CAPITOLO 31
Capitolo 31
Caleb
L'unico modo che avevo per parlare con Maddy era andare al suo appartamentodunque mi feci accompagnare proprio lì da Red, che dopo innumerevoli protesteaveva deciso di assecondarmi. Arrivato al suo appartamento mi feci lasciaresolo, mi piazzai davanti al portone di casa, suonai il suo campanello, ma di leinemmeno l'ombra. Dopo quelle che mi erano sembrate due ore infinite dal portone uscì un anziano signore dall'aria stanca che gentilmente mi lasciò entrarenell'atrio del condominio. Mi precipitai di corsa su per le scale, suonai di nuovoil campanello ma non ottenni risposta, probabilmente Maddy non era a casa, maprima o poi sarebbe tornata o almeno era quello che speravo io. Decisi di sedermia terra accanto alla porta per aspettarla, non mi sarei mosso da lì fino a che leinon avesse parlato con me. Non capivo perché mi ostinavo a cercarla, non riuscivo a capacitarmi del fatto che l'unica a cui volessi stare vicino era lei, eppure erofinito a letto con un'altra...Fin da ragazzino avevo sempre avuto dei problemi con le emozioni e tutto ciòche ci andava dietro, i miei genitori non mi parlavano nemmeno più, non sapevoche cosa fosse l'amore di una famiglia e nemmeno l'amore in generale a dire ilvero. Avevo solo un unico scheletro nell'armadio, ed era Felicity. Quella ragazza a causa mia era finita sotto psicofarmaci, sosteneva di essere perdutamenteinnamorata di me e quando l'ho lasciata è caduta in depressione, l'avevo usatasolo per puro piacere e nient'altro. Ma con Maddy non avrei di certo fatto così...avevo capito la lezione. Ero ancora seduto sul pianerottolo e mi reggevo la testatra le mani, ero stanco, ormai erano passate ore da quando mi ero piazzato lì, poifinalmente lei arrivò. Non fu per niente contenta di vedermi mi aveva sbattuto laporta in faccia dicendo che non aveva intenzione di parlarmi. Maledii me stessoper essermi cacciato in quella situazione, volevo una possibilità con lei e avreifatto qualsiasi cosa per averla. Inaspettatamente poco dopo si affacciò fuori dallaporta per vedere se ero ancora lì, non poteva credere che l'avevo aspettata davvero. Non so come, non so perché, ma fui un bastardo fortunato perché mi guardòe mi disse «Entra». Non le rivolsi nemmeno una parola, mi limitai a guardarla.Sembrava stanca, portava i capelli raccolti in una crocchia disordinata, ed era vestita con una semplice tuta nera che le fasciava il culo, cercai di non soffermarmitroppo a guardare il suo corpo sinuoso, non era il momento adatto.
«Siediti pure o stai in piedi, fai quello che ti pare...» mi disse guardandomi, eraproprio incazzata. Io la guardai storto. Maddy poi si voltò e si diresse verso lacucina, dentro di me sapevo che probabilmente non mi avrebbe mai fatto parlare,sembrava non le interessasse nulla.
«E tu dove stai andando?» le chiesi non capendo il suo comportamento. In findei conti era casa sua non poteva lasciarmi lì impalato.
«A prendermi dell'acqua» mi disse senza voltarsi, la situazione era più criticadi quel che pensavo.
«Un bicchiere anche a me grazie!» dissi in tono scherzoso ma lei mi fulminòcon quei suoi occhi scuri. Forse non avrei dovuto scherzare. Stavo in seria difficoltà, situazioni del genere non facevano parte del mio quotidiano, dunque nonsapevo in che modo comportarmi.
«Ti ricordo che non sei al bar, e io non sono una barista» disse poi. Lessi ironianel suo tono e sorrisi tra me, stavo cercando di provocarla per farla smuovereun po'. Mi bastava anche solo un emozione da parte sua, rabbia, fastidio, felicitàqualsiasi cosa purché non facesse l'indifferente.«Vorrà dire che me lo prenderò da solo» dissi avvicinandomi a lei. Maddy sivoltò di scatto nell'udire i miei passi.
«Stai lontano da me, siediti lì te lo porto io» disse in tono autoritario indicandoil divano. Quel "stai lontano da me" non mi piacque per niente ma non contestaile sue parole, non aveva tutti i torti se era incazzata con me. Probabilmente avevogià tradito la sua fiducia ancora prima di iniziare a frequentarla come si deve.
«Si signora!» mi limitai a dire cercando di rimanere serio, ma non era semplice,quella situazione aveva qualcosa di divertente.
«Non sei per niente divertente sappilo» disse seria. Sembrava mi avesse lettonel pensiero, se l'avevo capita almeno un minimo, potevo intuire che anche leiera divertita dalla situazione, ma non lo dava a vedere.
«In realtà sono il Re del divertimento» le dissi, mi guadagnai un'occhiatacciada parte sua. Scherzavo ovviamente, più che divertente la gente mi riteneva unostronzo senza scrupoli e non nego che avessero ragione.
«Coglione chi ti ha dato questo titolo allora» affermò. Maddy stava venendoverso di me con i due bicchieri in mano, avevo paura che me li buttasse in testa,invece me ne porse semplicemente uno stando attenta a non sfiorare la mia mano.Sapevo che si era imposta di non voler avere più nessun contatto ravvicinato conme, quell'ipotesi fu confermata dal fatto che si sedette per terra e non accanto ame sul divano. Non dissi nulla, mi limitai a bere tutta l'acqua, era ore che nonbevevo nulla.
«Grazie, ne avevo veramente bisogno» le dissi poggiando il bicchiere sul tavolino che ci divideva. Lei non mi guardò nemmeno si stava rigirando il bicchieretra le mani, non riuscivo ad intuire che cosa le stesse passando per la testa.
«Allora perché sei qui?» mi chiese poi sorseggiando l'acqua. Mi aveva già fattoquella domanda mille volte da quando mi aveva trovato fuori dalla porta dell'appartamento e io non le avevo mai risposto concretamente.
«Non mi è piaciuto il modo in cui ci siamo lasciati» ammisi più a me stessoche a lei, poi mi passai una mano tra i capelli, non ne potevo più di quel gelo cheera calato tra noi. Maddy poggiò il bicchiere sul tavolino e mi guardò dall'alto inbasso, non mi credeva era evidente.«Ogni azione ha la sua conseguenza» disse secca levandosi la felpa, rimase incanottiera e io non potei fare a meno di guardarle il seno. Lei probabilmente sene accorse perché incrociò le braccia cercando di coprirsi.
«Scusa ma perché non ti siedi qui?» battei la mano vicino a dove stavo seduto.Maddy seguì con lo sguardo il mio gesto poi tornò a guardarmi e con un mezzosorriso, palesemente finto.
«Non cercare di cambiare discorso, sto bene dove sono, il più lontano possibileda te» disse con quel sorrisetto falso. Stava cercando di farmi allontanare, avevaalzato un muro invalicabile, muro che probabilmente non sarei stato in grado didistruggere.
«Non mi perdonerai mai vero?» feci la domanda più importante tra le mille chemi passarono per la testa. La misi in difficoltà perché non riuscì a rispondermisubito. Non le ero indifferente, questo mi sembrava chiaro, ma l'orgoglio cheaveva era più forte di qualsiasi sentimento provasse verso di me.
«Credo proprio di no» decise dopo averci ragionato su. Ero convinto del fattoche stesse parlando con la testa e non con il cuore, me lo faceva pensare il semplice fatto che non mi guardò in faccia. Capivo di averla ferita, ma era anchevero che io ero andato da lei per recuperare allo sbaglio che avevo commesso, maavevo trovato la porta chiusa, forse era già troppo tardi. Un mio pregio o forsedifetto era la testardaggine, nella vita avevo sempre avuto ciò che volevo in unmodo o nell'altro dunque decisi di fare un ultimo tentativo.
«Nemmeno se ti spiegassi il perché del mio gesto?» chiesi serio. La domandami uscì come una supplica, Maddy mi guardò negli occhi per quella che mi sembrò un'eternità, volevo con tutto me stesso che mettesse da parte il suo orgoglioma non lo fece.
«Ho i miei seri dubbi, per qualche strano motivo mi ha fatto male vederti conun'altra seppur noi non siamo nulla» disse convinta giocherellando con un bracciale che portava al polso, non glielo avevo mai visto prima, forse era un nuovoacquisto. Quel "nulla" mi fece prendere la decisione di andarmene, non potevo permetterle di distruggermi, perché era così... in un qualche modo le sue parolemi stavano distruggendo, in un qualche modo ciò che mi stava dicendo mi fecetornare alla realtà. Ero Caleb Graham non avrei mai potuto avere una vita normale con una ragazza normale e questo mi faceva arrabbiare da morire. Volevodire la mia ultima battuta e poi uscire di scena, era la cosa che mi veniva meglio.Aveva detto che le aveva fatto male vedere ciò che aveva visto, dunque un minimo di sentimento lo doveva provare per forza.
«Vedi che allora ti interessa di me» dissi, volevo andarmene ma non riuscii adalzarmi da quel divano. Cercai di mantenere un tono neutro come quando recitavo qualche scena. Alle mie parole Maddy sorrise, poi però tornò ad essere freddacome il ghiaccio. Capii che non sarei mai riuscito a scioglierla, o meglio non cisarei mai riuscito se lei non si decideva a seguire il cuore.«Mi interessavi, non lo nego, ma ora non più» ammise guardando terra. Aquel punto mi alzai in piedi, lei se ne accorse ma non fece nulla. Stava sedutasul pavimento a gambe incrociate, si stava torturando le unghie per il nervoso,mi presi un secondo per ammirarla, era di una bellezza disarmante ma ne erainconsapevole.
«Allora se è così me ne vado, è tutto chiaro ragazzina» le dissi in tono tranquillo sistemandomi il chiodo di pelle. Non volevo arrabbiarmi anche se in quelmomento avrei tirato volentieri qualche cosa contro il muro. Dopo pochi secondiMaddy alzò finalmente la testa, i nostri sguardi si incrociarono fino a che io nonmi voltai per dirigermi alla porta. Era finita, dovevo uscire di scena.
Maddy
Avevo deciso di alzare un muro, dovevo proteggermi. Caleb aveva provato adistruggermi una volta e non volevo lo facesse di nuovo. Anche se mi sembravasincero, presi comunque la decisione di lasciarlo andare, o almeno era questo cheaveva deciso la mia testa. I miei sentimenti e il mio cuore però gridavano già ilsuo nome e la cosa peggiore è che ne ero del tutto consapevole. Durante tuttala nostra conversazione non avevo fatto altro che evitare il suo sguardo, i suoiocchi... sapevo che se l'avessi guardato per troppo tempo avrei ceduto all'istintoe avrei messo da parte l'orgoglio. Maledetto orgoglio. Forse non ci avevo pensatoabbastanza, forse stavo solo facendo la cosa sbagliata, ma non lo capii subito. Gliavevo detto che non l'avrei perdonato anche se in cuor mio l'avevo già fatto. Sistava per avviare alla porta, era di spalle, il giubbotto di pelle nero gli fasciavale braccia muscolose, in quell'istante capii che dovevo prendere una decisionenell'immediato. Testa o cuore?
«Aspetta!» dissi quasi urlando alzandomi dal pavimento. A stento mi reggevoin piedi, stare seduta a terra non era per niente comodo. Caleb si voltò di scattoe io feci un passo nella sua direzione, tra di noi c'era ancora troppo spazio, madecisi di non avvicinarmi più di cosi.
«Dimmi» mi disse con tono secco mettendosi le mani nelle tasche dei jeans.Lo guardai negli occhi, non sapevo bene che cosa dirgli per non farlo uscire daquella porta.
«Voglio solo sapere... perché?» chiesi non trovando le giuste parole. Se dovevodargli un'altra possibilità volevo almeno sapere il motivo per il quale lui era andato a letto con un'altra dopo avermi detto di volerci provare con me.
«Perché cosa?» mi chiese con un mezzo sorrisino, poi tornò serio non vedendouna mia reazione, non avevo voglia di ridere in quel momento.
«Perché sei andato a letto con quella bionda?» chiesi in modo più esplicito incrociando le braccia. Caleb fu sorpreso dalla mia schiettezza e prima di rispondermi guardò terra, faceva così quando non sapeva che cosa dire, un po' avevoimparato a conoscerlo e scommetto che in quel momento era un fascio di nervicome me. Mark aveva affermato più volte che non eravamo così tanto diversi eforse non aveva tutti i torti.
«Si chiama Olivia» disse poi guardandomi. Scherzava? A me non interessavaun fico secco del suo nome.
«Non mi frega un cazzo di come si chiama» sbottai, il mio tono non era perniente gentile e Caleb non riuscì a trattenere una risata per questo. Cosa c'era ditanto divertente?! Lo guardai storto.«Scusa ragazzina» disse tornando serio, cercò di ricomporsi per quanto gli erapossibile, si passò anche una mano tra i capelli per sistemarseli. Stava temporeggiando e stavamo perdendo tempo, agli occhi di qualsiasi persona normalesaremmo sembrati dei deficienti in quel momento.
«Mi vuoi spiegare o stiamo qui a guardarci in eterno?» chiesi mettendomi unamano sul fianco. Quella situazione stava diventando ridicola.
«La seconda opzione non mi dispiacerebbe» ammise Caleb in tono basso. Erotroppo concentrata a guardarmi i piedi per accorgermi che lui si era avvicinato,lo spazio tra noi diventò in pochi secondi troppo poco.
«Sai, io ci sento benissimo, non è necessario che tu mi stia così vicino» dissisperando che si allontanasse. Potevo sentire i battiti del suo cuore, il suo respirolento, il suo profumo. Caleb stava invadendo il mio spazio vitale come aveva giàfatto altre volte e anche se non lo volevo ammettere a me stessa provavo piacerenel stargli vicino.
«Io ne ho bisogno» ammise avvicinandosi ancora di un passo. Le punte dei suoianfibi sfioravano quelle dei miei piedi, guardai proprio in quel punto dove c'era contatto tra di noi, poi alzai lo sguardo sui suoi occhi blu che mi stavano scrutando con interesse. Quando Caleb mi era vicino la mia testa non ragionava più, ionon ragionavo più e nemmeno il mio corpo rispondeva al mio volere.
«Spiegami» dissi schiarendomi la voce. Non l'avrei perdonato se non mi avessedato una spiegazione plausibile.
«Mi sono convinto, o meglio mi ero convinto del fatto che non potevo startiaccanto come avresti meritato, che non potevo darti ciò che volevi, che non erogiusto per stare in questa tua vita normale e perfetta...» disse con voce quasispezzata. Ogni sua singola parola mi rimbombò nella testa, si era fatto veramentequei problemi o voleva soltanto farmi pena? Decisi di credere a ciò che mi dicevail cuore, era stato sincero o almeno ci speravo. Caleb Graham lo stronzo, arrogante e presuntuoso aveva avuto paura di rovinarmi la vita...
«La mia vita è tutt'altro che perfetta, credimi» cercai di spiegargli. Perfetta lamia vita? Ma quando mai, all'apparenza poteva sembrare così ma non sempre ciòche appare è verità.
«Con me sarebbe ancora peggio, sai già come siamo noi attori, l'hai detto tustessa quando ci siamo conosciuti» mi disse ricordandomi le parole che gli avevodetto alla riunione prima del servizio fotografico. Ma non tutto ciò che gli avevodetto quel giorno corrispondeva a ciò che pensavo in realtà. Stavo dell'idea chetutte le persone famose fossero in un qualche modo spocchiose e arroganti e nonavrei cambiato idea, ma con lui probabilmente avevo avuto torto.«Forse non pensavo tutto ciò che ho detto» ammisi senza guardarlo in faccia,ammetterlo mi costò molto, stavo pian piano abbassando la guardia di nuovonella speranza che lui non combinasse qualche altro casino.
«Io non so che cosa sia l'amore... non l'ho mai dato e mai ricevuto» mi confessò d'un tratto senza staccare gli occhi dai miei. Quell'affermazione mi fecemancare un battito. Era la cosa più triste che avevo sentito dire in vita mia; iosapevo cos'era l'amore per la famiglia, per una persona cara, ma non quello tra unragazzo ed una ragazza... forse eravamo entrambi in difficoltà a capire i nostrisentimenti anche per quel motivo.
«A causa di tutte le fidanzate finte che hai avuto?» gli chiesi per scavare piùaffondo. Forse Caleb aveva sempre dovuto fingere di amare ma non aveva maiamato davvero, questo era quello che avevo capito dalla sua affermazione.
«Anche per quello...» disse, sembrava volesse dire altro ma non lo fece. Decisidi non spingermi oltre, il suo sguardo era sofferente nel parlare di questo, provaicompassione per lui. Capii che la sua vita non era affatto perfetta come facevacredere a tutto il mondo.
«Io non ho mai avuto un ragazzo, o meglio si ma alle medie è durata poco, duemesi mi sembra di ricordare» gli dissi, volevo fargli sapere qualche cosa in più di me e decisi di dirgli la cosa più stupida che mi venne in mente. Caleb sembròdivertito dalla mia confessione, in effetti era patetico il fatto che a diciannoveanni non avessi esperienze di un certo tipo.
«Tanto tempo insomma» disse divertito, quel sorriso... quel maledetto sorriso.Mi stava per caso prendendo in giro? Mi sentivo a disagio ad esprimermi su certiargomenti, soprattutto davanti a lui che aveva avuto così tanta esperienza contantissime ragazze.
«Non prendermi in giro, non ho mai trovato la persona giusta» cercai di giustificarmi, ero patetica.
«Nemmeno io, ma ho la strana sensazione che sia tu la persona giusta. Sei cosìspeciale...» disse prendendomi la mano. involontariamente incrociai le mie ditaalle sue, le nostre mani si incastrarono alla perfezione. Mi aveva definito speciale, io non credevo di essere così speciale, o perfetta, anzi rappresentavo l'esattoopposto. Mi ero sempre sentita imperfetta, non adatta, non all'altezza.
«Speciale?» chiesi sottovoce. Caleb non mi rispose ma mi fece alzare lo sguardo verso di lui e mi accarezzò la guancia.
«Non ho mai conosciuto una come te» disse guardando le nostre mani intrecciate. Mi aveva già detto quella cosa ma volevo di più. Che cosa ci trovava didiverso in me?
«Questo me l'hai già detto, dimmi di più» alzai lo sguardo e lo fissai intensamente. Caleb si inumidì le labbra con la lingua e il mio cuore aumentò i battiti,non ero pronta a situazioni come quella, era tutto così nuovo.
«Preferisco fare piuttosto che parlare» disse con fare malizioso. In cuor miosapevo bene di che cosa stava parlando, decisi di uscire dalla mia zona di comforte provocarlo.
«Peccato che non stai facendo niente» dissi guardandolo con aria insolente.Aveva capito che stavo giocando al suo stesso gioco glielo leggevo negli occhi.
«Prima devo sapere se mi perdoni» mi disse con un sorriso. Ovviamente sapevache l'avevo perdonato, ora però lo volevo, volevo le sue labbra sulle mie, ci eravamo baciati solo una volta e volevo riprovare quelle sensazioni.
«Ti do una possibilità, ma non farmene pentire» gli dissi appoggiandogli unamano sul petto. A quel punto Caleb mi lasciò andare la mano che teneva strettae la mise sul petto come avevo fatto con l'altra. Il suo cuore stava impazzendocome il mio, mi assaporai ogni momento, volevo ricordare tutto.
«Giuro che non te ne pentirai» mi disse mettendo le mani sui fianchi e mi avvicinò a lui. Le punte dei nostri nasi si sfiorarono, avevo il respiro corto e anchelui. In meno di un secondo Caleb annullò lo spazio che c'era tra noi. Era moltopiù alto di me per baciarlo mi misi in punta dei piedi, lui mi teneva saldamenteper i fianchi. Fu un bacio appassionato, avevamo bisogno l'uno dell'altra, le nostre lingue si muovevano in sincronia. Non avrei mai scordato il suo sapore, mierano mancate quelle labbra, il mio cuore non si decideva a darsi una calmata enemmeno il suo.
Dopo quella che mi sembrò un'eternità ci staccammo per riprendere fiato, le suelabbra carnose erano rosse e gonfie a causa del nostro bacio, ci guardammo senzastaccarci. Caleb si avvicinò al mio orecchio e un brivido mi percorse la schiena.
«Posso vedere la tua stanza?» mi chiese in un sussurro. A quella domanda miimmobilizzai, sapevo dove voleva arrivare, ma forse non ero ancora pronta ad unpasso così grande. Mi irrigidii e Caleb se ne accorse perché tornò a guardarminegli occhi.
«Adesso pretendi troppo, ti ricordo che ti ho appena perdonato» gli dissi cercando di nascondere il mio imbarazzo. Lui inclinò la testa e mi guardò con unosguardo carico di desiderio.
«E se volessi farmi perdonare come si deve?» mi chiese mordendosi il labbroinferiore. Abbassai lo sguardo. Sembrava totalmente a suo agio mentre io nonlo ero affatto, mi staccai da lui e fortunatamente non oppose resistenza, ma miguardò stranito. Ero una stupida su questo non c'era dubbio. Lo sguardo di Calebsi fece sempre più confuso, non mi resi conto di aver fatto dei passi indietro. Luicercò di avvicinarsi e io mi voltai dandogli le spalle, avevo rovinato il momento.Maledii me stessa per il mio comportamento.
«Ehi che ti prende ragazzina?» mi chiese poggiandomi la mano sul fianco, maio non mi voltai.«Niente è che...» non riuscivo a trovare le parole per spiegargli che non avevomai fatto nulla con nessuno.
«Puoi fidarti di me, che c'è?» mi chiese all'orecchio. Un altro brivido mi percorse il corpo. Averlo vicino mi faceva impazzire, ma in quel momento l'imbarazzoche stavo provando era troppo alto al punto tale che mi sarei volentieri scavatauna fossa sotto terra.
«Credimi, dirlo mi imbarazza da morire» dissi con tono insicuro. Poi decisi divoltarmi, se dovevo iniziare a frequentarlo il minimo che potevo fare era esseresincera.
«Non può essere nulla di troppo terribile» mi disse lui convinto. In effetti nonera nulla di grave, ma per me era veramente imbarazzante ammetterlo ad altavoce.
«Io insomma, non so nemmeno come dirlo... io non ho mai fatto nulla» dissifissandomi i piedi. Non ottenni risposta, dunque cercai di alzare un po' la testaper vedere l'espressione di Caleb. La mia affermazione lo aveva spiazzato ne eroquasi certa ma lui cercò di non darlo a vedere. Mi sorrise e mi alzò il mento in modo che lo guardassi.
«Niente niente?» mi chiese per accertarsi di aver sentito bene. Cavolo mi stavoagitando, la sua domanda non mi aiutò a stare più tranquilla.
«Ti ho detto nulla, dunque no» dissi io, probabilmente il mio tono era troppoduro, ma me ne accorsi troppo tardi. Caleb trattenne una risata davanti alla miaaffermazione.
«Va bene, va bene ragazzina non ti agitare» disse avvicinandosi a me, io miscostai e mi misi una mano sulla fronte, stavo sudando freddo.
«Ho rovinato tutto» dissi preoccupata, Caleb mi guardò con dolcezza, stavosbagliando tutto. "Datti una svegliata Maddy" mi disse la mia testa.«Non hai rovinato niente, vieni qui» mi disse Caleb tirandomi per un braccio.Eravamo di nuovo faccia a faccia. Lui mi cinse i fianchi in modo che non scappassi di nuovo. Non trovavo il coraggio di guardarlo negli occhi, gli guardai ilnaso, la bocca perfetta, i suoi lineamenti. Uno come lui con una come me, forsenemmeno nei film succedevano cose così surreali. Sorrisi al pensiero. Caleb midiede un bacio a stampo, sorpresa lo guardai sorridendo.
«Abbiamo tutto il tempo del mondo» disse in tono dolce. E chi l'avrebbe maidetto che Caleb Graham mi avrebbe aspettata. Chi l'avrebbe mai detto che volevaproprio me.
«Tutto questo mi sembra surreale» gli dissi per la milionesima volta da quandolo conoscevo, eravamo sostanzialmente due estranei, ma era come se ci frequentassimo da sempre.
«Dovrai avere pazienza con me, insomma ti ho già spiegato che non ci so farecon le cose serie, mentre con altro sono molto bravo» disse con tono provocatorio.Pensai a che cosa sapesse fare, me lo immaginai a letto con me e diventai subitorossa, era terribile il potere che avevano le sue parole su di me.
«Sei terribile veramente!» dissi nascondendo il volto sul suo petto. Il suo cuoreera tornato a battere regolarmente, mi diede un bacio sulla testa. Sarei potutastare tra le sue braccia per sempre.
«Non dirai più che sono terribile una volta scoperto che cosa so fare a letto» misussurrò divertito all'orecchio. Caleb non si faceva problemi ad essere diretto,l'avevo capito.
Dopo aver parlato per ore si fece veramente tardi e la mattina dopo sarei dovutaandare all'università e all'Homecoming. Caleb non sapeva di quella festa e decisidi non dirglielo. Dopo esserci baciati di nuovo lui se ne tornò a casa. Quella nottefeci sogni tranquilli. Finché lui sarebbe stato nella mia vita il mio cuore sarebbestato bene e anche io sarei stata finalmente felice.
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