Capitolo 35
Le porte dell'ascensore si chiudono silenziose e Dimitri si trova ad espirare a lungo, svuotandosi i polmoni.
Appoggia la fronte alla parete d'acciaio, con gli occhi chiusi. Attende di raggiungere il suo piano senza muoversi, incapace di trovare le forze.
Si sente privo di ogni energia, come un involucro vuoto.
Si infila nella sua stanza con passo strascicato, levandosi immediatamente la giacca e appoggiando un palmo della mano alla vetrata nel salottino della sua suite, che dava sul retro del Resort, sull'oceano ora buio come i suoi pensieri.
Con l'altra mano si scompiglia i capelli con forza, come se quel gesto potesse scrollargli di dosso le sensazioni degli ultimi minuti.
Con una calma flemmatica si prepara per la notte, per poi sedersi ai bordi del letto enorme dalle lenzuola candide.
Non avrebbe chiuso occhio, già lo sa.
Ogni volta che serra le palpebre Lei è lì. La vede così chiaramente, cristallizzata fra le sue pupille, con il solo scopo di farlo impazzire.
Non riesce a ignorare quella bollente sensazione al centro del petto che aveva provato ad averla a solo un passo da lui, mentre si sforzava di respirare solo con la bocca per sfuggire al profumo emanato dai suoi capelli.
La vedeva affannarsi a contare i piani che la dividevano dalla sua stanza con crescente agonia e, doveva ammetterlo, ne era deliziato.
Se lo meritava.
Doveva scontare tutto, ogni momento in cui l'aveva fatto sentire alla deriva, ogni istante in cui aveva sentito l'aria vibrare della sua mancanza, facendogli percepire un vuoto che prima non c'era.
Era così colpevole, Lei.
Così assurdamente complice del suo sentirsi scentrato rispetto al resto del mondo, che sembrava girare ad una velocità ora differente dalla sua, scartandolo, lasciandolo sempre un passo indietro.
Ma era lui quello da biasimare, lo sapeva.
Lui aveva fatto filtrare le proprie ombre fra le crepe che Lei aveva creato sul suo scudo di indifferenza, mescolandole alla luce di lei senza più riuscire a definirne i contorni.
E ora, privato di colpo di tutta quella luce a cui ormai i suoi occhi si erano abituati, brancolava nel buio più profondo.
L'ombra l'aveva avvolto come una vecchia amica, aggrappandosi alle sue membra avvinghiandosi al suo cuore, fino a tingerlo di nero.
Ci si stava adattando, sebbene quell'oscurità fosse più cupa che mai, stava cominciando piano piano a farsene una ragione.
Ma averla avuta così vicina, così in prossimità del suo corpo, aveva rischiarato il suo mondo per qualche istante.
Pulsante, pungente, violenta, la luce di Lei aveva plagiato le sue ombre, solo per farle giungere ancora più in profondità, una volta andatasene.
* * *
"Non puoi restartene chiusa lì dentro fino a domattina, Natalie. Tanto vale aver partecipato a questo ritiro!" Evelyn alza gli occhi al cielo rimproverando l'amica, mentre sistema un vaso di fiori sul davanzale sotto la finestra del salotto.
La sua amica era atterrata da appena ventiquattro ore e già sventolava bandiera bianca, pronta alla ritirata.
Da mezz'ora abbondante stava cercando di convincerla a non tornarsene a casa di nascosto facendo appello al senso di dovere verso l'azienda. Funzionava sempre con lei, che non voleva mai deludere nessuno.
"Appunto! Sarei dovuta rimanere a Boston con una qualche scusa. Questa è una tortura bella e buona" aveva poi mormorato, spiaccicandosi un cuscino sulla faccia.
"Smettila di fare la vittima, De Luca. Ti trovi in un posto meraviglioso, non a tue spese, con almeno venti gradi in più rispetto a qui dove, per l'appunto, si gela" il tono è ruvido ma Natalie sa che ha il solo intento di spronarla.
Borbotta sottovoce in risposta.
"Sei adulta, in un mondo di adulti, agisci di conseguenza. Nel caso in cui i miei saggi consigli non siano d'aiuto, cerca l'alcol. Scommetto che è pieno di cocktail esotici: te ne concedo due, massimo tre. Devi lasciarti un po' andare ma rimanere lucida" la ammonisce.
"Stasera cena con cibi tipici, poi me ne torno a letto. C'è scritto Serata Relax.
Domani sera da programma è prevista una cena di Gala e poi, cito testualmente, prepariamoci a vedere l'alba a suon di musica!
Come no! Me ne serviranno almeno sette, di cocktail, per sopportare una cosa simile" sbotta Natalie, reggendo il depliant con le attività previste in quei giorni.
"Massimo tre, Natalie! Va bene distrarsi un po' ma attenzione alla sbronza triste" le ricorda pronta Evelyn.
"O molesta" aggiunge l'amica ripescando fra i vecchi ricordi.
"Appunto. Niente tequila. Sei troppo vulnerabile e non posso correre lì a proteggerti da te stessa" un sorriso distinto nella voce.
"Però cerca di divertirti, o almeno di accantonare un po' di grigiore. Ne hai davvero bisogno"
"Lo so. Ma non credo mi riuscirà molto bene, almeno finché..."non le serve continuare la frase, sa che Evelyn ha capito. Le ha raccontato tutto della sera precedente: la sensazione del suo sguardo sottopelle a cena, l'ascensore e la sensazione di panico e di assurda vicinanza.
Non le aveva detto che aveva avuto tanta voglia di fuggire dall'abitacolo quanta ne aveva di voltarsi e guardarlo negli occhi, ritrovando i suoi spigoli ombrosi, il suo naso imperfetto, lasciandosi investire dalla sua rabbia che mal celava la mancanza.
Gli avrebbe permesso di afferrarla in malo modo per le spalle, si sarebbe fatta intrappolare fra la parete fredda e il suo corpo caldo, bollente, e la sua mano si sarebbe chiusa a pugno fra i suoi capelli, inclinandole il viso verso l'alto, scoprendo la pelle morbida del collo che avrebbe circondato con mano ferma.
Poi gli avrebbe concesso il vantaggio sulle sue labbra, le avrebbe morse con convinzione, rivendicandone il possesso.
Come si frena un muscolo involontario che scalpita impaziente al centro del petto?
No, non avrebbe detto a Evelyn tutto quello che le passava per la testa.
Le avrebbe affibbiato epiteti poco gentili e non avrebbe capito.
Non capiva fino in fondo il percorso di martirio che Natalie aveva deciso di intraprendere.
"Natalie, non puoi continuare così. Non puoi pensare veramente di evitarlo per il resto del viaggio, per non parlare del fatto che a Boston ci devi lavorare assieme per altri due mesi abbondanti. Hai preso la tua decisione? Allora devi superarlo" la voce decisa di Evelyn fa sprofondare Natalie in un silenzio avvolgente.
"Ehi. Sei ancora in tempo per tornare sui tuoi passi. Forse gli ci vorrà del tempo, ma se è lui quello che vuoi veramente sono sicura-"
"Io sto con Andrea e lo sposerò. Fra poco tempo non dovrò nemmeno più vederlo e tutto questo sarà finalmente un capitolo chiuso" la interrompe con voce alterata.
"Ora devo scendere per la cena. Domani ti racconto" chiude la telefonata con rabbia, fingendo di non sentire le lacrime rigarle il viso.
La sala dedicata alla cena per quella sera è illuminata a giorno da miriadi di lucine appese all'enorme soffitto. Quattro lunghissime tavolate accolgono gli affamati dipendenti della Morrison Pharmaceutical, tutti con look curato ma informale come previsto dal programma.
Natalie si accoda subito ad una Sally che si sbraccia per attirare la sua attenzione, vestita di un jeans scuro e blusa giallo canarino, accanto a Scott che le rivolge un sorriso solare.
Non l'aveva mai visto così rilassato.
"Chelsea?" chiede subito ai colleghi, notando con piacere l'assenza dell'Oca.
"Non si sentiva molto bene, è voluta rimanere in camera" Sally fa spallucce e Natalie, sebbene provi un po' di invidia, sente che quella sarà una serata già più piacevole senza di lei nei stretti paraggi.
Si accomodano al centro del primo tavolo lungo, lei si trova esattamente fra Scott e Sally.
Il menu della serata prevede piatti interamente a base di pesce, com'è prevedibile, e Natalie si scopre deliziata dal primo a base di polpa di granchio e piselli.
Si sente di buon umore, anche se ogni tanto si guarda attorno alla ricerca del suo capo che ancora non ha visto.
Quella serata stava procedendo meglio del previsto. Forse poteva mirare ad un po' di spensieratezza.
"Qualcuno ha visto Haze?" quattro parole e lo stomaco di Natalie si rifiuta di ingerire altro cibo.
La domanda proviene dalla sua sinistra, pronunciata da un uomo di mezza età, mai visto prima, con una stempiatura fin troppo pronunciata a scoprirgli la fronte.
"No, al tavolo di Morrison non c'è" risponde una ragazza bionda, magrissima. Si sporge per scorgere oltre le teste che si trova davanti.
"Non lo vedo neanche agli altri tavoli" commenta poi.
"Anche alla cena di Natale era sparito per un po', vi ricordate? Qualcuno l'aveva visto correre dietro una ragazza mora" si intromette una bruna dall'altra parte del tavolo, sentendo odore di pettegolezzi. Ignari del fatto cheche la ragazza di cui parlavano era a portata d'orecchio.
"Al momento sarà sicuramente troppo impegnato" conclude ancora la bionda, calcando sull'ultima parola.
"Beh, mi impegnerei volentieri anche io con Haze. Scommetto che anche a letto gli piace avere il controllo" ridacchiano.
Natalie ha i polsi rigidi come granito, la gola serrata a impedire perfino al respiro di giungere al petto. E' così intenta a non perdere una parola da non prestare attenzione al proprio corpo.
"Natalie, tutto bene?" le sussurra Scott, che nota subito la sua posa innaturale.
"Certo, sono solo troppo piena. Non ho più fame" risponde, scuotendo la testa e allontanando il piatto.
Sta lottando con il profondo senso di nausea che avverte, la mancanza d'aria non aiuta.
"Usciamo a fare due passi?" le propone Scott, vedendola in difficoltà.
Senza rispondergli, Natalie si alza e si dirige a grandi passi verso l'uscita. Scott, dopo aver rassicurato Sally, la segue.
La trova con la schiena appoggiata al muro, poco più in là del portone, con il viso rivolto verso il cielo a prendere respiri profondi.
Le si avvicina e le sfiora un polso.
"Come va?" le chiede, invitandola con lo sguardo ad essere sincera.
Natalie gli sorride mesta, grata del suo animo delicato e spaventata un po' dalla sua capacità di intuire al volo il suo stato d'animo.
"Non ho una risposta positiva a questa domanda, al momento. Riprova domani ok?" risponde con onestà.
"Ho proprio bisogno di una passeggiata dopo questa cena. Mi fai compagnia?" e senza attendere la prende sottobraccio e assieme, in un calmo silenzio, si avviano con passi lenti, senza meta.
"Non devi prestare attenzione a ciò che dicono gli altri" è Scott a interrompere quel momento di calma.
Natalie lo guarda stranita, non capendo.
"Prima, al ristorante. Sono solo annoiate e Haze con quell'aria da sciupafemmine è spesso al centro di conversazioni di quel tipo, ma non devi farci caso" Natalie ha il cuore in gola ed è incapace di replicare in alcun modo.
"Non capisco a cosa tu ti riferisca, Scott" risponde con davvero troppo ritardo e una voce decisamente mal ferma.
"Io credo di sì. Ma tranquilla, non credo se ne sia accorto qualcun altro. Il tuo segreto è al sicuro con me" e così dicendo le fa l'occhiolino mentre la collega non sa come reagire a quell'uscita così inaspettata.
"Non c'è nessun segreto, o almeno non più. Non c'è più niente di niente" porta lo sguardo a terra, mentre l'aria frizzante le porta una ciocca di capelli davanti agli occhi cupi.
"Fingerò di crederti".
Svoltano su un viottolo fiocamente illuminato, raggiungendo i pressi di un molo che sfoggia più di qualche yacht lussuoso a riposo sulle acque calme.
Si godono quei rari momenti in cui la fretta non accompagna i loro passi, quando Natalie con ancora lo sguardo a terra, pensierosa, sente Scott irrigidirsi, bloccandosi sul posto all'improvviso.
Si volta verso di lui.
"Sai, inizia a fare freddo, perché non rientriamo?" le chiede posando in fretta lo sguardo sul suo viso e cercando di ritornare sui propri passi.
"Ma cosa dici? Si sta beniss-" insospettita da una strana sensazione, Natalie punta gli occhi nella direzione che poco prima avevano quelli di Scott e le parole muoiono da qualche parte tra la gola e le labbra.
Il tempo di scorgere Lui, bottiglia alla mano, salire su uno di quei yacht sfarzosi buio e immobile.
Pochi istanti dopo, a raggiungerlo con un balzo leggero e una risata biascicata, una chioma biondo rossiccia, un corpo esile in un vestito striminzito, troppo audace anche per quelle temperature così miti.
Mentre Scott si arrende al suo fianco, attendendo pazientemente ma con timore la reazione di Natalie, questa fatica a mettere insieme i pezzi.
Infine, riversando il contenuto del suo stomaco pochi passi più in là, nella penombra, ci riesce.
Lui, di cui non riesce nemmeno a pensare il nome, si trovava all'interno di uno yacht con Chelsea.
Sotto lo sguardo preoccupato di Scott, raggiungono ognuno la propria stanza.
Nonostante i tentativi del collega di farla parlare, Natalie dopo aver rimesso la cena che tanto le era piaciuta, non aveva emesso un fiato.
Aveva raggiunto il letto senza spogliarsi e aveva trascorso le quattro ore successive con gli occhi sgranati, il mal di pancia e le unghie quasi scorticate.
Rivedeva quei pochi secondi nella mente come in un loop creato apposta per mandarla al manicomio.
Lui saliva a bordo, la bottiglia in mano, forse l'andatura traballante, e l'altra che lo seguiva poco dopo, sghignazzando in quel modo terribilmente fastidioso.
L'orrore che aveva provato e continua a sentirsi addosso le impone una doccia, sperando di lavare via tutto, anche gli ultimi residui del suo cuore.
Nonostante tutto non riesce a non sentirsi in apprensione. Ricorda con estrema lucidità lo stato in cui l'aveva trovato sotto le feste, quando Carol le aveva intimato di rientrare prima dall'Illinois a causa delle condizioni di Lui.
Ora, però, non la riguardava più. Per sua stessa scelta, nulla concernente la vita del suo capo era di sua competenza oramai.
* * *
Scende a fare colazione prestissimo, appena trova il grande buffet a disposizione.
Prende due tazze colme di caffè e uno yogurt. Il massimo che riusciva a tollerare.
"Sei mattiniera" il sussulto le fa versare parte del caffè sul pavimento, che viene subito pulito e asciugato da un inserviente materializzatosi dal nulla.
Natalie si volta, dopo essersi profusa in scuse di ogni tipo, verso la fonte di quel trambusto.
"Ciao Carol" il saluto le esce con tono stupito. Carol non le rivolgeva parola da settimane.
Solo indicazioni e brevi conversazioni professionali, la confidenza che c'era stata un tempo si era smorzata quando Natalie si era allontanata da tutti e Carol aveva preso ancora di più le distanze dopo che Dimitri le aveva rivelato che la ragazza era ritornata con il suo ex - ora non più ex - fidanzato.
"Siediti con me" si dirige ad un tavolo a fianco ad una grande vetrata che dava su un altro dei tanti moli disseminati lungo il perimetro del Resort.
Natalie distoglie immediatamente lo sguardo, con un crampo improvviso allo stomaco.
Una volta sedute una di fronte all'altra, è Carol a prendere parola per prima.
"Hai una pessima cera" chiara e diretta come sempre.
"Grazie, anche tu stai d'incanto" ribatte Natalie, inacidita. La Carol del Prima avrebbe sorriso; questa Carol invece la sta guardando con risentimento.
"Si può sapere cosa diavolo stai combinando?" Carol non ha intenzione di girarci troppo attorno. Ha atteso fin troppo.
"Sto cercando di fare colazione" risponde atona Natalie, tentando di evitare il punto del discorso e anche il suo sguardo, concentrandosi sul caffè.
"Non mi prendere per il culo, Natalie. Non è il caso, credimi" il tono è così perentorio da costringerla a incrociare il suo sguardo.
"Cosa vuoi Carol?"
"Una spiegazione" risponde questa.
"E perché mai dovrei venire a dare spiegazioni a te?"
"Perché ti avevo avvertita. Ti avevo esplicitamente chiesto di non prenderti gioco di lui. E perché sono convinta che tu stia facendo una cazzata" Natalie affossa le spalle a quelle parole.
"Che tu ci creda o no, non ho preso in giro nessuno. Sto facendo la cosa più giusta, quella che probabilmente avrei dovuto fare fin dall'inizio. Se l'avessi fatto sin da subito forse mio padre sarebbe ancora qui" termina in un sussurro e sente il labbro tremarle. Cerca di nasconderlo dietro la tazza di caffè, bevendo avidamente per sciogliere il nodo alla gola, bruciandosi la lingua.
"Mi dispiace per tuo padre, dev'essere dura. Ma ti prego, ti prego, rifletti su ciò di cui ti stai privando. Credi davvero che lui vorrebbe vederti ridurre così?" indica con un gesto il viso pallido e magro di Natalie, con gli occhi cerchiati e spenti.
L'intuito di Carol colpisce e affonda proprio nella carne viva.
"Mio padre è morto di crepacuore. Io, con le mie scelte, l'ho portato a lasciare prematuramente questo mondo senza vedere i suoi sogni per me realizzarsi. Non mi riconosceva più: queste sono state le sue ultime parole per me" prende un respiro tremulo.
"Mio padre è morto. Non ha modo di vedere come mi riduco. Ma mi vedo io e quando mi guardo allo specchio voglio vedere una figlia di cui andrebbe fiero" abbandona lo yogurt intatto al tavolo e una Carol addolorata, raggiunge l'ascensore che grazie al cielo è vuoto e appena le porte si congiungono, si lascia andare ad un pianto senza suoni, reggendosi le costole con entrambe le mani per timore che si possano sbriciolare sotto tutto quel dolore.
Note.
Eccomi. Ci sono.
Son distrutta e non riesco a rileggere e correggere per bene, ma ho deciso di pubblicare lo stesso. Scusate per gli errori che sicuramente avrete trovato, domani ricontrollo :)
Capitolo in qualche modo di passaggio, con la fine del capitolo inizia il giorno 3.
Non seguo tanto un ordine giornaliero, quanto un ordine emotivo.
Natalie prende qualche botta qui, eh.
Dimitri invece è un po' dietro le quinte, assistiamo a qualche breve momento in queste scene, sentivo bisogno di dare spazio al processo di espiazione di Natalie e direi che in merito a martirio, flagellazione e penitenze ne sta inanellando un bel po'.
Chi è causa del suo mal...
Comunque, Dimitri (AKA Lui) tornerà a pieno regime dal prossimo capitolo.
Vi lascio solo tre parole: Cena di Gala.
Già soffro. E mi diverto pure.
Comunque, grazie per aver letto anche il capitolo 35 di questa storia, abbiamo imboccato la strada che ci porterà all'epilogo. Non garantisco il numero preciso dei capitoli.
Vi amerò dal profondo se vorrete lasciarmi un pensiero, un parere.
Ma ho amore da dare anche a chi non lo farà.
Vi invito a dare un occhio su Instagram: Slide_alieranera.
Trovate qualche estratto, più avanti degli extra e anche il cast (o meglio, chi ci si avvicina di più).
Mi farebbe piacere avere compagnia pure lì.
A prestissimo,
Alice
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