CAPITOLO 51
CAPITOLO 51
Maddy
L'incidente di Caleb era stato un fulmine a ciel sereno, chi avrebbe mai pensato che mi sarei trovata in un corridoio di ospedale a piangere e a pregare che il mio ragazzo sopravvivesse dopo quella vicenda. La mia vita da quando lui era entrato a farne parte era sempre instabile, scostante, tutto era cambiato a volte in meglio, altre in peggio, insomma le montagne russe erano di sicuro più lineari della mia vita. Non era passato tanto tempo da quando l'avevo conosciuto, solo pochi mesi anche se a me sembrava di conoscerlo da tutta la vita. Credo fosse per la situazione ma in quel momento non stavo minimamente pensando al fatto che avesse baciato Megan, non pensavo al male che mi aveva fatto perché nel male del momento stavo cercando di trarre il lato positivo delle cose per non crollare. In quel corridoio bianco candido mi passarono per la mente tutti i momenti vissuti insieme, il nostro primo incontro, il servizio fotografico, il nostro primo bacio, la nostra prima volta, la sua dichiarazione... e poi il buio, speravo fosse un brutto sogno da cui prima o poi mi sarei svegliata ma non fu proprio così. Mia madre mi raggiunse, i miei amici non erano ancora arrivati ma speravo con tutta me stessa di vederli apparire davanti a me al più presto, avevo bisogno di loro, Caleb aveva bisogno di noi. Le lacrime avevano smesso di rigarmi il viso, avevo pianto talmente tanto che mi sentivo gli occhi gonfi, pesanti, stanchi...
«Tesoro, ascolta. Qui i medici sono molto bravi vedrai che si risolverà tutto per il meglio» mi disse mamma con tono rassicurante, ma le sue parole non servirono a farmi stare meglio.
«Non posso crederci che sia successo davvero. Mi chiedo come mai fosse su quella strada. Dovevo rispondere alle sue chiamate, anche solo per mandarlo al diavolo... non me lo perdonerò mai» dissi in tono rammaricato. Ancora una volta avevo seguito la testa e anche se non ero la diretta colpevole dell'incidente in parte mi sentivo responsabile.
«Non è colpa tua, avevate litigato, eri arrabbiata» bloccai mia madre prima che continuasse a ripetermi che ero innocente, che non avevo fatto nulla di male. Non volevo sentire ragioni né da lei né da nessun altro.
«Questa non è una buona scusa, per l'ennesima volta ho fatto si che prendesse il sopravvento il mio maledettissimo orgoglio. Io lo amo, non voglio perderlo» l'ultima frase mi uscì con tono rotto. Ero a pezzi, senza Caleb non era lo stesso, non sarebbe mai stato lo stesso. L'unico desiderio che mi passava per la mente, ma soprattutto, ciò che voleva il mio cuore, era lui, indipendentemente da tutto quello che aveva fatto. Non mi servivano spiegazioni, ne gesti plateali, avevo deciso di perdonarlo. Anzi, l'avevo già fatto.
«Non lo perderai, Caleb è un ragazzo forte. Combatterà per lui e anche per te» mi disse mamma dopo qualche minuto di silenzio poggiandomi un bacio sulla testa.
Un'eternità passata in un silenzio assordante, poi la mia attenzione fu catturata dalla voce di Mark che nel giro di tre secondi si piazzò davanti a me.
«Lui dov'è?» chiese affannato guardando prima me e poi mia madre. Aveva gli occhi fuori dalle orbite, la camicia sbottonata, il suo petto, a causa dei respiri che stava facendo, si muoveva velocemente. Non l'avevo mai visto così fuori di se. Dietro di lui Red con uno sguardo perso nel vuoto, sembrava triste e rassegnato, le mie amiche invece avevano occhi inespressivi e mi fissavano come se potessi rompermi o smaterializzarmi da un momento all'altro.
«Ragazzi dovete stare calmi, Caleb è in sala operatoria, l'hanno soccorso dopo l'incidente e l'hanno portato qui. Ha perso molto sangue, l'incidente gli ha comportato un trauma cranico» le parole di mia madre, fecero zittire i miei amici che erano già senza parole. Dopo lo shock Red parlò.
«Si sa altro sull'incidente?». Mia madre non ci mise molto a trovare le parole per rispondergli. «Purtroppo no, come ho detto a Maddy ha fatto un frontale o meglio per evitare l'impatto con l'altra macchina ha cercato di sterzare ed è così finito fuori strada. Vi lascio qui un attimo, cerco di capire come sta andando l'operazione» spiegò a tutti noi, e dopo averci guardato con dolcezza uno a uno ci lasciò soli e rientrò in reparto. Di colpo ancora un silenzio di tomba, nel corridoio si potevano percepire solo i nostri respiri lievi. Mark non diceva nulla, Red sembrava un altro, Alyssa e Jade invece si avvicinarono in modo cauto a me, io alzai lo sguardo nella loro direzione sperando che avessero delle parole di conforto o qualche battuta delle loro per tirami su il morale. Alyssa si sedette al mio fianco sul pavimento, non avevo mai capito perché in quel corridoio non ci fossero nemmeno le sedie.
«Tesoro, come stai?» mi chiese guardandomi intensamente. I suoi occhi grandi catturarono i miei, ci misi poco a rispondere, non avevo molto da dire in risposta.
«Domanda di riserva?» le chiesi facendole un mezzo sorriso. Lei guardò Jade forse per cercare il suo sostegno, non lo so.
«Sono sicura che andrà tutto bene» mi disse Jade piegandosi per guardarmi in faccia. Io non potevo vedermi ma ero sicura del fatto che fossi ridotta ad uno stato pietoso, ma in quel momento non mi interessava di nessuno, né di me stessa, né dei miei amici. Tutte le forze che mi erano rimaste in corpo le stavo spendendo per pensare a Caleb.
«Quando è andato a parlare con Jaxon dovevo seguirlo, questo non sarebbe successo. Dev'essere andato via dopo aver parlato con lui» fu Red a parlare e ad esprimere le sue idee ad alta voce. Alzai lo sguardo nella sua direzione e notai che stava camminando su e giù come se stesse su una passerella, teneva la testa china e le mani in tasca, non l'avevo mai visto così tanto angosciato, vederlo in quello stato non mi aiutò per niente.
«Sapete, è anche colpa mia, dovevo rispondergli al cellulare» dissi all'improvviso alzandomi da terra, per un momento pensai che le gambe non mi reggessero, mi sbagliai. Alla mia affermazione tutti gli occhi erano puntati su di me come se avessi detto la cosa più stupida del mondo, venni rapita dallo sguardo truce di Mark che a passi lenti si avvicinò a me.
«Non è colpa di nessuno, dobbiamo rimanere lucidi, dobbiamo farlo per lui» disse fissando poi la porta a vetri del reparto come se sperasse che il suo migliore amico apparisse da un momento all'altro. Ma Caleb non arrivò. Non so quanto tempo fosse passato da quando ero piombata di corsa in ospedale, avevo perso completamente la cognizione del tempo e anche dello spazio, era una situazione troppo surreale da metabolizzare.
«Mark ha ragione, non possiamo mollare, lui starà combattendo e noi dobbiamo fare lo stesso» disse Alyssa mettendosi al mio fianco. Era assurdo pensare che pochi giorni prima eravamo tutti insieme a ridere e scherzare.
«Dite che Jaxon sappia qualcosa dell'incidente?» chiese dopo qualche minuto di stallo Jade. Voltai lievemente la testa nella sua direzione, poi tornai a guardare terra, non sapevo dare risposta alla sua domanda, l'unica persona a cui non volevo pensare in quel momento era Jaxon. Quell'uomo aveva sempre cercato di mettere i bastoni tra le ruote a me e Caleb, e inconsciamente era riuscito a separarci.
«Sicuramente si farà delle domande dato che siamo corsi via senza avvisare nessuno» disse Mark. La sua voce mi arrivò come se lui non fosse lì, come se fosse distante da me, mi resi conto di aver perso la concentrazione, stavo pensando al mio ragazzo, immaginarlo in sala operatoria mi fece percorrere un brivido sulla schiena.
«Dite che ce la farà?» chiesi ai miei amici scrutandoli uno ad uno. Red non mi guardò nemmeno, si limitò a passarsi una mano sulla fronte.
«Non pensare minimamente, nemmeno per un secondo che lui non ce la farà» mi disse Alyssa come se volesse ammonirmi per ciò che avevo appena chiesto. La nostra conversazione fu troncata sul nascere da Red, che prese finalmente parola.
«Dev'essere successo qualcosa che l'ha fatto infuriare, sono quasi sicuro che Jaxon sappia più cose di noi sulla faccenda» disse in tono pensieroso guardandomi come se fossi l'unica che potesse capire di che cosa stesse parlando. In effetti il suo ragionamento non faceva una piega, anche io nel mio inconscio sapevo che in tutta la situazione c'entrava l'agente di Caleb.
«Io lo ammazzerei quell'uomo, ha sempre fatto di tutto per allontanarci... guarda come stiamo ora» dissi in tono frustrato, poi mi resi conto di aver alzato troppo la voce e mi portai una mano davanti alla bocca. Iniziai a camminare senza una meta ben precisa, andavo davanti alla porta a vetri, poi in corridoio, poi di nuovo alla porta, non riuscivo a stare ferma, ma i miei movimenti erano deboli, lenti, avevo perso ogni forza che avevo.
«Maddy vuoi che ti porto qualcosa da bere?» mi chiese cauta Jade poggiandomi una mano sulla spalla. Al suo tocco sussultai, ero talmente immersa nei miei pensieri che non mi ero accorta che fosse così vicina a me.
«Non ho voglia di nulla, sto bene così» le dissi cercando di sorridere ma credo che l'unica faccia che riuscii a fare in quel momento fu una smorfia.
Avevo sempre evitato gli ospedali, fin da quando ero bambina avevo il terrore di andarci, ammiravo però chi ci lavorava, mia madre, le sue colleghe, non sapevo come facessero a passare ore e giornate intere lì dentro. Era passata più di un'ora da quando mia madre ci aveva lasciati soli in quel corridoio gelido, il fatto che non fosse più tornata mi fece preoccupare ancora di più, la calma e il sangue freddo mi avevano abbandonata da molto, molto tempo ormai. Mark e Red stavano poggiati al muro uno di fronte all'altro. Io fissavo la porta del reparto in attesa di vedere qualche movimento, le mie amiche si erano sedute a terra dove poco prima ci stavo io. Il tempo sembrava essersi fermato, come se avesse rallentato, come se quel momento dovesse durare in eterno. D'un tratto però il silenzio del corridoio fu interrotto da Jaxon, l'ultima persona che avrei sperato di vedere lì.
«Ragazzi» si limitò a dire con un tono normale. Non sembrava preoccupato o angosciato, aveva sul viso la sua solita espressione come se fosse Dio sceso in terra. Io mi voltai a guardarlo e lo stesso fecero i miei amici. Mark gli si avvicinò a passo spedito prima che lui potesse raggiungere la porta che faceva accedere al reparto, lo stava guardando con sguardo aggressivo.
«Che ci fai qui?» gli chiese a denti stretti. Nemmeno Mark sopportava l'agente di Caleb, più e più volte aveva espresso il suo parere negativo su quell'individuo.
«Mi ha chiamato l'ospedale, i genitori di Caleb arriveranno domani, erano in viaggio per lavoro» si limitò a dire il bastardo. Ci fu un minuto di silenzio, in quel momento mi sentii impotente come non mai, non ebbi nemmeno la forza di dirgli di andarsene. Caleb non l'avrebbe voluto lì, ne sono certa.
«Ci siamo noi per lui, non serviva che venissi qui. Mi chiedo come sia possibile che quando Caleb parla da solo con te succede sempre qualcosa» disse d'un tratto Red spiazzando tutti. Aveva usato un tono accusatorio e si gli era piazzato ad un centimetro dalla faccia, non l'avevo mai visto così arrabbiato, lui solitamente era il più pacato del gruppo, ma in quell'occasione non si era trattenuto e aveva fatto bene. Non distolsi nemmeno per un secondo lo sguardo dalla scena che era in atto, Mark poggiò una mano sulla spalla dell'amico per farlo indietreggiare, non era né il luogo né il momento adatto per litigare, anche se un bel pugno non gli sarebbe stato male a Jaxon.
«Red calmati, non serve a nulla fare così» disse Mark quasi in un sussurro. Red però non sembrava dargli retta, non aveva spostato lo sguardo altrove, i suoi occhi stavano intrappolando ancora quelli di Jaxon che stufo della situazione fece qualche passo indietro. "Vigliacco" pensai. «In quanto agente di Caleb i dottori possono dirmi come stanno davvero le cose» disse sbottonandosi la giacca elegante, poi si mise le mani in tasca e continuò, sembrava che parlasse da solo più che con noi.
«Ora, se potete scusarmi» concluse attraversandoci senza degnarci di una sguardo per raggiungere l'entrata del reparto.
«Fermo» gli disse Mark prima che sparisse dietro la porta come aveva fatto mia madre. Jaxon si voltò di controvoglia «Che c'è?» chiese con sguardo interrogativo.
«Devi dirci tutto ciò che ti diranno» disse Mark fissandolo in quei suoi occhi gelidi e senza emozioni. Jaxon si limitò a ricambiare il suo sguardo, guardò me e poi entrò dalla porta a vetri. Non riuscimmo a vedere cosa successe dopo, sparì semplicemente e noi rimanemmo nuovamente da soli.
Caleb
L'inferno si era impossessato del mio corpo ma soprattutto della mia mente. Ricordavo solo di essere stato portato via da un'ambulanza o almeno è ciò che avevo capito io in quel momento, tutto quello che era successo dopo mi era ignoto. La mente era affollata da brutte immagini, il buio, mostri indecifrabili, volti paurosi, e più cercavo di riaprire gli occhi e uscire dagli incubi che mi stavano divorando e meno ci riuscivo. Dov'era la mia ragazzina? Dov'erano i miei amici? Mi avevano abbandonato. Non riuscivo a orientarmi, non sentivo nemmeno più le voci o i suoni, ero circondato e pervaso dal nulla più assoluto, e questo mi faceva paura. Mi sentivo solo, indifeso, impotente, nessuno poteva sentirmi nemmeno se mi mettevo ad urlare. Avevo detto all'infermiera che mi aveva soccorso che ero Caleb Graham ma nessuno mi aveva risposto, nessuno poteva sapere che li avevo sentiti. Maledii me stesso per aver usato il cellulare alla guida, ma dovevo farlo, dovevo raggiungere Maddy, l'unica cosa che avevo ottenuto era uno stato di incoscienza totale. In realtà mi sentivo sempre me stesso, solo che non avevo più il controllo del mio corpo. Il destino aveva remato contro di me oppure era il karma che mi stava perseguitando, quella era sicuramente la punizione divina per tutte le cazzate che avevo combinato. Dopo svariato tempo, non seppi se un'ora, due, tre iniziai a sentire qualcosa, cercai di dare un senso alle voci che stavo iniziando a percepire. Cercai di concentrarmi per catturare più informazioni possibili, ma non fu una cosa immediata, anzi, mi ci volle tutta la concentrazione per sentire bene. La prima voce che riuscii a percepire fu quella di un uomo, dal suo tono non sembrava troppo giovane ma nemmeno troppo vecchio.
«Abbiamo quasi finito, sono riuscito a ridurre l'emorragia» mi parve di sentire quelle parole. Emorragia, forse ciò che mi era capitato era più grave di quanto potessi immaginare. D'un tratto sentii un lieve dolore alla testa, avrei voluto chiedere spiegazioni ma sapevo che era inutile cercare di comunicare con loro. Mi sentivo frastornato, non ci stavo capendo nulla, anche la mia gamba destra era pesante, come se fosse bloccata e fasciata da qualcosa, ma non capii da cosa, non vedevo nulla.
«Dottor Anderson avviso le infermiere che il paziente dovrà stare in coma farmacologico» ecco un'altra voce. Le parole mi arrivarono all'orecchio abbastanza chiaramente. Capii che la voce di prima era quella di un certo Dottor Anderson, forse mi aveva operato lui, probabilmente mi trovavo in sala operatoria, mentre la seconda voce era di una donna, forse si trattava di una dottoressa. Si probabilmente era così.
«Si, per limitare i danni faremo così» disse ancora il dottore. Limitare i danni, disse, perché nessuno parlava chiaramente? Io di certo ci capivo poco o nulla di medicina. Poi il silenzio, e mi parve di sentire qualcuno che si avvicinò, poco dopo sentii ancora quella voce maschile molto vicino a me.
«Ce la farai ragazzo» furono le uniche parole che mi disse. Poi una luce accecante mi fece bruciare gli occhi, poi di nuovo il nulla. Tutto tornò silenzioso.
Maddy
Le luci dell'alba filtravano dalla finestra del corridoio. Io, Alyssa, Jade, Mark e Red avevamo passato la notte ad aspettare notizie, ma nessuno era venuto a darci qualche speranza, mia madre era sparita dietro quella porta e non era più tornata e Jaxon aveva fatto lo stesso. La tristezza si stava pian piano trasformando in impazienza. Perché nessuno parlava? Perché nessuno si degnava di dirci qualcosa? Non eravamo di certo dei bambini a cui non si può dire nulla. Erano le cinque della mattina ed ero già al quarto caffè per non parlare di quelli bevuti durante la notte. Dovevo smetterla, la caffeina aiutava a stare svegli ma non a stare calmi. Guardai Red e Jade che si erano appisolati sul pavimento, erano stremati, Mark e Alyssa invece stavano poco distante da me e si stavano scambiando qualche parola, non stetti ad ascoltare i loro discorsi. Mi alzai in piedi e mi diressi verso la porta a vetri, quella porta da cui tutti entravano e da cui nessuno tornava più.
«Io non ce la faccio più ad aspettare vado a cercare mia madre» dissi in tono convinto. Alyssa mi guardò ma non disse nulla, mentre Mark si avvicinò a me.
«Vengo con te, voglio parlare con il dottore che si sta occupando di Caleb. Quel deficiente di Jaxon non è venuto a dirci nulla» disse passandosi una mano tra i capelli. Aveva esplicitamente chiesto a Jaxon di fargli sapere qualcosa, ma l'agente di Caleb ci aveva praticamente ignorato. Se si comportava così anche in quei momenti significava che era un uomo di merda, non avrei spiegazione migliore per descriverlo.
«Noi vi aspettiamo qui, spero che riusciate a capire che cosa sta succedendo» disse Alyssa guardando anche Red e Jade che ancora se ne stavano appisolati. Sorrisi lievemente nel vederli così, erano veramente una bella coppia, ma questo loro dovevano ancora capirlo.
«Lo spero anche io» dissi alla mia migliore amica. Lei mi sorrise, era rassicurante il fatto che loro fossero tutti lì, non mi avevano abbandonata per un secondo e per questo gli sarei stata per sempre grata.
Spinsi la porta a vetri ed entrai in reparto, guardai la postazione di mia madre ma non c'era nessuno, né lei, né le sue colleghe. Poi una mano si poggiò sulla mia spalla e sobbalzai per lo spavento, era lei.
«Maddy ti avevo detto di aspettarmi fuori» mi disse una volta che mi voltai nella sua direzione. Non capii perché mi stesse rimproverando, era logico da parte mia voler sapere qualcosa sulle condizioni del mio ragazzo. Prima che potessi controbattere intervenne Mark in mio soccorso. «Kelly è stata un'idea mia, non ce la facciamo più ad aspettare» disse in tono apparentemente tranquillo. Mi madre spostò lo sguardo su di lui e si mise le mani nelle tasche del camice bianco, ma non disse nulla. Odiavo quando faceva così, io, anzi, noi avevamo il diritto di sapere. «Mamma se sai qualcosa devi dircelo» le dissi avvicinandomi di un passo. Lei sostenne il mio sguardo e finalmente iniziò a parlare.
«L'hanno portato in quella stanza» disse indicandomi una porta bianca infondo al corridoio. La guardai senza distogliere lo sguardo da essa, ero così vicina a lui che mi sembrava impossibile. «Hanno dovuto metterlo in coma farmacologico» continuò. Alla parola "coma" rabbrividii e tornai a guardarla.
«Dunque è incosciente?» chiese Mark in tono preoccupato. La sua calma apparente era nuovamente sparita dopo aver udito le parole di mia madre, speravo che ci avesse detto tutto senza tralasciare nulla.
«Per ora si» si limitò a rispondergli lei.
«Devo vederlo» decisi in pochi secondi e cercai di avviarmi verso la porta che mi era stata indicata, sarebbe stato troppo bello se ci fossi riuscita. Fui bloccata da Mark che mi tenne salda per un polso, cercai di divincolarmi dalla sua presa non capendo perché si stesse comportando in quel modo.
«Ferma» mi disse, ma io continuai a dimenarmi. Era più forte di me e strinse ancora di più il mio polso. In quel momento lo odiai.
«Lasciami!» dissi quasi urlando. Non volevo disturbare i pazienti, ma Mark si stava comportando in modo scorretto, io volevo vedere Caleb e anche lui lo voleva, perché mi stava impedendo di andare?
«Tesoro non è il caso che tu vada, non è ancora fuori pericolo» fu mia madre ad interrompere il nostro battibecco. Sperai di aver sentito male. "Come sarebbe a dire che non è fuori pericolo?" mi chiesi dentro di me. Mark lasciò la presa e io invece di continuare nel mio intento rimasi ferma dov'ero in attesa di ulteriori spiegazioni. Nonostante il mio sguardo interrogativo mia madre non disse altro dunque presi coraggio e le feci la domanda esplicitamente.
«Come non è fuori pericolo?» chiesi senza staccare gli occhi dai suoi.
«L'operazione ha aiutato a migliorare lo stato in cui si trovava, ora però dipende tutto da lui e da come reagirà alle cure» mi spiegò come se fosse la cosa più ovvia del mondo, ma in quella situazione in realtà non c'era nulla di ovvio.
«Quando potremmo vederlo?» chiese Mark prima che dicessi qualcosa. Al contrario di lui ero rimasta nuovamente senza parole. Mi avviai verso le sedie che stavano nel reparto e mi sedetti tenendo la testa tra le mani.
«Forse domani, lo stanno tenendo sotto stretta osservazione» spiegò mia madre al mio amico. Ma io non stavo prestando più attenzione a loro. Non sarei stata contenta fino a che non l'avessi visto, non avevo la minima intenzione di andarmene come se non stesse succedendo una disgrazia.
«Rimarrò qui tutto il tempo che sarà necessario» esortai io. Né mia madre né Mark osarono contraddirmi. Mamma tornò alla sua postazione, il suo turno stava per terminare.
Passò un altra mezz'ora, tra me e Mark era calato il silenzio, ogni tanto lui si alzava per camminare un po' io invece ero ferma immobile sulla sedia. I miei pensieri furono interrotti da una voce che conoscevo oramai bene.
«Madison posso parlarti?» mi chiese Jaxon con tono secco. Non capivo perché dovesse sempre rompere le scatole a me, in fin dei conti non mi conosceva bene, non capivo che cosa avevo fatto per meritare un trattamento del genere. Nel suo sguardo c'era solo disprezzo quando mi guardava, non che io provassi un sentimento diverso da quello per lui.
«Se vuole dirmi che non sono la ragazza giusta per Caleb risparmi pure il fiato» dissi con tono altrettanto secco. L'agente del mio ragazzo per tutta risposta corrugò la fronte. Mia madre stava assistendo a quella scena ed ero sicura del fatto che avesse sentito in che modo avevo risposto al signore che si trovava di fronte a me, infatti ci mise un attimo per rimproverarmi.
«Maddy» si limitò a dire guardandomi con disappunto. Lo so, lei mi aveva insegnato ad essere sempre educata con tutti, ma con quell'uomo mi riusciva difficile. Anzi, diciamo che riusciva a tirare fuori il peggio di me. Jaxon mi fece cenno con la mano di seguirlo e io di controvoglia lo assecondai. Mi portò in un altro corridoio deserto, sempre bianco, odiavo gli ospedali anche per quel motivo, c'era sempre troppo bianco, era tutto troppo triste per i miei gusti. Una volta fermati attesi che lui dicesse qualcosa, ma dato che non disse nulla presi io la parola. Non avevo voglia di perdere tempo con lui.
«Perché non poteva parlarmi davanti a mia madre?» chiesi la cosa più logica che mi venne in mente, ero stata anche fin troppo gentile a seguirlo, gli davo pure del "Lei" non so che cosa si aspettasse ancora da me, dato che non gli dovevo assolutamente nulla.
«Non sapevo che fosse tua madre, in più è una cosa delicata. Mi trovo costretto a chiederti una cosa» disse con il suo solito tono indecifrabile. Il volto di Jaxon era una maschera di ghiaccio indistruttibile.
«Va dritto al punto» dissi io stufa dei suoi soliti modi di fare. Immaginai che avrebbe ripetuto la sua idea riguardo la relazione tra me e Caleb, ero pronta al peggio quando si trattava di quel discorso.
«Da quando sei entrata a far parte della vita di Caleb gli hai causato solo problemi. L'incidente non si sarebbe mai verificato se lui non ti avesse conosciuta, lo stai rovinando». Eccole, le parole che mi aspettavo, nonostante fossi preparata fu lo stesso un boccone amaro da buttare giù. Non avevo mai capito perché Jaxon mi vedesse come una sorta di nemica, mi ero sempre comportata bene e non mi sembrava affatto di aver fatto perdere fama o successo a Caleb.
«Ma che sta dicendo?» chiesi più a me stessa che a lui. A Jaxon scappò il suo sorriso sarcastico, come se davanti a lui ci fosse una stupida ragazzina che non capiva nulla di ciò che stava dicendo.
«Lasciami finire» mi disse prima di continuare. Cercai di trattenere l'istinto di mandarlo al diavolo.
«Una cosa ti chiedo, non venire più qui. Non voglio che i giornalisti ti vedano e tanto meno voglio che ti vedano i genitori di Caleb» concluse il suo discorso con una delle sue solite richieste inaccettabili. A quel punto incrociai le braccia al petto, forse per protezione o semplicemente per rabbia. "Giornalisti" aveva detto, ma io non avevo visto nessun giornalista da quelle parti, forse erano piazzati fuori dall'ospedale quello si che poteva essere un fatto plausibile. Ma a me importava poco di ciò che mi stava dicendo, non poteva impedirmi di stare lì.
«Ma io sono la sua ragazza, stai dicendo solo delle cazzate» persi la pazienza. Ero scoppiata, tutta la frustrazione causata dalla situazione la buttai fuori in quel momento. Ero stufa di sentirmi dire da altri quello che dovevo fare o non dovevo fare con Caleb, ero stufa di Jaxon che per ogni singola cosa si doveva mettere in mezzo per rovinare tutto.
«Se lo ami veramente devi darmi retta. Non vorrei dover arrivare alle maniere forti per farti capire che non devi più farti vedere qui» mi disse ancora lo stronzo avvicinandosi a me e abbassando la voce. Tutto ciò che aveva detto suonò alle miei orecchie come una minaccia. «Questa sarebbe una minaccia?» chiesi con un mezzo sorriso di sfida.
«Vedila come vuoi ragazzina, la cosa importante è che tu capisca che è ora che ti faccia da parte» mi disse lui con tono minaccioso. Il sorriso mi scomparve dalla faccia in pochi secondi, gli occhi di quell'uomo mi misero paura, un brivido si fece strada nel mio corpo. Jaxon non stava affatto scherzando. La mia lingua però non aveva intenzione di bloccarsi.
«Sa che cosa le dico? Lei è un insensibile, ma che razza di uomo è?! Spero tanto che Caleb si risvegli presto e che capisca che genere di persona è il suo agente» mi stupii della cattiverai con cui dissi quelle poche parole. Jaxon però non sembrò turbato, tutto il contrario, si arrabbiò sempre di più. Cercai di guardarmi intorno per capire se avessi vie di fuga ma non ne trovai.
«Sta attenta a ciò che dici. Ora vattene prima che ti rovini per sempre» furono le sue ultime parole. Non me lo feci ripetere due volte, avevo capito di aver superato il limite, decisi di salvare la mia incolumità e tornai da Mark e da mia madre.
Cercai di togliermi dalla faccia la espressione scioccata ma la mia tattica non funzionò. Appena lo raggiunsi, Mark mi guardò come se avesse già capito tutto.
«Che ti ha detto?» mi chiese una volta che mi misi seduta vicino a lui.
«Meglio che te lo dica dopo» dissi cercando di mantenere un tono basso e mi guardai intorno per assicurarmi che l'agente di Caleb non fosse ancora nei paraggi.
«Mi sembri più sconvolta di prima, che cosa voleva quel bastardo?» mi chiese guardandomi con gli occhi che parevano due fessure. Mark si stava arrabbiando, ma io non lo potevo permettere. "Vattene prima che ti rovini per sempre" quelle furono le parole che mi rimasero impresse. Che cosa voleva dire veramente Jaxon con quelle parole? Aveva un secondo fine? O voleva semplicemente terrorizzarmi? Se la sua idea era la seconda opzione beh, ci era riuscito.
«Shh abbassa la voce, poi ti spiego» dissi a Mark per farlo stare zitto. Doveva capire che era già un miracolo che ci facessero stare seduti in quel reparto.
«Mia madre dov'è andata?» gli chiesi guardandomi introno, non vedendola da nessuna parte.«Mi ha detto che il suo turno è finito, credo che sia andata a cambiarsi» mi disse semplicemente lui. Avevo completamente scordato che la notte era passata e che ormai era mattina. Il mio pensiero volò a mia sorella che era rimasta così tante ore a casa da sola.
«Ok, allora io vado a salutare gli altri e me ne vado» dissi alzandomi dalla sedia. Guardai la porta della stanza di Caleb e pregai che lui si riprendesse al più presto.
«Come te ne vai, ma che stai dicendo?» mi chiese Mark alzandosi a sua volta. Gli sorrisi, ovviamente non poteva capire la mia motivazione. Ero tentata di raccontargli della conversazione avuta con Jaxon, ma non mi sembrò il luogo adatto, in più non volevo farlo preoccupare ulteriormente.
«Credimi, è molto meglio così» mi limitai a dire. Speravo che riuscisse a leggere tra le righe di quella frase.
«Ma Maddy...» mi disse, ma io mi ero già voltata per andarmene.
Uscii dal reparto e feci un respiro profondo, avevo bisogno di prendere aria e metabolizzare tutto l'accaduto. Alyssa mi venne subito incontro, Red e Jade si alzarono da terra.
«Finalmente! Stavo iniziando a preoccuparmi, ci sono novità?» mi esortò a parlare Alyssa. La loro impazienza era lecita, erano stati anche fin troppo bravi a stare lì fuori per tutte quelle ore senza avere notizie di nessun tipo.
«Maddy dicci qualcosa, per favore» fu Red a pregarmi di parlare. Cercai di ricreare un riassunto di ciò che mi aveva spiegato mia madre.
«L'operazione è andata bene, ora però è in coma farmacologico» dissi senza pensarci troppo su. Jade si pietrificò a causa delle mie parole, Alyssa guardò Red che in quel momento si portò una mano al petto come se avesse appena ricevuto una pugnalata al cuore.
«Possiamo vederlo?» mi chiese quest'ultimo. Io gli sorrisi, anche Mark poco prima aveva fatto la stessa domanda a mia madre. La verità era che eravamo tutti impazienti di vedere come stava Calab, ma nessuno ci permetteva di entrare nella sua stanza.
«Mia madre dice che forse domani si potrà entrare nella sua stanza, ma ora no» spiegai a malincuore. Decisi di essere forte per loro, mi avevano consolata per ore, ora era il mio turno di consolare loro. Soprattutto Mark e Red che erano gli amici stretti del mio ragazzo.
«Tu stai bene?» mi chiese Jade guardandomi negli occhi. Annuii debolmente, non stavo bene, ma non volevo creare ulteriore malumore e preoccupazione tra di noi.
«Si, diciamo di si, però ho bisogno di prendere aria. Vado a casa» dissi tagliando corto. Le mie amiche si guardarono confuse a causa del mio comportamento. Anche a loro avrei spiegato in un altra sede l'accaduto con Jaxon. La voce di mia madre mi bloccò prima che lasciassi i miei amici per tornarmene a casa.
«Andiamo insieme, ragazze se volete riposare anche voi siete le benvenute». Non aveva esteso l'invito a Red perché aveva capito che non si sarebbe mosso da lì.
«Red te la senti di stare qui con Mark?» gli chiese Alyssa guardandolo con dolcezza. Sorrisi nel vedere lo stretto rapporto che si era creato tra di noi.
«Certo, voi andate. Se sappiamo qualcosa vi facciamo sapere» si limitò a dire lui. Poi guardò Jade, che non perse tempo e prese parola.
«Se vuoi resto qui a farti compagnia» gli disse in tono dolce. La mia Jade era cambiata da quando l'aveva conosciuto, ogni tanto stava sulle nuvole, cosa non da lei. Era cotta, stracotta, ma non voleva ammetterlo né a se stessa né agli altri.
«Vai con Maddy, è lei che ha più bisogno di te» disse Red guardandomi e facendomi l'occhiolino. Gli mimai un "Grazie" con le labbra. Jade si avvicinò a lui e fece una cosa inaspettata, gli stampò un bacio sulle labbra. Alyssa si portò una mano alla bocca scioccata, io feci lo stesso, poi ci guardammo divertite. Era ora che uno dei due facesse il primo passo. Red sembrava pietrificato, non se lo aspettava proprio. Una volta che si staccarono però sorrise alla mia amica. Ero felicissima per quella nuova coppia. Ovviamente però il bel momento fu interrotto da mia madre.
«Piccioncini mi dispiace interrompervi ma è ora di andare» disse divertita. La fulminai con lo sguardo, Jade diventò tutta rossa.
«Mamma un po' di discrezione» la ammonii io. Lei per tutta risposta mi fece l'occhiolino e poi ce ne andammo.
Tornai a casa con la macchina di mio padre che la sera prima avevo parcheggiato fuori dall'uscita dell'ospedale. A mia madre, quando la vide, vennero gli occhi lucidi. Sebbene fossero passati due anni non aveva ancora metabolizzato la cosa. "Perché? Una perdita del genere si può metabolizzare?" mi chiesi mentalmente. No, non credo proprio. Quella fu la risposta che mi diedi
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