CAPITOLO 56

Capitolo 56

Maddy

Il medico aveva portato via i genitori di Caleb e io ero rimasta da sola. Non so per quale strano motivo, ma non mi mossi dal punto in cui i miei piedi erano saldamente attaccati al pavimento, non raggiunsi i miei amici, non parlai con nessuno, me ne stetti semplicemente lì a fissare il vuoto. L'attesa, per mia sfortuna, non fu breve, anzi, tutto il contrario. Passata mezz'ora decisi di andare a sedermi in corridoio, vicino alla stanza di Caleb. La tentazione di entrarci fu forte ma evitai di scollare il mio sedere dalla sedia. C'erano i suoi genitori, c'erano i nostri amici, tutti lo volevamo vedere, non mi permisi di fare di testa mia. Guardai il display del cellulare e poco dopo che stavo fissando l'orario si spense, la batteria era andata. 

 «Merda» imprecai sotto voce tra me e me, rigirandomi quell'aggeggio, ora inutile, tra le mani. Giocai con una ciocca di capelli, provai a legarli, poi a scioglierli, ma niente di tutto ciò mi fece passare il tempo più velocemente. Avevo i nervi tesi, tutto il mio corpo lo era, volevo assolutamente sapere che diavolo stava succedendo. Avevano notizie positive o negative? Caleb poteva tornare a casa? Si sarebbe ripreso come prima? Non feci in tempo a rispondere a tutte quelle domande che mi balenarono nella mente, perché vidi i genitori di Caleb uscire dalla sua stanza seguiti dal medico che li aveva convocati per parlare. "Ecco dove diavolo si erano cacciati" mi dissi mentalmente. Il dottore se ne andò a passo svelto verso una porta che io non avevo mai varcato, forse era il suo studio o semplicemente la porta della stanza di un altro paziente, in quel momento non mi importava. Spostai lo sguardo su Emily e lei di rimando mi sorrise, Richard invece sembrò teso, peggio del solito oserei dire. Vennero verso di me e io cercai di mantenere la calma e la lingua a freno, avevo tante cose da chiedere ma nessun coraggio di fare domande. Il silenzio fu rotto in un modo che non mi aspettavo minimamente. 

 «Vado a prendere una boccata d'aria» disse secco il padre di Caleb. Mi guardò solo per un breve istante poi girò i tacchi e si avviò verso quella che era la porta della scala antincendio. Il suo comportamento e il suo modo di fare era alquanto criptico, soprattutto nei momenti difficili. Non lo conoscevo da molto ma quello è ciò che avevo capito di lui. Lo guardai allontanarsi, rigido come se fosse un soldatino, non ci mancava molto che mi prendesse un attacco di panico. "Sicuramente le notizie sulla salute di Caleb non saranno positive" questo è ciò che mi stavo ripetendo da vari secondi nella mia testa. I miei occhi erano fissi sul pavimento, anche se la madre di Caleb era lì con me io mi sentivo terribilmente sola e angosciata. 

 «Maddy ti senti bene?» la voce di Emily mi sembrò distante, ma il suono della sua voce mi aiutò ad uscire dal mio abituale momento di trans. 

 «Si scusa è che... insomma cosa è successo?» cercai di fare una domanda di senso compiuto e per fortuna ci riuscii, una volta scelte le parole giuste. 

 «Vieni, sediamoci un secondo» mi disse lei mettendomi una mano alla base della schiena per farmi camminare. Ero stanca di stare tranquilla, ero stufa che tutti mi trattassero come una bambola di porcellana, sembrava che le persone avessero paura che ad ogni notizia brutta potessi rompermi, ma in realtà ero molto più forte di quel che pensavano. 

 «No Emily, scusa, ma voglio sapere come sta Caleb. Sono stata giorni qui ad aspettare, è giorni che la gente non fa altro che scegliere bene le parole da dirmi per paura che io scoppi, ma non scoppierò, che siano buone notizie o cattive notizie voglio sapere tutto... per favore» conclusi la mia richiesta cercando di addolcire il tono della voce. Emily sembrò sorpresa nel vedermi così determinata, avevo deciso di essere forte e lo sarei stata fino alla fine, senza più crollare, me lo dovevo e lo dovevo soprattutto a lui. 

 «Hai ragione, solo che ti ho visto così preoccupata che... lascia stare. Non ti racconterò bugie, tanto non servirebbe a niente. Vedi Maddy, come credo saprai già Caleb ha avuto un trauma cranico non da poco, grazie a Dio questo non gli ha comportato problemi a livello neurologico ma ci sono altre cose che si devono sistemare prima che lui ritorni perfettamente in forma» iniziò a spiegarmi la madre del mio ragazzo. Aveva detto che il trauma cranico non aveva comportato nulla di grave, informazione che mi rassicurò molto. Solitamente chi subisce certi incidenti non si riprende mai, invece lui era stato fottutamente fortunato sotto quel punto di vista. 

 «Che altro» dissi per farla continuare. Non mi feci nessuna idea, nessun opinione, stavo solo aspettando notizie certe dalla donna che mi stava difronte. 

 «Caleb non tornerà a casa, o meglio non subito. Il dottore ha stimato un tempo di riabilitazione e controlli medici da effettuarsi qui in ospedale di due mesi. Caleb dovrà collaborare per cercare di uscire da qui il prima possibile. Se lo conosci bene saprai già che non ha preso molto bene questa notizia» mi disse concludendo il suo discorso con un lieve sorriso sulle labbra. Mi immaginai Caleb, sicuramente il suo caratteraccio non avrebbe aiutato tutta la situazione.


Dopo aver parlato con la madre di Caleb decisi di raggiungere Richard. Immaginavo che fosse scosso dalla notizia che aveva avuto dal medico e ovviamente non l'aveva presa bene. Volevo capire che cosa gli stesse passando per la testa, lui in passato aveva aiutato me, era tempo di restituirgli il favore. Mi guardai intorno per capire se qualcuno mi stava osservando ma per mia fortuna ero da sola, o meglio l'unica che poteva vedermi in quel momento era Emily. Uscii dalla porta antincendio e lo trovai seduto sui gradini della scala in ferro. La porta mi sfuggì dalla mano e provocò un rumore tale che la testa di Richard scattò nella mia direzione. Senza dire nulla mi sedetti vicino a lui e per fortuna non scappò. Come sempre iniziare la conversazione fu alquanto complicato. «Ho saputo» furono le uniche parole che mi uscirono dalla bocca. L'unica risposta che ottenni fu un sospiro quasi rassegnato. Richard sapeva rendere certe situazioni ancora più tese di come erano già, quel moneto era un esempio lampante di quella mia teoria. 

 «Cosa ti preoccupa?» chiesi non sapendo che altro dire. Volevo cercare di leggere ciò che provava, solitamente ero brava a farlo, ma lui mi rese le cose difficili. Aspettai qualche minuto prima di ottenere una risposta. 

 «Due mesi qui dentro faranno crollare la sua carriera» mi disse sincero. Un brivido mi percorse la spina dorsale. Non capivo il perché di quelle parole, cosa c'entrava la sua carriera con la sua salute? Non trovai il collegamento tra le due cose. Lo guardai con aria confusa, lui in tutta risposta tirò fuori un pacchetto di sigarette dalla tasca e se ne accese una. Era la prima volta che lo vedevo fumare. Poi mi porse distrattamente il pacchetto come a chiedermi se ne volessi una, rifiutai gentilmente. 

 «No, io non fumo» gli dissi. Cercai di ragionare sulle sue parole, probabilmente ero stupida e non riuscivo a capire dove volesse arrivare. Mi persi così profondamente nella mia testa che non mi accorsi che Richard si era alzato in piedi e che si era poggiato alla ringhiera. Lo seguii distrattamente, probabilmente non aveva nessuna voglia di parlare con me. Capivo il linguaggio del corpo e dal suo allontanamento capii che dovevo lasciarlo da solo. Non aveva passato dei giorni facili nemmeno lui, era giusto così, lo capivo bene, potevo comprendere il suo dolore e tutto quello che ci stava dietro. Senza aggiungere altro aprii la porta e rientrai in reparto. La stanza di Caleb era a due passi da me, decisi di andare da lui.


Entrai e per poco qualcosa non mi arrivò dritto in faccia, grazie a Dio i miei riflessi si svegliarono al momento giusto. 

 «Che cazzo Cal!» urlai coprendomi d'istinto la testa. Guardai a terra, una mela rossa stava ai piedi della porta che avevo appena chiuso. Capii immediatamente che il mio ragazzo aveva una brutta giornata. 

 «Scusa ragazzina» disse spingendo via il vassoio che stava poggiato sopra il tavolino. Caleb era a letto, ma a differenza delle altre volte non era completamente disteso, qualcuno gli aveva tirato su lo schienale, gli avevano portato anche qualcosa da mangiare ma immaginai che nulla di tutto quello che stava sopra quel vassoio fosse di suo gradimento. 

 «Si può sapere che ti prende?» gli chiesi sedendomi a bordo del letto, stetti attenta a non fargli male alla gamba su cui portava il gesso. Caleb voltò la testa verso la finestra e non mi rispose. Lo confermo... non era poi tanto diverso da suo padre. 

 «Guardami» gli dissi facendogli girare il volto nella mia direzione. La sua pelle al mio tocco risultò ruvida a causa della barba che gli era cresciuta in quei giorni, anche se era molto corta gli donava un aria più rude del solito. Caleb prese la mia mano e la strinse nella sua, finalmente i suoi occhi blu guardarono i miei come non facevano da tempo. Una tempesta si stava scatenando dentro di lui lo sentivo, immaginai il suo stato d'animo, immaginai come potesse sentirsi in quel preciso istante. Ci guardammo per un tempo infinito com'eravamo soliti fare, noi anche se non parlavamo ci capivamo al volo, bastava uno sguardo, un sorriso una carezza ed entravamo nella nostra bolla. Dopo quel bellissimo momento distolsi lo sguardo da lui, volevo parlargli di tutta quella situazione e sapere che cosa pensava di tutto quello che avrebbe dovuto affrontare nei successivi due mesi. 

 «Lo sai che sei una guastafeste ragazzina?!» mi disse lui sorridendo. Ricambiai sorridendo a mia volta. 

 «Già è proprio così... cosa pensi di tutto questo?» gli chiesi gesticolando con le mani per aria come ad indicare la situazione, la sua stanza, lui o non so che cosa. 

 «Te l'ha mai detto nessuno che sei pessima nell'iniziare le conversazioni?» mi prese in giro. Io in tutta risposta gli feci una smorfia da finta offesa, sapevo che cosa stava facendo, voleva distogliere la mia attenzione dall'argomento. Non ci sarei cascata, non di nuovo. 

«E a te l'ha mai detto nessuno che non si risponde ad una domanda con un altra domanda?» gli chiesi. Ormai la sua battuta era diventata di mia proprietà. Caleb scoppiò a ridere, e io dopo di lui. Finiva sempre così, prima di affrontare un argomento serio ci mettevamo a ridere come dei bambini. Dopo pochi secondi la sua risata si trasformò in un urlo di dolore o almeno così mi sembrò, la mia espressione cambio radicalmente, da felice diventò gelida. Caleb si era portato le mani sulla testa fasciata e continuava ad agitarsi. Non capii che cosa stesse succedendo. Mi alzai in piedi e mi avvicinai a lui per calmarlo. 

 «Cal che succede? Devo chiamare qualcuno? Che cosa devo fare?». Successe tutto troppo velocemente, non so come ma mi ritrovai le sue mani calde sul volto e la sua bocca ad un centimetro dalla mia. 

 «Sei veramente un bastardo» gli dissi. Lui sorrise e poi annullò il poco spazio che rimaneva tra di noi. Le sue labbra mi erano mancate così tanto che decisi di assaporarmi ogni singolo istante di quel momento. Volevo ricordare tutto, volevo ricordare noi, volevo ricordarmi come stavo io con lui, volevo ricordarlo per sempre. La sua lingua si fece strada fino ad incontrare la mia, Caleb mi mise una mano tra i capelli e li strinse come a non volermi lasciare andare mai più. Ci staccammo dopo quel bacio intenso entrambi a corto di fiato, le sue labbra erano rosse e probabilmente lo erano anche le mie. La sua mano mi teneva ancora per la nuca, la mia mano invece era appoggiata al suo petto. Tutto mi sembrò chiaro, splendido e finalmente perfetto. «Ciao ragazzina» mi sussurrò lui. Caleb era tornato, eravamo finalmente noi, di nuovo noi, dopo quello che avevamo passato ero certa che nessuno mai ci avrebbe più separato. 

 «Ciao Super Star» gli dissi di rimando. Mi sentii una deficiente, ero completamente e irrimediabilmente persa di lui, lo amavo con ogni singola cellula del mio corpo, ed ero certa che anche per lui fosse così.


Qualcuno ebbe la geniale idea di interrompere il nostro momento, in meno di un secondo fecero irruzione nella stanza: Mark, Red, Alyssa e Jade. Tutti e quattro si avvicinarono a noi, le mie migliori amiche si scambiarono un occhiata complice, Mark e Red fecero lo stesso e poi guardarono il loro amico seduto sul letto. 

 «Spero di non aver interrotto qualcosa» disse Mark divertito e con sguardo malizioso guardò me, poi Caleb e poi si voltò verso gli altri. 

 «Vedo che sei sempre il solito deficiente» gli disse Caleb sorridendo. Mark gli si avvicinò, mi alzai dal letto per dare spazio ai suoi amici. 

 «E tu sei sempre il solito coglione, guarda come ti sei ridotto e tutto questo per una ragazza» disse Mark. I due si abbracciarono, quasi mi commossi davanti a quella scena, sapevo quanto Mark fosse preoccupato per il suo amico e sapevo anche quanto bene si volevano quei due. Finita quella scena meravigliosa tra i due migliori amici, Red si avvicinò a loro, Caleb lo guardò e in quello sguardo si dissero tante di quelle cose che mi vennero i brividi, il rapporto che c'era tra Caleb e Red era qualcosa di speciale. 

 «Sono contento che tu sia vivo, vedi che cosa succede quando ti lascio da solo?!» gli disse la sua guardia del corpo. Il tono di Red era divertito ma sapevo che le sue parole erano delle più serie. «Hai ragione amico, sono un vero coglione» ammise il mio ragazzo più a se stesso che a lui. Le mie amiche in tutto ciò si piazzarono di fianco a me, una a destra e una a sinistra, come il diavolo e l'acqua santa. Guardai prima Alyssa, poi Jade che mi fece l'occhiolino. Il gruppo era tornato, tutto stava ritornando alla normalità. Decisi di affrontare l'argomento "salute" con presenti i nostri amici. Sapevo che era una mossa azzardata ma la feci ugualmente. 

 «Allora Cal che ti hanno detto i medici?» chiesi avvicinandomi nuovamente al letto. Il mio ragazzo mi rivolse un'occhiataccia e poi alzò gli occhi al cielo. 

 «Ragazze venite qui, voi come state?» chiese Caleb ad Alyssa e Jade. Trattennero una risata per il suo comportamento e si avvicinarono un po'. Caleb era veramente terribile, era bravissimo nel cambiare il discorso a suo favore. «Noi stiamo bene Cal, tu piuttosto quando tornerai a casa?» gli chiese Jade. Guardai la mia amica e le mimai un "Grazie". Dopo qualche minuto di silenzio imbarazzante Caleb si decise a parlare. «Non tornerò a casa... non subito almeno» ci spiegò guardando fuori dalla finestra. I suoi occhi erano lucidi, mi fece male vederlo così, solitamente sorrideva sempre, oppure era arrabbiato ma mai e dico mai l'avevo visto così triste come in quel momento. 

 «Quindi quando uscirai da qui?» chiese Alyssa senza girare tanto attorno al discorso. Quella ragazza non sapeva che cosa significasse avere tatto. Caleb spostò lo sguardo dalla finestra a me. Mi guardò come se fossi la sua ancora, come se fossi l'unico motivo che gli impediva di scappare a gambe levate da quell'ospedale. 

 «Due mesi» disse senza staccare gli occhi dai miei, quelle furono le uniche parole che riuscì a dire. Guardai Mark, poi Red, entrambi sembrarono sorpresi della notizia appena ricevuta, anche io come loro avevo avuto la stessa reazione. 

 «Amico... come farai con il lavoro?» chiese subito Mark. Lui come Richard era preoccupato per la carriera del mio ragazzo e stavo iniziando a preoccuparmi anche io. 

 «Che intendi Mark?» chiese Alyssa confusa. Aveva fatto la stessa domanda che avrei voluto fare io, ero in attesa di risposte e forse grazie alla sua sfacciataggine le avrei ottenute. 

 «Ragazze non mi sembra il caso di assillare Caleb con troppe domande» disse Red rompendo il silenzio. Il suo tono mi parve accusatorio, lo guardai e capii il perché della sua affermazione. Caleb stava di nuovo fisso sulla finestra, aveva distolto lo sguardo da tutti noi. Bello e malinconico ecco come l'avrei descritto in quel preciso istante. I suoi occhi si erano spenti nuovamente, la scintilla che avevo rivisto dopo tanto, dopo il nostro bacio, era svanita nel nulla. «Ragazze se non vi dispiace vorrei parlare da solo con Caleb» ci disse Mark guardando prima me e dopo le mie amiche. Alyssa e Jade uscirono senza fare storie, io invece volevo rimanere lì, non mi sarei schiodata dalla mia posizione neanche morta.

«Maddy» mi chiamò Red. Lo guardai e cercai di fargli capire che non mi sarei scollata da lì. «Maddy non fare la difficile» fu Caleb a parlare. Cercai di supplicarlo in silenzio per farmi rimanere lì con lui. Parlammo con gli occhi, non c'era stato nulla da fare, voleva stare solo con i suoi amici, mi offesi un po' a causa di questo. 

 «E va bene, vi lascio soli» dissi avviandomi a passo veloce verso la porta. Non mi voltai indietro, odiavo quando mi volevano nascondere le cose. Alyssa e Jade stavano sedute sulle sedie del corridoio, io mi sedetti con loro. Detesto le attese.

Caleb

Il momento magico con la mia ragazza era stato interrotto dai nostri amici. Mark e Red avevano sempre avuto un tempismo pessimo, ero solito ricordarglielo sempre, ma in quella circostanza avevo evitato di fare storie. Ero contento di essere sveglio e di riavere il possesso completo del mio corpo, ma le complicazioni non erano del tutto finite. Prima che Maddy venisse nella mia stanza avevo avuto una conversazione non molto piacevole con il medico e i miei genitori. Quello che avevo saputo non aveva fatto altro che far diventare il mio umore pessimo. Due mesi di esami e riabilitazione dentro quell'ospedale sarebbero stati una tortura per uno come me. Io avevo un lavoro fuori, interviste, foto, l'uscita del mio film... tutto era così complicato che non sapevo come uscirne. Mio padre non aveva nascosto la sua preoccupazione a riguardo, anzi tutto il contrario aveva esplicitamente confessato al medico che se avessi passato due mesi in ospedale la mia carriera sarebbe precipitata. Sentire mio padre così convinto e preoccupato allo stesso tempo non mi aveva affatto reso tranquillo, anzi tutto il contrario. Mark aveva esposto la sua stessa preoccupazione dopo aver scoperto che per i due mesi successivi sarei rimasto rinchiuso lì dentro. Ero solo proprio con lui e Red, il mio migliore amico aveva espresso il desiderio di rimanere solo tra uomini, così Alyssa e Jade avevano lasciato la stanza e con loro anche Maddy dopo aver fatto i "capricci" per un po'. Era proprio una ragazzina quando ci si metteva, non a caso le avevo dato quel soprannome, ma nonostante tutto la amavo più di quanto amassi me stesso o chiunque altro al mondo. I miei pensieri erano annebbiati, da una parte l'unico desiderio era quello di stare con la mia ragazza, dopo il mio risveglio certe voglie erano tornate a farsi sentire e immaginate da soli di che voglie sto parlando. D'altra parte invece l'unico punto fisso, l'unico pensiero, era la mia guarigione, mi era stato detto che se avessi fatto tutto quello che i medici dicevano, me la sarei cavata anche prima di due mesi ma se mi fossi opposto alle cure la mia permanenza in ospedale sarebbe stata più lunga di quanto stimato.  Avevo ripromesso a me stesso che avrei collaborato ma sapevo benissimo che a causa del mio carattere irascibile sarebbe stato molto più complicato del previsto. Il tumulto che stava dentro di me fu placato dalla voce del mio migliore amico, che una volta rimasti soli tra uomini non aspettò mezzo minuto per parlare della mia carriera. 

 «Devo informarti di una cosa Cal. Da quando hai fatto l'incidente, qui fuori si sono piazzati un sacco di giornalisti e paparazzi» mi disse senza farsi scrupoli. La sua confessione non mi stupì, anzi immaginai che la situazione fuori dall'ospedale fosse caotica.

 «Wow che notizia, non l'avrei mai immaginato» dissi prendendolo per il culo. Il mio amico per tutta risposta si sedette sulla poltrona vicino al letto. Red invece rimase in piedi sempre vicino al mio letto, ma a differenza di Mark la mia guardia del corpo non spiaccicò nemmeno una parola. «Caleb sono serio, cos'hai intenzione di fare?» mi chiese ancora il mio migliore amico. Mi stava rompendo i coglioni come era solito fare. 

«Mark, non credo che lui sia nelle condizioni per pensare a certe cose» finalmente Red aveva aperto bocca per venire in mio soccorso, lo ringraziai mentalmente. 

 «Qualcuno dovrà pur dare spiegazioni a quegli avvoltoi» continuò per la sua strada Mark. In effetti non aveva tutti i torti, la mia carriera avrebbe subito un grosso calo se la stampa non avesse avuto più notizie su di me, dovevo fare qualcosa ma non avevo idee in quel momento. «Sentite, io da qui non posso uscire. Dovete aiutarmi voi... qualche idea?» chiesi alle uniche persone che potevano aiutarmi. Chi meglio di loro che mi conoscevano da una vita. I due si guardarono come se avessi chiesto l'impossibile, che era successo? Si erano rammolliti nei giorni in cui ero stato assente? Speravo di no. Stufo di aspettare una loro risposta cercai di capire che cosa stessero pensando. 

 «Il pianeta Terra vi sta chiamando! Si può sapere che vi prende?» chiesi loro cercando di mantenere un tono ironico, allo stesso tempo però sperai di ottenere qualche risposta o idea per salvarmi il culo. 

 «Stavo ragionando, abbi pazienza» mi disse Mark passandosi una mano tra i capelli. Alzai gli occhi al cielo poi guardai Red con aria di supplica, senza offesa per il mio migliore amico ma la mia guardia del corpo era sicuramente più furbo di lui. Red mi sorrise e capì al volo che avevo bisogno di una soluzione al problema. 

 «Allora, non c'è molto da fare. I giornalisti sono qui per le notizie e noi gliele daremo. Servirebbe anche qualche scoop per mantenere comunque l'attenzione su di te Cal» disse. Ogni volta che proponeva qualcosa sembrava tutto così ovvio e semplice, non avrei potuto chiedere di meglio.

«Si esatto, stavo giusto pensando anche io a qualcosa del genere» gli diede ragione Mark illuminandosi. Trattenni una risata, finalmente un po' di leggerezza. 

 «Bene, vedo che non avete perso la mano per risolvere i miei problemi» dissi loro scherzando. «Non c'è di che» mi disse Red facendomi l'occhiolino. La mia guardia del corpo aveva parlato di scoop e io ne avevo due a disposizione. I giornalisti sarebbero stati felicissimi di sapere le novità riguardanti la mia vita privata. 

 «Ho due notizie bomba, se le sganciamo in due momenti diversi la mia fama sarà coperta per i mesi in cui sarò rinchiuso qui dentro» dissi con aria pensierosa. La testa di Mark scattò nella mia direzione e Red puntò gli occhi sulla mia figura. L'attenzione fu come sempre su di me, il che non mi dispiacque perché era proprio ciò che speravo di ottenere con la mia affermazione. 

 «Cosa aspetti?! Parla» mi incitò Mark. Lui non era molto bravo a mantenere la calma e la curiosità, su questo era molto simile ad Alyssa, avevo sempre pensato che sarebbero stati molto bene insieme, ma questo è un altro discorso. 

 «Allora come saprete già Jaxon è fuori dai giochi, finalmente aggiungerei. Questa è la prima bomba. La seconda è che nonostante tutti quelli che hanno provato a dividerci io e Maddy stiamo di nuovo insieme. Che dite possono bastare come news?» chiesi ai miei amici una conferma. Sperai che la mia idea andasse bene anche a loro. Avrebbero dovuto dare delle dichiarazioni al posto mio, questo era il loro compito. 

 «Dovremmo pensare noi a dare queste informazioni?» chiese Red confuso. Dallo sguardo che aveva Mark invece intuii che lui aveva capito le mie intenzioni. 

 «Ho capito ci pensiamo noi» mi disse infatti dopo pochi secondi di silenzio. Bene, il problema era risolto, o almeno speravo che lo fosse. 

 «Meglio chiedere aiuto anche a Richard, voi che dite?» chiese Red prima di portare a termine la discussione sull'argomento. Mark mi guardò come se volesse il mio consenso, anche se non ero del tutto convinto feci un cenno con il capo. 

 «Ti lasciamo da solo, diciamo a Maddy di rientrare ho avuto come l'impressione di aver interrotto un momento cruciale quando siamo arrivati» mi disse Mark con tono malizioso. Io risi per la sua battuta ma evitai di fare commenti. I miei amici si avviarono verso la porta, Red prima di uscire mi fece un cenno con la mano e io feci lo stesso. Poi rimasi di nuovo solo, speravo che Maddy si sbrigasse a raggiungermi, avevo una maledettissima voglia di lei.

Maddy

Passai molto tempo in corridoio con Alyssa e Jade in attesa che Mark e Red finissero di parlare con Caleb. Anche se avevo piacere di stare con le mie migliori amiche avevo molta più voglia di stare con il mio ragazzo. Il suo bacio aveva risvegliato in me delle strane sensazioni che non provavo dall'ultima volta in cui avevamo fatto l'amore, quel ricordo al solo pensiero mi parve lontano. 

«A che stai pensando Maddy?» fu la voce di Alyssa a riportarmi alla realtà. Diventai rossa come un peperone, mi stavo facendo dei film mentali che se solo le mie amiche avessero saputo mi avrebbero preso in giro a vita. Cercai di ricompormi, ma sapevo che loro non ci sarebbero cascate  «Niente, pensavo a Caleb, cioè alla sua salute» dissi. Mi stavo scavando la fossa da sola, lo capii perché Alyssa e Jade si scambiarono un'occhiata complice che era tutto un dire. 

«Volevi dire che stavi pensando a Caleb in un altro contesto, dì la verità Maddy, noi non ci scandalizziamo mica» mi disse ridendo Jade. Mi alzai di scatto in piedi, non mi sembrava il caso di fare certe insinuazioni nel corridoio di un ospedale. 

 «Vuoi stare zitta Jade, cavolo un po' di contegno» le dissi cercando di non urlare. La mia amica fece segno di tapparsi la bocca, mentre Alyssa riuscì a stento a trattenere una risata. A mio parere però non c'era nulla di divertente. 

 «Dai su non prendertela, stavo solo scherzando» mi disse Jade. Anche lei come me non sapeva mentire, non stava scherzando affatto, ma lasciai correre, infondo non aveva detto una bugia, mi stavo veramente immaginando Caleb come mamma lo aveva fatto. Voltai la testa verso la porta della sua stanza che era ancora chiusa, ero proprio curiosa di sapere che cosa si stavano dicendo quei tre. Che bisogno c'era di cacciarci dalla stanza? Ah gli uomini...


Mark e Red uscirono dalla stanza, entrambi avevano il volto più rilassato, immaginai che la loro conversazione fosse andata bene. Vedendoci sedute in corridoio vennero verso di noi. Una volta raggiunte però non aprirono bocca, ma perché nessuno dava notizie di sua spontanea volontà?! Non era una cosa così complicata a mio parere. Mi alzai in piedi e incrociai le braccia al petto, sperai di avere un aria minacciosa. 

 «Si può sapere che vi siete detti?» chiesi loro. Le mie amiche si erano messe dietro di me con fare intimidatorio, anche loro volevano notizie. 

 «Che bel trio che siete» ci disse Mark con un mezzo sorriso, poi puntò lo sguardo verso Alyssa e si passò la lingua sulle labbra. Era davvero sfacciato, non volevo immaginare che cosa stesse pensando su di lei, cercai di scacciare quell'immagine dalla testa. 

 «Mark, presta attenzione per favore» disse Jade schiarendosi la voce. Mark a quelle parole tornò a guardare me, io però oltrepassai il suo sguardo per dare un'occhiata a Red che stava dietro di lui a braccia conserte con un sorrisetto impertinente sul volto. Scossi il capo come a dire "Voi uomini siete tutti uguali". 

 «Mark sii breve e coinciso, si può sapere di che cosa avete parlato con Cal?» chiesi nuovamente non stando più nella pelle. 

 «Tu non devi preoccuparti, è tutto sotto controllo, credimi. Vai da Caleb ha bisogno di te, non è molto contento di passare due mesi qui dentro. Convincilo a collaborare con i dottori e tutto andrà per il meglio» finalmente Mark era tornato a parlare seriamente. Riportai le braccia lungo i fianchi in segno di apertura, le sue parole però non mi bastarono, avevo un'altra domanda che mi frullava nella testa da diverse ore. 

 «E la sua carriera?» chiesi in tono preoccupato. Red si mise di fianco a Mark per avvicinarsi a me, immaginai che a quella domanda mi avrebbe risposto lui, e infatti fu così. 

 «La sua carriera rimarrà intatta, abbiamo abbastanza informazioni da spartire ai vari giornalisti, anche di questo ci occuperemo noi. Anzi sai per caso dov'è il padre di Caleb?» mi chiese. Mi fidai di Red e non feci ulteriori domande. 

 «Richard e Emily non li ho più visti... forse sono alla caffetteria» dissi loro. 

 «Bene, allora noi andiamo. Ragazze venite con noi? Penso che Maddy e Caleb abbiano delle cosucce da fare» disse Mark in tono scherzoso. Avrei tanto voluto dirgliene quatto ma mi limitai a fargli una linguaccia, era veramente impertinente quando ci si metteva. 

 «Credo che tu abbia ragione, andiamo Jade lasciamo la nostra ragazza con il suo boy» disse Alyssa dando ragione a Mark. Non sapevo in che rapporti fossero quei due, Alyssa doveva ancora aggiornarmi su tutta la situazione, e anche Jade non me la raccontava giusta. Mi sarei occupata di loro quando il mio ragazzo sarebbe ritornato in forma. 

«Andate prima che vi cacci via a calci» dissi a tutti loro. In tutta risposta i quattro risero e io con loro, prima di andare Alyssa e Jade vennero ad abbracciarmi. 

 «Ricordati che sei in un ospedale, se proprio dovete fare qualcosa chiudete la porta a chiave» mi sussurrò Jade all'orecchio. Io deglutii a fatica e le mie guance ripresero nuovamente fuoco. Salutati i miei amici con fare imbarazzato e una volta che sparirono dal mio campo visivo tornai nella stanza di Caleb.Lo trovai nella stessa posizione in cui l'avevo lasciato, non che dovesse essere da altre parti, a pensarci bene nelle sue condizioni non poteva muoversi più di tanto, al momento non poteva nemmeno camminare. 

 «Finalmente sei tornata ragazzina» mi disse non appena mi vide varcare la soglia. 

 «Sei tu che hai voluto che me ne andassi Super Star» gli dissi chiudendomi la porta alle spalle e senza fare nessun passo avanti mi appoggiai con la schiena ad essa.

«Ma ora sei qui, dunque, possiamo tornare a dove eravamo rimasti prima di essere interrotti» mi disse guardandomi con occhi desiderosi. Io sorrisi lievemente ma non dissi nulla, Caleb mi guardò come a chiedermi "Che cosa stai facendo lì impalata?" e io trattenni una risata a causa della sua espressione interrogativa. Dopo pochi secondi di silenzio parlò ancora. 

 «Ho capito... vuoi farti desiderare» disse semplicemente. Non volevo dargliela vinta facilmente, dunque trattenni i miei istinti e feci uso di tutto il mio autocontrollo per non saltargli addosso. «Può essere che io voglia tenerti un po' sulle spine» gli dissi facendo scattare la serratura della porta. Lo sguardo di Caleb si fece ancora più intenso e carico di desiderio. Non so che cosa stessi facendo, ma seguii semplicemente l'istinto come facevo sempre in quelle situazioni a me ancora nuove. 

 «Se questo è il tuo intento, ci stai riuscendo benissimo, ma se non vuoi che il mio amico qui sotto ti maledica ti consiglio di fermarti» mi disse il mio ragazzo deglutendo a fatica. Era in difficoltà lo percepivo, ero fiera di avere ancora quel potere su di lui. 

 «E se io non volessi fermarmi?» chiesi avvicinandomi a passo lento al letto. Potei sentire il suo respiro sempre più forte ad ogni passo che facevo verso di lui, il mio cuore era in tumulto e penso che anche il suo lo fosse. 

 «Da quando sei diventata così sfacciata?» mi chiese Caleb tirandomi per un braccio. Mi sorpresi per la forza con cui mi trascinò a sedere sul letto. 

 «Vedo che non hai perso la tua forza, questo mi fa piacere» gli sussurrai, lui si passò la lingua sulle labbra. Lo guardai per l'ennesima volta in ogni suo particolare, non mi stancavo mai di lui, del suo volto, dei suoi occhi magnetici che avevano la capacità di imprigionarmi. Ogni singola parte di me lo desiderava, lo volevo. Caleb mi prese la mano e la poggiò sopra la sua erezione, nonostante il lenzuolo che lo copriva potevo sentirlo, mi imbarazzai come sempre, non sarei mai stata sfacciata quanto lui. 

 «Che c'è? Non parli più ragazzina?» mi chiese con un sorrisetto impertinente sul volto. Mi limitai a deglutire, non sapevo che cosa fare. Ora era lui ad avere il controllo del gioco che io stessa avevo iniziato. Volevo baciarlo ma la mia voglia fu interrotta dal rumore della porta che mi fece balzare in piedi. Caleb mi guardò, poi alzò gli occhi al cielo e imprecò a bassa voce, talmente bassa che non capii che cosa disse. La porta era chiusa ma qualcuno stava cercando di entrare, chi poteva essere?


Andai ad aprire mettendomi in volto un'espressione neutra. Feci scattare la serratura e abbassai la maniglia per aprire. Sbiancai nel vedere la faccia confusa di mia madre davanti a me. 

«Mamma che cosa ci fai qui?» chiesi con aria interrogativa non sapendo che altro dire. Sentii la risata di Caleb alle mie spalle, mi voltai verso di lui e gli lanciai un'occhiataccia per fargli capire che non c'era nulla da ridere. 

 «Tesoro io ci lavoro qui, te ne sei dimenticata?» mi chiese lei guardandomi, poi guardò Caleb e mi sorrise, mi passai una mano sui capelli, ero terribilmente in imbarazzo. 

 «No, certo che no, solo non mi aspettavo di vederti oggi» dissi per giustificare la mia domanda stupida. Non fece caso alle mie parole e mi fece spostare per parlare con Caleb. 

 «Vedo che ti sei ripreso Caleb, mi fa molto piacere» gli disse con aria sincera, ma qualcosa nella sua voce mi diceva che c'era dell'altro. 

 «Grazie Kelly, anche io sono contento di essere finalmente sveglio» rispose Caleb sorridendo. Mia mamma e lui se la intendevano a meraviglia era stato così fin da subito. La mia attenzione però fu catturata da una figura slanciata che conoscevo fin troppo bene... i suoi capelli castani lucenti erano pettinati in una coda alta, il suo fisico da modella perfetta era lì proprio davanti a me, le sue gambe sembravano ancora più lunghe fasciate da quei jeans stretti. Il cuore saltò un battito, avevo davanti la persona responsabile della rottura tra me e Caleb, Megan era proprio di fronte a me. I piedi avevano iniziato a muoversi da soli senza il mio volere e in meno di due secondi mi ritrovai davanti al suo volto apparentemente angelico. 

 «E tu che cazzo ci fai qui?» sbottai ad un centimetro dalla sua faccia. Sperai che qualcuno mi fermasse prima che le mettessi le mani addosso. La tentazione fu quella di tirarla per i capelli. Mia madre sentì il mio urlo e mi raggiunse prima che facessi qualche cazzata. 

 «Maddy, ti pare questo il modo?» mi rimproverò mettendomi una mano sulla spalla. Le rivolsi uno sguardo truce, sapeva bene che cosa aveva fatto la persona che ci stava davanti e nonostante questo la stava difendendo. Lasciai stare entrambe e andai da Caleb che dalla sua camera aveva visto tutta la scena. 

 «Non ho idea del perché sia qui» mi disse subito come se volesse scusarsi in anticipo per ciò che sarebbe successo, ma non aveva nulla di cui scusarsi, non era colpa sua se quella stronza aveva avuto la faccia tosta di presentarsi lì dopo tutto quello che aveva fatto. 

 «Non preoccuparti non è colpa tua» gli dissi cercando di mantenere un tono calmo. Caleb non doveva agitarsi in quelle condizioni, non mi sembrava il caso di farlo innervosire. Mia madre interruppe di nuovo il nostro gioco di sguardi. 

 «Credo che lei vi debba delle scuse» ci disse, poi girò i tacchi e si avviò alla sua postazione di lavoro. Megan se ne stava impalata con aria quasi imbarazzata davanti alla porta spalancata della stanza. Nessuno disse nulla per svariati secondi, non feci molto caso al tempo, volevo solo capire che intenzioni avesse quella bastarda, la stessa bastarda che aveva complottato con l'ex agente di Caleb per farci lasciare. Era anche colpa sua se il mio ragazzo aveva fatto l'incidente, tutto riportava a Jaxon e inevitabilmente a lei. Megan poi interruppe il silenzio. 

 «Posso entrare?» chiese rivolgendo il suo sguardo verso il mio ragazzo. Caleb si sistemò sul letto e mi strinse la mano. «Se lei è d'accordo si» le rispose. Ero molto curiosa di sapere le sue intenzioni dunque acconsentii a quella che mi sembrò una vera pagliacciata. 

 «Entra, ma dicci quello che devi dire e poi vattene» dissi secca. Megan fece una smorfia. Immaginai che in quel momento mi stesse odiando con tutta se stessa, ma non rispose in malo modo, si limitò a entrare nella stanza e a richiudere la porta dietro le sue spalle. 

 «Hai del fegato a presentarti qui» disse Caleb rompendo quel silenzio lancinante. Concordavo con lui, aveva un gran bel coraggio. 

 «Volevo scusarmi con te, o meglio con voi» ci disse guardando prima il mio ragazzo e poi me. Mi stupii della semplicità con cui disse quelle parole. Era veramente lì per chiedere scusa oppure stava solo recitando una parte? Non lo capii, era una bravissima attrice, forse ci stava prendendo semplicemente in giro. 

 «Peccato che tu non l'abbia fatto prima, forse adesso non mi troverei in questa situazione» disse Caleb alzando i toni. Megan si fece piccola che quasi diventò invisibile, il suo volto da stronza patentata aveva lasciato posto ad un espressione impaurita. Mi fece pena, portare il peso di essere una persona di merda non doveva essere per niente semplice. 

 «Hai finito?» chiesi io, non avevo voglia di perdere tempo con una persona del genere. Voleva chiedere scusa e l'aveva fatto. L'avrei perdonata così facilmente? Assolutamente no. 

 «Si... so che probabilmente mi odierai Maddy e non ti biasimo per questo, hai tutte le ragioni per non fidarti di me. Ma se posso fare qualcosa, qualsiasi cosa per rimediare al danno che ho fatto dovete solo chiedere» disse ancora lei. Wow la sua performance era stata una delle migliori che avesse mai fatto, sembrava sinceramente pentita per ciò che aveva combinato, ma io rimasi scettica. 

 «Qualsiasi cosa?» chiese Caleb dopo qualche secondo, voltai la testa nella sua direzione e alzai un sopracciglio, dai suoi occhi capii che aveva in mente qualcosa. 

 «Si Cal, sai che sono una persona di parola, chiedimi ciò che vuoi» gli disse lei facendo un altro passo avanti. Si stava avvicinando troppo per i miei gusti ma la lasciai fare.

«Denuncia davanti ai giornalisti ciò che tu e Jaxon avete architettato e dopo aver fatto questo, fa sapere a tutto il mondo che la nostra storia era tutta una trovata pubblicitaria» disse secco lui. Mi stupii per le sue richieste, era stato perfido e questo mi piacque da morire, era il minimo che potesse pretendere dopo tutto ciò che era successo. 

 «Ma... va bene lo farò» acconsentì lei dopo aver tentennato per un secondo. Speravo che mantenesse la parola. «I giornalisti sono qui fuori, puoi andare anche ora a fare le tue dichiarazioni» la intimai ad andarsene. Megan non se lo fece ripetere due volte e uscì dalla stanza senza aggiungere altro.


Una volta che rimanemmo nuovamente soli tirai un respiro di sollievo, ne erano successe di tutti i colori negli ultimi mesi, ma vedere una Megan pentita mi aveva fatto perdere dieci anni di vita e non esagero. 

 «Amore» la voce di Caleb attirò la mia attenzione. Non mi accorsi di essere stata immobile a fissare la porta bianca chiusa. Sorrisi nel sentire quanto bene suonava quella parola detta da lui, mi voltai per guardarlo. 

 «Dillo ancora» fu l'unica cosa che riuscii a dire. Caleb sorrise e mi fece cenno di sedermi sul letto, non me lo feci ripetere due volte. 

 «Ti penti mai di avermi incontrato?» mi chiese prendendomi il viso tra le mani. A quella domanda un brivido mi percorse lungo la schiena. Pentirmi? Come facevo a pentirmi di tutto... inclinai la testa di lato sperando di fargli capire quanto lo amavo, poi risposi alla sua domanda. Voleva delle certezze e io gliele avrei date. 

 «Pentirmi? Mai. Rifarei tutto, esattamente tutto, nel bene e nel male» sussurrai. Quella conversazione era probabilmente una delle più intime che avevamo avuto nel corso degli ultimi mesi. «Ti amo ragazzina» mi disse e io a quelle parole mi sciolsi completamente. 

 «Già, anche io ti amo, bel casino» sorrisi. 

 «Supereremo tutto, uscirai da qui e riavrai la tua vita di sempre, te lo prometto» aggiunsi. Volevo che non si preoccupasse per i mesi di riabilitazione, io ci sarei stata nei momenti felici e soprattutto in quelli tristi, non l'avrei abbandonato e volevo farglielo sapere. 

 «Ora basta parlare però, vieni qui» disse, mi baciò lentamente, era passionale, carico di amore. Mi abbandonai completamente a lui per non so quanto tempo. La sua bocca sulla mia, il suo sapore, le sue dita tra i miei capelli erano come musica per il mio corpo. Le sensazioni che provavo con lui erano indescrivibili, posso solo dire che lo amavo con tutta me stessa, il nostro era un amore vero, puro, infinito... speciale. Non servivano altre parole per descriverci, eravamo semplicemente noi.

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