10.0
Carlos
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La mia musa
Maranello, Italia,
Dicembre 2022
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«Perfetto così, ora girati di lato e alza il mento.» Mi intimò la fotografa in italiano, rimanendo dietro all'obiettivo, dicendo poi ai ragazzi di accendere le luci bianche puntate sullo sfondo.
«Così?» Domandai seguendo le sue istruzioni e cercando di mostrare uno sguardo serio.
«Sì, va bene. Questa era l'ultima» Annunciò, «Voi altri potete andare, Carlos vuoi vedere le foto?» Mi chiamò dopo, con la sua voce sottile.
Annuii, sperando che mi vedesse, io con quelle luci puntate sul volto stavo iniziando a perdere la vista.
Ero fortunato, che sul mio viso non fosse rimasto alcun segno del pugno di Charles, se non per un piccolo taglio, che con l'andare avanti dei giorni era pressoché sparito.
Ma quello nel mio petto era rimasto, quello squarcio così grande che non mi faceva vivere bene con me stesso.
Ero interessato alla fidanzata di Leclerc, o meglio, addirittura ci andavo a letto. Sei uno stupido.
Ripensai all'unica telefonata che avevamo avuto io e lei; strana, due voci distaccate, pensierose. Eravamo in due mondi diversi, ma la persona che pensavamo era la stessa.
A volte dimenticavo che Abigail fosse stata con Charles, imponevo al mio cervello di far sparire ogni ricordo. Forse ti sentivi meno in colpa così?
No, perché appena lasciavo che la mia mente riflettesse, quasi mi obbligavo a prendere le distanze da lei.
Ma non potevo. I nostri corpi erano due calamite, della colla per i fogli, in due non riuscivamo mai a fermarci. Ed entrambi avevamo accettato le conseguenze, più e più volte avevamo osservato negli occhi dell'altro l'incertezza, che era sempre sfumata in sussurri sotto alle coperte.
Come potevo lasciare andare qualcosa che mi stavo vietando di amare?
Mi avvicinai, colpito dall'odore floreale della ragazza, scorgendo dei capelli corvini che non avevo notato prima dietro ai tanti obiettivi.
La osservai di profilo, aprire la cartella delle immagini nel computer appoggiato su un tavolo. Il naso era quasi all'insù, mentre una pelle fin troppo chiara contrastava i capelli corti fino a sotto il mento.
«Questa è quella venuta meglio.» Mostrò la fotografia in questione, con un sorriso sul volto. Effettivamente non capivo nulla di macchine fotografiche, ma era come se accentuasse i difetti, rendendoli interessanti.
«Mi piace molto.» Constatai, guardando lei, trovandomi a sopportare la potenza del suo sguardo, una volta che i suoi occhi incontrarono i miei.
«Sono Beatrice Vetro.» Allungò il palmo verso di me, marcando l'italiano e stupendomi per la particolarità del cognome.
«Vetro?» Domandai e mi rispose con un sorrisetto: «Interessante.»
«Io sono Carlos Sainz.» Le strinsi la mano, trovandola congelata. Era insolito perciò continuai: «Fredda come il vetro, Beatrice.» Ridacchiai alla prima frase stupida che mi venne in mente, come per cancellare le mie parole idiote.
«So chi sei, sono tifosa della Scuderia.» Mi rispose e mi accorsi di avere ancora la mano nella sua, ma per qualche strano motivo non la staccai.
«Sei di qui?» Dovetti domandarle, come se la mia curiosità non avesse limiti.
Erano i capelli? Forse la voce o gli occhi? Non riuscivo a capire cosa mi attirasse, tanto da cercare di continuare a non far spegnere la conversazione.
Il suo sguardo era congelante, quegli occhi così scuri che sembravano inghiottirti, dello stesso colore dei capelli. Era bellissima.
«No, di qualche regione più a nord. Sono di Torino.» Aggiunse, facendomi ricordare il punto dove si trovasse sulla cartina geografica. Non era molto vicino a Maranello.
«Non l'ho mai vista, ma conosco il nome.» Risposi pensieroso ma il mio volto non riusciva a spostarsi di un millimetro, rimanendo su di lei. Che stai facendo? Sentivo la voce di Abigail chiedermi, non lo so.
«Ci credo, prima capitale d'Italia, Carlos.» Si beffò di me, facendomi ridere contento. Non avevo visitato particolarmente il paese, se non per la capitale della moda, la sede della Ferrari e la casa che possedevo fuori città… Avrei dovuto rimediare.
«Carlos, ti ricordi che alle due dobbiamo essere a Milano? É tra tre ore, non possiamo fare tardi.» Mi rispose mio cugino, nonché manager. Quel pomeriggio ci sarebbe stato un evento in centro a Milano per un marchio e mi avevano invitato ad assistere alla sfilata.
«Okay, allora andiamo. Ciao Beatrice.» Mormorai prima ancora di voltarmi verso di lei.
«Ci vediamo lì.» Mi rispose la ragazza, girandosi e andandosene oltre la porta. Portandosi via solo la macchina fotografica, come se le appartenesse. Che cosa intendeva?
Come al solito, mi trovai a viaggiare in aereo con la stessa frequenza di quanto usavo la macchina. Scendendo dal velivolo, mi trovai a pranzare velocemente, dovendo poi recarmi in zona del Duomo.
Un SUV nero, con i vetri oscurati ci accompagnò fino al luogo, parcheggiando di fronte a esso e non appena aprii la portiera, una folla di persone iniziò a gridare il mio nome, chiedendo una foto e qualche autografo.
Cercai di fare più velocemente possibile, osservando la felicità di alcuni ragazzi per una firma su un cappello o una maglietta. I fan italiani erano speciali; non sapevo descrivere l'emozione che guidare per la Scuderia mi dava, ma era più semplice chiarire quando amassi rapportarmi con i tifosi della rossa. O almeno, per quelli a cui piacevo…
Era capitato troppo spesso che non volessero una mia vittoria, pareva che nessuno o pochi, apprezzassero una mia vincita. A volte, vivere nell'ombra di Charles Leclerc era faticoso.
La mia salute mentale mi salutava, allontanandosi da me, accorgendosi che forse, non ero abbastanza per competere con la sua bravura. Forse era solo una verità che dovevo accettare.
Dopo qualche momento entrai nello stabilimento, trovando il mio posto in prima fila nel lato destro della passerella. Osservando mio cugino sedersi al mio fianco, notai Pierre Gasly arrivare verso la mia direzione sorridente, con al fianco la sua fidanzata Francisca. Indossava un completo blu, con una camicia bianca.
«Ciao, amico. Anche tu qui?» Mi domandò una volta avvicinatosi, occupando la sedia vicino alla mia, mentre alcuni fotografi iniziarono a girare per la stanza a immortalare i volti degli invitati.
«Sì, non sapevo venissi.» Risposi in modo strano, fin troppo strano per me. Charles aveva raccontato al suo migliore amico che cosa era successo?
«Pensa, io non sapevo che ti interessasse Abigail.» Mi confermò la mia teoria, rispondendo a tono, e cambiando immediatamente espressione, come se il torto l’avessi fatto a lui.
«Okay, ti ha raccontato.» Alzai le mani in segno di resa, non volendo iniziare una lite di fronte a tutti quei giornalisti.
«Guardate in camera!» Ci interruppe il tono di una fotografa, facendoci scattare verso di lei e avvicinarci, come se non fosse successo nulla.
La vita da persona famosa funzionava così, fingevi, mostravi agli altri una vita che non avevi, rapporti che non esistevano davvero. Girava tutto intorno al sorriso più falso, quasi non riuscivo neanche io a riconoscermi, realizzare quando stessi simulando qualcosa.
Era una routine; ti svegliavi anche nella tua mattina peggiore e per la gente eri perfetto, solare, felice.
Riuscivo a ricordare l'ultima spensieratezza che avessi avuto? E perché era proprio con Abigail?
La rossa era una valvola di sfogo, per entrambi. Non mi avrebbe mai visto come qualcuno da avere al suo fianco, aspettava ancora un'unica persona per sé stessa. Lui l'aveva marchiata, come ceralacca per sigillare le buste.
La custodia rimaneva chiusa, in attesa che quel qualcuno tornasse. Ma io potevo aspettare che fosse pronta per me? Potevo immaginarla con me, invece che con lui? La risposta era no, ma avrei potuto aspettarla…
Anche nel silenzio, anche nella circostanza peggiore, nella non possibilità, erano come il filo di un caricatore che doveva necessariamente essere attaccato alla corrente. Uno era il cavo, l'altro la presa. Funzionavano solamente insieme.
Ma sembrava confusa, confondeva anche me. Mi guardava con gli occhi lucidi, con delle emozioni all'interno dell’iride che non sapevo leggere, capire. Qualche volta, sotto alle lenzuola, privi di vestiti, restava a osservarmi, lasciando che la sua mente lavorasse a così tanti pensieri, da poter quasi vedere il fumo per il troppo sforzo.
Osservai i capelli neri dietro all’obiettivo, realizzando di ricordarli. Ci vediamo lì, aveva detto, ed eccola qui a scattarmi ancora una foto.
«Sono il tuo modello preferito, non è così?» Scherzai alzandomi e raggiungendo la sua figura velocemente, come se avessi paura che scappasse.
«La mia musa preferita.» Rispose beffarda, camminando fuori dal tappeto rosso e obbligandomi curioso a seguirla.
«Come sei arrivata qui?» Chiesi quando si fermò, sorprendendola che fossi ancora dietro di lei.
«Una cosa chiamata macchina, hai presente? Mi sembra strano doverti descrivere come sono, non dovresti guidarne abbastanza?» Continuò con lo stesso tono, prendendomi in giro, facendomi osservare le fossette che si creavano sulle guance. Niente lentiggini.
«So che cos’è una macchina, Beatrice.» Passai il suo nome tra i denti, amando come suonasse, l’avrei ripetuto per ore. Lei mi osservava, con interesse e forse stavo ricambiando con lo stesso sguardo.
«Chiedevo, così.» Puntò nuovamente l’apparecchiatura che con una corda, le rimaneva salda al collo e scattò, prendendomi alla sprovvista.
«Che fai?» La osservai nella sua fierezza a scrutare il piccolo schermo.
«Mi piaci, vieni bene nelle foto.» Affermò tranquilla, lasciandomi di stucco per la pacatezza nell’affermare quella frase. Mi rimbalzò il cuore nel petto, trovandomi ancora una volta a rimanere sorpreso, di lei, di ogni cosa che diceva.
Perché sei così interessante?
«Ti rincontrerò ancora?» Continuai a porle domande su domande, vedendo che la sfilata stava per iniziare e avrei dovuto presenziare.
«Devo tornare nella mia città per alcuni giorni, poi ho altri eventi.» Spiegò, guardandosi per un secondo intorno, poi tornò su di me, aggiustandosi i capelli con una mano.
«Allora me la mostri Torino?» Pronunciai senza pensarci, buttandomi, ma lei mi sorrise facendomi ancora una volta rimanere meravigliato. Scusami.
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Ecco l'aesthetic del capitolo ✨ dieci come gli anni che faccio💀
No, non è vero, sono venti 👀👀🎈
🌶️💛
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Buon pomeriggio belli miei..... COSA NE PENSATE?
Io morta, perché ora tutti quanti o odierete Beatrice, o vi piacerà 👀
Nelle mie storie siete alla pari, cinquanta e cinquanta. La metà team Charles, l'altra Carlos🤭 Io terrò segreto il mio pensiero.....
Partiamo con il fatto che io la odio, mi da fastidio. Una mia amica mi ha spesso detto "ma è della tua città, l'hai creata per te" NON LA SOPPORTO
Mi sento plagiata da me stessa 👀
Comunque, ci mancava un pov di Carlos, dove provasse a spiegare tutto, no? Anche se a dire la verità, non sa se andare avanti, aspettare, parlarne...
Il nostro Pierre Gasly super 😈 con Carlos per difendere il suo bestie, muoio. Sono in fermento per iniziare la sua storia, ma se non finisco quella su Dan e poi Max, non ci arrivo mai👀
Spero che vi sia piaciuto, magari qualche volta battete un cenno e fatemi sapere 🥺
Se avete qualche dubbio, scrivetemi❤️
Ho lasciato un box per le domande su Instagram, se vi va di darmi un parere, come al solito ✨
Instagram: mybrightshadow.wattpad
Tik Tok: ire.stories
Grazie per leggermi sempre❤️
A presto,
ire
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