CAPITOLO 54

CAPITOLO 54

Richard

Ammetto di non essere mai stato un padre troppo protettivo verso suo figlio ma dopo aver parlato con la fidanzata di Caleb avevo capito quanto fosse diventata complicata, difficile, quasi insostenibile la sua vita in tutti quegli anni in cui io e Emily non c'eravamo stati per lui. Mio figlio aveva trovato una ragazza che lo amava per ciò che era, che nonostante tutti gli impedimenti e il suo carattere difficile, era rimasta al suo fianco senza mai abbandonarlo. Madison mi aveva aperto gli occhi, mi aveva fatto capire che Caleb non era il classico "bad boy" come lo definiva la stampa, ma un ragazzo che sapeva amare intensamente, un ragazzo con dei valori solidi e questo mi aveva fatto riempire il petto di orgoglio. Da un lato però mi sentivo in colpa, come avevo potuto lasciarlo nelle mani di Jaxon? Come avevo potuto abbandonarlo? Forse la risposta alle mie domande era che avrei dovuto lottare di più come padre, sarei dovuto andare oltre il suo carattere complicato e stargli vicino come aveva fatto Maddy, che nonostante fosse una ragazza con una vita completamente diversa dalla nostra aveva saputo andare al di là delle apparenze e a scavare infondo al cuore di Caleb. Lui stava lottando tra la vita e la morte dopo un incidente quasi mortale, mi sentivo terribilmente impotente nel vederlo sul quel letto d'ospedale incapace di respirare autonomamente. Jaxon, ecco chi era la causa di tutto ciò che era successo, ne ero completamente certo non c'era ombra di dubbio.


Dopo aver congedato Maddy ero tornato al reparto in attesa che il bastardo si facesse vivo, io stesso gli avevo chiesto di andarsene, ma se lo conoscevo bene non mi avrebbe dato ascolto. Jaxon lo conosco da una vita, lo incontrai ancora prima di sposare Emily, ancora prima che Caleb nascesse. Non eravamo mai stati grandi amici, anzi tutto il contrario: in ambito lavorativo eravamo nemici giurati, entrambi svolgemmo la professione di agenti una volta finita l'università. Agli inizi i rapporti erano terribili, poi con gli anni avevamo saputo mantenere rapporti civili ma non eravamo mai stati grandi amici. Quando Caleb prese la decisione di sollevare me e sua madre dal nostro incarico si affidò a Jaxon, cercai di impormi ma mio figlio non volle sentire ragioni e piano piano aveva iniziato ad allontanarsi da noi. Lo sentivamo poco, negli ultimi anni quasi per niente. Ripensando al passato stavo seduto in sala d'attesa con la testa tra le mani, quella notte non avevo dormito, non me l'ero sentita di lasciare l'ospedale, Emily invece era andata a casa dato che era incapace di sostenere quelle situazioni. Ogni tanto alzavo la testa verso la porta a vetri del reparto in attesa che il mio nemico giurato si facesse avanti, passarono delle ore prima che qualcuno varcasse quella porta. Avevo giurato a Maddy che avrei sistemato la situazione e io sono un uomo di parola, dovevo vederci chiaro in tutto quel caos, per una volta nella vita dovevo stare vicino a Caleb come non avevo fatto in passato. Dopo quella che mi sembrò una mattinata infinita finalmente Jaxon si fece vivo, lo vidi entrare dalla porta a vetri con la sua aria di superiorità e uno dei suoi soliti completi eleganti. Negli anni la sua espressione si era fatta sempre più dura fino a diventare quasi indecifrabile, non sopportavo che sulle sue labbra ci fosse sempre un mezzo sorrisino di sfida, gli avrei volentieri messo le mani addosso, ma quello non mi sembrava il contesto adatto per fare una cosa del genere, dovevo rimanere l'uomo rispettabile che tutti conoscevano, non potevo di certo farmi cacciare dall'ospedale, dovevo respirare e mantenere la calma. Feci uso di tutto il mio buon senso per non esplodere, in quel momento anche una battuta fuori luogo mi avrebbe fatto scoppiare come una bomba ad orologeria. Jaxon mi vide non appena mise piede nel reparto, puntò i suoi occhi inespressivi e gelidi verso di me e io feci lo stesso con lui, poi mi alzai dalla sedia su cui stavo ormai seduto da ore e mi avvicinai a passo lento. "Non hai scampo" pensai, dovevamo per forza parlare. Guardai di sottecchi la postazione delle infermiere che non erano quelle della sera prima e vidi i loro occhi puntati sulla scena che stava avendo atto, sorrisi tra me e me, forse l'aria era talmente tesa che anche loro avevano capito che sarebbe successo qualcosa di poco carino. Arrivato di fronte al bastardo lo osservai mantenendo un'espressione salda e cercando di non far trapelare emozioni. Nessuno dei due disse nulla per vari secondi, poi stufo di quel silenzio presi parola, una cosa era certa: Jaxon non ne sarebbe uscito indenne da quella conversazione, anzi tutto il contrario, ero pronto a scoprire tutti i suoi subdoli piani e segreti per sabotare mio figlio. 

 «Jaxon non serviva che ti disturbassi a venire» dissi come per fargli capire che era stata una mossa azzardata quella di mettere piede in ospedale. Lui mi guardò negli occhi, la mia provocazione non aveva fatto breccia, glielo leggevo nello sguardo. 

 «Richard anche per me è un piacere vederti, fino a prova contraria sono ancora l'agente di tuo figlio, ho il diritto di sapere come sta» mi disse convinto. Cercai di trattenermi per non prenderlo per la cravatta, strinsi i pugni lungo i fianchi, poi rilassai le mani perché se volevo scoprire qualcosa dovevo mantenere il sangue freddo. 

 «Certo, ma purtroppo non ci sono molte novità. I medici lo tengono ancora in coma farmacologico in modo che il suo corpo possa riprendersi in maniera adeguata senza recare ulteriori danni alla sua salute» spiegai con le stesse parole che aveva usato il medico con me. Jaxon si tolse le mani dalle tasche dei pantaloni e guardò al di là della mia schiena, proprio nel punto dove si trovava la stanza di Caleb. 

 «Capisco, posso vederlo?» mi chiese quasi evitando il mio sguardo. Il bastardo voleva vedere mio figlio, ma io non avevo la minima intenzione di dargli il consenso, non doveva più avvicinarsi a lui, aveva già causato troppi danni. 

 «No» mi limitai a rispondergli in tono categorico. A quel punto l'espressione gelida di Jaxon fece trapelare l'irritazione che stava provando in quel momento, non era un uomo stupido, aveva capito le mie intenzioni, aveva capito che non avrebbe visto Caleb. Passarono dei secondi prima che lui riprovasse a riformulare la sua richiesta «No? E perché mai? Ci sono molti giornalisti fuori dall'ospedale che aspettano risposte, vorrei vederlo con i miei occhi per dare loro le giuste informazioni» mi disse senza scrupoli. Aveva fatto una mossa sbagliata, la motivazione per cui voleva vedere mio figlio era per dare informazioni ai giornalisti. Inarcai un sopracciglio e lo guardai storto, poi mi scappò una lieve risata che non passò inosservata sotto il suo sguardo. «Non ci trovo nulla di tanto divertente» mi disse come se fossi impazzito. Tornai serio a fatica e puntai gli occhi sui suoi, feci un passo avanti con fare intimidatorio e lui ne fece uno indietro senza dire una parola. 

 «A me dei giornalisti non importa, se vorrà e quando starà bene, sarà Caleb a raccontare loro ciò che ha vissuto, non spetta a te questa decisione» dissi a denti stretti. Jaxon sorrise come se sapesse già come rispondere alla mia affermazione, infatti non aspettò oltre per dire la sua. 

 «I giornalisti sono tutto, insomma Richard facciamo questo lavoro da anni, dovresti sapere che senza di loro tuo figlio non sarebbe nessuno. Anzi, senza di me lui non sarebbe chi è ora» disse fiero del suo operato. Sapevo bene come funzionava il nostro mondo, sapevo bene che per avere la fama i giornalisti erano importanti, ma a differenza mia Jaxon non aveva limiti, infatti aveva trascinato Caleb in situazioni spiacevoli più di una volta arrivando addirittura a chiedergli di lasciare Maddy. Era andato troppo oltre, aveva superato una soglia che non avrebbe dovuto superare. 

 «Hai trattato Caleb come se fosse un burattino, che razza di uomo sei?! Non hai agito verso il suo interesse, ma verso il tuo!» dissi avvicinandomi ancora a lui. Pensai che dovevamo farla finita. Jaxon non parlò allora decisi di continuare con le mie accuse. 

 «Scommetto che c'entri anche tu con l'incidente, vero? Come mai Caleb era in macchina invece di presenziare alla prima del film?» chiesi alzando il tono e prendendolo per la giacca. Jaxon per tutta risposta mi rise in faccia e io lo strattonai ancora di più per farlo parlare. 

«Richard da quando sei diventato così incivile? Ora capisco da chi ha preso quel pazzo di tuo figlio» mi disse con un ghigno divertito sul volto. Deglutii a fatica, sentivo il sangue ribollire nelle vene, capii di aver perso le staffe. 

 «Ti conviene rispondere alle mie domande se non vuoi fare una brutta fine» gli dissi in tono intimidatorio. Se trattarlo così mi avrebbe fatto raggiungere i miei scopi avrei continuato fino alla fine. 

 «Che cosa vuoi sentirti dire, che è colpa mia?» mi chiese senza dare risposte alle miei domande.«Voglio la verità» mi limitai a dire allentando la presa su di lui. Jaxon fece un passo indietro per sottrarsi dal mio tocco, lo lasciai fare e mi passai una mano tra i capelli. Era proprio un ipocrita, falso, bugiardo. 

«Ammetto che tuo figlio non è facile da gestire, da quando ha conosciuto quella ragazza ha perso la testa. Madison, Maddy o come cavolo si chiama, non fa parte del suo mondo, l'unica con cui doveva stare per far parlare di lui era Megan» iniziò a spiegare delle cose che sapevo già, ma nonostante ciò decisi di non interromperlo. 

 «Anche se non era una vera storia d'amore il fatto che stessero insieme faceva parlare di loro e del loro film» disse. Jaxon girò attorno al discorso, ma io non avevo tempo da perdere per ascoltare i suoi giri di parole. 

«Falla breve, ti ho chiesto perché mio figlio non era alla prima del suo film la sera dell'incidente» dissi nuovamente sperando che sputasse il rospo. 

 «Come ti ho già detto, sai come funziona il nostro lavoro. Avevo detto a Caleb di lasciare Maddy ma lui non ha sentito ragioni, dunque ho dovuto agire nel suo interesse chiedendo aiuto a Megan. Volevo che tornassero ad essere una coppia, non era programmato che Maddy li vedesse ma è stato così» spiegò come se fosse la cosa più ovvia del mondo. Ascoltai le sue parole e capii che mio figlio era stato vittima di una trappola, e che Maddy si era trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato. 

 «Perché mio figlio non era alla prima del film?» chiesi per l'ennesima volta alzando i toni non trattenendo più la rabbia. 

 «C'era, ma dopo aver saputo che ero stato io ad organizzare tutto se n'è andato, probabilmente si stava recando da Maddy per darle spiegazioni» spiegò. Non so per quale motivo, ma la maschera di ghiaccio era caduta lasciando spazio ad un Jaxon spaventato oserei dire. Mi fu tutto fin troppo chiaro, Caleb quella sera stava correndo dalla sua ragazza per spiegarle ogni cosa ed è per quel motivo che si trovava in auto. 

 «Spero tu ti renda conto di ciò che hai confessato. Ora ti dirò una cosa... devi sparire per sempre dalle nostre vite, lascerai in pace mio figlio e la sua ragazza. Sei sollevato dall'incarico, in parole più povere... sei licenziato» dissi liberandomi finalmente di lui. Jaxon mi guardò come se non stesse capendo le mie parole o come se stesse cercando di assimilare il tutto. 

 «Non puoi licenziarmi» disse poi rimanendo fermo nella sua posizione. 

 «Oh si che posso, l'ho appena fatto. Sono sicuro che Caleb sarà d'accordo con me, vattene e non farti più vedere» risposi io ribadendo il concetto. Jaxon mi guardò con aria truce, ma non fece nulla, si avviò verso la porta a vetri, prima di uscire si fermò e girò il capo nella mia direzione. «Me la pagherete» furono le sue ultime parole. Una volta che fu sparito dal mio campo visivo tirai un respiro di sollievo, mi tolsi la giacca perché sentii improvvisamente caldo. Poi, feci un cenno con il capo alle infermiere e finalmente raggiunsi mio figlio. Volevo far sapere a Caeb che da quel momento in poi non avrebbe più avuto problemi, vivevo nella speranza che lui mi sentisse.

Maddy

Tornai subito a casa dopo aver rivelato tutta le verità al padre di Caleb, per qualche strano motivo buttare fuori tutto ciò che mi tenevo dentro da mesi e parlarne con una persona praticamente sconosciuta mi aveva aiutata a liberare la mente e il cuore dalla maggior parte di preoccupazioni che mi portavo appresso ormai da giorni. Jaxon non sarebbe più stato un problema per me e il mio ragazzo di questo ne ero certa, Richard era stato chiaro su quel punto, mi aveva detto che se ne sarebbe occupato personalmente e io mi ero fidata di lui credendogli sulla parola. Una volta messo piede in casa fui assalita da mia madre che mi fece mille domande a cui io cercai di rispondere, si era preoccupata per il fatto che fossi stata fuori tutta la notte senza avvisarla, aveva paura che qualcuno mi avesse vista, ma io le avevo spiegato tutto per filo e per segno cercando di farle mantenere la calma . Quando le raccontai della chiacchierata con il signor Graham anche lei fece un respiro di sollievo, sapevo che era intimorita dalla minaccia che avevo ricevuto da parte di Jaxon e sapevo anche che era felice del fatto che in un qualche modo, con il padre di Caleb, ero al sicuro. Dopo aver raccontato e spiegato ogni avvenimento a mia madre andai in camera mia per riposare, non so come ma riuscii ad addormentarmi subito, l'unica cosa che mi preoccupava in quel momento era il risveglio Caleb, quando si sarebbe svegliato? Sarebbe stato tutto come prima? Mi addormentai sul mio letto pensandoci.


Non sognai nulla in particolare o nulla che avesse troppa rilevanza perché al risveglio non ricordai nulla. Guardai fuori dalla finestra e vidi che era buio, quante ore avevo dormito? Andai a prendere il cellulare che avevo distrattamente poggiato sopra la mia vecchia scrivania e vidi che erano già le nove passate. Mi stropicciai gli occhi e mi avviai in bagno cercando di non andare a sbattere contro il muro, ero rilassata a tal punto che da un momento all'altro avrei potuto riprendere sonno in piedi. Aprii il rubinetto del lavandino e mi lavai il viso con l'acqua gelida cercando di darmi una svegliata, pensai a Caleb e al fatto che sarei dovuta andare in ospedale per trovarlo come avevo fatto la sera precedente, quel pensiero aiutò il mio corpo a collaborare. Subito dopo tornai in camera e mi misi a leggere i vari messaggi che mi avevano mandato le mie amiche, scrissi loro che le avrei chiamate, ma non in quel momento. Vidi che c'era anche una chiamata persa da Mark, decisi di richiamarlo, forse voleva dirmi qualcosa di importante. Rispose subito dopo il primo squillo. 

 «Maddy tutto bene?» mi chiese con voce preoccupata. Sorrisi, l'amicizia che si era creata tra di noi era un qualcosa di incredibile. 

 «Mark sto bene, perché sei così agitato?» chiesi con il sorriso sulle labbra e mantenendo un tono tranquillo. 

 «Non ti sei più fatta sentire, Alyssa mi ha detto che non rispondi ai loro messaggi» mi spiegò. Alzai gli occhi al cielo, ovviamente erano state le mie amiche a diffondere il panico. Trattenni una risata. 

 «Stai tranquillo, ho detto ad Alyssa e Jade che le chiamerò quando ho un momento libero, ora non posso sto per andare in ospedale da Caleb». 

 «Ma sei matta? Se lo scopre Jaxon finirai nei guai... in più sono le nove e mezza dove pensi di andare?» mi chiese con aria confusa. Immaginai che ai suoi occhi potevo sembrare una pazza ma una volta spiegatogli gli avvenimenti delle ultime ore avrebbe visto tutto con un'ottica diversa. 

 «Ascolta, ti racconterò tutto con calma, promesso. Sappi solo che Jaxon non sarà più un problema per nessuno di noi» spiegai a grandi linee sperando che non mi facesse ulteriori domande. Sentii un sospiro dall'altro capo del telefono. 

 «Spero tu mi stia dicendo la verità» disse semplicemente. 

 «Ti devo lasciare, spero di richiamarti con notizie positive su Cal» dissi tagliando corto. 

 «Va bene, fa attenzione e per qualsiasi cosa chiama» si raccomandò lui come se fosse mio padre. Chiusi la telefonata senza aggiungere altro. Rovistai nell'armadio di mia sorella per rubarle una felpa per stare comoda, ma purtroppo il suo vestiario era piccolo per la mia età, dunque mi diressi all'armadio di mamma senza farmi sentire al piano di sotto. Presi un cardigan lungo e me lo infilai, poi scesi in salotto per salutarle prima di andare.


Mia sorella e mia madre stavano sedute in divano a guardarsi un episodio di Gossip Girl, mia sorella andava pazza per quella serie e mia madre anche. 

 «Mi dispiace disturbare la vostra concentrazione ma io vado» dissi per attirare i loro sguardi su di me. Mia madre mise in pausa e si girò nella mia direzione, ci mise mezzo secondo per capire che avevo rubato un capo dal suo armadio. 

 «Ferma signorina... girati un po'» mi disse. Mi morsi la lingua e senza controbattere feci una giravolta su me stessa con aria divertita. 

 «In effetti sta molto meglio a te che a me» mi disse dando la sua approvazione. Le feci l'occhiolino e lei ricambiò. Mia sorella in tutta risposta sbuffò, non contenta del fatto che avessi interrotto la sua visione. 

 «Prima che Hope mi uccida vado» dissi guardandola, lei mi fece il dito medio e io ricambiai. "Non cambierà mai" pensai. 

«Possibile che voi due dobbiate sempre comportarvi come delle bambine di cinque anni?» chiese mia madre usando il suo finto tono seccato. Non era credibile, io e Hope sapevamo che la divertiva il nostro continuo bisticciare. 

 «Saluta Caleb anche per me e digli che si deve svegliare perché non guarderò il suo film senza di lui» mi disse mia sorella in tono serio. Quasi mi vennero le lacrime nell'ascoltare le sue parole, anche se era una "piccola teppista" come mi piaceva definirla, in certi momenti, tipo quello, sapeva dimostrare la sua dolcezza e anche maturità per certi versi. La guardai negli occhi cercando di non piangere, stavo andando bene fino a quel momento, ero riuscita a non crollare e dovevo continuare così. 

 «Lo farò, spero che almeno a te darà ascolto» dissi semplicemente riferendomi al fatto che anche io avevo chiesto lui di svegliarsi ma non avevo ottenuto nessun riscontro da parte sua. Dopo quello scambio di occhiate profonde, mi voltai verso la porta e andai a prendere la macchina.


I giornalisti erano ancora accampati al di fuori delle porte dell'ospedale, mi chiesi quando se ne sarebbero andati. Erano veramente pessimi, nemmeno davanti male riuscivano ad avere un po' di rispetto, da una parte potevo capirlo, era il loro lavoro, ma dall'altra parte non li sopportavo proprio. Immaginavo che sarebbero stati lì fino a che Caleb non si fosse svegliato o fino a che qualcuno non fosse andato a dare delle informazioni su cui scriverci un bellissimo articolo da prima pagina. Parcheggiai la macchina nell'ultima fila in modo da passare inosservata poi, a passo spedito, mi avviai verso il retro dell'ospedale sperando che le telecamere di sicurezza non mi beccassero nel bel mezzo della mia intrusione notturna. La scala antincendio era la parte peggiore del piano, quei gradini di ferro scricchiolavano ad ogni mio passo, il che mi metteva molta ansia. Fortunatamente il turno di notte toccava un'altra volta a Giusy e Tess che ormai erano diventate mie complici non che fan della coppia Caleb-Maddy. Una volta arrivata al piano giusto aspettai che una di loro venisse ad aprirmi la porta, la sorpresa più grande fu quando vidi il signor Richard pronto a farmi entrare. Automaticamente, dopo quel momento, diventò anche lui mio complice. Stranamente quella sera nel suo volto intravidi quello che mi sembrò un vero e proprio sorriso, il che mi parve alquanto strano dato che a primo impatto il padre di Caleb sembrava così poco espansivo. Mi fece piacere vederlo sorridere, sembrò di buon umore, come lo ero io. Entrata nel reparto feci un cenno con la mano a Giusy che stava alla sua postazione, Tess invece non la vidi, probabilmente stava facendo un giro di controllo nelle stanze dei pazienti ricoverati. 

 «Signor Graham vedo che anche lei ha preso l'abitudine di venire qui di notte» dissi per sciogliere il ghiaccio. 

 «Chiamami Richard e dammi del tu Maddy, ormai siamo amici no?» mi chiese con tono allegro. Sorrisi. 

 «Hai ragione Richard, ma devi perdonarmi, ogni tanto mi capiterà ancora di darle del lei» dissi diventando quasi rossa. Conoscevo quell'uomo da poche ore eppure si era creato un legame tra noi che mi sembrava quasi inspiegabile. Una sorta di complicità e amore verso Caleb ci legava e questo non poteva rendermi più felice. 

 «Sono rimasto qui per darti buone notizie, dirtelo per telefono non sarebbe stato lo stesso» mi confessò poi camminando verso le sedie in sala d'attesa. Ormai conoscevo bene quella posto, ci avevo passato molte ore negli ultimi giorni. Una volta seduti lo esortai a continuare. 

 «Ora sono qui, dimmi tutto» dissi non riuscendo a trattenere la curiosità. Sperai che fossero buone notizie, anzi ero quasi certa che lo fossero per l'aria rilassata che in quel momento aveva Richard sul volto . 

«Pensavo che ci volesse più tempo, invece, anche con mia grande sorpresa, sono riuscito nel nostro intento» iniziò a spiegarmi, ma le sue parole non furono abbastanza per me, volevo la conferma che si trattasse della stessa cosa a cui stavo pensando. 

 «Dimmi di più» dissi con la mia solita aria di impazienza. Richard sorrise davanti alla mia espressione che probabilmente era delle più buffe in quel momento, poi finalmente mi rispose. «Jaxon è fuori, per sempre o almeno così spero» spiegò semplicemente. Non so che cosa mi prese in quel momento ma non riuscii a dire nemmeno una parola, l'unica cosa che feci fu abbracciare l'uomo che mi stava davanti, colui che senza nemmeno sapere approfonditamente chi fossi mi aveva aiutata come mai nessuno aveva fatto prima. Richard rimase immobile davanti al mio abbraccio, forse ero stata troppo avventata, forse dovevo staccarmi e chiedere scusa. Stavo per fare proprio quell'ultima cosa quando sentii due braccia possenti circondarmi la schiena, inaspettatamente aveva ricambiato l'abbraccio, sempre con fare freddo, ma comunque aveva ricambiato. Dopo qualche secondo passato in quella posizione ci staccammo e con sguardo imbarazzato tornammo a guardarci. 

 «Mi scusi non so che cosa mi è preso» dissi velocemente prima che lui potesse aprire bocca. «Non ti preoccupare» disse in tutta risposta ricomponendosi per tornare l'uomo autoritario che avevo conosciuto il giorno prima. Sorrisi ugualmente, anche se non l'avrebbe mai ammesso ad alta voce sapevo che aveva un gran cuore. Lui e Caleb non erano poi così diversi, Richard me lo ricordava molto. Passammo qualche minuto senza parlare. 

 «C'è un altra cosa» a rompere il silenzio fu lui, parlò guardando dritto davanti a se il che mi preoccupò. Voltai la testa per guardarlo, allora a quel punto Richard fece lo stesso. La sua espressione non mi piacque per niente. "Era tutto troppo semplice per essere vero" pensai. Cercai di rimanere composta e non andare nel panico prima del previsto, anche se mi fu difficile cercai di mantenere la calma, non dissi nulla, non feci domande, aspettai semplicemente che mi venisse spiegata quella "cosa" come l'aveva definita Richard poco prima. 

 «Ho scoperto perché Caleb si trovava in macchina quella sera invece di presenziare alla prima del suo film» iniziò a spiegare. Il cuore a quelle parole mancò un battito, era arrivato il momento che stavo aspettando da giorni, era arrivato il momento della verità, ma ero sicura di volerla sapere? Anche se non ne ero sicura, ormai era troppo tardi per tirarsi indietro. 

 «Stava venendo da te, aveva appena scoperto di essere stato vittima di una trappola architettata da Jaxon e Megan. Quel bacio di cui mi parlavi, quel "tradimento" non è stato del tutto intenzionale, tutto era già programmato» Richard concluse la sua spiegazione. Involontariamente gli occhi mi si riempirono di lacrime, anche se avevo già perdonato Caleb per quel bacio ero sollevata del fatto che fosse stato vittima di una trappola, ciò non lo discolpava del tutto ma lo rendeva meno colpevole ai miei occhi. Stava venendo da me, aveva abbandonato la serata più importante della sua carriera per avvisarmi di ciò che aveva scoperto. Per la milionesima volta capii quanto forte fosse il nostro legame. Mi asciugai le lacrime con fare frettoloso, non erano lacrime di tristezza, bensì di pura gioia. Finalmente i pezzi del puzzle stavano tornando al loro posto e dopo tanto avevo il quadro completo della situazione. Mancava solo Caleb per completarlo del tutto, ero certa che prima o poi si sarebbe svegliato, ero certa che quel puzzle alla fine si sarebbe completato per il verso giusto. 

 «Posso andare da lui adesso?» chiesi alzandomi in piedi e poi attesi una risposta. 

 «Certo sei qui per questo, ti ho trattenuta anche troppo ma mi sembrava giusto dirti tutto quello che sono riuscito a sapere» mi disse Richard quasi in tono di scuse, ma lui non aveva nulla da farsi perdonare, anzi tutto il contrario, gli ero debitrice. 

 «Non la ringrazierò mai abbastanza per quello che ha fatto» dissi guardandolo negli occhi. Forse con le parole non ero brava ad esprimermi ma in quel momento i miei occhi parlarono da se. Richard mi fece l'occhiolino, cosa che mi fece sorridere perché solitamente era mia madre a farmelo prima di congedarmi da una conversazione. A quel punto mi voltai e mi avviai verso la stanza di Caleb a passo spedito. Il cuore era più leggero, quasi intatto, entrai in quella stanza con il sorriso sulle labbra, un sorriso che ormai non avevo più da tempo.

Caleb

Una rottura di coglioni. Ecco che cos'era diventata per me quella situazione di merda. Non avevo idea di che giorno fosse ma ero incazzato nero. Come avrei detto se fossi stato in una giornata normale "Oggi ho la luna storta". A farmi alterare erano stati quei pezzetti di conversazione che ero riuscito a sentire, le voci di mio padre e di Jaxon mi erano arrivate all'orecchio molto distanti. Ma le poche cose che ero riuscito a sentire mi avevano fatto ribollire il sangue, Jaxon era stato un bastardo dall'inizio alla fine, anche davanti a mio padre era riuscito ad ammettere che i giornalisti erano una parte fondamentale della mia vita. Di una cosa soltanto ero contento, del fatto che mio padre per una volta si fosse messo dalla mia parte e avesse capito benissimo la situazione, se avevo capito bene, e speravo che fosse così lui lo aveva licenziato per me. Questa era una notizia bomba, una notizia che mi fece sperare che da quel momento in poi la mia vita sarebbe tornata ad essere più tranquilla. Non avrei mai più permesso a nessuno di decidere al posto mio, a costo di non avere più un agente avrei preso tutte le decisioni di testa mia, avrei chiesto solo il parere di Maddy. Non so per quale strano motivo ma mi sentivo più alterato del solito, sentivo i battiti del cuore più veloci da quando stavo in quella condizione, mi sembrava perfino che da un momento all'altro avrei potuto riprendere completo possesso del mio corpo, o forse stavo solo sognando e nulla di ciò che mi frullava per la testa era vero. 


Silenzio, silenzio e ancora silenzio, ecco tutto ciò che era diventata la mia vita. Le mie preghiere però ebbero esito positivo, perché dopo altro tempo infinito sentii la porta aprirsi. Ormai quel suono mi era familiare, speravo solo che non fossero ancora le infermiere che venivano a controllare il mio stato di salute. Capii subito però che non erano loro, feci un sospiro di sollievo. Il suo profumo, quel dolce profumo che tanto amavo era tornato, lei era tornata, Maddy era di nuovo con me. Speravo che non fosse tutto un sogno, la paura era che al mio risveglio lei fosse ancora arrabbiata. Il suono della porta che si chiuse, i suoi passi così lenti e leggeri e il suo respiro, che rispetto alla volta prima mi sembrò più regolare. Sapevo che non stava piangendo e per qualche strano motivo capii che forse era felice. La sentii molto vicina a me, molto più vicina di quanto potessi immaginare. Il suo tocco lieve mi fece quasi sobbalzare, non me lo aspettavo, stava stringendo la mia mano come quando mi aveva fatto ascoltare la nostra canzone, anche io avrei voluto stringerla e ci provai con tutto me stesso, ma ancora una volta non riuscii nel mio intento. Aspettai di sentirla parlare, la stavo mentalmente pregando di dire qualcosa, la sua voce era una delle poche cose che mi facevano rimanere aggrappato alla realtà. 

 «Nessuno potrà più separarci» eccola quella splendida voce, quasi sembrava il canto di una sirena. Non capii il senso delle sue parole probabilmente si riferiva a qualcosa in particolare, aspettai che mi dicesse di più. 

 «Tuo padre, è lui che dobbiamo ringraziare. Oggi è stato magnifico, ha mandato via Jaxon, l'ha cacciato» mi spiegò. Le sue parole mi diedero conferma di ciò che ero riuscito a sentire con le mie stesse orecchie. 

 «Io sono magnifico non mio padre, comunque continua pure ad elogiarlo ragazzina» dissi con tono divertito consapevole del fatto che lei non avrebbe sentito una singola parola. 

 «Sai, ho anche scoperto perché eri in macchina quella sera, sappi solo che io ti ho già perdonato» mi disse ancora. Alle sue parole sorrisi, quanto avrei voluto che mi vedesse sorridere. 

 «Ascolta amore mio, ora manchi solo tu. Sono stufa di aspettarti, ti prego combatti con tutta la forza che hai, fallo per me, fallo per noi» mi disse stringendo sempre più forte la mia mano. Non so per quale strano motivo ma sentii una scossa dentro di me che mi fece quasi male, non capii che cosa stesse succedendo. Maddy, dovevo farlo per lei, quello era il mio unico pensiero. Strinsi la sua mano con la stessa intensità con cui lo stava facendo lei... e tutto un tratto potei sentirla, finalmente sentii qualcosa. 

 «Cal, oddio» furono le sue parole. Stava succedendo qualcosa me lo sentivo. Gli occhi, quegli occhi che fino a quel momento non volevano aprirsi iniziarono a farlo, riuscii ad aprirli leggermente, vidi qualche luce ma capii di essere al buio, era forse notte, dovevo aprirli di più, volevo vederla. 

 «Sei sveglio... dimmi che non sto sognando ti prego» sentii la sua voce poi la vidi lì seduta accanto a me. Mi guardai intorno frastornato, un dolore alla gola mi pervase tutto il corpo, non potevo parlare, un tubo me lo impediva. Maddy si alzò, corse verso la porta e la spalancò. «Venite, presto, si è svegliato» le sue parole mi furono chiare. I rumori erano tornati quelli di sempre, guardai il mio corpo ricoperto da un camice bianco, la gamba era ingessata, l'altra era piena di lividi, una flebo era attaccata al mio braccio, la testa era fasciata e mi faceva un male terribile. Ma che cavolo avevo combinato? Quella fu la prima domanda che mi venne in mente in quel momento.

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