CAPITOLO 11
Capitolo 11
Maddy
Passò una settimana da quando Caleb mi contattò, non si fece più sentire e io nonlo cercai. Non mi interessava. Quel giorno però l'avrei visto perché era arrivato ilmomento di posare per il servizio fotografico. Mi sentivo super agitata ma anchefelice, erano emozioni contrastanti tra loro: da una parte e non so il perché, erocontenta di rivedere quello stronzo, dall'altra sarei volentieri scappata a gambelevate, ma non lo potevo fare, c'erano in ballo tanti soldi e un contratto che avevofirmato solo per dar fastidio a Caleb.
L'ora di matematica durò più del solito. Ero distratta, dell'argomento nuovo nonavevo preso nemmeno un appunto e purtroppo in calasse non mi ero fatta nuovi amici, cosa che invece avrei dovuto fare. Il suono della campanella mi fecetornare alla realtà, finalmente era finita la tortura, ma probabilmente sarebberostate meglio altre quattro ore di matematica piuttosto che posare con Caleb. Erosicura del fatto che non gli piacessi e quella consapevolezza mi faceva sentire inun qualche modo insicura. Finita la lezione presi la borsa dei libri e uscii fuoridalla classe, ero talmente sulle nuvole che andai a sbattere contro un ragazzo e ilibri che tenevo in mano inevitabilmente caddero a terra.
«Scusami sono davvero un'imbranata!» mi affettai a dire al ragazzo che ancoranon avevo guardato in faccia, ero troppo preoccupata a recuperare i libri cheerano volati al suolo.
«Non ti preoccupare è stata colpa mia» disse lui aiutandomi ad alzarmi. Guardai in volto quel ragazzo che mi parve subito famigliare e poi capii chi mi stavadavanti. "Bel colpo Maddy" mi disse la mia testa. Il ragazzo a cui ero andataaddosso era Mark Ford, il migliore amico di Caleb, il ragazzo per cui Alyssastava in fissa dall'inizio dell'università. Mark è alto, non assomiglia per niente aCaleb, ha i capelli biondi che porta pettinati in un ciuffo ordinato e degli occhiscuri, niente a confronto agli occhi blu di Caleb. "Maddy torna tra noi!" mi disseil mio inconscio. Non riuscivo a parlare, ma mi ripresi poco dopo.
«Grazie» dissi a Mark con tono parecchio imbarazzato. Erano migliori amiciquei due, probabilmente si raccontavano tutto, magari Mark sapeva già chi ero. Mi feci mille domande e mi diedi mille risposte plausibili, ma nessuna di quellemi sembrava sensata. Feci un passo indietro, eravamo troppo vicini, d'altrondelui era un estraneo, era conosciuto si, ma personalmente non ci eravamo ne maivisti, ne tanto meno avevamo mai parlato. Mentre io mi stavo facendo le mieparanoie mentali, Mark mi guardò in modo strano e poi mi porse la mano.«Piacere sono Mark Ford» disse con tutta la naturalezza del mondo. "Che stupida! Come dovrebbe dirlo, è ovvio è il suo nome come vuoi che lo dica?!" ricordaia me stessa. Non gli strinsi la mano e lui la lasciò cadere lungo il fianco, sembrava divertito dal mio comportamento, io invece mi sentivo una totale deficiente.Ci guardammo in silenzio per quella che mi sembrò un eternità. Ma quanto erocretina!
«E tu sei?» mi chiese poi. Mi resi conto che stavo facendo la difficile, dovevocomportarmi in modo normale, chissà che idea si era fatto...
«Si lo so chi sei» dissi con un mezzo sorriso. Mark mi sembrò sorpreso e divertito al tempo stesso, era peggio di Caleb, possibile che dovevo far ridere tutti?!
«Io sono Madison, ma gli amici mi chiamano Maddy» conclusi. Lui mi squadròda capo a piedi per la centesima volta, ma il suo sorrisetto divertito era sparito eal suo posto c'era un espressione molto attenta. Notai come il suo sguardo fossepenetrante. Non avevo notato la sua bellezza prima di quel momento, obiettivamente era bello ma niente in confronto a Caleb. "Maddy smettila di fare paragoniinutili" mi dissi mentalmente. Dopo avermi studiata per bene finalmente si decisea parlare.
«Maddy... me lo ricorderò» disse semplicemente. "Ben per te" avrei volutorispondergli, sinceramente non mi interessava affatto se si ricordava o no il mionome. Lui piaceva ad Alyssa e quello era un motivo in più per non dargli falsesperanze. Avrei dovuto raccontare tutto alla mia amica, proprio Alyssa, la stessache doveva accompagnarmi alla Agency Devis con la macchina perché in bus ciavrei messo troppo tempo.
«Scusami ma devo scappare a lavoro» dissi frettolosamente. Stavo per andarmene ma Mark continuò a parlarmi. Ma perché continuava a perdere tempo conme?
«Ah studi e lavori, bella e pure brava» disse guardandomi intensamente. Nonvolevo essere maleducata, in fondo mi aveva fatto un complimento, dunque decisi di rispondergli.
«Non faccio niente di che, ogni tanto poso per delle foto, non è il lavoro dei mieisogni ma serve per guadagnare qualcosa» spiegai. Mark ascoltò concentrato ogniminima parola che uscì dalla mia bocca. Nel suo sguardo notai qualcosa che nonmi convinse, ma non capii che cosa.
«Anche adesso dunque vai a fare delle foto?» mi chiese. Sentivo che probabilmente sapeva già la risposta. Guardai l'orario sul display del mio cellulare, ero inritardo, Alyssa mi stava sicuramente aspettando nel parcheggio.
«Si esatto, e sono in super ritardo. Piacere di averti conosciuto Mark» tagliaicorto. Senza aspettare una sua risposta mi avviai verso l'uscita.
«Piacere mio!» urlò lui alle mie spalle.
Aspettai nel parcheggio più di dieci minuti, ma di Alyssa nemmeno l'ombra. Eroagitata se non arrivava sarei arrivata in ritardo. Decisi di chiamarla per saperedove si era cacciata, non era da lei in quelle situazioni farmi aspettare così a lungo. Dopo vari squilli rispose. "Grazie a Dio!" pensai alzando gli occhi al cielo.
«Aly dove sei?» chiesi agiata.
«Sto tornando a casa, ho quel famoso pranzo con i miei zii» disse lei in tonotranquillo. Sospirai, era uno scherzo vero? Si era dimenticata che doveva accompagnarmi, cercai di mantenere la calma per non mandarla al diavolo.
«Ma come?! Avevi detto che mi accompagnavi alla Agency!» dissi praticamenteurlando. Mi stava salendo l'ansia, non avevo la macchina e in bus ci avrei messomolto di più. Non potevo perdere altro tempo. "E ora che cazzo faccio?" mi chiesimentalmente in attesa che Alyssa dicesse qualcosa.
«Maddy cazzo, scusami, pensavo di avertelo detto...» disse in tono mortificato,poi fece una pausa e subito continuò.
«Torno indietro e vengo a prenderti» disse convinta. La sua non mi sembrò unasoluzione plausibile, mi faceva sempre da taxi, per una volta me la sarei cavatada sola.
«Aly no, stai tranquilla in qualche modo faccio, non ti preoccupare» le dissicon tutta la sincerità e la calma che possedevo. Ma in realtà in quel momento dicalma ne avevo veramente poca.
«Sei sicura? Guarda che ai miei posso dire che ho un impegno» insisté ancora.Sapevo com'erano i suoi genitori, tenevano alla famiglia e soprattutto a queipranzi tra parenti, non volevo che se la prendessero con lei. Abbassai il cellulareper guardare l'orario, erano passati altri cinque minuti, dovevo assolutamenteavvisare Carola dell'imprevisto.
«Non ti preoccupare, ti lascio che chiamo Carola per dirle che arriverò piùtardi» dissi in fratta alla mia amica.
«Mandami un messaggio quando arrivi e quando hai finito chiamami vogliotutti i dettagli» mi disse Alyssa. Non serviva che me lo dicesse l'avrei fatto comunque, dovevo assolutamente parlarle dell'incontro accidentale con Mark, main quel momento non era il caso di tirare fuori l'argomento.
«Assolutamente, ci sentiamo dopo anche perché devo raccontarti un'altra cosa»tagliai corto io.
«Va bene a dopo! In bocca al lupo!» disse. Chiusi la chiamata, feci un respiroprofondo e chiamai Carola. Dovevo dirle che sarei arrivata in ritardo, non sapevocome avrebbe reagito alla cosa, ma alla Agency erano tutti gentili, non ne avrebbero fatto un dramma o almeno così speravo. Lei rispose subito.
«Maddy tesoro, dimmi tutto» disse con il suo solito tono pacato, la adoravo.
«Ciao Carola, ascolta ho avuto un contrattempo, la mia amica che doveva portarmi lì in macchina non è venuta a prendermi, devo prendere il bus, arriverò inritardo» dissi in tono dispiaciuto, avevo paura della sua risposta. Il mio respiro sifece sempre più corto.
«Aspetta un secondo, arrivo subito» mi disse con un tono che non riuscii a decifrare. Era arrivata la mia fine lo sapevo, stava sicuramente andando ad avvertireil capo che mi avrebbe tolto il lavoro. Se poco prima la mia ansia era al limite inquel momento arrivò alle stelle. Ci mancava poco che mi sentissi male.
«Va bene non ti preoccupare» dissi evidentemente troppo tardi, Carola mi avevagià messo in attesa perché dall'altro capo del telefono non sentii nessuno. Dopoquella che mi sembrò un'eternità...
«Maddy sei ancora li?» chiese dubbiosa. Ovvio che ero ancora li, dove altropotevo essere?
«Sisi ci sono» dissi velocemente, volevo sapere che cosa doveva dirmi. Eranoarrabbiati? Avevo perso il lavoro, o cosa? Fortunatamente però la sua risposta mistupì.
«Ti faccio venire a prendere dalla guardia del corpo di Caleb, si chiama Red»disse come se fosse la cosa più normale del mondo. Che cosa?! Red? La guardiadel corpo di Caleb? Questo voleva dire che lui era già lì, mi stupii perché solitamente le stelle arrivavano in ritardo non io. "Cazzo" imprecai mentalmente.
«Carola ma non ce n'è bisogno, prendo il bus dovrebbe passare tra poco» ledissi cercando di essere il più convincente possibile, ma il mio tentativo fallìmiseramente.
«Non discuto, ti viene a prendere lui! Venti minuti, anche meno ed è lì» dissein tono autoritario. Non potevo controbattere dato che ero già in torto. La situazione era delle più buffe, colei che odiava i ritardatari era in ritardo. Decisi diarrendermi.
«Va bene grazie, sei la migliore!» le dissi. Mi era tornato il sorriso, finalmentemi sentii più tranquilla.
«Lo so! A tra poco tesoro» disse chiudendo la chiamata. Dovevo attendere perventi minuti, decisi di mettermi sul muretto vicino al cancello dell'entrata e mimisi a leggere un libro, quello che mi portavo sempre dietro per situazioni comequella.
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