Capitolo 5
L'indomani si sveglia con la testa pesante, pulsa leggermente in maniera costante, un sottofondo sordo nelle orecchie. Raggiunge la cucina lentamente, socchiudendo gli occhi alla luce. Per fortuna è sabato, se fosse dovuta andare al lavoro in quelle condizioni sarebbe stata una vera tragedia. Una colazione leggera, lo stomaco è in subbuglio, e si butta sotto la doccia. Fredda. Esce e chiama il proprietario perché sistemi il problema alla caldaia, ma scopre che è sufficiente settarla su Hot.
Mentre si veste per andare a fare compere con la mente torna alla sera precedente, all'alcol e alla sua boccaccia che non vuole starsene chiusa con Haze nei paraggi.
Le urta i nervi come nessun altro, tuttavia è stato più gentile di quanto poteva sperare. Ricorda quando ha pensato ad alta voce quanto fosse bello e si nasconde il viso tra le mani, imbarazzata. Ma cosa diavolo aveva in mente?
Il suono del telefono interrompe i suoi pensieri.
"Buongiorno Natalie!" trilla la voce di Carol. Istintivamente allontana il telefono dall'orecchio, volume decisamente esagerato.
"Buongiorno" la voce le esce rauca e spenta.
"Postumi eh? Volevo soltanto controllare se eri tornata a casa tutta intera" le risponde.
"Certo. Haze, Dimitri, mi ha accompagnata a casa" arrossisce lievemente ed è contenta che Carol non la possa vedere, a quella donna non sfugge nulla.
"Gentile da parte sua. Bene, idratati molto e mangia un toast per combattere il post sbornia. Ci vediamo lunedì".
"A lunedì" si limita a rispondere Natalie. La sua loquacità non risponde bene all'alcol.
Carol scorre il registro delle chiamate e richiama Dimitri.
"Eccomi, l'ho sentita e anche se ha praticamente risposto a monosillabi direi che sta bene" lo informa.
"Okay, bene" Carol percepisce che è leggermente imbarazzato per averle chiesto di controllare come stava Natalie.
"Avresti potuto accertartene tu stesso" aggiunge.
"Non era necessario. Non ti ho chiesto di chiamarla, solo se per caso l'avevi sentita. Sei tu che sei saltata alle conclusioni" ribatte sulla difensiva.
"Certo, certo. Ci vediamo lunedì" il tono sarcastico lo fa innervosire e riaggancia.
Magari ci ha pensato a come stava, ma non per un motivo in particolare. Chiaramente non beveva spesso e probabilmente i postumi erano tutt'altro che piacevoli.
Ben le sta. Impara a comportarsi da adulta. E' stata irresponsabile, se non ci fosse stato lui chissà cosa sarebbe potuto accadere. Ce l'aveva anche con Carol: una donna con famiglia comportarsi così e poi lasciare sola una ragazza ubriaca. Non è da lei.
Guarda il suo telefono nuovo di zecca, con vetro infrangibile, e resta a pensare a quella sensazione strana che gli è rimasta appiccicata addosso dalla sera precedente.
* * *
Il centro commerciale è gremito di persone e Natalie si fa largo tra la folla con le mani occupate a reggere buste piene di articoli nuovi per la casa: candele profumate, alcune tazze simpatiche, due piccoli quadri con delle piante tropicali e chiodi e martello per appenderli, un paio di cuscini verdi e un vaso di vetro azzurro.
Sta attraversando il grande corridoio guardando distrattamente le vetrine quando rallenta fino a fermarsi davanti ad una in particolare: un negozio di abiti da sposa. Vede una ragazza bionda che si guarda ammirata allo specchio, facendo lente piroette che fanno danzare il tessuto setoso. Sorride e Natalie pensa che è veramente bellissima. La guarda commuoversi e sente che anche lei dovrebbe sentirsi così. Distoglie lo sguardo e si dirige velocemente alla fermata dell'autobus più vicina. Si procurerà un'auto al più presto.
Quell'episodio le lascia addosso un velo di tristezza e le ricorda che deve chiamare Andrea.
"Buongiorno amore" il tono di voce di lui è caldo e dolce come il miele. Sa di casa e subito si pente di non averlo chiamato prima.
Per un attimo si chiede se è questo quello che le riserva il futuro: un eterno senso di colpa, sempre in difetto nei confronti di quell'uomo così buono.
"Ehi, buongiorno. Come stai? Come vanno le cose al ristorante?"
"Procede tutto come al solito, tuo padre è indaffaratissimo con i preparativi perciò c'è tua madre al timone ora" Natalie sorride, le sembra di vederla presa a dare ordini a destra e a manca. Le manca moltissimo.
"Allora direi che siete in ottime mani. Però l'idea di mio padre che si occupa dei preparativi non mi entusiasma granché, sono certa che si sta facendo prendere la mano" gli confessa, ansiosa.
"È tuo padre, lo sai che lo farà. Ma sai anche che lo farà con le migliori intenzioni. Forse puoi limitare i danni occupandoti direttamente dei dettagli che ti premono di più".
"Forse hai ragione, posso occuparmi di qualcosa anche a distanza. Ci penserò" lo rassicura. Gli è grata di averlo dalla sua parte.
Davanti alla porta della sua topaia, Natalie impreca a bassa voce più volte: con le buste tra le mani ha fatto cadere a terra le chiavi e, chinandosi per raccoglierle, il contenuto di una busta si rovescia completamente sul pavimento. Il vaso azzurro nuovo di zecca va in frantumi.
Non esistono parolacce a sufficienza per momenti come quello.
"Vuoi una mano?" una bambina biondissima con lunghe trecce la osserva con la testa inclinata.
"No, grazie. Ce la faccio" la bambina arriccia le labbra, osservando i pezzi di vetro sulla moquette.
"Ora pulisco subito" aggiunge, notando lo sguardo della bambina. Questa senza dire nulla si avvicina e inizia a riempire la busta con gli oggetti che si sono sparsi sul pavimento. Quelli ancora integri. Natalie apre la porta e la bimba la segue tenendo la busta con entrambe le mani, appoggiandola infine accanto alla porta.
"Ti ringrazio davvero" le sorride Natalie mentre la oltrepassa per raccogliere i vetri.
"Ti sei appena trasferita?" le chiede la piccola. Avrà sì e no dieci anni.
"Sono qui da una settimana" le conferma.
"Mi pareva di non averti mai vista" annuisce.
"Vivi qui?"
"No, ma i miei nonni abitano nella porta a fianco. Resto spesso a dormire qui da loro" si incupisce leggermente. "Mi chiamo Lizzie. E tu?"
"Io sono Natalie, piacere di conoscerti Lizzie" il rumore di una porta che si apre le fa voltare.
"Ah, eccoti cara. Sai che non devi uscire dall'appartamento senza di noi, ci fai spaventare a morte" la rimprovera dolcemente quello che deve essere il nonno.
"Oh, piantala Alan. E' solo uscita un momento, sa che non può allontanarsi vero Lizzie?" le fa l'occhiolino la nonna.
"Sono venuta ad aiutare la vostra nuova vicina, Natalie" questa si alza e fa un cenno con la mano.
"Salve, è vero mi è stata di grande aiuto" conclude sorridendo.
"Te l'avevo detto che era arrivata, Susan! Benvenuta cara, io sono Alan e lei è mia moglie, Susan. Non esitare a farci sapere nel caso potessimo essere d'aiuto" Alan le sorride, le rughe intorno agli occhi si increspano rendendo il suo sorriso contagioso.
"Lo terrò a mente, grazie! Vi auguro buona giornata. Ci si vede Lizzie!"
Una volta rientrata e riordinato quel che è rimasto della spesa Natalie si siede sul divano, un senso di vuoto la attanaglia. Non era mai stata sola prima e, con il ristorante del padre, raramente aveva avuto un intero week end libero, invidiando chi invece poteva starsene rilassato il sabato pomeriggio. Ora che finalmente ne aveva l'opportunità non sapeva cosa farsene di tutto quel tempo. La nostalgia di casa inizia a farsi più intensa e decide che in qualche modo dovrà pur tenersi occupata: si dedicherà ad alcuni preparativi per la cerimonia, ad esempio gli inviti. Mancava sempre meno tempo ed a breve avrebbero dovuto spedirli.
Inizia a fare freddo perciò indossa una paio di calzini spessi e un maglione extra large, poi si siede a gambe incrociate sul letto, pronta a mettersi al lavoro. Scopre in poco tempo che la scelta, che pensava semplice,è invece molto complicata a causa dell'infinita quantità di opzioni: decide allora di contattare la madre, l'unica che per quelle nozze non le sta facendo alcuna pressione.
"Pronto, ciao mamma. Ti disturbo?"
"Natalie! Certo che no cara. Come stai? Ti trovi bene alla Morrison?" la voce della madre estirpa ogni nervosismo, la calma all'istante.
"Sto bene e il lavoro è impegnativo ma mi piace moltissimo, sono tutti molto gentili. Beh, quasi tutti ma non fa niente. Non si può piacere a tutti" voleva sembrare molto più entusiasta.
"Sono certa che ti sbagli, a chi mai potresti non piacere tu? Sei la persona più buona che conosco!" Natalie sorride. E' perché non ha mai conosciuto Haze, pensa tra sé e sé.
"Ho bisogno di un tuo consiglio: sto dando un'occhiata a qualche invito per il matrimonio ma ce ne sono così tanti! Li sto guardando da più di un'ora e sono ancora al punto di partenza. Credo di preferire in ogni caso il formato cartaceo a quello online, è più personale. Ma non so davvero che cosa scegliere. Cosa mi consigli?" le spiega, tutto d'un fiato.
"Sono un po' sorpresa, ormai pensavo avresti fatto fare tutto a tuo padre. Penso sia meglio che te ne occupi tu, Dio solo sa cosa avrebbe scelto quell'uomo. Quando ho scelto gli inviti del mio matrimonio devo dire che per me è stato semplice, sapevo esattamente come li volevo. Bisogna anche dire che allora non c'era tutta la scelta che c'è oggi! Quello che posso dirti è di non sacrificare quella che sei: devono rappresentare te nella tua semplicità e autenticità, e devono raccontare il tipo di coppia che siete tu e Andrea" Natalie non aveva idea di che tipo di coppia erano, rifletté.
"D'accordo, cercherò ancora. Suppongo che quando vedrò quello giusto lo saprò" sospira.
"Funziona così anche con gli uomini!" ride Josephine all'altro capo del telefono. Natalie non riesce a ridere di quella battuta, non ha mai capito quel genere di affermazioni fino in fondo. Le sembrava una frase da film, non da vita reale. Una persona dev'essere compatibile con l'altra, dimostrare rispetto e comprensione. Non è sufficiente uno sguardo! Quella semmai è pura attrazione chimica, l'amore è un'altra cosa.
"Mamma, mi faresti il favore di informare tu papà che mi occuperò io degli inviti?" le chiede. Vuole sentire il padre, le manca, ma non sopporta tutte le pressioni che le fa per questo matrimonio. Da un certo punto di vista vorrebbe già essere sposata.
"Va bene, sarà contento di sentire che partecipi attivamente" esita un momento "tu sei felice? Di questo matrimonio voglio dire" è un po' nervosa mentre lo chiede. Non ne ha mai avuto veramente occasione con Massimo sempre così coinvolto. Vedeva la figlia spegnersi piano e questo la terrorizzava. Ma sapeva anche che la sua Natalie, forte e cocciuta, non si sarebbe fatta convincere facilmente. Accettando la proposta l'aveva sorpresa: forse non aveva realmente capito la figlia. Ma non poteva restare con il dubbio, voleva che fosse felice.
Natalie resta in silenzio più a lungo del dovuto, è spiazzata dalla domanda della madre. Nessuno gliel'aveva fatta così direttamente, davano tutti per scontato che fosse al settimo cielo.
Andrea è un tale angelo! Che coppia meravigliosa siete! I vostri bimbi saranno bellissimi!
"Inizio a sentire il nervosismo, ogni tanto vorrei fuggire, ma so che le future spose si sentono spesso così!" opta per una mezza verità, facendola sembrare una battuta.
Andrea era effettivamente un angelo e loro erano effettivamente una bella coppia, affiatati e sempre presenti l'uno per l'altra. Il loro sarebbe stato un matrimonio duraturo, solido. Non era quella forse la felicità a cui tanti aspirano?
"Ora vado, mi aspettano rilievi dorati, decori argentati e cartoncini dai bordi ondulati" si congeda dalla madre senza darle il tempo di replicare.
"Buon lavoro allora. Ti voglio bene, a presto" si salutano.
Riaggancia ed ecco ritornare il senso di vuoto. Si immerge nuovamente in decine di siti specializzati per matrimoni, trovando tutto molto noioso.
* * *
Mentre cammina sente l'eco dei suoi passi, sono veloci e non seguono il ritmo. Nonostante il suo camminare spedito le sembra di non muoversi, così si mette a correre anche se il vestito è ingombrante. Sa che non dovrebbe, ma non le importa. Finalmente le sembra di vedere il padre tendere una mano verso di lei, sorridente. Vorrebbe rispondere al suo sorriso ma non riesce a tendere le labbra. Si porta una mano al viso e il panico la assale: scopre con orrore di non avere la bocca. Soltanto pelle. Con le unghie si graffia, sentendosi soffocare all'improvviso, lasciando scie rosse dove dovrebbero esserci le labbra.
Si sveglia di soprassalto, con la schiena sudata. Si è addormentata con il maglione addosso. Si strofina il viso, ancora angosciata dall'incubo, e quel gesto riporta a galla il panico provato. Si alza in fretta e si precipita sotto la doccia, finalmente calda. Quando esce il sogno è un po' sbiadito, alcuni dettagli già dimenticati. Per fortuna.
Si guarda allo specchio e sembra non aver dormito affatto: ha le occhiaie e i capelli sono indecenti. Dal riflesso allo specchio si vede della muffa sul muro, nell'angolo.
Ispeziona tutte le mura della Topaia e ne trova tracce un po' su tutte. Decide allora di andare a procurarsi colore per imbiancare e prodotto antimuffa. Non le dispiace affatto dare a quelle pareti un tocco di colore, contribuirà a rendere quel posto un po' più 'casa'.
Tra l'autobus di andata, il centro fai da te, e l'autobus di ritorno rincasa per l'ora di pranzo. Realizza che è troppo tardi per fare tutto il lavoro quel giorno, rimanda perciò al week end successivo.
Deve invece procurarsi al più presto un'auto, ha un po' di soldi messi da parte lavorando per il padre e dal precedente impiego.
Non sa da dove iniziare la ricerca dell'auto: le servirà soltanto per sei mesi, poi l'avrebbe rivenduta.
"Lizzie, aspettaci per favore! Lo sai che il nonno non riesce a stare al tuo passo" sente distintamente la voce di Susan dal corridoio.
"Perché tu ci riesci, certo. Falla fare a me la figura del vecchio rachitico" la riprende Alan. Natalie sorride, quei due sono una coppia fuori dal comune. Le viene un'idea.
Corre alla porta.
"Salve" li saluta, facendoli voltare. Si rivolge ad Alan "sa quando mi ha proposto il suo aiuto in caso di bisogno? Beh, avrei davvero bisogno di comprare una macchina ma non so davvero da dove iniziare. Può gentilmente indicarmi un rivenditore di macchine usate che non mi spenni viva?" conclude stringendo le mani a mo' di preghiera.
"Farò di meglio, cara! Ti ci porto io. Conosco il posto perfetto. Quando vorresti andare?" Troppo imbarazzata per chiedergli di accompagnarla subito, Natalie alza le spalle.
"Magari può darmi il nome e ci andrei da sola anche questo pomeriggio. Mi serve davvero una macchina" risponde disperata.
"Alan, io e Lizzie andiamo a fare la nostra passeggiata al parco, tu accompagna pure la ragazza" interviene Susan, prendendo la nipote per mano.
"Possiamo anche andarci subito se ti va, Mike per me è sempre aperto!" ribatte lui.
"Oh, grazie grazie grazie!" si precipita a prendere la borsa e il libretto degli assegni, poi segue il vicino verso la sua auto. Un modello vecchio che Natalie non conosce, ma sembra uno di quei veicoli di una volta, solidi e indistruttibili.
Impiegano circa quindici minuti per raggiungere il rivenditore: un'officina molto piccola, una semplice serranda ammaccata all'interno di un piccolo parcheggio stipato di macchine in condizioni più o meno pessime. Alan bussa alla serranda. Nessuna risposta.
"Sono Alan, apri vecchio bastardo!" Natalie è un po' scioccata, ma vede che Alan sta sorridendo.
La serranda si solleva e appare un signore che ha passato i cinquanta da un po', con gli occhi piccoli e scuri e la pelle color dell'ebano.
"Cosa diavolo ci fai da queste parti di domenica? La mia piccola non dà problemi vero?" con lo sguardo dà un occhio alla macchina di Alan. Questo scuote la testa e gli poggia una mano sulla spalla.
"No, è un gioiellino. Sono qui perché devi aiutare la mia amica, Natalie, le serve un'auto e me la devi trattare bene" lo minaccia bonariamente con il dito.
"Salve" Natalie gli stringe la mano ma se ne pente subito. Il meccanico ha una stretta micidiale, sente le ossa della mano protestare e istintivamente la nasconde subito dietro la schiena, per non rischiare di ripetere l'esperienza.
"Sei venuta dalla persona giusta Natalie" Mike mostra un sorriso bianchissimo. "Che genere di auto cerchi?"
"Ehm, con quattro ruote, un volante..." risponde in tono vago, per fa capire che non ha la minima idea di quale auto vuole. Mike ride e scuote la testa.
"Ho capito. Ci penso io. Venite che vi mostro qualcosa".
Natalie trascorre l'ora successiva a seguire i due uomini che discutono ed elencano caratteristiche di almeno cinque auto e per ognuna erano riusciti a convincerla facilmente. Sono solide, usate ma da poco e da proprietari curati. Stanno ancora discutendo della macchina numero cinque quando passano davanti ad una macchina blu scuro con la vernice appena rifatta, si capisce dall'odore. La guarda ammirata: il modello è vecchio ma c'è qualcosa in quell'auto che la attira e la spinge a salire. I sedili sono in pelle, rovinati in più punti, il volante è enorme e i comandi sono tutt'altro che tecnologici. Ma a Natalie sembra che sia stata costruita apposta per lei.
"Voglio questa!" esclama, abbassando il finestrino a manovella. Sorride spontaneamente. I due si avvicinano, Alan scuote la testa.
"Non so se fa per te, ragazza. E' una Ford Falcon Futura. Richiede manutenzione, è un po' difficile da guidare, molto meno pratica e comoda di quelle che ti ha mostrato Mike. Inoltre consumerà decisamente di più. Gli interni, poi, sono tutti rovinati. Insomma ha visto parecchi inverni" interviene Alan.
"Non mi importa. E' mia. Non so come spiegarlo ma..." afferra di nuovo il volante, le sue mani sembrano nate per farlo.
"Ti ha chiamata" conclude Mike per lei "l'ho visto succedere molte volte. Non si ignora la chiamata. Ti farò un buon prezzo".
Mezz'ora dopo Natalie parcheggia a fianco alla palazzina fatiscente la sua "nuova" auto e la guarda con gioia. La adora. Suo padre avrebbe molto da ridire, ma per lei è semplicemente perfetta.
"Ti ringrazio infinitamente Alan" gli dice davanti alla porta "mi sdebiterò appena possibile. Anzi se avete bisogno che qualche sera o week end vi aiuti con Lizzie, basta dirlo. Ve lo devo" gli promette, ancora su di giri.
"Non ho fatto nulla, anzi temo di non esserti stata troppo d'aiuto visto il piccolo rottame che ti ho aiutato a comprare" borbotta lui.
Si salutano e quando Natalie va a letto, sorride al pensiero di recarsi al lavoro l'indomani guidando quella meraviglia.
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