23.0 & Ringraziamenti

Abigail

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Sono Cenerentola?

Principato di Monaco,
Dicembre 2022

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Sorseggiando velocemente lo champagne dalla flute, lo spagnolo entrò nel mio campo visivo, venendo salutato subito da Max, che gli diede un mezzo abbraccio, io rimasi in silenzio ancora a braccetto con Lando.


La vidi, al fianco del ragazzo, Beatrice. Indossava un abito nero che le stava fin troppo bene e quasi cantai vittoria, al pensiero di non averlo messo dello stesso colore.
Spostai gli occhi verso il basso, venendo attirata dalle loro mani intrecciate e senza che potessi controllarmi, spalancai le pupille, incontrando quelle di Carlos.

«Ciao ragazzi, come state?» Abbracciò ognuno di loro, evitandomi volutamente, «Lei è Beatrice.» La presentò, anche se tutti sapevamo chi fosse, avendola conosciuta a casa di Daniel per la festa di Natale.

«Abigail, vieni a prendere da bere?» Mi chiamò Norris, volendo salvarmi come al solito dalla situazione ma venni bloccata dalla mano tesa della ragazza con i capelli corti. La strinsi, obbligando il mio viso a tirar fuori la più finta espressione. Mi riuscii, tant'è che presi il braccio del pilota McLaren e mi feci allontanare da quel tavolo.

Le luci soffuse della stanza, rendevano meno caotica la situazione, nonostante fosse stracolmo di gente. Il ragazzo ordinò un altro calice anche per me, passandomelo subito dopo averlo ricevuto.

«Grazie» Iniziai alzando il bicchiere, «Per questo, per prima, per tutto Lan.» Cercai di sorridere, nonostante la situazione mi mettesse a disagio.

«Ma di che cosa?» Mi rispose con un risolino, «Sempre qui se hai bisogno, bella.» Mi mise un braccio intorno alle spalle amichevole. Cercai con gli occhi le mie due coinquiline, trovandole a parlare con due ragazzi dall'altro lato della stanza, ma non riconoscendoli lasciai perdere.

«La mia rossa! Ciao Abi. Lan.» Ci abbracciò alle spalle Daniel, riapparendo dopo più di due ore da quando avevamo attraversato l'entrata.

«Stavo parlando con il mio agente. Sì, la sera di capodanno, questo non dorme mai.» Sbuffò annoiato, ingoiando il liquido del suo bicchiere a poco a poco.

Ruotai la testa, tornando a guardare Carlos e Beatrice, ma la mia attenzione venne catturata da lui, in un completo nero e una camicia bianca al di sotto. Charles Leclerc mi colse in flagrante a osservarlo e, malizioso, mi fece l'occhiolino, facendomi alzare gli occhi al cielo.

L'avevo sentito, il brivido al ricordo delle sue labbra sulle mie, delle carezze nei posti che amavo di più.
Sapevo che lo stava pensando anche lui e Max al suo fianco, aveva nuovamente iniziato a osservare con un sopracciglio alzato, con curiosità. Questo mi convinse a roteare verso i due piloti McLaren, anche se uno lo era ancora per qualche ora.

Li trovai intenti a scrutarmi, non mi ero neanche accorta che avessero smesso di parlarsi: «Cosa c'è?» Sbuffai, invitandoli alla verità, sentendo i loro sguardi indagatori addosso.

«Siete stati a letto insieme?» Domandò Daniel, allo stesso modo di come qualche giorno prima aveva fatto l'olandese.

«Perché tutti quanti pensate che siamo stati a letto insieme?» Alzai le braccia per reclamare spiegazioni.

«Allerta spoiler: lo capirebbero anche i muri.» Mi sussurrò Lando all'orecchio facendosi sentire anche dal riccio, ma questa volta osservando Leclerc con un sorrisetto, come se stesse facendo chissà che avenches.

«Sei una merda, amico.» Scoppiò a ridere l'australiano e dovetti unirmi a lui, dando le spalle al tavolo.

«Abigail.» Mi chiamò la voce di Lewis, non l'avevo neanche visto arrivare.

«Tutto bene?» Mi trovai a chiedere, confusa dall'espressione che regnava sul suo volto. Non sembrava tranquillo.

«Dipende, i due ragazzi che vedi insieme a Kyla e Adalia... Soprattutto quello con Ky, dille di non fidarsi. Sono già usciti con alcune mie frequentazioni, solo per il gusto di farlo.» Mi raccontò, facendomi intendere con lo sguardo che fossero state più volte e non fosse finita bene.

Osservai prima la sua espressione, che seria rimaneva inchiodata sulla sagoma dal vestito rosso e mi voltai, per prestare davvero attenzione alla scena.

«Grazie Lewis, appena usciamo da qua, le spiego tutto.» Sorrisi ancora concentrata verso le due, che rilassate parlavano da molto tempo.

Il ragazzo tornò al suo posto, lasciando che avessi qualche minuto prima della mezzanotte libero per andare in bagno. Avvisai i ragazzi, lisciando il vestito verde prima di incamminarmi verso quel corridoio che sembrava allontanare anche la musica.

I servizi erano liberi; le persone non potevano rischiare di fare ritardo al conto alla rovescia. Camminai, entrando in una delle porte e, cercando di impiegare il minor tempo possibile finii, uscendo per andare verso i lavandini.

Iniziai a sentire il conto, le urla dei numeri, ma non era una cosa che amavo particolarmente, non essere presente non mi avrebbe cambiato la vita. Perfino le luci del bagno si abbassarono, confondendomi a cercare il getto d'acqua in quella poca luce, facendomi credere che fosse così anche in sala.
Mi asciugai con i panni di carta, sentendo la porta cigolare aperta da qualcuno.

Due mani mi sfiorarono, familiari, percorsero la mia sagoma, partendo da sotto ai seni, fino ad arrivare sui miei fianchi. Mi si bloccò il fiato a sentire l'odore emanato solo dalla sua pelle.

«Ti nascondevi?» Mi sussurrò all'orecchio, leggero, soffiando delicato e causandomi diversi fremiti nel corpo. Misi il mio palmo sul suo, quasi per obbligarlo a non staccarsi.
Mi sentivo strana, volevo assolutamente averlo, toccarlo, indossarlo in ogni mia giornata, ma sembrava ingiusto, come se non lo meritassi.

«Forse.» Sussurrai in quel silenzio, con la musica lontana, le persone anche e solamente noi, troppo vicini, di continuo.

Mi girai, guardando il verde che tanto amavo da breve distanza, Charles Leclerc appoggiò entrambe le sue impronte sulle mie scapole, iniziando a farle, ancora una volta, scendere sulla mia pelle, sulla mia schiena.

«Lo sai che ti trovo sempre, no?» Fece sfiorare i nostri nasi e mostrandomi solo lui nell'oscurità, perché tutto aveva perso significato, era diventato inutile, vuoto. Eravamo solo noi.

I suoi palmi calarono verso le mie natiche, causando in me un sospiro forte, che lo fece sorridere.

«Lascerò che non significhi niente» Ripeté la frase di qualche giorno prima, «Se è questo che vuoi, ma non posso starti lontano. Cazzo Abigail, proprio non posso.» Si avvicinò, pronunciando in un sussurrò quelle parole piene di malinconia. Non posso starti lontano neanch'io.

Rimasi zitta, solo alcuni respiri più pesanti di altri mi uscirono dalla bocca, per la sua vicinanza. Infilai le mani nei suoi capelli, avvicinando le sue labbra al mio collo e dandogli il consenso per qualunque cosa avesse voluto. Iniziò a lasciare baci bagnati sulla cute, ma la musica che si era alzata mi risvegliò.

«Però non qui.» Ci guardammo, flemetici, decidendo che saremmo andati via da quel posto nel minor tempo possibile. Uscimmo dalla porta dei servizi, mi tirò dietro di sé non mollando la mia mano neanche un secondo, osservando come stessimo andando dalla parte opposta della sala.

Spinse una porta antipanico, forse facendo scattare qualche allarme, ma non importava, non adesso.

«Io ho la macchina qua.» Lo avvisai quando entrammo nel parcheggio.

«Torno a prendertela più tardi.» Mi sorrise, guardando le nostre mani legate. Riprese a camminare verso la sua Ferrari 488, quella macchina mi incantava ogni volta allo stesso modo.

«Posso...» Iniziai venendo interrotta dal suo posare le chiavi nelle mie mani. E quasi corsi, aprendo la macchina per salire nel posto del conducente.

Lui entrò, sedendosi al mio fianco, alzai leggermente il vestito, per non avere le gambe impossibilitate e bloccate, poi mi venne in mente che le décolleté non erano il massimo per guidare.

Le tolsi una a una, ridacchiando e voltandomi verso il ragazzo, che era rimasto incantato a guardarmi. Le prese, in silenzio, leccandosi il labbro inferiore.

«Vai, subito, piuttosto pago una multa.» Serio mi osservò, perciò non persi tempo, ingranai la marcia e partii, eccitata all'idea di tutta la situazione.

Lo volevo, in generale.
Lo volevo al mio fianco mentre guidavo, al mio fianco per andare a correre, vicino a me nel mio letto, lo rivolevo.
Anche se era ovvio pure a me stessa, che non avevo mai smesso di farlo.

Avevo cercato distrazioni, persone che potessero cancellarlo, ma perdendomi nella confusione, avevo mescolato tutto, non avendo neanche il tempo di realizzare che lo amavo, ancora, senza aver mai smesso.

Feci manovra veloce per parcheggiare e scese per primo il pilota, arrivando alla mia portiera, aprirla e inginocchiarsi con una scarpa in mano, l'altra era appoggiata a terra. Si era tolto la giacca, lasciando i primi due bottoni della camicia aperti; i suoi occhi brillavano, luccicavano.

«Sono Cenerentola? Stai verificando che io sia la ragazza giusta?» Lo osservai divertita, ma con un velo di serietà.

«Solo la scarpetta di cristallo potrà confermarlo, Abigail...» Mi chiese di allungare il piede e lo feci, senza dubbi entrò, facendomi alzare lo sguardo verso di lui, che prendeva l'altra e me la infilava.

«Andiamo?» Domandai uscendo dall'auto e chiudendola con il telecomando. Lui annuì, e dopo poco ci trovammo nell'abitacolo dell'ascensore.

«Che ricordi...» Si riferì a quando eravamo rimasti bloccati, però forse la tensione nell'aria era ancora più forte di quel momento.
Spalancò la porta di casa, chiudendola alle nostre spalle e si girò verso di me.

«Vederti guidare la mia macchina... Rimane una delle cose più belle che io abbia mai visto.» Si avvicinò ancora di più, ma aveva già il mio consenso, infatti mi baciò.

Le nostre labbra si unirono, tornando a farmi formicolare la pancia. Con Charles parevo ancora una ragazzina in preda al suo primo bacio: lasciava mille brividi sulla mia pelle.

Camminammo verso la camera, quasi inconsciamente, come se i nostri cuori spingessero a incontrarsi lì, dove le emozioni erano allo scoperto, insieme ai nostri corpi.

Mille volte avevamo testato le nostre pelli, ma non era mai uguale, niente con lui restava monotono, mai. Sembrava evolversi sempre.

Mi mostrò il cielo, abbracciato a me, dimostrandomi che insieme avremmo potuto arrivarci senza troppi convenevoli.
Chiamò il mio nome molteplici volte, alcune chiedendomi di restare con lui, altre mi confermava che non sarebbe scappato. Mai più, da me.

«Io ti amo.» Mi sussurrò nella delicatezza del momento, «Potrai forse non ricambiarmi ma, ti amo perché vivere è così incerto che qualunque cosa accada voglio passarla con te.» Ritornò al discorso di mesi e mesi prima, rallentando i suoi movimenti e prendendomi il viso tra le mani.

«Voglio che sia così incerto, da girarmi, guardarti e capire che io e te saremo sicuri di noi» Continuò stupendomi che ricordasse ancora le stesse frasi, «Non ho mai smesso di amarti.» Non si aspettò una risposta, riprese a stuzzicarmi, riaccendendomi.
Le sue spinte divennero più veloci, concrete, tanto da farmi scappare il suo nome più volte dalle labbra, catturate da lui ogni secondo.

«Credi che io possa aver smesso di amarti?» Sussurrai, quando qualche momento dopo mi accolse in un abbraccio, coprendomi con il lenzuolo per non farmi prendere freddo.

«Sono stato un bastardo.» Guardò il soffitto, serio.

«Ti amo» Dissi solamente, «Ti amo, Charles.» Ripetei, non vedendolo muoversi.

Sbatté le palpebre più volte, questa volta girandosi.

«Non posso neanche pensare che tutto ciò non sia significato niente. Non è quello che voglio da te» Ripresi le sue parole nel bagno del Grimaldi Forum, «Voglio noi. Perché ti amo.» Ammisi alzandomi seduta, tendendo la coperta addosso. Lui fece lo stesso, gli occhi verdi si erano schiariti, facendo sparire la maliziosità che c'era prima e lasciando posto a qualcosa di più profondo.

Poi mi baciò, azzerando tutte le mie preoccupazioni.

Mi svegliai tra le braccia del monegasco, avendo completamente dimenticato cosa significasse dormire con lui. Mi rendeva serena, dopo tanto tempo tranquilla.

Mi alzai, volendo preparare qualcosa da mangiare ma il pianoforte mi attirò, facendomi camminare verso di esso. Mi sedetti, con una sola maglietta addosso, che arrivava a coprire anche le gambe in quella posizione.

Liberai i tasti, dando modo all'aria fresca di accedere anche a loro, come d'altronde stava succedendo nella mia vita.

Mi feci trascinare dal momento, dalla luce del sole che entrava dalla finestra, dai sentimenti che esagerati uscivano anche dal mio petto, per quanti fossero.
Corsi con le dita su quei rettangoli bianchi, alternando con i neri, chiudendo gli occhi.

Sospirai, appagata da quella melodia insignificante, nuova, arrivata anch'essa come una piccola onda dal mare; insicura, si avvicinava alla sabbia, bagnandola.
Così riscoprii la leggerezza. Nel vivere la mia vita, nel suonare uno strumento che mi mancava da tanto tempo.

Qualcuno si sedette al mio fianco, la sua spalla nuda toccò la mia, gradualmente, le sue mani presero possesso dell'altra metà del piano, incrementando l'armonia. Completa, era questa canzone inventata, giusta.

Ci trovavammo come due elementi perfetti per essere mischiati. Due componenti così simili da esser quasi unici.

Andammo avanti a riprodurre quel suono, ma quando finì, sembrò moltiplicarsi nella stanza, occupandola insieme ai nostri sentimenti, come i nostri occhi, che in quel momento si osservavano.

Si avvicinò a me, lento, posò le dita sul mio viso, guardandomi con una luce negli occhi che non compresi, ma amai.

Mi baciò, sigillando la promessa di voler stare insieme, di volerci girare nelle incertezze e trovare come sempre noi stessi a farci da spalla.
Sentii però vibrare il mio cellulare in cucina, che ci interruppe.

«Torno subito.» Sorridente mi alzai, prendendomi un'ultima carezza sui capelli dal ragazzo.

«Kyla?» Domandai leggendo il nome della mia amica sullo schermo.

«Sei con Charles, vero? Non mentirmi, cattiva.» Udii la sua voce, che era contagiata da qualche tipo di allegria. Incontrai gli occhi del nominato, che mi guardava contento, pareva ammirarmi e mi sentii arrossire.

«Sì. Giuro che ti spiego tutto appena torno.» La avvisai colpevole, facendo un cenno verso Charles e provando a fargli capire la piega della chiamata.

«Io devo raccontarti una cosa, ma non dirlo a nessuno, finché non inizia voglio che sia una sorpresa.» Mi disse, con un tono felice ma allo stesso tempo divertito.

«Netflix mi ha presa per Drive to Survive.» Gridò, perforandomi un timpano.

The End.

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Finito, compiuto, completo, concluso.

Smooth Operator finisce qua, la storia di Abigail, Carlos, Charles, termina qui.
Un viaggio lungo tempo, capitoli, pensieri, emozioni.
Quando dico emozioni, lo penso davvero, anche per me.
Riempire una storia immaginaria, che non hai provato, porta a un duro lavoro. Immedesimarsi in quella cosa che non conosci e chiedersi: fosse accaduto a te, cosa faresti?
Sceglierei un finale come questo, corretto per la linea dei pensieri dei miei protagonisti. Completo, per le scelte che hanno fatto dal primo momento in cui gli ho dato una voce.
Charles è solito a sbagliare, trova una ragazza che dopo averlo superato, fa errori anche lei, distrugge altre persone, come lui ha fatto con lei.
Una volta in Super Max ho scritto che lo specchio fa paura, spaventa, dopo un po' a guardarsi negli occhi ci si annoia. Ma è anche lui stesso, che può capirti.
Charles e Abigail, forse neanche si meritano l'uno per l'altro, proprio perché non dovrebbero essere lì, felici, mi ricordano che le cose impossibili sono le migliori. Si gustano meglio, appaiono più corrette.
E non si tratta di un fatto di correttezza, ma... Quanto sarebbe stato corretto se Abigail avesse scelto Carlos? Zero. Lo dico dalla mia pazza mente che li ha inventati eh...
Ho dovuto chiudere gli occhi, allontanarmi dalle preferenze e pensare.
La verità è che Carlos è stato risucchiato dall'uragano Abigail, un po' come Lando.
Carlos si è trovato in qualcosa di più grande di lui, scelto solo perché il gusto del gelato preferito della rossa non c'era. Cattivo da dire? Realistico per me.
Carlos si è trovato protagonista di una storia che non gli apparteneva, perciò si è dovuto alzare le maniche e scrivere una trama. La sua trama.
Questo rende Abigail una brutta persona? La rende solo umana.
Ho ricevuto tanti commenti su di lei, ma una persona con più opzioni non deve necessariamente avere le idee chiare. In amore non c'è chiarezza, non subito, non se non lo vuoi davvero.
Carlos ha scelto la felicità, perché tutti ci meritiamo di riceverla, di assaggiarla, di provarla. Avrà fatto male, ma in fin dei conti, ora starà bene e se non sarà con Beatrice, sarà con un'altra o perfino da solo.
Un finale necessario, anche se è solo una fan fiction...
Ma credo che le storie in generale, di questo genere, abbiano bisogno di farci tornare con i piedi per terra qualche volta.
La vostra ire vi vuole bene, per ogni opinione, ogni commento e forse... Potete amarmi un pochettino perché questa storia non è finita male 👀

Abigail e Charles insieme,
Kyla che lavorerà per Netflix e parlava con le persone sbagliate👀,
Carlos con Beatrice,
Max?? Che non si perde un solo attimo di quello che fa Kyla.
Dan? Che la notte di capodanno parlava al telefono con il suo agente 👀
Chi manca?
Direi che il resto lo scoprirete nel prossimo volume🤫

Ringrazio ognuno di voi, che per un secondo, un minuto, un pomeriggio, ha letto qualche riga scritta da me, tornando ogni volta qua per gli aggiornamenti. Vi voglio bene, vi sono grata per ogni parola (anche per gli insulti), ogni frase dedicata a quello che ho pubblicato qui!
Siete speciali❤️

Un grazie alle mie amiche che come sempre non hanno fatto altro che supportarmi, non smettendo di aiutarmi. MadGeneration burned_street ChiaveDiSol @voidasia ❤️

Adalia Blevins e Daniel Ricciardo torneranno👀

Torneranno tutti, come sempre, scoprendo retroscena di queste storie che lontane dai riflettori, vanno avanti e si evolvono! Vi aspetto nel quarto volume✨

Ho lasciato un box per le domande su Instagram, se vi va di darmi un parere, come al solito ✨

Instagram: mybrightshadow.wattpad
Tik Tok: ire.stories

Grazie per leggermi sempre❤️

A presto, prestissimo,

La vostra ire❤️

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