Capitolo 21


C'è molta luce nella stanza, attraverso le palpebre chiuse preannuncia l'arrivo di un nuovo giorno. E di un'emicrania.

Strizza gli occhi e ci mette un po' a mettere a fuoco il volto incorniciato da onde scompigliate che, dispettose, coprono parte del viso della donna che dorme al suo fianco.

Resta immobile per qualche minuto, osservandone i tratti rilassati, le labbra dischiuse. Dorme su un fianco, rivolta verso di lui che le accarezza i contorni del corpo con lo sguardo.

Sotto il piumone, indossa ancora la canotta di lui e i suoi boxer, e a quel pensiero si sveglia del tutto.

Una parte di lui è particolarmente pronta per il Buongiorno.

Chiama a rapporto ogni briciola di autocontrollo e allunga una mano per spostarle i capelli dal viso.

Le sue mani, quando si tratta di Natalie, sembrano avere vita propria e provano sempre a sottrarsi al controllo del loro proprietario. Anche in quel momento, mentre infilano una ciocca dietro il suo orecchio, vi indugiano più del necessario, lasciando una carezza leggera.

Natalie si muove sotto il piumone, scoprendo parte del busto, e Dimitri si mordicchia l'interno del labbro alla vista della canotta stretta a fasciarle i seni.

Sospira profondamente, conscio che l'unica cosa che desidera con tutto se stesso è anche l'unica che non può avere.

Si alza dal letto con l'umore dello stesso colore dei suoi occhi e si concede una doccia fresca nel vano tentativo di placare la smania dei suoi pensieri torbidi.

L'emicrania è decisa a portare a termine la missione di fargli scoppiare il cervello, quindi prende degli antidolorifici.

Torna in camera con i capelli ancora umidi e infila velocemente una tuta.

In quel momento Natalie apre gli occhi piano e non trovandolo a fianco a lei, volta lo sguardo trovandolo in piedi accanto al cassettone vicino alla porta. Sta infilando una maglia grigia, ma fa in tempo a vedere la sua schiena ampia e nuda. Deglutisce e affina lo sguardo.

"Buongiorno" la saluta lui, voltandosi. Non c'è ombra di un sorriso sul suo volto, non la guarda nemmeno negli occhi.

Natalie non risponde, si limita a tirarsi un po' su e ad appoggiarsi alla testiera del letto, continuando a studiare il modo in cui evita di guardarla mentre sistema meglio il collo della maglia, tutto storto.

E' sveglia da meno di un minuto e già ha messo il broncio. Incrocia le braccia sotto il seno e sbuffa piano. Rivoleva il Dimitri che la stringeva al suo petto, che sospirava tra i suoi capelli, con il cuore che bussava contro la sua pelle.

Guarda velocemente l'ora sulla sveglia appoggiata al comodino, non sono ancora le otto del mattino. Era mattiniero, ovviamente.

"Che c'è?" le chiede, finalmente guardandola, visto il suo broncio. Sembrava una bambina con quell'espressione corrucciata e trattiene a stento un sorrisino.

"Niente" risponde, guardando altrove. Dimitri alza lo sguardo al cielo. Avanza verso i piedi del letto e appoggia i pugni sul materasso, abbassandosi alla sua altezza.

La inchioda con lo sguardo.

"Non fare la bambina. Dimmi che hai" il tono, ovviamente, non è quello gentile e accorto che si rivolge ai bambini.

Natalie scuote il capo, e bambina ci si sente davvero. Si sente stupida ad avere quell'atteggiamento, e forse non doveva sorprendersi tanto del cambiamento del comportamento di Dimitri. Ma vederlo così freddo e distante, quando forse era l'unico a capire la sua confusione, la faceva sentire sola.

Seccato, torna a drizzare la schiena e inspira forte.

"Fa come ti pare. Io vado a fare colazione" e si volta per uscire dalla camera.

Natalie strofina i piedi tra di loro, nervosa.

"Non me lo aspettavo così questo risveglio, tutto qui" dice piano, quando lui è ormai uscito. Dimitri si blocca sulla porta, dandole le spalle.

Guarda per un attimo il muro del corridoio di fronte a sè, elencando velocemente nella sua mente tutti i motivi per cui dovrebbe fingere di non avere sentito le sue parole, il tono dispiaciuto di lei, eco del suo malumore.

Ma in fondo tutti quei motivi venivano sovrastati dall'aumento del suo battito cardiaco, che fa da sottofondo alla sua resa.

Con passi calmi in contrasto con il suo pensiero veloce, torna verso il letto e riprende posto sotto il piumone, sentendo lo sguardo diffidente di Natalie addosso.

Si appoggia come lei alla testiera, i loro corpi vicini. Natalie non riesce a tenere ferme le gambe, facendo muovere il piumone, irrequieta.

"Dimmi, bambina, come te lo aspettavi questo risveglio?" le chiede con le labbra increspate in un sorriso provocante, bello da morire.

Natalie arrossisce e fa spallucce.

"Smettila di darmi della poppante, Haze. Mi irriti" vede lo sguardo di lui indurirsi un poco, socchiudendo gli occhi scuri.

"Smetti di comportarti come tale. Se vuoi qualcosa basta chiedere" abbassa il tono di voce. Ma invece di aspettare una richiesta di lei, fa accostare i loro corpi e apre le braccia in un chiaro invito.

Natalie non ci pensa due volte e, sempre torturandosi l'interno del labbro, trova rifugio sul suo petto, facendosi avvolgere dalle sue braccia.

Mettendosi comoda, appoggia la tempia sulla sua spalla e viene invasa dal profumo di bagnoschiuma.

"Va meglio?" la stringe di più, e Natalie intreccia una gamba alle sue. Annuisce in risposta e si trova a sorridere.

"Sei di poche parole la mattina" commenta Dimitri, mentre con una mano le copre il braccia nude con il piumone. Le mani di Natalie prendono a vagare pigramente sul suo petto.

"Hai dormito bene?" gli chiede invece.

"Meglio del solito" risponde, mentre con un dito traccia una linea immaginaria sul braccio di lei, facendole accapponare la pelle.

"Anche se mi hai rubato tutto il piumone" la rimprovera, pizzicandole un fianco.

"Non è vero!" ribatte, indignata.

"Eccome. Ladra" il petto gli vibra leggermente a causa di una risata bassa e leggera, un suono estremamente rilassante per Natalie. Avrebbe voluto sentirla sempre.

Si volta a guardarlo, con i capelli ancora umidi resi più scuri, un accenno di barba e quel sorriso maledetto.

Si accorge in quel momento di non avere scampo, era rimasta avvinghiata tra le trame dei suoi occhi, bui come ombre.

Era andata. Restano così, a guardarsi e accarezzarsi in silenzio, avvolti dalla luce del mattino.

Quando Natalie realizza che probabilmente il suo alito in quel momento non era dei migliori, sigilla le labbra.

Si solleva sulle ginocchia e gli lascia un bacio veloce sulla guancia per poi rotolare giù dal letto.

Dimitri la segue con lo sguardo, radiografando il corpo mezzo nudo di lei.

"Visto che mi accusi di furto ingiustamente, credo che mi approprierò indebitamente del tuo spazzolino" sulla porta della stanza si volta "e magari anche di quella vasca fantastica, di nuovo" lo guarda ammiccando, lasciandolo a pensare che nemmeno dieci docce fredde potrebbero placare la reazione del suo corpo. Si alza e le si avvicina, scompigliandole leggermente i capelli.

"Sei senza vergogna. C'è uno spazzolino nuovo nel cassetto" poi la supera e va in cucina a bere del caffè sistemandosi più volte l'elastico dei boxer.

Approfitta di quei minuti di solitudine ed estrae il cellulare.

Carol risponde al terzo squillo.

"Buongiorno Dimitri" la voce è esitante.

"Buongiorno Carol. Mi diresti cosa ti è saltato in mente?" dritto al punto.

"Mi aspettavo questa telefonata ancora ieri, deduco tu sia stato impegnato" ribatte lei, sempre con la risposta pronta. Dimitri impreca nella sua mente nella lingua materna e prende un respiro.

"Non la dovevi chiamare" dice soltanto, anche se in fondo non è così arrabbiato.

"Non ho avuto molta scelta. Non potevo restare per tutto il tempo di cui avevi bisogno" gli ricorda.

"In qualche modo me la sarei cavata. Non avevo bisogno di nessuno" risponde piccato, con il tono indurito.

"Non sembrava così quando nel delirio non facevi altro che pronunciare il suo nome".

Silenzio. Vuoto mentale.

"Questa è nuova: Dimitri Haze senza parole" Carol lo prende un po' in giro, poi torna seria.

"Non gliel'ho detto, ma è quello il motivo per cui l'ho chiamata. Non era me che volevi al tuo fianco in quel momento, e sarebbe ora che lo ammettessi anche tu" detto questo riaggancia, lasciandolo di stucco.

Resta con il telefono fra le mani, impalato in mezzo alla cucina, a cercare di dare un senso ai suoi pensieri confusi.

Aveva chiamato Carol quando probabilmente si era accorto di essersi spinto troppo oltre, ma poi non aveva fatto altro che nominare Natalie.

Il suo autocontrollo aveva delle falle e, ognuna di esse, portava il nome di quella ragazza.

Prende con gesti automatici due tazze, del latte, del succo e dei biscotti, adagiando tutto sul tavolo e si siede, iniziando a fare colazione.

Carol aveva capito tutto prima di lui, come spesso accadeva. Aveva smesso di negare a se stesso l'attrazione per Natalie da un po', ammettendo che averla intorno rendeva tutto meno detestabile, anche se a volte l'avrebbe strozzata.

Inoltre, dopo il giorno precedente, le cose tra loro erano cambiate nuovamente: si era presa cura di lui, aveva letto la preoccupazione negli occhi di lei, aveva accolto ogni carezza e mano sul cuore come un balsamo per le sue membra sfiancate da quella vita poco clemente.

Natalie lo aveva ascoltato con curiosità e non lo aveva compatito, non lo aveva giudicato, come promesso.

Si stava affezionando realmente a lei e quello era un problema. Non era cieco, sentiva quanto anche lei fosse attratta da lui e quanto fosse confusa, ma restava comunque fidanzata.

Dannazione, si stava fottendo il cervello per una che presto si sarebbe sposata. Sposata.

Si dà dell'imbecille e si chiede se non fosse troppo tardi per tirarsi fuori da quella faccenda, giusto per evitare un'altra crepa sul cuore.

"E' successo qualcosa?" viene interrotto dalla voce di Natalie, seguita dal profumo del suo bagnoschiuma. Sentirlo addosso a lei era estremamente invitante.

Non risponde e torna a concentrarsi sulla colazione per qualche secondo, facendo aggrottare le sopracciglia di Natalie.

"Perchè Carol sa tutto?" le chiede, sempre non guardandola.

"Tutto cosa?" ostenta innocenza, ma sa già a cosa si riferisce. Si era confidata con Carol in merito al loro rapporto, le aveva raccontato dei baci, del matrimonio, di tutta quella situazione. Le aveva fatto bene, ma immaginava che Dimitri non ne fosse entusiasta. Sperava non lo venisse mai a sapere.

"Lo sai, Natalie" la fulmina con lo sguardo, impedendole di guardare altrove.

"E' capitato. Era venuta da me quando ero ammalata e molto l'ha intuito da sola. Però sì, le ho raccontato qualcosa" mormora, cercando di sostenere il suo sguardo.

"Non avresti dovuto. Sono cose che non la riguardano" la fulmina con lo sguardo.

"Beh credo che fosse inevitabile coinvolgerla un po', visto che lavoriamo a stretto contatto. E mentirei se dicessi che non ne sono stata felice: avevo bisogno di parlarne con qualcuno. Non ho molti amici qui" ammette.

"Hai me. Potevi parlarne con me". A Natalie scappa una risatina nervosa.

"E' così che ti definiresti? Mio amico?" un sorriso sulle labbra, lo guarda con scetticismo.

"Non mi interessano le definizioni. E' con me che devi parlare di queste cose" il suo non è un consiglio, un invito a confidarsi. E' ovviamente una pretesa.

"Se mi va di confidarmi con Carol è esattamente quello che farò. L'ho già fatto comunque, quindi è inutile parlarne ancora" sentenzia lei, incrociando le braccia al petto, guardandolo con sfida.

Dimitri fa cadere rumorosamente il cucchiaio nella tazza, mentre la guarda con astio. Doveva sempre provocarlo, farlo innervosire.

E le riusciva dannatamente bene. Decide di troncare quella conversazione.

"Siediti, fai colazione" Natalie alza gli occhi al cielo. Si accomoda di fronte a lui, prendendo del succo e qualche biscotto. Mangia in velocità sotto lo sguardo attento di un Dimitri silenzioso.

Lui deglutisce in silenzio e scuote la testa, mentre nota che indossa gli stessi vestiti del giorno prima.

Natalie si accorge del suo sguardo e sorride un po' imbarazzata.

"Devo andare a casa, mi devo assolutamente cambiare. E poi ormai ti sei ripreso, credo. Non ho motivo di stare qui" sussurra senza guardarlo negli occhi.

"Torni a Savanna?" il tono di voce è calmo e pacato, ma l'idea che lei se ne vada e torni dal maritino gli fa passare la fame.

"No, resterò a Boston. Ho litigato praticamente con tutti, tranne mia madre, perciò non mi va proprio di tornare da loro. Ho bisogno di prendermi del tempo" cerca di spiegare, ma sfiora soltanto la punta dell'iceberg dei suoi pensieri.

Dimitri realizza bene solo in quel momento che per essere lì con lui Natalie ha dovuto affrontare la famiglia, il fidanzato, e si era messa nei casini.

Corruga la fronte mentre cerca di sopire un senso di colpa e si sente uno sciocco per non averle chiesto mai come stesse, fagocitandola con i suoi problemi familiari e con le conseguenze della sua ira.

Mentre è assorto in questi pensieri Natalie sta indossando il cappotto e prende la borsa, soffermandosi sulla porta. Vedendolo così silenzioso si sente mortificata: probabilmente non ne poteva più di averla fra i piedi.

"Allora io vado. Grazie per la colazione" grazie per la colazione? Davvero? Ha appena trascorso la notte con lui, lo ha assistito in un momento difficile e ha ascoltato e abbracciato il suo dolore e la sua rabbia.

Dimitri si riscuote quando Natalie fa per aprire la porta.

"Ci vediamo uno di questi giorni" dice soltanto, senza chiedere. Natalie annuisce, pensierosa. Sarebbe stata sola a capodanno per la prima volta nella sua vita e dentro di sè sentiva che non le sarebbe dispiaciuto. Fa un cenno di saluto a Dimitri con la mano prima di voltarsi e varcare la soglia.

Fugge via di lì. Sale in macchina e guida lentamente, come in uno stato di trance, fino al suo appartamento.

Dopo essere stata in quello di Dimitri la sua Topaia sembra ancora più fatiscente da fuori, ma si sente subito a suo agio appena vi mette piede.

Si abbandona sul divano e prende a guardare il soffitto, mordicchiandosi la guancia nervosamente. Aveva molte informazioni da elaborare e una serie di emozioni che non sapeva bene come gestire. Le serviva quel tempo da sola per processare gli ultimi giorni.


C'è uno strano silenzio, come se all'improvviso il mondo avesse deciso di farle un favore e se ne stesse per un po' zitto, lasciandola riposare in pace. Ma è un silenzio troppo strano, diverso.

Natalie si alza piano dal letto e sbircia fuori dalla finestra: sta nevicando. La vista dalla sua camera dà su un'altra palazzina, perciò è piuttosto limitata, ma i fiocchi di neve cadono con lentezza, mettendole voglia di tornare sotto le coperte.

Ha passato tutto il giorno a letto, evitando telefonate dei suoi familiari e arrovellandosi i pensieri. Non aveva più sentito Dimitri, ma era stata tentata di scrivergli decine di volte, poi aveva desistito.
Doveva capire cosa fare di tutta quella situazione, non poteva andare avanti così. D'altronde nemmeno lui l'aveva più cercata e questo le faceva più male di quanto volesse ammettere.

Apre la finestra e resta così, nel gelo, a guardare la neve e ad annusare l'aria.

E' lunedì mattina, ed è splendido poterlo passare a poltrire. Non è una cosa a cui si abituerebbe facilmente. Il giorno dopo sarebbe stato l'ultimo dell'anno e per la prima volta lo avrebbe passato da sola.

Non aveva idea di cosa avrebbe fatto, probabilmente si riempirà di schifezze di fronte alla tv o leggendo o, meglio ancora, dormendo.

A Savanna facevano una grande festa tutti insieme, mangiando e bevendo fino a scoppiare, guardando i fuochi d'artificio dello zio Larry che puntualmente facevano cilecca. Non sente nostalgia a pensarci.

Le viene un'improvvisa voglia di una sigaretta.

Non fuma dai tempi del college, quando con Evelyn si dividevano tutto, anche i pacchetti di sigarette.

Con quella calma e un bel caffè fumante, una sigaretta avrebbe reso quella solitudine sopportabile.

Si rende presentabile in pochi minuti e, mentre esce vestita con talmente tanti strati da sentirsi una cipolla, lo sguardo si ferma sulla porta dei suoi vicini, Alan e Susan.

Viene invasa dal senso di colpa: non era più stata da loro. Bussa piano.

"Ciao Alan, spero di non disturbare. Volevo vedere come vanno le cose" e come potevano andare? Che cosa stupida da dire.

Alan le sorride, il viso stanco e pallido.

"Vanno come devono andare, Natalie. Accomodati" si fa da parte per farla entrare e trova Susan intenta a pulire il banco della cucina, con sguardo cupo. Si illumina un po' quando la vede e Natalie si sente ancora più in colpa ad aver aspettato così tanto per andare da loro.

"Natalie, cara! Vieni, siediti. Vuoi del caffè?" la stringe tra le braccia brevemente, con la solita forza, e senza aspettare risposta si gira a versarne una tazza fumante.

"Volentieri, grazie. Si gela oggi" si siede con i vicini e sorseggia il caffè, guardandoli. Alan mette via un giornale vecchio con gesti lenti e automatici.

"Come state? E Lizzie?" chiede Natalie.

"Noi stiamo bene, per quanto si possa stare bene in questi momenti. La piccola Lizzie è una forza della natura, cara. Siamo preoccupati, invece, per Seth: sta dimagrendo molto e credo non dorma da giorni ormai. Lizzie è stata con noi per i primi giorni, poi è voluta tornare con il padre. La situazione si è invertita: lei si sta prendendo cura di lui e non viceversa. Gli prepara da mangiare, cerca di distrarlo e dorme nel letto con lui tutte le notti. Non va bene. Vorremmo poter fare qualcosa" la voce di Susan è intrisa di apprensione.

Natalie immagina la piccola Lizzie improvvisarsi donna e vestire i panni della moglie per il padre che soffre. No, non andava bene per niente. Già sarebbe dovuta crescere troppo in fretta, rischiando di perdere fin troppo presto la purezza e l'autenticità dell'infanzia.

"Io sarò qui tutta la settimana. Possiamo metterci d'accordo: io posso tenere Lizzie un pomeriggio e voi potrete parlare liberamente con Seth. Magari proporgli un aiuto professionale. Non oso immaginare il suo dolore, ma credo che iniziare a prendersi cura di sè sia il meglio per sua figlia" propone Natalie, sperando di non esagerare.

Alan le stringe una mano, annuendo.

"Ti ringrazio, cara. E' un'ottima idea. Magari mercoledì o giovedì, dopo capodanno" concorda Susan, già più speranzosa. Avrebbe messo Seth con le spalle al muro, obbligandolo ad affrontare il dolore, per il bene della sua nipotina.

Accordatisi in questo modo, Natalie abbraccia entrambi e lascia l'appartamento sentendosi un po' meglio. Le piaceva sentirsi utile, aiutare chi le stava vicino.

Quando esce il vento gelido le fa stringere gli occhi, mentre sale in auto. E' ghiacciata, perciò deve attendere che si scaldi un po' prima di poter partire.

Raggiunge il minimarket in pochi minuti e compra un pacchetto di sigarette della marca che fumava al college.

Torna in auto e, nonostante la neve che continua a cadere, le strade sono pulite e agevoli, perciò si dirige verso una pasticceria che si trova poco distante dalla Morrison. L'aveva adocchiata da settimane ma non aveva mai avuto l'occasione di entrarci.

L'interno è caldo e accogliente, le vetrine ricolme di pasticcini e torte a tema natalizio. Natalie sente l'acquolina in bocca.

"Ecco una temeraria che sfida la neve per una bella colazione. Cosa posso servirti?" il ragazzo dietro il bancone è fin troppo sorridente e il tono di voce è squillante. E' vestito come un aiutante di Babbo Natale e a Natalie sta subito simpatico.

Gli sorride di rimando e ordina tre pasticcini con una cioccolata calda. Si siede nel posto più vicino alla vetrata, per poter guardare fuori.

Osserva la neve scendere calma, senza fretta. Mangia in suoi pasticcini senza prestarvi troppa attenzione, ipnotizzata dai fiocchi che iniziano a coprire il tettuccio della sua Betsy.

Il cellulare prende a suonare, Andrea la sta chiamando per l'ennesima volta. Non può continuare ad ignorarlo, perciò esce dalla pasticceria per rispondere.

"Ciao Andrea" è nervosa e rassegnata.

"Ciao Andrea? Sono giorni che provo a contattarti!" è su tutte le furie. Natalie può comprendere le sue ragioni, ma non si sente in colpa. Stavolta stava facendo la cosa giusta: stava pensando a come tornare a stare bene, a inseguire la sua felicità e non quella degli altri.

"Mi dispiace, come ti ho già spiegato, mi serve un po' di tempo Andrea" cerca di stare calma, di avere una conversazione il più possibile tranquilla e sincera.

"Ci sposiamo fra pochi mesi, Natalie. Come pensi di fare?" è esasperato.

Natalie non risponde.

"Oddio. Tu non ti vuoi sposare" quella di Andrea è una constatazione, non una domanda. Lo realizza sentendo il silenzio assordante proveniente dall'altro capo del telefono e mette insieme tutte le volte in cui Natalie aveva tentennato, rimandato. Lei non lo voleva sposare.

Natalie sospira rumorosamente. Non lo aveva ancora detto ad alta voce e sentirlo pronunciare da lui l'aveva reso ancora più vero.

"No, non voglio" fa una pausa "Non adesso Andrea, e non così. E non dovresti volerlo nemmeno tu" Andrea non risponde. E' troppo preso a cercare di capire cosa sta provando in quel momento.

"Non dovrebbe essere così. Sto rimandando da mesi e mesi, dovrei volermi occupare di tutto e non vedere l'ora che arrivi il giorno che abbiamo scelto. Invece quel giorno non l'ho nemmeno scelto io, ma è stato scelto in base al periodo di chiusura del ristorante di papà" fa un'altra pausa, raccogliendo le idee. Cosa stava succedendo?

"Non sto dicendo che è finita. Non sto dicendo che non ne riparleremo. Sto dicendo che mi serve del tempo per me, per capire cos'è che voglio. Qui a Boston sto ritrovando me stessa, Andrea. Mi ero persa. Mi ero persa e io non lo sapevo nemmeno" aspetta una qualche risposta da parte di lui, che non arriva.

Restano in silenzio per quella che le sembra un'eternità.

"Non posso crederci. Ti ho lasciato totale libertà, non ti ho mai costretta" il tono di Andrea è freddo.

"Lo so, Andrea, non sto.."

"Adesso stai zitta" Natalie ammutolisce.

"Ti sono sempre stato vicino, non ti ho fatto mancare nulla. Ti ho perfino lasciato accettare quel cazzo di lavoro a Boston. E ora vorresti annullare tutto? Sei un'ingrata, ecco cosa sei. Prenditi il tuo tempo per pensare, ma ti conviene pensare bene a quale sarà la tua decisione. Rifletti bene, Natalie" riaggancia senza lasciarle replicare.

Non sarebbe riuscita a dire nulla in ogni caso. Non aveva mai sentito Andrea parlare in quel modo.

Sente gli occhi inumidirsi e il gelo che c'è fuori è nulla paragonato a quello che sente all'altezza dello stomaco.

Con mani tremanti e l'incredulità nella gola, accende con difficoltà una sigaretta, aspirando il fumo con forza.

Sente i polmoni bruciare ed è grata per quella sensazione quasi dolorosa, le fa sentire qualcosa almeno.

Come anestetizzata, risale in auto, diretta al conforto della sua Topaia.

Mentre guida con lentezza, sente le mani bagnate. Sono lacrime. Sta piangendo e non se n'era accorta.

Il cellulare prende a suonare nuovamente. Con il cuore in gola, accosta e vede il nome del padre sul monitor del cellulare.

Quando risponde, non ha il tempo di aprire bocca.

"Si può sapere cosa diavolo hai nella testa? Ho appena visto Andrea. Come ti salta in mente di annullare il matrimonio? Cosa ti abbiamo fatto di male, si può sapere? L'avevo detto, l'avevo detto a tua madre che era un errore lasciarti andare a Boston per quel lavoro. Sei una piccola ingrata, Natalie, e mi stai spezzando il cuore. Non ti conosco più, non sei più la mia Naty. Cosa ti è successo?" a Natalie sfugge un singhiozzo.

"Sto seguendo la mia felicità, papà. Non la tua, non quella di Andrea, la mia soltanto" la voce è tremante e con le mani stringe il volante con forza, sbiancando le nocche. Tira su con il naso, provocando piccole nuvolette di vapore ad ogni respiro.

"Chiamami quando sarai tornata in te" riaggancia con rabbia.

Natalie getta con rabbia il telefono sul sedile del passeggero e si lascia andare ad un pianto liberatorio. Appoggia la fronte al volante, aggrappandovisi come se da quello dipendesse la sua vita.

Andrea prima e il padre subito dopo, l'avevano distrutta. Sapeva di avere deluso la sua famiglia, di aver mandato all'aria anni di relazione e di aver recato dolore in particolare al padre, che ci teneva tanto a vederla sposata.

Ma non poteva più andare avanti così. Aveva soltanto bisogno di tempo di un po' di pazienza e comprensione. Era una cosa tanto sbagliata?

Piange per la frustrazione, il senso di colpa, la confusione terribile che aveva in testa, finché i singhiozzi si diradano e il respiro si fa più calmo. Piano piano, riprende il controllo e la neve ha parzialmente coperto il parabrezza. Sta tremando di freddo.

Gira le chiavi per rimettere in moto e il rumore che proviene dal motore non promette nulla di buono. Riprova ancora e ancora, soffocando un urlo frustrato quando realizza che la sua Betsy aveva deciso di abbandonarla proprio nel momento peggiore della sua vita.

Non ha il numero di Alan, che avrebbe potuto contattare il meccanico, Mike, per suo conto.

Recupera il cellulare da sotto il sedile del passeggero e scorre i suoi contatti. C'è un solo nome che vuole leggere.

Fa partire la chiamata con le dita congelate.


Quando Dimitri accosta dietro l'auto di Natalie assottiglia lo sguardo. E' appoggiata alla portiera della macchina e sta fumando una sigaretta, che getta appena lo vede.

Le fa segno di salire in auto, senza scendere. Quando entra nell'abitacolo e l'odore di fumo lo avvolge, nota all'istante come lei non lo guardi negli occhi.

"Grazie per essere venuto, scusami" Natalie porta istintivamente le mani sotto le gambe, quasi gemendo al contatto con il sedile riscaldato.

"Ti sei congelata. Come ti è venuto in mente di uscire in auto? Ma hai visto quanto nevica?" la rimprovera, come sempre. Dimitri fa per ingranare la marcia ma attende una sua risposta piccata, che non arriva.

Natalie non riesce a rispondere. Sente gli occhi gonfi, e le lacrime sono prossime alla caduta. Non vuole piangere davanti a lui e non vuole parlare. Guarda fuori dal finestrino e scrolla soltanto le spalle in risposta, mentre la gamba saltella nervosamente e stringe il bordo del cappotto.

Con un unico gesto le afferra il mento, voltando il viso di Natalie. Scendono subito due lacrime e gli occhi di lei tremano quando incontrano quelli perplessi di Dimitri.

Cerca di trattenersi, ma quando una sua carezza le asciuga le guance scoppia in un pianto silenzioso.

Non riesce a smettere di far scendere le lacrime, che si riversano sulle mani di Dimitri, pronte a raccoglierle, a portarle via dal suo viso.

"Natalie, cosa è successo?" cerca di guardarla negli occhi, come se potessero rivelargli qualcosa che le sue labbra si rifiutavano di far uscire. Ma Natalie non riusciva a ricambiare lo sguardo, continuava a guardarsi le mani e a scuotere il capo, continuando a versare lacrime silenziose.

"Portami a casa" riesce a dire, ingoiando un singhiozzo "per favore" aggiunge, posando lo sguardo su di lui per un attimo.

Dimitri indugia nella disperazione che legge nei suoi occhi.

"Andiamo a casa mia" interrompe il contatto visivo per immettersi in carreggiata. Come sempre, non è una domanda.

Natalie non pensa nemmeno a ribattere. Si abbandona sul sedile, perdendosi a guardare la neve che cade con inevitabile lentezza. Si sente cadere allo stesso identico modo.



Note.

Questa volta ci ho messo più del mio solito ad aggiornare, ho avuto una settimana piena, pienissima.
Questo è un capitolo di passaggio, necessario e con un'altra svolta per Natalie.

Che ne pensate? 

Vi ringrazio come sempre per il tempo speso a leggere questa storia, vale molto.
Se vi è piaciuto una stellina fa sempre piacere.

A presto con il prossimo capitolo!

Alice

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