CAPITOLO 19

Capitolo 19

Maddy

Finalmente il week-end era arrivato, avevo preso il bus la mattina presto ed eroarrivata alla mia "vecchia" casa alle 10:00. Il sole spendeva, scesi due fermateprima per farmi una passeggiata, passai per il solito viale alberato, il tempo sembrava non essere passato da quando me ne ero andata. Avevo lasciato la mia casaa Luglio per ambientarmi nel centro di Los Angeles, lì la vita era più freneticarispetto alla cittadina in cui vivevo un po' fuori dal centro. Era quasi fine ottobremancava una settimana ad Halloween, Alyssa stava già provvedendo ai costumiper la serata. Controvoglia accettai di andare alla festa che ci sarebbe stata all'università. Non ne avevo proprio voglia, non amavo particolarmente le feste, manon potevamo di certo mancare alla prima festa universitaria dell'anno, la cosapositiva era quella che saremmo state in costume dunque nessuno mi avrebbericonosciuta, nemmeno quella serpe di Nathalie. Finalmente ero arrivata a casa,devo ammettere che mi mancava vivere con mamma e Hope, ma amavo il fattodi essere indipendente, avevo il mio appartamento i miei spazi e questo mi faceva impazzire di gioia. Suonai il campanello e mamma mi aprì subito. Eccola lamia migliore amica, il mio punto di riferimento per tutto. 

«Tesoro finalmente ti stavo aspettando! Com'è andato il tragitto?!» mi chieseabbracciandomi, sarei potuta stare tra le sue braccia per sempre. Dovevo raccontarle di Caleb avevo bisogno di parlare e spiegarle quello che era successo. Glieneavrei parlato proprio quella sera. La prima cosa che volevo fare però era portareHope a fare shopping. 

«Sono così felice di vederti... È andato tutto bene, ovvio che se avessi la macchina ci metterei meno» le dissi ricambiando l'abbraccio, il suo profumo per meera casa. 

«Entra dai, dammi la borsa» mi disse, le passai la borsa con all'interno i cambiper i due giorni che sarei stata lì. Mi guardai intorno, non c'era traccia di Hope. 

«Dov'è Hope?» chiesi sperando che non fosse a casa della sua amica Melissa.Poi ci ragionai su e capii che era impossibile che fosse già sveglia a quell'ora,sicuramente stava ancora dormendo ci avrei scommesso. 

«È di sopra sta dormendo. Ieri sera è andata al compleanno di Elena ed è tornata tardi» spiegò mia madre. Ecco appunto. Ah la mia sorellina faceva già tardi adodici anni, eravamo messi bene insomma. Devo dire che non ci assomigliavamo molto caratterialmente, lei era un po' libertina nonostante la sua giovane età,mentre io ero sempre stata quella più in. 

«Vado a tirarla giù dal letto» dissi avviandomi al piano di sopra. Casa mia nonera grandissima di sotto c'era un salotto con la cucina, mente di sopra due cameree un bagno. 

«Non ne sarà felice» mi disse mamma Kelly ridendo. Io risi con lei, quantomi mancava quel suono. Lei lavora sempre molto, fa l'infermiera all'ospedale, il"River South Hospital". Molte volte fa i turni di notte e torna a casa alla mattina.Quando vivevo in casa con lei cercavo di aiutarla con le faccende più che potevo,da quando me ne ero andata contavo che Hope le desse una mano almeno quandonon stava a scuola.


Bussai alla porta di quella che una volta era anche la mia camera ma non ottennirisposta, probabilmente Hope era in un sonno profondo. Mi soffermai sulla fotodi mio padre appesa al muro, mi mancava da morire, non era stato facile superare la sua morte. Distolsi lo sguardo, non era di certo il momento di mettersi apiangere. Bussai di nuovo ma niente, mi spazientii. 

«Se non apri entro senza il tuo permesso» urlai. Sicuramente era sveglia, soloche non voleva alzarsi dal letto. 

«Vattene non rompere» disse Hope urlandomi a sua volta, non mi sembrò tantoaddormentata dal tono... Che caratteraccio... Spalancai la porta e feci irruzionenella mia ex stanza. Il mio letto era al solito posto, ma alle pareti i miei postererano spariti e al loro posto... "Eh no però, anche qui no!". Una gigantografia diCaleb era appesa alla parete. E da quando mia sorella era una sua fan? Decisi diignorare quel dettaglio per quanto mi fu possibile. 

«Bel modo di accogliermi» dissi a mia sorella che nel mentre si era rimessa adormire. Pigra come al solito, almeno quello non era cambiato. 

«Ho sonno... ma perché sei venuta a svegliarmi?!» si lamentò, sapevo che inquel momento mi stava odiando, ma l'avevo svegliata per una buona ragione. 

«Perché voglio passare del tempo con la mia sorellina» le dissi io scompigliandole i capelli.«Mmm» si lamentò Hope. Mi guardai un po' intorno stando attenta ad evitaredi posare gli occhi sul poster di Caleb. Scarpe ovunque, vestiti buttati sul pavimento, libri che quasi cadevano dalla libreria. Ma c'era stata la terza guerramondiale lì dentro?«Ma che macello hai combinato qui dentro? Si vede che non ci dormo più ioqui» la rimbeccai. La risposta che ottenni fu il suo sguardo assassino. 

«Mi scusi Miss perfezione» mi prese in giro sapeva bene che odiavo esserechiamata in quel modo. Per vendicarmi e per farla svegliare le lanciai un cuscinoaddosso. 

«Aia ma che fai?! Sei proprio una rompi scatole» mi disse. Pure rompi scatoleadesso. Ma che razza di carattere aveva fatto? L'avevo lasciata solo per pochimesi. Cercai di trattenere una risata. 

«Se ti alzi ti porto a fare shopping» le dissi cercando di essere convincente,l'unica reazione che ottenni però era mia sorella che si portò le coperte fino asopra la testa. 

«Certo come no...» borbottò con tono assonnato. Che ragazzina di malafede cheera, sapeva che mamma non ci poteva dare i soldi per comprarci vestiti nuovi, maio qualche soldo l'avevo guadagnato, lei quel dettaglio però non lo poteva sapere. 

«Avevo pensato di rinnovare un po' il tuo guardaroba, ma se non vuoi rinnoverò il mio» dissi alzandomi dal bordo del letto su cui mi ero seduta. Mi diressilentamente verso la porta. Hope sentendo i miei passi si mise a sedere, finalmentepotevo guardarla in faccia. Mi soffermai sui suoi occhi blu, quanto glieli invidiavo, i miei li ritenevo insignificanti, i suoi invece, come quelli di mio padre, eranoprofondi... Anche quelli di Caleb lo erano. 

«E con che soldi? Mamma di certo non ce li darà» disse convinta Hope, proprionon ci arrivava.«La scorsa settimana ho fatto un servizio fotografico che mi ha fatto guadagnare un po' più del solito, ma non vuoi alzarti dunque... vado da sola...» dissidi fretta. Aprii la porta senza guardarla ma mia sorella attirò la mia attenzionealzandosi di scatto dal letto. 

«No, no, no, aspetta dammi venti minuti che mi preparo e andiamo» disse dirigendosi all'armadio per prendersi i vestiti. Mi faceva ridere, era veramente buffaquando faceva le cose di fretta. 

«Facciamo dieci» le dissi. Ovviamente sapevo che non sarebbe riuscita a faretutto in dieci minuti ma mi piaceva metterle fretta. 

«Facciamo venti e non rompere! Esci da qui» mi ordinò lanciandomi dietro unaspazzola. Per fortuna non mi aveva beccata, ero già uscita dalla porta. Ridendotra me e me tornai al piano di sotto. 

«Vieni in cucina!» urlò mia madre mentre stavo ancora in cima alle scale, avevaquesta brutta abitudine di urlare senza alcun motivo. Quando andavo alle superiori non avevo bisogno della sveglia, era lei a chiamarmi e anche se mi chiamavadal piano di sotto io riuscivo a sentirla comunque grazie al suo tono penetrante. 

«Arrivo non serve che urli!» dissi con tono più alto del suo, evidentementeanche il fatto di urlare l'avevo preso da lei. Scesi gli ultimi gradini saltellando e andai in cucina. Mmm c'era un profumodelizioso. 

«Allora raccontami, com'è andato il servizio?» mi chiese mamma tirando fuoridal forno una torta al cioccolato. 

«Tutto bene... si, tutto normale insomma» dissi rimanendo molto evasiva. Leimi guardò intensamente. Eccola lì, aveva già capito. 

«Mmm...» disse semplicemente. Ecco appunto, come non detto. 

«Mmm... che?» le chiesi bevendo un bicchiere d'acqua ghiacciata. 

«Non mi hai convinta con la risposta che mi hai dato» ammise senza problemi,non c'eravamo mai nascoste nulla, anzi ci raccontavamo tutto a vicenda. 

«Va bene, ammetto che non è stato un servizio normale, ti racconto tutto sta seraanche perché è una cosa veramente assurda... Ora porto Hope a fare shopping»cercai di tagliare corto. Volevo parlarle ovviamente, ma prima avevo bisogno distaccare un po' la testa da tutto quello che era successo durante la settimana. 

«Va bene tesoro, ti lascio la macchina» mi disse. Si! Non vedevo l'ora di guidareun po', avevo la patente ma non avendo una macchina avevo guidato poco dopoaverla presa. 

«Allora vado fuori a sistemare il sedile e gli specchietti, è un po' che non guidonon mi sembra vero» dissi con entusiasmo. Mia madre si diresse in salotto e iola seguii. 

«Al volo!» mi disse lanciandomi le chiavi della macchina, con mia sorpresariuscii a prenderle, solitamente i mie riflessi erano pessimi. 

«Prese!» dissi, le feci l'occhiolino, presi la borsa e uscii di casa.

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