8.0
Abigail
🏎️
Non era vuoto
Principato di Monaco,
Novembre 2022
🏎️
«La rabbia repressa, scaricala in un altro modo, non sulla mia macchina Lan.» Commentò burbero Max Verstappen, rivolgendosi a Norris che aveva sbattuto con poca eleganza la portiera della sua Porsche grigia.
Kyla si staccò, dopo avermi indicato di guardare a sinistra dove scorsi la vettura del predestinato, la sua Ferrari 488. Lando, senza motivo si avvicinò a me, mettendomi un braccio intorno alle spalle e lo guardai sorridente: «Ti serve qualcosa Milkman?».
Eravamo stati invitati a casa di Ricciardo per passare una serata insieme, dato che oltre alle gare, era quasi dalla fine della pausa estiva che non ci incontravamo tutti. Max era venuto a prendere me e la mia amica, ma quando avevo aperto lo sportello dei sedili posteriori, il pilota McLaren era già seduto.
«Nuova coppia» Ci prese in giro Kyla, tirandomi una leggera gomitata sul fianco, che era occupato dalla mano dell'inglese, «Direi di entrare, devo rubare le chiavi della mia bambina.» Continuò e si avvicinò per suonare il campanello.
La persona che ci aprii la porta mi sconvolse, forse si spalancò anche la mia bocca per la sorpresa. Non bastava Charles, c’era anche Carlos. Non andava sicuramente bene per la mia sanità mentale rivedere il monegasco, ma avere il suo compagno di scuderia nello stesso posto, nella stessa stanza, mi faceva già mancare il coraggio di superare la soglia.
«Siamo al completo o deve arrivare qualcun altro?» Chiese la mia amica, forse ironizzando, ma non potei analizzare il suo tono, impegnata a guardare il mio ex ragazzo baciare lei, sul divano bianco di pelle.
«Non so quanto ti faccia bene guardare» Mi sussurrò all’orecchio il ragazzo che mi cingeva ancora le spalle, «Guarda me piuttosto, guarda Kyla o Carlos, ma non farti del male così.» Si allontanò per andare a salutare il padrone di casa con un cinque e, per evitare di osservare ancora il monegasco, mi sedetti al fianco di Max che puntava il tappeto bianco.
«Mi sa che stiamo pensando la stessa cosa.» Mi annunciai, facendo riferimento alla sera nella pausa estiva, dove qualche bottiglia si era rovesciata a terra. Quel mattino dopo avevo ricevuto la chiamata di lavoro da parte di Andrea, che mi aveva fatto tornare a Maranello.
Sembravano passati cinque minuti, invece erano tre mesi. Giorni d'estate volati come se niente fosse, tra alcol, macchine, eventi e sesso, tanto sesso. Ma il rientro dalla pausa non era stato diverso, io e Carlos sembravamo goderci appieno gli anni migliori della nostra vita, senza neanche renderci conto che forse stessimo dando poco peso alla nostra situazione.
Mi piaceva, lui. Mi piaceva come mi stringeva leggermente i capelli, quando arrivava il momento di sussurrare il mio nome sotto alle coperte. Mi piaceva anche come li accarezzava, durante i momenti vuoti. Senza motivo infilava le dita tra loro, non smettendo mai di ricordarmi quanto li amasse.
Mi piaceva anche come qualche volta, durante i nostri viaggi in aereo insieme, si togliesse una cuffietta per infilarla nel mio orecchio, volendo condividere con me un briciolo delle emozioni che anche solo una canzone poteva dargli.
Si intrippava, il mio cervello, rimanendo ancorato e cercando di affiancare a esse, situazioni diverse, situazioni che non avrei dovuto pensare.
La canzone di Carlos partiva nelle mie orecchie, ma la mia mente rifletteva è immaginava i pomeriggi in macchina con Charles, con la radio al massimo a distruggerci i timpani nelle strade di Monaco.
Lo spagnolo faceva colazione con me in Italia e io riuscivo a pensare solo alle mattine in cui il monegasco, nella sua città, si svegliava presto per andare a prendere le brioches fresche.
«Stai bene?» Mi domandò l’olandese, osservando le mie mani, che senza accorgermene, stavo cercando di distruggere. Annuii, non rialzando il volto, ma ci pensò lui, con due dita mi sfiorò il mento obbligandomi a guardarlo.
«C’è qualcosa che ti turba? È Charles? Vuoi andare via?» Mi chiese e sembrò maledettamente serio, era così strano questo rapporto. La musica era stata accesa da qualcuno, il momento mi parve un confessionale. Alzai gli occhi, puntandoli nei suoi.
«Posso condividere una cosa con te?» Lasciai che il caos mi convincesse; erano tutti nella stanza, ogni persona avrebbe potuto sentire, ma la mia voglia di liberarmi di quel peso era innaturale. Perché proprio Max? Perché mi sentivo come se potessi fidarmi incondizionatamente?
Non avevamo parlato spesso, ma per quel poco, mi sembrava di essere stata aiutata, molto, soprattutto dopo la sera in Austria.
«Puoi.» Accennò un sorriso ma sembrò pentirsene, perché trovò il modo di farlo sparire.
Stavo per buttare fuori tutto, ma la mia amica, forse un po’ ubriaca, si sedette tra di noi, mettendo fine a quella conversazione.
«Guardiamo Pirati dei Caraibi tutti insieme? Siamo in tanti 'stavolta!» Urlò sempre lei, baciando sulle labbra l’olandese, che cercò di non mostrarsi colto alla sprovvista.
«Okay, decisamente mi sono perso qualcosa.» Commentò la voce familiare, che occupava sempre più spesso i miei sogni, lo osservai, da quella distanza, trovandolo forse diverso con qualcuna al suo fianco che non fossi io, si staccò anche la musica, fu Lando a farlo, lasciando un silenzio particolare.
«Direi più qualcuno.» Risposero Daniel e Carlos all’unisono guardandomi e lasciandomi esterrefatta.
«In che senso qualcuno? Non sono stati niente.» Disse una voce che il mio cervello non riconobbe, mi girai, osservando lei con l’espressione più schifata che potessi rivolgerle.
Come osava? Qualcuno aveva fatto il suo nome? L’avevamo interpellata?
Iniziai a sospirare pesantemente, vietandomi di fare una scenata nei suoi confronti, proprio perché nel mentre entrò dalla porta anche Lewis.
Qualche minuto dopo, ci trovammo seduti sul tappeto bianco sicuramente fresco di lavanderia, dall’ultima volta che eravamo stati lì.
Sotto idea di Kyla e un mio consiglio, iniziammo a giocare ad hai mai, facendo girare una bottiglia in mezzo al cerchio che avevamo creato.
Hamilton come prima domanda chiese di alcune scorrettezze tra piloti, mentre la seconda affidata a Lando, venne suggerita da Daniel.
«Siete mai andati a letto con più di una persona che potreste incontrare abitualmente nel paddock?». Il mio sguardo corse a fulminare il padrone di casa, che sapeva, facendomi quasi perdere la presa sul bicchiere e rischiare di rovesciarlo.
Kyla sorseggiò il liquido e in un attimo di coraggio lo feci anche io, mantenendo lo sguardo su Ricciardo. La mia mente mi suggerì di averlo fatto per dispetto, ma l'espressione di Carlos mi fece pentire della mia scelta.
«Cosa cazzo!» Gridò il mio ex ragazzo rispondendo alla mia frecciatina ma quasi spaventandomi, «Abigail che cazzo stai dicendo?» Continuò senza l’intenzione di abbassare il tono.
Lui indietreggiava lento, nel salotto, come se si meritasse di essere lui quello arrabbiato. Come se fossi io ad averlo lasciato, per un altro.
«Char, ma che te ne importa?» Arrivò la sua voce, della persona che mi aveva portato via il ragazzo, che era stata migliore di me, l’aveva fatto tornare da lei.
Fu troppo e non potei più tenere la bocca chiusa: «Sì, Char, che cazzo te ne frega? Non dovevi non parlarmi più? Fallo per favore!» Replicai velenosa nei loro confronti, enfatizzando il suo nome, ripetendolo nello stesso modo della sua nuova fidanzata.
Dovetti alzarmi; volevo avvicinarmi a Charlotte e a lui, guardarlo negli occhi, vedere se sarebbe riuscito a dirmi qualcosa, qualunque cosa. Ma Max mi placcò, stringendomi le braccia e chiamando il nome di Kyla, che a sua volta chiamo Daniel.
Si fece dare le chiavi dell'auto e non fiatai, realizzando che rimanere chiusa in quel posto con lui mi avrebbe solo fatto del male. Lanciai uno sguardo a Carlos, che con un cenno della testa, stava comprendendo l'intera situazione.
«Chi è?» Chiese la mia amica dopo aver guidato fino a casa in silenzio ed essere salite nell’appartamento.
«È una cosa del 2021, ai tempi della Haas» Iniziai, passandomi una mano tra i capelli rossi: «Era un ingegnere, è un ingegnere, lo vedo ancora nel paddock qualche volta, ma non è stato nulla di che.» Raccontai una mezza verità, menzionando una storia noiosa, che anche io qualche volta scordavo.
«Domani mattina presto vado a correre, ci vediamo per pranzo?» Le domandai per smettere di parlare dell’accaduto e concentrarmi su altro, mi diede un veloce abbraccio e poi annuì, uscendo dalla porta per recarsi a casa di Max.
From: Daniel
To: Abigail
Stai bene? Sono stato uno stronzo, non credevo degenerasse così. Scusa bella.
Risposi al ragazzo di non preoccuparsi. Insomma era quasi stato divertente, avrei dato ogni cosa per sapere che cosa significasse per Charles ricevere un’informazione del genere. Perché si era arrabbiato?
A volte avevo l’impressione che a rimuginare su di lui iniziassi a girare sempre intorno agli stessi pensieri. Potevo essere ovunque, da sola, in compagnia, ma la mia mente girava in tondo, riflettendo ogni volta alle stesse cose. Mi aveva mai voluta? Si voltava, rivoltava, osservava le stesse idee, le riguardava da fuori come se passando il tempo potessero avere una risposta, darmi una nuova possibilità. Forse dovevo solo lasciarlo andare.
Tenendo fede alle mie parole, la mattina dopo, feci una veloce colazione e uscii per andare a correre per sbollentare quella notte insonne.
Superai le curve usate per il Gran Premio, passando dalla Sainte Devote, allungandomi oltre il tunnel e trovandomi spesso a chiudere gli occhi, immaginando di essere in un posto diverso, non in uno che lasciava solo ricordi.
Svoltai l’angolo, dando una spallata a qualcuno che parve arrivare alla mia stessa velocità e per poco non caddi a terra, costringendomi ad afferrare il suo braccio.
Incontrai quelle sfumature dell’iride che per tante volte ero rimasta a osservare, quel verde che avevo imposto a me stessa di non ammirare più da così vicino. I suoi occhi si spalancarono, increduli.
«No.» A stento mi resi conto di averlo detto ad alta voce e mi girai, per cambiare strada, quasi correndo nuovamente, ma questa volta lontana da lui.
Sentii i suoi passi seguirmi: «Aspetta, parliamo, per favore…» Quasi sussurrò l’ultima parola Charles, come se mi stesse pregando. Arrivai sul lungomare con ancora il ragazzo alle calcagna, mi arrestai ma senza voltarmi, rimanendo a osservare il cielo azzurro di fronte a me.
«Se hai qualcosa da dirmi, fallo.» Risposi tagliente, non riconoscendo quasi il tono della mia voce.
«Abigail.» Pronunciò il mio nome, marcando il suo accento francese come aveva imparato che mi piacesse, ma non era suo diritto, provare a tornare indietro.
«Non l’ho mai toccata» Iniziò facendomi irrigidire, «Non l’ho mai toccata quando stavamo insieme. Mai. Non avrei potuto e… Non posso. Però tu l'hai fatto…» Disse da dietro alle mie spalle, sofferente, lasciando in sospeso le sue ultime affermazioni. In colpa, mi sentivo, dannatamente in colpa, ma tu perché non puoi Charles?
«Non mi interessa. Non funzionavamo, giusto? L’hai detto tu e ci ho riflettuto, sai? Non siamo esistiti, non devi parlare di qualcosa che non c’è stato.» Annunciai arrabbiata, questa volta guardandolo. Doveva leggermi, aveva imparato a farlo, doveva capire che non stavo scherzando, che non volevo niente da lui, neanche le sue parole, le sue scuse, niente.
«Volevo che lo sapessi.» Disse e mi precedette, andandosene senza rivolgermi neanche un ultimo sguardo.
Ed era vero che il vuoto non era vuoto.
Passavi la tua intera vita versando nel tuo cuore così tanti sentimenti, che quando veniva riempito solo di quelli brutti e non lasciava spazio ad altro, ti ritrovavi così pieno, da essere vuoto.
Una campana di vetro, anch'essa vuota, ma piena d'aria.
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Heylaaaaa buon pomeriggio amici miei belli❤️
Come state?
Io sono molto fiera di questo capitolo, spero sia piaciuto anche a voi!
La situazione è un po' particolare qui, tra Carlos, Charles... Ma rispetto a Super Max, avete scoperto che la mattina dopo la serata a casa di Daniel, Abigail e il monegasco si sono incontrati👀
C'è sempre qualcosa che non sapete, soprattutto perché tra poco arriverà il momento dell'ultima gara di stagione e ci ricordiamo cos'è successo?
Ve lo ricordo io con qualche emoji:
🧍🤜🚶
Morta
Comunque spero come sempre che la storia vi stia piacendo, tra poco ne arriveranno delle belle, soprattutto una certa ragazza di Torino 👀 Ovviamente non potevo non omaggiare la città con un personaggio✨✨
Ed era vero che il vuoto non era vuoto, ci avete mai pensato? Ci lamentiamo qualche volta, nei momenti peggiori, di sentirci vuoti. Ma lo siamo mai davvero?
L'aria siamo, l'aria che ci manca nei polmoni quando il respiro è troppo grande per essere fatto. Ma la stessa aria, che esiste in una campana vuota, perché mai davvero vuoti siamo.
Se avete qualche dubbio, scrivetemi sempre❤️ ci vediamo lunedì(il mio compleanno✨) con il nono capitolo!
Ho lasciato un box per le domande su Instagram, se vi va di darmi un parere, come al solito ✨
Instagram: mybrightshadow.wattpad
Tik Tok: ire.stories
Grazie per leggermi sempre❤️
A presto,
ire
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