potesse avvicinarsi ancora feci io un passo nella sua direzione e la strinsi tra le braccia. Ci staccammo dopo svariati secondi, una lacrima furtiva scese dagli occhi di mamma e io non potei fare a meno che asciugarla con un dito.
«Non piangere, questo non è un addio, è solo l'inizio» le dissi con tutta la dolcezza che possedevo. Mia madre mi diede retta e sorrise, i suoi occhi tornarono a brillare di felicità.
«Emily è ora che noi andiamo» disse mio padre mettendole un braccio intorno alla vita, io avevo fatto lo stesso con Maddy.
«Ragazzi grazie di tutto, senza di voi questa testa calda di mio figlio non ce l'avrebbe fatta. E grazie a te Maddy per non esserti fermata all'apparenza» disse rivolgendosi alla mia ragazza. Sapevo che mio padre la stimava molto, e anche lei lo stimava, lo avevo capito ormai da tempo. Salutammo i miei genitori e poi salimmo in macchina, io andai con i ragazzi mentre Maddy con le ragazze. Ci saremmo rivisti a casa mia.
Maddy
Usciti dall'ospedale, Richard, aveva fatto una rivelazione che non mi sarei mai aspettata. Dalla faccia che aveva fatto il mio ragazzo avevo capito che anche lui non sapeva nulla di ciò che avrebbe detto suo padre. Eravamo stati colti alla sprovvista. Ma ancora più sorprendente era stato il gesto che Caleb aveva fatto nei miei confronti, davanti ai giornalisti e dunque davanti al mondo, aveva detto che ero l'amore della sua vita. Anche lui era il mio. Dopo il suo gesto plateale non ero riuscita a dirgli nemmeno una parola, mi ero limitata a guardarlo negli occhi e in quello sguardo cercai di trasmettergli tutto l'amore che provavo per lui. Salita in macchina con lei mie migliori amiche raccontai loro ciò che aveva appena fatto Caleb dato che erano nel parcheggio, troppo distanti per vedere la scena.
«Ma perché nessuno fa dei gesti così romantici per me?» mi chiese Alyssa quasi con tono triste, io sorrisi nel vederla così "disperata".
«Speriamo non faccia altre cazzate» mi disse Jade rimanendo razionale. Quelle due erano il bianco e il nero, invece io mi sentivo una via di mezzo. Erano come l'angelo e il diavoletto sulla spalla, come si vede nei film.
«Vedrai che un giorno anche Mark dichiarerà il suo amore» dissi ad Alyssa per rassicurarla, ma non credo che le mie parole servirono a molto.
«Quanto a te Jade, smettila di essere così pessimista». Negli ultimi tempi era diventata troppo razionale. Dopo qualche minuto di silenzio, Alyssa parlò.
«Maddy ascolta, non dovrei dirtelo, ma sei la mia migliore amica dunque voglio prepararti» mi disse voltando la testa per guardarmi, poi si rimise concentrata sulla strada. Che cosa stava succedendo? Guardai Jade che si chiuse la bocca come se avesse una cerniera. Quelle due mi stavano nascondendo qualcosa, speravo nulla di negativo. Mi stavo già facendo delle paranoie assurde.
«Dimmi, non tenermi sulle spine. Che è successo?» chiesi quasi in preda al panico. Nel vedermi così agitata Alyssa non perse tempo e mi spiegò.
«Noi abbiamo organizzato una sorpresa per Caleb, ma sembra che anche lui abbia una sorpresa per te». Quelle furono le uniche parole che mi disse, cercai di pensare che cosa potesse aver architettato il mio ragazzo, ma in quel momento non mi vennero idee.
«Che sorpresa?» chiesi, la domanda mi sembrò tra le più logiche da fare. Alyssa e Jade non riuscirono a trattenere una risata. Forse mi avevano semplicemente preso per il culo. Non dissi nulla, mi limitai a sbuffare e a guardare fuori dal finestrino, odiavo quando mi prendevano in giro. Dopo qualche secondo le loro risate insopportabili si placarono. "Finalmente un po' di contegno" pensai tra me e me.
«Maddy ci dispiace, ma sappiamo solo questo. I ragazzi non ci hanno rivelato di che sorpresa si tratta per paura che noi parlassimo e rovinassimo tutto» mi spiegò Jade. Ora era tutto più chiaro, Mark e Red avevano imparato a conoscere quelle due sceme e sapevano che non avrebbero mai mantenuto il segreto con me.
«Hanno fatto bene a non dirvi nulla, avete la bocca troppo larga» le presi in giro io, mi era tornato il sorriso. Penserete che sono lunatica, ma giuro che non è così, sono forse un pochino permalosa e nient'altro. Continuammo il viaggio verso casa di Caleb parlando dell'università e degli esami che avremmo dovuto affrontare nei giorni seguenti. Mi veniva la nausea al solo pensare che dovevo recuperare un sacco di prove. Cercai di non pensarci e godermi il momento-
Arrivati nel vialetto della mega villa di Caleb parcheggiammo la macchina affianco al SUV di Red. Per fortuna i ragazzi avevano ascoltato le miei direttive e avevano atteso il nostro arrivo fuori casa.
«Certo che vai veramente piano» disse Mark ad Alyssa con fare scherzoso, ma la mia amica invece di ridere della battuta si avvicinò a lui e gli tirò un colpo sulla spalla.
«Non fare l'imbecille con me Ford» disse poi lei con un sorrisino insolente. Stavano sempre a bisticciare quei due ma infondo erano proprio carini come coppia. Tutti trattenemmo una risata per quel gesto, soprattutto per il fatto che Alyssa a confronto di Mark era una nanetta.
«Possiamo entrare in casa?! Sono stanco» ci chiese Caleb quasi in tono di supplica e poi si toccò la testa. Io mi avvicinai per capire se stesse bene.
«Ehi tutto apposto?» chiesi toccandogli il braccio con la mano. Lui alzò la testa nella mia direzione e mi guardò negli occhi, notai che aveva un espressione molto strana e non riuscii a decifrarla.
«Ho solo bisogno di dormire» mi disse. Il suo tono era alto e tutti sentirono ciò che mi aveva detto.
«Cal sarà meglio che noi andiamo, hai bisogno di riposo» disse Mark evitando il mio sguardo. Ormai conoscevo i loro sotterfugi e in quel momento ero sicura che sarei stata "vittima" di un loro complotto come era già successo in passato. Feci finta di nulla però, non volevo rovinare la sorpresa che era stata preparata.
«Si, forse hai ragione Mark, Caleb devi riposare» disse Alyssa guardando il mio ragazzo e poi mi fece l'occhiolino. Erano veramente terribili. Jade e Red non aggiunsero altro e si limitarono a salutarci. Guardammo le loro macchine andarsene e rimanemmo soltanto io e lui.
Il tempo non era dei migliori, stava per piovere. In pochi secondi delle gocce iniziarono a scendere per poi farsi sempre più fitte.
«Credo sia meglio entrare» dissi a Caleb, poi mi abbassai per prendere il borsone che stava vicino alla porta, ma lui mi trattenne per un braccio e mi bloccò.
«Aspetta» mi disse semplicemente. Successe tutto troppo velocemente, non ebbi il tempo di fermarlo che mi ritrovai sotto il diluvio con lui.
«Sei pazzo! Ti ammalerai» gli dissi io urlando, ma Caleb non mi diede retta. Sotto la pioggia fredda mi prese in braccio, non ricordavo che si stesse così bene tra le sue braccia, gli cinsi la vita con le gambe e lui mi tenne salda al suo petto. Ci guardammo per quel che mi sembrò un tempo infinito, non potei trattenermi nel buttargli all'indietro il ciuffo di capelli scuri ormai bagnato. Lui al mio tocco chiuse gli occhi. Dopo pochi secondi mi mise a terra e mi baciò. Quel bacio racchiuse tutto il nostro vissuto, la nostra sintonia, mi ricordò molto il nostro primo bacio alla Agency Devis, sembrava quasi che ci stessimo riscoprendo come se fosse la prima volta. Non potevo fare a meno di lui, di noi di tutto ciò che eravamo e di ciò che saremmo stati. Ci staccammo a fatica, con il fiato corto e le labbra rosse. I nostri cuori battevano all'unisono come avevano fatto dal primo giorno che ci eravamo conosciuti. Caleb mi prese per la vita e iniziò a guardarmi con quei suoi occhi blu che io amavo.
«Vieni a vivere con me» mi disse quasi in tono di supplica. Quella sua richiesta fu un fulmine a ciel sereno. Stava scherzando? Oppure era serio? Deglutii a fatica non sapendo che cosa rispondere.
«Ragazzina di qualcosa» mi disse ancora lui per farmi parlare. La testa e il cuore non sapevano che cosa rispondere, il tutto era folle e inaspettato.
«Cal, io non...» cercai di formulare una frase di senso compiuto. La pioggia fredda che ormai mi aveva inzuppata completamente non aiutò in questo.
«Di solo sì» mi disse lui in un sussurro che mi fece un brivido sulla schiena, solo lui era in grado di provocarmi certe sensazioni. Sorrisi, non sapendo che altro fare. Volevo stare con lui, di questo ne ero certa, seguii il mio cuore... fu una cosa inevitabile.
«Sì!» dissi semplicemente. Caleb sorrise come mai aveva fatto prima e mi abbracciò, fu un gesto talmente dolce che sarebbe rimasto impresso nella mia mente per sempre.
«Ti amo ragazzina, ora andiamo a casa» mi sussurrò all'orecchio. Non mi diede tempo di controbattere e mi trascinò sul portico di casa. Eravamo finalmente al riparo, entrambi fradici ma felici. Tutto quello che avevo appena vissuto era una classica scena che avevo sognato di vivere guadando i film da ragazzina. Ma in quell'occasione non si trattava un film qualsiasi, quella era la mia vita. Caleb tirò fuori le chiavi dalla tasca dei suoi jeans neri e aprì la porta. Prima di farlo entrare lo presi per la mano e lo feci voltare nella mia direzione.
«Vorrei che fosse così per sempre» espressi un mio desiderio ad alta voce per la prima volta nella mia vita. Caleb si avvicinò a me, eravamo di nuovo occhi contro occhi, bocca contro bocca. «Basta volerlo» sussurrò.
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