Capitolo 33

Sono trascorse cinque settimane da Quel Giorno.

Febbraio aveva portato con sé altra neve, altro freddo, altro silenzio.
I giorni si susseguivano l'un l'altro, alternando luce e tenebra, inesorabili. L'inverno stava facendo il suo lento corso, senza alcuna fretta, incurante di chi già sognava calzoncini corti e granite alla menta.

Soffiava il suo vento gelido in faccia ai passanti, sputando pioggia ghiacciata sulle loro spalle strette nei cappotti pesanti.
Ma, se si prestava più attenzione, si poteva scorgere all'entrata di un piccolo parco ora innevato nelle vicinanze dell'azienda farmaceutica più importante della città, una ragazza seduta su una panchina gelida, avvolta in un cappotto bianco, il viso rivolto verso l'alto, teso verso quel cielo plumbeo, mentre con gli occhi chiusi si lasciava ricoprire da un leggero strato di neve.La pelle del viso era arrossata dal freddo, le ciglia imperlate di bianco.

Se ne stava là, immobile come le montagne, passando inosservata.
Restava ferma mentre il mondo attorno a lei scorreva, i secondi si trasformavano in minuti e i minuti in ore.

Lei continuava a restare lì. In attesa.
Era fiduciosa, ottimista persino. Sperava di sentire qualcosa.

Invece nemmeno il freddo che le penetrava nelle ossa riusciva a scalfire il senso di vuoto che la possedeva.
Era un mero involucro, capace di tutte le sue funzioni ma senza alcuna scintilla di vita ad animarlo.

Se n'erano accorti tutti, anche i più distratti.
Anche Chelsea, che incredibilmente la sopportava meno di prima. 

I primi giorni, quando ancora non aveva capito cosa c'era di diverso in Natalie, aveva dato poco peso allo sguardo perso nel vuoto, al fatto di trovarla sempre in ufficio sia al suo arrivo sia quando se ne tornava a casa, al viso pallido.
Sapeva che aveva perso il padre poco più di un mese prima, quel tipo di dolore le era fin troppo familiare. Aveva già visto il lutto mangiarsi vive le persone.

Ma, con il passare dei giorni e poi delle settimane, aveva intuito che c'era qualcosa di più. Qualcos'altro.
Aveva smesso di pranzare in mensa con tutti loro, portandosi invece il cibo da casa. 
Magari era diventata germofoba all'improvviso, ma aveva scartato subito l'opzione.
Nonostante le doti culinarie di cui parlava tanto Sally, Natalie aveva visibilmente perso molto peso.

Aveva smesso di parlare di argomenti che non fossero legati al lavoro, allontanando Sally e Scott con quel tono schifosamente gentile e schivo che sfoderava ogni tanto.

E, inspiegabilmente, riceveva ancora più attenzioni. Da tutti.
Beh no, non proprio da tutti. 
Una persona che la evitava completamente c'era: Dimitri Haze.

Chelsea gongolava. 
Natalie fino a quel momento era stata una vera spina nel fianco, ma ora era la sua possibilità, il suo momento.
Inoltre, ancora due mesi e finalmente si sarebbe liberata di lei. La collaborazione di Natalie con la Morrison scadeva ad aprile e Chelsea finalmente avrebbe ripreso a lavorare con Dimitri.
Contava i giorni.

*        *        *

Quella mattina Natalie era uscita molto in anticipo, come sempre negli ultimi tempi.
Parcheggiava alla Morrison e poi passeggiava nei dintorni, prima di entrare in ufficio e mettersi al lavoro prima dell'arrivo di tutti gli altri.

Mentre sale in macchina e si dirige in azienda cerca di scrollarsi di dosso un ricordo appiccicoso: la neve la riporta sempre alla sua prima nevicata a Boston.
E quindi a Lui.

Come ogni volta che asseconda un suo ricordo, che si permette di pronunciare mentalmente il suo nome, Natalie fatica a respirare.
Parcheggia e si appoggia con le mani al volante, cercando di ripristinare il suo respiro ad un ritmo regolare, stringendo forte gli occhi nel tentativo di scacciare quei pensieri.

Vai via.Ti prego, ti scongiuro, liberami.Che io così non vivo più. 

Stringe i denti fino a far dolere le mandibole, fino a farli digrignare.
Si sente prosciugata, incapace da settimane ormai di versare ancora una lacrima dopo tutte quelle spese per la morte del padre.
Consuma molte delle sue energie nel cercare di reprimere e confinare ricordi e momenti associati a Lui, a prima che il mondo le si sgretolasse sulle spalle. 

Nelle settimane trascorse l'aveva visto tre volte. Più che averlo realmente guardato, erano stati nella stessa stanza, con altre persone. 
Erano state delle riunioni a cui aveva dovuto partecipare, anche se aveva provato in tutti i modi ad evitarlo.
Non si era mai permessa di guardarlo apertamente, aveva puntato gli occhi sul suo blocco per gli appunti e li aveva spostati solo per posarli su una macchiolina su uno degli stivaletti che indossava, piccola e solitaria compagna di sventure.

Quella mattina, alla quarta riunione a cui doveva per forza partecipare, non sarebbe stato diverso.
Natalie entra nella sala riunioni assieme ai colleghi e, come le altre volte, si accomoda nel posto più distante rispetto a dove siede Lui.

Muove nervosamente il ginocchio destro mentre sistema i suoi appunti e mordicchia la penna.
Non può fare a meno di sussultare piano quando lo sente prendere parola.
La sua voce sicura, carismatica, calda, sembra appartenere ad un'altra dimensione, ad un altro uomo.
Si sente morire e le costa uno uno sforzo incredibile non alzare il viso e poterlo finalmente guardare. Dopo tutto quel tempo segretamente non desiderava altro.
E' convinta che chiunque, guardandola, avrebbe letto sul suo viso lo sgomento, la sofferenza, perciò punta lo sguardo in basso e lì lo tiene.

Sente lo sguardo di Carol su di sé, ma non ha coraggio di ricambiare.
Lei l'aveva avvertita: se non aveva intenzioni serie con Dimitri avrebbe fatto meglio a lasciarlo stare, lui non meritava altro dolore nella sua vita.
Natalie non aveva dubitato mai veramente delle proprie intenzioni. Ma avrebbe dovuto, ora se ne rende conto appieno.

Con la coda dell'occhio lo vede camminare mentre parla disinvolto dei progetti che li avrebbero visti coinvolti nel corso dell'anno. 
Lo scorge poi sedersi per dare la parola ad un collega e, sebbene nemmeno lui le riservasse un solo sguardo, riesce chiaramente a percepire la sua rabbia attraverso l'intera stanza.
Le risulta evidente come ora la odi. Alla fine, tutto era ritornato come all'inizio.
Tranne lei.

A riunione conclusa, Natalie è la prima a lasciare la stanza, come se fosse stata in fiamme.
Dimitri si occupa di riordinare i documenti sparsi sul tavolo e sistema il computer portatile nell'apposita borsa, pronto a ritornare nel suo ufficio.
La stanza è ormai quasi vuota e mentre aggira il grande tavolo, diretto all'uscita, succede.

Uno schiaffo in pieno viso, un crudele e impietoso affronto al suo scudo di indifferenza.
Il delicato profumo di Natalie aleggia ancora nella stanza, gli invade all'improvviso le narici, facendogli perdere per un momento la sua compostezza.

Si arresta sul posto, inspirando forte in maniera quasi involontaria, incazzandosi all'istante.
Come si permetteva? Nonostante tutto il dolore che spargeva attorno, la rabbia, il senso di perdita, come diavolo poteva lasciarsi dietro questo profumo, il suo profumo?

Avrebbe dovuto puzzare di bruciato, come monito. Un avvertimento.
Attenzione: approcciare con cautela, se non volete ritrovarvi il cuore ridotto in cenere.

Invece restava ancora il profumo invitante che gli aveva obnubilato il cervello, che lo aveva ridotto in quello stato. Ingannevole e senza pietà.

"Se continui così, ti verrà un'emicrania" la voce di Carol a pochi centimetri da lui gli fa aprire di scatto gli occhi.

Era rimasto lì, come un idiota, in piedi con gli occhi serrati, ostaggio della scia di Lei.

Trucida Carol con lo sguardo, poi la oltrepassa senza indugio e lascia quella stanza infernale.

Carol sospira profondamente, guardando distrattamente l'orologio da polso.
Ancora tre ore di tortura.

Questo era diventato lavorare con Dimitri: una vera e propria tortura.
Diciamocelo, non era mai stato un tipo particolarmente gioviale, sorridente o disponibile, ma questa era tutta un'altra storia.
Aveva raggiunto livelli intollerabili di nervosismo che riusciva a trasmettere a chiunque si trovasse nel raggio di venti metri. 
Incredibilmente scontroso, intransigente, aveva fatto finire il lacrime due ragazze del marketing più volte per delle sciocchezze e la condizione sembrava peggiorare con il passare delle settimane.

Carol aveva provato più volte a indagare; l'atteggiamento remissivo di Natalie che la evitava con ogni scusa era la prova lampante che tra i due qualcosa era successo, per non parlare dell'aspetto emaciato della ragazza negli ultimi tempi. 
Entrambi si rifiutavano di parlarne o anche solo di accennare a qualunque cosa fosse accaduta, ma Carol non si fermava di fronte ad un semplice rifiuto.

Aveva sfinito Dimitri con le sue frecciatine per giorni, poi settimane, ma niente. Lui rimaneva una tomba. Terrificante per giunta.
Natalie si rivolgeva a lei solo per faccende lavorative e tagliava subito i discorsi se solo osava nominare il suo capo.

Carol e l'intero ufficio erano sfiniti dall'atteggiamento dispotico e insopportabile di Dimitri, stanchi di ammutolirsi in sua presenza, facendo attenzione anche al rumore del proprio respiro nella speranza di non scatenare la sua ira repressa.
Almeno voleva sapere cosa aveva causato quell'inferno. Quindi si decise a giocare sporco.

"Ha chiamato Eugenio Bonetti, cercava te. C'è un problema con la nuova campagna marketing della linea cosmetica in lancio il mese prossimo. Vorrebbe parlare con te e Natalie con urgenza, insieme" Carol ha appena oltrepassato la porta dell'ufficio i Dimitri, chiudendosela alle spalle, prevedendo la sua furia.

Cattura all'istante l'attenzione di Dimitri, le cui mani veloci sulla tastiera hanno un leggero tremito. Alza lo sguardo e fulmina sul posto Carol.

"Non serve. Me ne occupo io" la liquida. Non avrebbe condiviso una sola molecola di ossigeno con Lei.

"L'ho già chiamata, sta venendo qui" il rumore secco dello schermo del portatile di Dimitri che viene chiuso con foga non riesce a farla sussultare.

Ovviamente non era vero. Nessuna chiamata urgente dalla Bonetti e Natalie non stava per entrare in ufficio da un momento all'altro. Avrebbe di certo trovato una scusa per evitarlo.
Ma voleva vedere la reazione di Dimitri, voleva portarlo a parlare.

"Tu hai fatto cosa?" sbotta alzandosi in piedi di scatto, facendo allontanare la sedia alle sue spalle. In spira forte, portandosi pollice e indice destri alla base del naso, cercando  di reprimere la rabbia.
"Non farle mettere un solo piede qui dentro, mi hai capito?" non grida, non alza nemmeno la voce, ma sarebbe meglio se lo avesse fatto. Il suo tono è glaciale.

Carol si avvicina con pochi passi veloci, mettendosi giusto di fronte a lui dall'altro lato della scrivania.

"Si può sapere perché fai così? Ci stai facendo ammattire tutti, Dimitri!" conclude la frase allargando le braccia in un gesto sconsolato, scuotendo piano la testa.

Dimitri si siede pesantemente, il battito cardiaco ancora accelerato all'idea di ritrovarsela di fronte lì nel suo ufficio, da soli, dopo tutto quel tempo, dopo tutto.

"E' tornata con lui" Carol deve sforzarsi per udire ogni sillaba, talmente sussurra. Le spalle leggermente incurvate, le mani si tengono impegnate riaprendo il pc, scorrendo le mail senza realmente vederle.
Si era immaginata qualcosa di simile, e la reazione di Dimitri era esattamente quella che temeva.
Aveva sperato fino all'ultimo secondo di sbagliarsi.

"Non la voglio qui." riprende a voce più alta"Non la voglio neanche a trenta metri di distanza, riesco a tollerarla a malapena durante le riunioni. Per favore, rimandala da dove è venuta, con Bonetti me la vedo io" è perentorio, si rivolge a Carol come sempre con autorità, ma lei percepisce una nota stonata nella voce che le fa stringere le labbra.

Prova un sano fastidio nei confronti di Natalie. 

"Non ce n'è bisogno, non c'è nessuna emergenza. Mi sono dovuta inventare una cazzata per farti parlare, non ce la facevo più a sopportarti senza almeno sapere la causa del tuo umore funesto"

Si sente così sollevato da reagire in maniera meno iraconda di quanto Carol si aspettasse a quella rivelazione.

"Ora torna al tuo lavoro, cercherò di controllarmi maggiormente da ora in poi" le concede, consapevole di aver invaso l'ufficio con il suo umore nero, rendendo la vita impossibile ai suoi colleghi.
Avrebbe cercato di essere più conciliante, bastava che Lei gli stesse alla larga come aveva fatto fino a quel momento.

Carol esita prima di uscire, vorrebbe dirgli qualcosa per fargli capire che su di lei può sempre contare, ma viene bloccata ancora prima di iniziare.

"Carol. Non la nominare, non coinvolgerla nei miei affari se non è necessario, e soprattutto basta con i tuoi giochetti per farmi aprir bocca. Ora che sai, concentriamoci sul lavoro" la ammonisce serio, prima di lasciarla uscire dal suo ufficio chiudendosi dietro la porta.

Si abbandona con la schiena alla sedia girevole, prendendo un lungo respiro. 
Non era riuscito a mascherare il suo dolore come avrebbe dovuto: questo si era tramutato in rabbia e aveva travolto tutto quello che trovava sul suo passaggio.

I week end erano i giorni peggiori della settimana.
Era costretto a casa e per quanto corresse, passasse sempre a trovare la madre alla clinica, ogni volta che tornava a casa si sentiva sempre in trappola.

La vedeva ovunque, riviveva stralci dei loro momenti e ogni volta soffriva come un dannato.
Quando questa sofferenza gli risultava insopportabile sentiva la testa scoppiare, le mani fremere nel bisogno di stringere, di spaccare, di strappare.
E nell'impeto dello sfogo, aveva fatto a pezzi la sua tela. L'unica non rivolta verso il muro, quella che la ritraeva di spalle, con il capo leggermente voltato verso di lui. 
Alludendo ad una promessa che non avrebbe mai mantenuto.

L'aveva fatta a pezzi, strappandone i lembi con foga, con impeto, ricoprendo il parquet con i frammenti del suo risentimento.
Era rimasto là per minuti interi a fissare i brandelli di quell'immagine che tanto l'aveva ossessionato, vedendo in realtà i cocci del suo organo più vitale.
Quello che non si era nemmeno accorto di aver ceduto con tanta facilità, senza nemmeno che gli venisse chiesto.

Quello che lei aveva preso senza remore, senza paura, senza pensarci un solo istante prima di conficcare le unghie nella sua carne, fino a farlo a pezzi.

Ridammelo, stronza.
Tanto a te non serve più. 

La notte a letto, incapace di trovare sollievo nel sonno, aveva ripreso a contare le assi del soffitto della sua stanza, provando a dimenticare, stringendo forte gli occhi nella speranza che lo aiutasse ad eliminare dalla sua mente i momenti condivisi con lei in quello stesso letto.

Con lei che ora, invece, il letto lo condivideva con quello che sarebbe diventato suo marito.
Non più con lui. Lui era stato solo una parentesi nella sua vita dalle tappe già tracciate, già definite.

Tutte le notti così, tutte le notti finiva per odiarla un po' di più. Finiva per desiderare di non averla mai incontrata.
Finiva per pregare che se ne andasse per sempre, che non lo costringesse più a sentire tutta la sua solitudine. Tutta quella mancanza.

Tutto quel insopportabile amore.

*      *      *

A rompere la routine fatta di lavoro e confortanti abitudini di Natalie, quel freddo ma assolato mercoledì mattina di febbraio, era stato l'insolito trambusto che l'aveva circondata in ufficio.
Presa com'era dalla sua scaletta di priorità, non aveva fatto caso al vociare insistente dei suoi colleghi, finché non aveva sentito un urletto di gioia da parte della più esuberante fra loro, Sally.

"Sarà uno spasso, non vedo l'ora! Ma manca davvero pochissimo, sono dei pazzi. Devo subito pensare ai vestiti da mettere in valigia" Natalie la osserva scrivere fitto fitto su un blocchetto estratto di fretta dalla borsa. 
Volta lo sguardo verso uno Scott attento a leggere qualcosa dallo schermo del pc.

"Chissà se prenderemo tutti lo stesso aereo. Non credo sia molto saggio, dovesse schiantarsi ci farebbero fuori tutti in un colpo solo..." quella riflessione le fa corrugare la fronte e prestare maggiore attenzione a ciò che la circonda.

Nota anche Chelsea sorridente mentre digita velocemente sul cellulare.

Silenziosamente, scorre le ultime mail che ancora non aveva letto e capisce in fretta di cosa si tratta.
Reprime un verso stizzoso.
Il viaggio aziendale. Se n'era completamente dimenticata.


Buongiorno a tutti, colleghi!
Come anticipato durante la cena aziendale di dicembre, quest'anno la Morrison Pharmaceutical festeggerà trent'anni di attività. L'anno appena concluso è stato un anno che ci ha visti affrontare diverse sfide e possiamo dire di aver vinto, superando ogni record nel fatturato.
Un risultato da imputare ad ognuno di voi che, con la dedizione e la caparbietà che ci distinguono, ha lavorato senza sosta rendendomi fiero di far parte di questa azienda.
Quindi, prima di ripartire con sfide ancora più impegnative e soddisfacenti, ci meritiamo un po' di svago e relax allontanandoci per qualche giorno da questo freddo... Preparate le valigie, si va alle Bahamas!
Vi arriverà comunicazione dei dettagli del volo e del Resort dall'Ufficio Viaggi a breve, con tutte le indicazioni.

A presto
,

Vince Morrison

Ceo Morrison Pharmaceutical

Parola dopo parola, lo sgomento di Natalie aumenta esponenzialmente.
Aveva completamente rimosso la possibilità di quel viaggio e ricorda all'istante che quando era stato annunciato, alla cena aziendale, dentro di sé aveva esultato all'idea di avere la scusa perfetta per poter trascorrere del tempo con Dimitri fuori dall'ufficio.

Ora la stessa possibilità la atterriva. Pensa freneticamente ad una scusa adatta per evitare quel viaggio; considera per un momento di sfruttare il lutto per la morte del padre ma se ne pente subito.
Stava certamente malissimo e il dolore la investiva ad ondate, facendola annegare nel cordoglio per poi riemergere debole e sfinita, ma un po' più forte di prima.

"Natalie, non fare quella faccia" Sally aveva notato l'espressione avvilita della collega e le si avvicina sorridente "vedrai che ci divertiremo! Potrebbe farti bene allontanarti da tutto per un po', non credi?" le chiede dolcemente, come se potesse spezzarsi se usasse un tono in più di voce.

Natalie si limita a scrollare le spalle, scuotendo la testa.
Non si sarebbe affatto allontanata da tutto, perché Lui  sarebbe stato lì. Ancora più presente.
Ancora più doloroso.

"Non mi va  proprio. Preferirei restare a lavorare, potrei prendermi avanti con i prossimi progetti, la Bonetti sta già organizzando il lancio di un nuovo prodotto e ci sono almeno diecimila cose che potrei fare per-" 

"L'azienda chiude per tutta la durata del viaggio. Solo alcuni Manager resteranno reperibili per dare risposta ai clienti che, comunque, sono già stati avvisati. Qualche giorno non ucciderà nessuno" si intromette Chelsea bruscamente. 
La detestava quando voleva fare la martire sempre pronta a mettere davanti il dovere.

Natalie sospira profondamente, affossando le spalle in un moto rassegnato.

"Ci saremo noi con te, andrà tutto bene" la rincuora Scott, con tono rassicurante e un sorriso dolce sul viso.
Era diventato molto protettivo nei confronti di Natalie, rispettoso dei suoi silenzi e dei suoi spazi.
Un po' rasserenata dall'idea della sua presenza e dal fatto di poter contare su un alleato che l'avrebbe aiutata senza fare domande, ricambia con fatica il sorriso e si arrende all'inevitabilità di quel viaggio.

Si tratta solo di qualche giorno.


Sii forte, Natalie. Sii forte.




Note.


Capitolo di passaggio, sempre difficili per me. Tanto da raccontare e da mostrare ma il rischio di dilungarsi perdendo il focus della narrazione è sempre dietro l'angolo.

Ci siamo, è ora del viaggio aziendale annunciato parecchi capitoli fa. 
Saranno dei giorni importanti, fondamentali per Natalie e sotto certi punti di vista davvero difficili per Dimitri.
I prossimi capitoli, quindi, saranno un po' più movimentati e coinvolgenti (mi auguro).

Approfitto di questo spazio per dirvi che ho creato un ID Instagram per Slide: slide_alieranera.
Sto combattendo la mia poca propensione per i social per dare un po' più di chances a questa storia che tanto amo.
Pubblicherò qualche estratto, alcuni avvisi,anche qualche extra. Se vi va di seguirmi anche lì per essere sempre aggiornati, mi farà molto piacere.

Detto ciò, ci vediamo al prossimo capitolo.

A presto, 

Alice

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