Capitolo 30


Il taxi si ferma proprio davanti ad una pozzanghera ghiacciata, minacciando di far andare Natalie gambe all'aria.
Nonostante gli stivali neri con un po' di tacco, riesce a mantenere l'equilibrio, seppur precariamente.
Mette piede all'interno dell'edificio imponente della Morrison sentendo una strana sensazione di distacco. 

Erano successe tante cose dall'ultima volta che era stata lì dentro.
La sua vita era completamente stravolta. Boston era la sua casa oramai.
Dimitri era casa

Pensa con struggimento agli ultimi giorni trascorsi a casa sua, dando vita a delle piccole ed insignificanti routine che già le mancavano da morire.
Ad esempio il modo in cui lui insisteva per sistemare tavolo e cucina dopo cena, perché lei aveva cucinato per entrambi; oppure quando la mattina Dimitri si alzava sempre prestissimo per andare a correre, poi dopo essersi lavato ritornava a letto per svegliarsi con lei. 
Così Natalie sentiva subito il suo profumo fresco ed invitante, destandosi e raggomitolandosi tra le sue braccia.

Quella mattina invece era stata svegliata dal trillo  impietoso della sveglia e, trovandosi sola nel suo appartamento, aveva provato sconforto. Acuito dalla consapevolezza che si sarebbe svegliata a quel modo per tutta la settimana.

Dimitri aveva provato in ogni modo a convincerla a restare anche quella notte da lui.
Sebbene non fossero più arrivate foto né messaggi, non si sentiva tranquillo a lasciarla sola.
Inoltre, gli sembrava di non averne mai abbastanza di averla intorno.

Natalie stava riempiendo dei vuoti che non sapeva di avere, che ora sentiva in tutta la loro vacuità.

Alla fine l'aveva convinto ad accompagnarla a casa, nonostante una sensazione fastidiosa gli facesse serrare la mandibola.
Il giorno dopo dovevano rientrare al lavoro e non potevano arrivarci assieme. Non ancora.
Lei aveva bisogno delle sue cose, di sistemarsi nel suo appartamento. Quindi era capitolato.
Le aveva però dato delle regole da seguire: non doveva per nessuna ragione al mondo aprire a qualcuno senza prima chiedere chi fosse; per ogni necessità, anche la più insignificante, doveva chiamare e lui e, infine, si sarebbero dovuti sentire ogni sera. 

Solo per assicurarsi che andasse tutto bene, ovviamente.

Quella domenica notte Dimitri la trascorre senza quasi chiudere occhio.
L'insonnia che sembrava avergli dato tregua nei giorni precedenti era tornata a bussare alla sua porta appena Natalie se n'era andata.

Non solo la sua assenza nel suo letto glielo faceva sembrare ancora più freddo e troppo grande.
Il pensiero di lei, sola nel suo appartamento, in balìa di chiunque volesse farle del male, gli faceva stringere i pugni nel buio della notte.
Un appartamento in cui, ci avrebbe scommesso, sarebbe tremendamente facile entrare.

A peggiorare il suo umore, la consapevolezza di dover trascorrere tutta la settimana successiva lontano da lei: sarebbe partito il lunedì mattina, molto presto, diretto a Philadelphia; poi sarebbe stata la volta di Detroit e infine di Chicago. 
Era il solito giro delle filiali che faceva in maniera periodica: controllare l'andamento dell'area Sales di ogni stabilimento della Morrison rientrava nei suoi compiti.

Sarebbe stata una settimana molto impegnativa, scandita da riunioni infinite e una sfilza di problemi inutili da risolvere, causati dall'incompetenza di inutili sottoposti, più vecchi di lui ma privi di ogni qualsivoglia intraprendenza.

Concentrarsi su questioni lavorative, ambito in cui eccelleva sempre e che gli dava comunque soddisfazione, forse lo avrebbe aiutato a distrarsi un po' da quello che sarebbe potuto succedere a Boston. 
Tuttavia, fremeva dal senso di impotenza che provava.

Per tenerlo un po' a bada aveva già preso accordi con Carol, la quale non aveva avuto granché voce in capitolo, ovviamente all'insaputa di Natalie.
L'avrebbe tenuta d'occhio e gli avrebbe riportato qualsiasi dettaglio le sembrasse strano, fuori posto.

Carol aveva acconsentito confermando i sospetti del pranzo della scorsa settimana: qualcosa bolliva in pentola, anche se nessuno dei due si scomodava di informarla.
Non avevano voluto informarla del misterioso fotografo per non coinvolgerla in qualcosa che poteva benissimo essere una sciocchezza, ingigantendo tutto.

In ogni caso, lei aveva capito che l'apprensione smisurata di Dimitri nei confronti di Natalie era senz'altro motivata.

Quando Natalie entra in ufficio viene accolta dal sorriso gentile di Scott e da quello falso e tremendamente fastidioso di Chelsea.

"Buon nuovo anno, collega" la saluta Scott mentre sistema alcuni documenti in due pile ben distinte.

"Anche a te, Scott. Hai passato delle buone vacanze?" gli chiede di rimando, ignorando come al solito la bionda che si accomoda alla scrivania dopo essersi lisciata più volte il vestito rosso, un po' troppo attillato.

"Niente di speciale" fa spallucce e nasconde un sorriso triste. 
Natalie è incuriosita dal suo comportamento chiuso e malinconico, ma non è affatto il caso di approfondire, soprattutto con l'arpia a portata d'orecchio.

Sta per prendere parola quando si accorge che Sally sta per fare la sua entrata. Il tacchettio delle scarpe anticipa il suo arrivo di pochi secondi, poi si precipita alla sua scrivania, come sempre in ritardo di almeno due minuti.

"Ciao, miei bellissimi colleghi. Vi sono mancata?" è sorridente come sempre, nel suo completo blu acceso che la fa sembrare più matura di quanto poi si riveli.

"Neanche per un secondo" ribatte Scott, scatenando una reazione melodrammatica nella nuova arrivata che si porta una mano al petto, proprio sul cuore, con espressione affranta.

"Uomo crudele! Non ti hanno rabbonito nemmeno un po' queste feste" sentenzia con tono offeso.

Senza smettere di ordinare la sua postazione, Scott sorride.

"Natalie, mia cara, per fortuna ci sei tu. Come stai?" abbassa impercettibilmente il tono di voce quando si rivolge a lei, intingendolo di lieve compassione.
Quest'ultima spera che nessun altro se ne accorga, non voleva suscitare l'attenzione dei colleghi né le loro domande.
Non era pronta a rivelare al mondo che la sua vita era andata in pezzi.
E che Dimitri la stava rimettendo assieme.

"Tutto bene, le tue vacanze?" chiede subito, cercando di distogliere l'attenzione da sé.

"Meravigliose, ma stancanti. Molto. Io e James abbiamo passato il Natale dalla sua famiglia, sono tutti elettrizzati per le nozze imminenti" Sally fa per deviare il discorso notando il disagio negli occhi della collega, ma viene interrotta.

"E le tue di vacanze Natalie? Anche tu sarai stata presa dai preparativi"  aggiunge Chelsea senza guardarla in faccia, gli occhi puntati sul riflesso dello specchietto che tiene tra le mani, impegnata a ripassare il rossetto rosso ciliegia.

Natalie reprime la voglia di farglielo ingoiare.

"Anche le mie sono state impegnative"ribatte secca, decisa a rimanere il più possibile sul vago.

Scott la guarda di sottecchi, notando una rigidità nella voce.
Chelsea le scocca un'occhiata veloce, assottigliando gli occhi, poi ripone il trucco nella borsetta dandole le spalle.

"Non so voi, ma io sono contenta di essere rientrata: muoio dalla voglia di sapere dove andremo per il ritiro aziendale!" Sally interviene con l'intenzione di riportare l'attenzione su argomenti neutri e di stemperare l'aria  ricca di tensione.

Natalie le dà corda per qualche minuto, ascoltandola formulare ipotesi improbabili su mete sperdute tra i boschi e corsi di sopravvivenza fra la natura.
Dopo circa mezz'ora sono tutti e quattro con i nasi incollati al pc e i telefoni che suonano impietosi. 


*      *      *


Quando nota Sally alzarsi in fretta dalla scrivania e raccogliere le sue cose, Natalie capisce che la giornata lavorativa è giunta al termine. 
Uno ad uno i suoi colleghi lasciano l'ufficio, mentre lei decide di trattenersi più a lungo come suo solito, per organizzare il lavoro della settimana e per prendersela con calma.

Non c'è niente e nessuno ad attenderla fuori di lì, se non la promessa di sentire finalmente Dimitri.
Nemmeno ventiquattro ore erano trascorse, e le sembrava che la terra ci stesse impiegando più del solito a compiere il suo giro.

Carol sbuca all'improvviso facendola sussultare, era convinta che ormai non ci fosse nessuno in azienda.

"Non volevo spaventarti, ho immaginato che fossi ancora qui e ho pensato che saremmo potute uscire insieme. Mi inquieta un po' uscire da sola nel parcheggio buio" spiega Carol, avvicinandosi a lei.

Natalie vorrebbe restare ancora un po', ma la giustificazione di Carol la fa desistere. Avrebbe terminato il giorno successivo, non era nulla di urgente.

"Andiamo, ti accompagno" Natalie si veste velocemente e insieme i dirigono all'entrata dell'edificio. 
"Io mi fermo qui, chiamo un taxi. Ci vediamo domani Carol" Natalie si ferma alla reception ormai vuota, estraendo il cellulare.

"Non se ne parla. Ti do uno strappo fino a casa" 

"Non è necessario, davvero. Sarà qui in pochi minuti" 

Carol le afferra un braccio e fa per trascinarsela dietro, nonostante la figura mingherlina rispetto a quella di Natalie.

"Ok, ok, non c'è bisogno di usare la violenza" acconsente Natalie, ridendo piano.

Giunta a casa, si accorda con il meccanico per recuperare l'auto l'indomani, ancora funzionante nonostante un guasto ad una guarnizione. Le costerà caro, ma non vuole darsi per vinta con la sua Betsy.

La serata trascorre lenta e noiosa, dopo una doccia lunga e bollente si trasferisce sotto le coperte al caldo, portandosi il PC per guardare una delle sue serie.
Fatica a prestare attenzione a quello che accade sullo schermo, distratta dal cellulare che continua a guardare attendendo un qualsiasi segno da parte di Dimitri.

Stava già violando il loro accordo non scrivendogli di essere arrivata a casa sana e salva e senza stalker alle calcagna, ma non voleva disturbarlo.
Sapeva che quelle riunioni potevano andare avanti per le lunghe e conosceva le sue reazioni colleriche quando veniva interrotto.

Natalie pensa questo perché non l'ha ancora capito.
Non ha assolutamente capito quanto Dimitri stia perdendo la testa per lei.
Lui ormai lo sa. Lo nasconde agli altri ma se ne rende conto sempre di più, soprattutto ora che le è lontano e invece la sente sempre lì con lui.
Incastrata da qualche parte fra il petto e il cuore, quasi a proteggerlo. Impressa a memoria nelle sue pupille, avvinghiata ad ogni suo pensiero.
Rendendolo incredibilmente vulnerabile, come forse mai era stato prima.

Picchietta le dita sulla scrivania nervosamente, mentre l'ennesimo commerciale parla da almeno venti minuti per esaltare quanto fatto dalla sua filiale nell'ultimo mese, facendogli perdere definitivamente la pazienza.

Controlla ancora lo schermo del telefono, e digrigna i denti. Nessuna notifica.
Certe volte la prenderebbe a schiaffi. Fa sempre il contrario di quello che le si dice, portandolo all'esasperazione.
Poi la preoccupazione scansa la rabbia: se le fosse successo qualcosa?
Carol l'aveva accompagnata a casa come le aveva chiesto, quindi fin lì tutto bene.
Probabilmente stava bene e voleva solo farlo ammattire un po', la stronza.

L'uomo che gli sta davanti sorride, falso come Giuda, e continua a lisciarlo con parole vuote ma Dimitri non lo sta ascoltando da almeno dieci minuti.
Non è da lui non portare a termine qualcosa, ma non riesce a stare ancora lì in quella stanza senza dare di matto di fronte a tutti.

Si alza raccogliendo il pc, i due telefoni e la giacca.
Senza dire una parola, lascia l'ufficio sotto lo sguardo attonito dei quattro colleghi presenti, mentre quello che parlava se ne resta a bocca aperta guardandolo andare via con passo deciso e l'espressione annoiata.



D: Noi due avevamo un accordo.

Natalie legge il nome di Dimitri sul display e già sorride. 
Sono le nove e mezza passate e stava per cedere alla palpebra pesante, ma basta quelle poche parole da parte sua e il sonno diventa un mero ricordo.

N: Ciao anche a te.

Gli risponde, scuotendo piano la testa di fronte ai soliti modi austeri. Sempre dritto al punto, niente convenevoli o carinerie.

D: Dovevi scrivermi, Natalie. Perché vuoi farmi per forza arrabbiare?

In un modo molto infantile e sdolcinato, Natalie si sente tremendamente lusingata e coccolata da quel suo essere così apprensivo. Diceva moltissimo senza in realtà dire nulla di particolare.

N: Anche tu mi manchi. 

Risponde, eludendo la domanda e desiderando di essere con lui.

Dimitri sbuffa appena e alza gli occhi al cielo.

D: Sei scorretta, ragazzina. 

Non era giusto, così. Due parole dolci ed ecco rispuntare il sorriso ebete che si sentiva addosso da ormai una settimana, un riflesso incondizionato della sua presenza.
La sua faccia non era abituata a muovere tutti quei muscoli, gli dolevano le guance.

Anche a lui mancava, odiava che quella settimana fuori ufficio fosse capitata proprio in quel momento. Il momento meno opportuno.

Il momento in cui avrebbe voluto passare ogni minuto libero con il profumo della  sua pelle addosso, il sapore dei suoi baci sulle labbra, i suoi capelli stretti fra le dita.

Continuano a scriversi messaggi come due adolescenti alla prima cotta, senza risparmiarsi le provocazioni, i momenti di tenerezza e quelli di frustrazione finché Natalie si addormenta dopo avergli dato la buonanotte.


*      *      *


I giorni successivi si susseguono tutti uguali per Natalie, e anche per Dimitri, che cambia città da Detroit a Philadelphia e, infine, giovedì arriva alla sua ultima meta: Chicago.
Ama quella città, la filiale della Morrison che si trova lì è la più redditizia dopo Boston, perciò la lascia sempre per ultima, come ricompensa dopo le prime due in cui serve sempre maggiore concentrazione e decisione.

Giunge comunque stremato a sera e quando rientra in hotel si ripromette di andare a letto presto. L'obiettivo è quello di recuperare un po' di sonno, l'indomani si sarebbe svegliato molto presto: era riuscito ad incastrare tutti gli appuntamenti in quell'unica giornata per poter tornare a Boston venerdì mattina e fare una sorpresa a Natalie.

Quei quattro giorni si erano rivelati eterni, non vedeva l'ora di rivederla. 
Non vedeva l'ora di potersi prendere cura di lei, di assicurarsi con i propri occhi che stesse bene.

Non era più arrivata nessuna foto inquietante e Carol accompagnava Natalie tutte le sere fino al parcheggio, non lasciandola mai sola in ufficio.

Natalie apprezzava la compagnia della collega, ormai era diventata un'amica e un punto di riferimento per lei a Boston.
Inoltre, era sempre dolorosamente sincera e non la giudicava mai. Sapeva quasi tutto di lei e Dimitri e le aveva fatto sentire meno la sua mancanza.
Tuttavia in quei giorni non la mollava un attimo ed era praticamente certa che ci fosse di mezzo lo stampino di Dimitri. La trattava sempre come una bimbetta incapace di badare a sè stessa.
Quasi sempre.

Quella sera rincasa più tardi dopo essere andata a fare la spesa, anche se compra solo la metà di quello che le serve. Non riesce a scacciare una sensazione fastidiosa, come un formicolio lungo la schiena. La spinge ad accelerare il passo nella strada fra la macchina e il portone d'ingresso, facendo le scale di corsa, e raggiunge la porta dell'appartamento con il fiatone.

Entra con mani incerte e chiude la porta a doppia mandata. Scuote il capo, maledicendo il potere dell'autosuggestione. 

Si concede un momento di gioia nel pensare che il giorno dopo alla stessa ora sarebbe potuta essere con lui, finalmente.
Tra le sue braccia, a ripassare i tratti affilati del suo viso con le punte delle dita, a dimenticare il confine dei loro corpi.

D: Come stai?

N: Richiedimelo fra ventidue ore.

Dimitri sorride istantaneamente, già pregusta la sua espressione quando si presenterà sotto casa sua l'indomani mattina con la colazione.

D: E' stata una brutta giornata?

N: Pesante, ma non brutta. Il referente della Bonetti mi ha fatta impazzire oggi, sembrava volesse farmi perdere le staffe ad ogni costo. Ma ti racconto meglio domani, visto che è un TUO cliente. 

D: E' il TUO lavoro, mia cara. Va bene, domani sera mi racconterai. Adesso fila a letto, è già tardi.

N: Ai suoi ordini, Padrone.

Natalie si mordicchia il labbro immaginando che effetto potessero fare su di lui quelle parole. Dimitri amava avere il controllo. Sempre. 
Soprattutto nel sesso. Quelle quattro parole di sicuro gli potevano far passare il sonno.

 D: Dio, come sei perfida. Domani, arriva in fretta... 

Si salutano così, rimandando ogni desiderio al giorno successivo, al loro prossimo incontro. 
Entrambi increduli di come una persona fino a qualche mese prima sconosciuta, avesse portato tanta luce nelle rispettive vite.



Quando apre piano gli occhi, Natalie si accorge di essersi addormentata con la luce del comodino accesa.
Ma non è quello il motivo per cui si è svegliata. Punta l'occhio sul telefono, sono le due e un quarto del mattino.

Si stropiccia gli occhi e sistema meglio il piumone dopo aver spento la luce.

E' in quel momento che lo sente.

Sembra un graffiare, qualcosa che stride su una superficie.

Natalie spalanca gli occhi nel buio, improvvisamente asciutti e freddi. Non riesce a muovere un muscolo, non fa altro che rimanere in ascolto.
Sembra provenire dal salotto, quindi lo sente affievolito.

Stringe forte il piumone fra le dita, desiderando di non sentire più nulla.
E all'improvviso il rumore scompare, esaudendo le sue preghiere.

Segue un momento di silenzio pesante, appiccicoso, in cui non succede assolutamente nulla.

Sussulta violentemente quando sente bussare alla porta.
Scatta a sedere come una molla, le mani ancora a stritolare il piumone tanto da indolenzirsi le dita.

Poi ancora silenzio.

Vorrebbe fare qualcosa, ma il corpo non le risponde. Ripassa mentalmente il momento in cui ha chiuso a chiave la porta e prova un minimo sollievo.
Sente un dolore al petto e si accorge di aver completamente smesso di respirare. 
Lascia uscire l'aria trattenuta piano, attenta a non emettere alcun suono.
Poi inspira e accende la luce, che le dà un po' di tregua.

Ricapitolando: è notte fonda, buio pesto, è sola in casa. Viene svegliata da un rumore orribile, poi qualcuno bussa alla porta.
Qualcuno bussa alla porta.

Pensa subito al mittente della foto della scorsa settimana e prende a tremare piano. 
Resta in quella posizione per almeno venti minuti, incapace anche solo di alzarsi dal letto.

E' pietrificata dal terrore.

Quando le sembra che sia passato tempo a sufficienza si trascina in salotto portando con sé il cellulare e accende tutte le luci. 
Resta in ascolto a lungo, lontana dalla porta. Passa più di un'ora e ovviamente Natalie non ci pensa nemmeno a ritornare a letto.

Decide che deve sapere. Non vuole vivere così, nel terrore.
Magari si era immaginata tutto. Era così assurdo da non crederci quasi.

Quindi prende il palo della scopa, sentendosi una cretina, e gira pianissimo le chiavi nella toppa.
Poi, con un gesto unico e veloce, spalanca la porta e accende la luce sul pianerottolo.

Non c'è nessuno. Non si sporge per controllare gli angoli bui, e fa un passo indietro per chiudere la porta.
Lo sguardo cade sul legno sbiadito della porta d'ingresso: al centro penzola una foto attaccata con una puntina.

Quella foto. La stessa inviata via sms la scorsa settimana.

Sotto, un'incisione sul legno.
Ecco, cos'era quel dannato rumore.


Non puoi nasconderti.


Natalie strappa la foto con foga e richiude in fretta la porta, chiudendola a chiave.
Ansima e si allontana dall'entrata, rannicchiandosi accanto al divano, sul pavimento.

Con mani tremanti, guarda la foto ingrandita che regge a fatica. 
E' tutta bagnata. 
Poi si tocca il viso; sono lacrime, le sue lacrime.

Ancora sotto shock, si rigira il cellulare tra le mani, indecisa.
Non vuole svegliarlo, non lo vuole preoccupare. 
Se ora chiama Dimitri e gli racconta l'accaduto, si fa venire un infarto.

Quindi ripone il cellulare a fianco e prende a mangiucchiarsi le unghie, consapevole che qualcuno era fuori dal suo appartamento, di nuovo.
La stava avvertendo di qualcosa. Ce l'aveva con lei.

Continua a tremare per delle ore, ma a Natalie sembra siano trascorsi solo pochi minuti. 
Inizia ad albeggiare e, come un automa, inizia a prepararsi per il lavoro.

Quando fa per uscire è percorsa da brividi di paura, e  realizza che l'incisione sulla porta sarà ancora lì.
Decide di prendere un foglio bianco e lo usa per coprire la scritta agghiacciante, usando del nastro adesivo per ogni lato del foglio. Lo fa aderire bene e sente quella frase rimbombarle nelle orecchie, come se gliela stessero urlando contro.

Non puoi nasconderti.

Non capiva cosa volesse dirle. Non si stava nascondendo da nessuno.
La sua vita era in bilico, completamente sbilanciata rispetto a quando aveva lasciato la sua casa per trasferirsi a Boston.
Ma era la sua vita, finalmente se la sentiva sua. 
Non aveva motivo di nascondersi, ma nemmeno di spiattellarla in giro prima di aver sistemato tutto per bene.

Si riferiva a quello? Andrea ovviamente non sapeva nulla di Dimitri, di come fosse diventato importante per lei. Non poteva saperlo né essere arrivato a tanto. 
O sì?

Esce di casa con due ore di anticipo rispetto al solito orario, diretta alla Morrison. 
Si sentiva più al sicuro all'interno di quell'ufficio che nel suo appartamento.

Resta in macchina a congelare il tempo necessario perché aprano l'edificio e vi si catapulta dentro, in qualche modo sollevata.

Con solo poche ore di sonno sulle spalle, Natalie prende posto fisso davanti alla macchinetta del caffè, desiderando di poterlo iniettare direttamente in vena.
Magari così sentirebbe qualcosa. Si sente sconnessa dal presente.

"Natalie, sei già arrivata?" la sorprende Scott, mattiniero.

"Già, ho anticipato un po' i tempi stamattina" 

Prova a nascondere l'angoscia e spera che il trucco abbia aiutato a salvare un po' le apparenze.
Lo sguardo di Scott indugia sul suo viso più del dovuto.

"Va tutto bene?" le chiede infatti.

"Certo, tutto bene. Grazie. Ora mi metto al lavoro, ho un sacco di arretrato" bofonchia distogliendo lo sguardo e stirando le labbra in una specie di sorriso.

Scott capisce che qualcosa non quadra. Non l'aveva mai vista così pallida, è quasi livida in viso.
La segue senza aggiungere altro. Natalie lavorava molto, quasi mai si trovava con degli arretrati.
La tiene d'occhio per l'ora successiva, mentre si dà da fare e si tiene occupata.

La perde di vista quando si trova a gestire un'emergenza per un cliente di Haze, fortunatamente conosce molto bene l'azienda e sa già come muoversi per soddisfare le loro esigenze.
Chiama Haze per accordarsi su alcuni dettagli, appurando che è già di ritorno da Chicago. 

E' ancora al telefono con lui quando scorge Natalie in piedi, cadaverica, la bocca appena aperta e gli occhi sgranati al massimo.
Fa paura. 
Il cellulare che teneva all'orecchio le scivola di mano, cadendo a terra.


Non respira, non parla, non emette un suono.

"Natalie" la chiama Sally, spaventata quanto i colleghi.

"Natalie, cosa succede?" anche Scott si alza in piedi, teso e nervoso.
La conosceva bene quell'espressione sul viso di lei.
L'aveva avuta anche lui incollata alla faccia, per tanto, troppo tempo.

Natalie porta lo sguardo su di lui, ma non lo vede davvero. Fissa il telefono sul pavimento, la chiamata ancora in corso.

"Mio padre..." è tutto quello che dice, un attimo prima di perdere i sensi.



Note.

E rieccoci. Un capitolo un po' movimentato, direi.
Posso solo dire che quel venerdì non sarà affatto come se lo aspettavano i nostri piccioncini.
Per niente.

Dico anche che ho scritto la parte in cui Natalie sente il rumore di notte e il bussare alla porta, mentre ero sola in casa, di notte.
E mi sono messa paura da sola XD

Dunque, la trama si infittisce (spero almeno!) vedremo cosa riserverà il futuro ai nostri eroi.

Spero che vi stia piacendo questa storia, in caso contrario sono sempre pronta a sentire opinioni e consigli. 

Grazie del vostro tempo.

A presto,

Alice 

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