Background
La mia camera sembra un campo di battaglia. Tutto quello che il mio guardaroba possiede è riversato in modo confusionale sul letto e sul pavimento. Dovrei scegliere cosa mettere, per sembrare, non so... un po' più carina. Nessuno di questi indumenti sembra darmi ciò che voglio. Potendo uscirei nuda, anzi, non uscirei affatto. Come ho sempre detto è inutile e umanamente impossibile discutere con Veronica.
Tasto le lenzuola alla ricerca del mio maledetto telefono. Quando lo trovo, digito il numero dell'unica persona in grado di risolvere questo problema.
Risponde al primo squillo.
<Betty Boop, problemi in paradiso?>
<No Kev, sono in codice rosso. Non so che mettere per la festa della fondazione>, biascico cadendo di peso sul letto.
<Tranquilla, il tuo stilista personale sta per arrivare>, sento la sua porta di casa chiudersi prima di riattaccare.
Tempo cinque minuti e Kevin irrompe nella mia stanza già vestito di tutto punto. Senza degnarmi di uno sguardo , inizia a scavare in quell'ammasso di stracci, fino a trovare... niente!
<Ok, direi che siamo nella merda>, sentenzia guardandomi.
<Oh grazie, adesso mi sento decisamente meglio>
<Devi rifarti il guardaroba cara, e buttare... tutto. Si, tutto quanto!>
Mi sdraio sul letto. Ha ragione dovrei andare a fare shopping, peccato che la paga del Blue&Gold non é chissà quanto.
<Dai su, non abbatterti, ho un'idea>, mi porge la mano e con riluttanza la afferro.
<Idea?>
Oggi i negozi sono tutti chiusi, dove pensa di trovare qualcosa da farmi mett...
<No! Kevin non pensarci neanche, abbiamo due stili completamente diversi>
<Non preoccuparti, troveremo di sicuro qualcosa per la nostra Betty Cooper, sempre che tu non voglia indossare i miei vestiti>
<No grazie, per stavolta passo>
Quando entriamo, troviamo Veronica intenta a prepararsi. Il mio personal shopper le spiega il problema mentre io mi sotterro lentamente.
Così, invece di avere uno stilista, adesso ne ho due.
Vorrei uccidermi... o forse ucciderli, non ho ancora deciso.
Dopo molti, e dico molti, outfit seguiti da lamentele da parte mia e incomprensioni sugli abbinamenti da parte loro, finalmente trovo qualcosa.
Dei jeans neri così stretti da far nascere in me la voglia di portarmi dietro una bombola d'ossigeno, una camicia semi-trasparente, che a detta di Veronica lascia vedere tutto e dei tacchi a spillo neri.
<Grazie>, è l'unica cosa che riesco a dire dopo essermi guardata allo specchio.
Tutti hanno bisogno di avere degli amici sinceri, dei veri amici, io sono fortunata ad avere loro.
Ci riguardiamo un attimo allo specchio e usciamo di casa a braccetto.
Il Pickens day, la festa di paese dedicata al padre fondatore della città, il generale Augustus Pickens, é ormai diventata più una moda che una tradizione.
Tutti i compaesani sono presenti, noto anche qualche uomo in giacca e cravatta che gironzola, sarà uno di quei famosi investitori della Lodge Industries di cui ogni tanto ci ha parlato Veronica.
Chissà perché da bambina la ricordavo piuttosto diversa come festa.
Stand di palloncini colorati, popcorn e zucchero filato sono presenti ogni cento metri. Il piccolo palco/gazebo é già allestito con striscioni e strumenti musicali, le famiglie scorrazzano allegre giocando con la miriade di foglie sparse al suolo.
Foglie che per poco non mi fanno prendere uno scivolone epocale, dati i miei tacchi.
Si respira aria di ingenuità e mele caramellate.
<Ragazzi, ma é sempre stata così infantile questa festa? Dove sono i cocktail, gli spogliarellisti?>
<Kev, mi sa che ti sei confuso. Ma a che razza di feste vai?>
<Mai andata a un Gay Party?>, scuoto la testa intimorita.
<Ignoralo Betty, é nato nella città sbagliata>
<Proprio così, in questo momento dovrei essere a Los Angeles a spassarmela in riva alla spiaggia, sai, li i bagnini non sono niente male, fingerei volentieri un crampo in acqua per quei muscoli che si ritrovano>
<Voi due mi fate paura, statemi alla larga!>, ridono e allungano il passo per raggiungermi.
Archie compare silenzioso con un sacchetto di popcorn in mano, senza dire una parola mi guarda intensamente e prende Veronica per mano.
Spariscono tra la folla.
Spero vivamente che non abbiano la brillante idea di scopare qui alla festa, anche se ormai da loro due non so davvero cosa aspettarmi.
Archie non mi ha degnato di uno sguardo. Ha fatto finta che non esistessi, non mi ha nemmeno salutata.
Chi se ne frega, è lui che ha problemi con le persone che frequento, di certo non io.
È strano... da bambini eravamo molto amici, giocavamo sempre insieme, soprattutto perché eravamo vicini di casa.
Dopo il divorzio del padre, un paio di anni dopo, si sono trasferiti nel South Side, da quel giorno ci siamo rivolti la parola solo per un semplice saluto.
Beh, fino a quando non ha iniziato ad andare a letto con la mia migliore amica.
Al momento stento a tollerarlo.
Dopo il suo tono accusatorio e le parole che ha detto, mi sta un tantino sui coglioni.
Kevin mi batte una mano sulla spalla, facendomi riprendere dai miei pensieri.
<Non te la prendere>
<Di cosa parli?>, faccio finta di non sapere a cosa si riferisce, ma Kevin mi conosce bene, sa già cosa penso ancora prima che sputi fuori le parole.
<Lo sai benissimo>, ecco appunto, <dai, facciamo una passeggiata>
Tutta la città è riversata qui in piazza, agghindata a festa. Oggi è un giorno di tregua anche per i conflitti che hanno da sempre caratterizzato Riverdale. Solo per oggi, non c'è differenza tra North Side e South Side.
In lontananza noto il mio incubo peggiore, camminare in linea d'aria dritto verso di noi.
Quando Kevin se ne accorge, mi da di gomito tutto eccitato.
Vorrei cambiare strada o mescolarmi con il resto delle persone, tutto pur di evitarlo. Ma sono troppo incazzata con lui per non dirgliene quattro, questa è l'occasione giusta.
Il cuore mi batte forte, ma credo sia più per rabbia che per altro. Quando ci ritroviamo faccia a faccia e incontro i suoi occhi azzurri, tutto quello che volevo dirgli, sparisce.
Cazzo!
Kevin è palesemente entusiasta di questo incontro occasionale.
<Betty, lui è Oakin>, lo saluto cordialmente e lui ricambia gentile.
<Tu scortese come sempre, vero?>, la mia non è una domanda, forse sto solo cercando di fare scoppiare la terza guerra mondiale.
Ma dovevo dire qualcosa, non ha avuto nemmeno la decenza di salutare.
<Biondina, non ti hanno mai insegnato a farti gli affari tuoi?>, la sua non risposta mi fa chiudere gli occhi in due fessure e stringere i pugni.
<Sono brava a farmi gli affari miei, ma odio le persone che hanno un carattere di merda come il tuo!>
Sento Kevin trattenere il respiro, il suo amico ridere e Jughead fare una faccia tra il divertito e il serial killer.
<Non giocare col fuoco biondina>, oh guarda, le stesse parole che ha usato il suo amichetto Archiebello.
<Magari sei tu che dovresti stare attento a non scottarti>, ribatto alzando il tono di voce.
Fa un passo verso di me, buio in volto.
Ne faccio uno anch'io.
Siamo troppo vicini, ci vorrebbe meno di un secondo per dargli un pugno, o un bacio...
arghhhh!
Ma che vado a pensare?
<Già che ci siamo, non ti sei presentato al Blue&Gold l'altro giorno, lasciandomi da sola a fare tutto quanto. Cosa pensi, che devo fare il tuo lavoro perché sono la redattrice? Non ci penso neanche, quindi cerca di venire a lavorare e di non farmi perdere tempo>
<E tu cerca di tenere a freno la lingua, coda di cavallo, e di starmi fuori dai piedi il più possibile>, si volta sparendo tra la folla, lasciandomi li, a fumare di rabbia.
Ero talmente presa a battibeccare con quell'odioso serpente dei miei stivali, da non accorgermi dell'allontanamento di Kevin e Oakin.
Ora si che sono rimasta da sola.
Porca miseria!
Mi guardo intorno, la statua del generale staglia la sua figura di fronte a me, la osservo senza prestarle particolare attenzione.
In quel momento la musica proveniente dal palco mi distrae, forse più del previsto. La calca mi assale, sono tutti felici di sentire Josie e le Pussycats esibirsi per l'occasione.
Mi spintonano di qua e di là provacandomi un capogiro.
Un mano mi copre improvvisamente la bocca e vengo trascinata di peso in uno dei vari vicoli bui lì vicino.
Un ragazzo alto, grassoccio e dagli occhi malintenzionati mi fissa con desiderio.
La paura mi assale, non riesco a muovermi.
Vorrei gridare, vorrei gridare con tutte le mie forze, ma sono come paralizzata.
Ti prego, lasciami andare!
Finalmente il mio corpo reagisce. Cerco di dibattermi ma la sua stazza sovrasta ogni mio inutile tentativo. Mi sbatte contro la parete di cemento facendomi urtare forte la testa.
Un lamento fuoriesce dalle mie labbra. Tutto inizia a girare.
La sua grossa mano rafforza la presa spingendomi il viso all'indietro. Sto soffocando senza sosta le mie urla contro il suo palmo.
Mentre tiene i miei polsi imprigionati, inizia a baciarmi il collo, lasciandomi baci umidi che mi danno il voltastomaco.
Sale dalla base del collo fino alla mia guancia destra, mi schiaccia contro il muro di peso, e infila la mano con la quale mi teneva i polsi sotto la mia maglietta.
Le lacrime iniziano a fluire senza controllo, le gambe mi tremano terribilmente.
Perché...
Perché vuole farmi questo...
Serro gli occhi per non vedere l'individuo viscido che mi sta palpando, ansimando come un maiale.
Trattengo il respiro.
All'improvviso...
All'improvviso?
Che succede?
Riecco per la vostra gioia Jughead!!!
Che sparisce subito dopo 😂
E la povera Betty? 😏
Lo scoprirete nel prossimo episodio/capitolo ✨
Bye 🖤🐍
ANGOLO DELLA MEMORIA:
Due parole in più da spendere su Luke Perry, l'attore che ha interpretato il padre di Archie Andrews, Fred Andrews, nella serie Riverdale, alla quale é dedicata questa Fanfiction.
In teoria non é prevista una sua comparsa imminente nella nostra storia, ma nel nostro piccolo vorremmo rendergli omaggio nei prossimi capitoli con qualche Cameo.
Grazie per l'attenzione e per averci seguito fin qui 🐍🖤
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