Capitolo 15


Guidare gli fa un gran bene, anche se si tratta soltanto di qualche chilometro. Avrebbe potuto ordinare a domicilio, ma necessitava di un po' d'aria fresca per sbrigliare la mente.

Si era addormentato, lì sul divano, con la mano di Natalie tra le sue, aveva semplicemente preso sonno.

Era un qualcosa di così inusuale per lui, che faticava a dormire per più di cinque ore la notte. Addormentarsi era sempre difficile, il sonno diventava un traguardo da conquistare.

Quando si era svegliato, con le mani vuote, aveva provato una sensazione di mancanza. Aveva poi sentito il rumore della doccia e aveva approfittato di quel momento di solitudine per uscire da quell'appartamento. Gli serviva allontanarsi da lei per un po'.

Aveva scelto il ristorante Piattini perchè non poteva portarle del cibo solido da mangiare, non ancora, aveva quindi optato per della zuppa italiana, certamente la più nutriente rispetto alle alternative.

Prima di salire in auto controlla il cellulare: lei non ha chiamato, quindi sta bene, oppure non ha visto il suo biglietto e pensa che lui se la sia data a gambe mentre era in bagno.

Con la testa che corre più veloce della sua Audi, ripercorre i momenti di quella giornata, così intensa e pregna di sensazioni da sembrargli lunga quanto una settimana e allo stesso tempo trascorsa in un lampo.

Vederla così malconcia, incapace di badare a se stessa, aveva risvegliato in lui istinti sopiti da tempo. Non era il senso del dovere a farlo rimanere lì con lei, o la promessa fatta a Carol, lui voleva restare. Gli veniva spontaneo prendersi cura di lei, si conoscevano da appena un mese eppure si sentiva più a suo agio con lei che con nessun altro.

Il nervosismo che provava al suo fianco, la tensione che gli percorreva il sistema nervoso, era dovuta all'attrazione.

Una bruciante attrazione che lo portava all'incoerenza, impedendogli di stare lontano se lei non lo voleva. E non sembrava volerlo.

Lo cercava, lo guardava. La sentiva innervosirsi, trattenersi.

Ma poi pensava al ragazzo che le aveva portato i fiori, quell'Andrea, che trovava così odioso. Anche se era stato educato con lui.

Era il suo fidanzato. Lei si sarebbe sposata presto con lui. Quanto presto? In che razza di situazione morbosa si stava ficcando?

Natalie si sente uno straccio, ma prova a sistemare un po' casa. Si era vergognata vedendo le condizioni dell'appartamento, sapendo che Dimitri vi era rimasto tutto quel tempo. Sì, era decisamente disordinata, soprattutto ai suoi occhi, lui era sempre così impeccabile, mai fuori posto.

La porta si apre mentre sta cercando di raccogliere le scarpe sparse a fianco alla porta e nasconderle in camera.

"Cosa stai facendo?" c'è già un'accusa nella voce, mentre posa due buste sul banco della cucina.

Lei si raddrizza quasi con il fiatone, con una scarpa in mano.

"Io... stavo sistemando" la voce le esce appena, roca e gracchiante. Si sentiva sempre come una minorenne colta a fare qualcosa di incredibilmente stupido.

"Hai la febbre alta, ti sembra il caso? Siediti" Dio, com'era tirannico a volte. Resta in piedi a fissarlo con sguardo di sfida, chinandosi poi per raccogliere un'altra scarpa, senza togliergli gli occhi di dosso.

Lo sguardo di Dimitri si fa duro, solo lei poteva fargli saltare i nervi anche con 39 di febbre.

Si sente vittoriosa, una donna forte, che non si fa mettere i piedi in testa da nessuno, tanto meno da lui. Poi la vista le si annebbia un poco e fa del suo meglio per ritrovare l'equilibrio.

In un secondo, grazie al cielo quell'appartamento era minuscolo, Dimitri la prende per gli avambracci e la fa sedere sul divano. Si sente subito meglio, era stato solo un capogiro. Odiava che avesse ragione.

"Stai deliberatamente mettendo alla prova la mia pazienza Natalie" la guarda dall'alto, facendola sentire piccola. Poi le prende le scarpe dalle mani e le mette vicino alla porta, una a fianco all'altra. Le porge il bicchiere d'acqua ancora pieno, non gli serve parlare per ordinarle di bere. Natalie non si oppone.

"Grazie" borbotta, quasi senza voce. La gola le fa un male cane.

La sorprende posandole il dorso della mano sulla fronte. E' così fresca.

"Hai misurato la febbre?" le chiede, apprensivo. Natalie si limita a scuotere la testa e prende il termometro. Segna di nuovo 39 gradi. Stava da schifo.

"Sta risalendo" aggrotta le sopracciglia. Lo guarda incuriosita: era forse preoccupato? La febbre non era poi così pericolosa vero? Però sarebbe dovuta scendere, invece di salire.

Natalie inizia ad agitarsi, il cuore accelera il ritmo mentre si stringe le mani nervosa e ricontrolla il termometro. Non si ammalava da così tanto che ora paradossalmente temeva per la sua vita.

Dimitri nota il cambiamento in lei, le gambe non stanno ferme e lo sguardo che fissa il termometro è come impaurito. Glielo toglie di mano, costringendola a guardarlo. Ha gli occhi di un cerbiatto spaventato.

"Non ti devi preoccupare, passerà. Verso sera è normale che salga un po', non è così strano" si piega sulle ginocchia, arrivando ad altezza dei suoi occhi "Ora mangi un po' e prendi un altro antipiretico, vedrai che domani mattina sarà scesa" la rassicura, senza però toccarla.

Natalie annuisce, intravedendo il suo riflesso negli occhi di lui. Se lui era tranquillo, non aveva motivo di preoccuparsi, no?

La lascia per portare la cena sul tavolino davanti al divano, e le porge la zuppa. Profuma di casa, per Natalie. La assaggia e subito pensa che quella del padre era molto più buona. Le vengono gli occhi lucidi a pensarci. Non tanto per la mancanza, quanto per la consapevolezza che nonostante la febbre, l'appartamento piccolo, il conoscere quasi nessuno, per nulla al mondo vorrebbe essere a casa a Savanna in quel momento.

Sapeva che non era giusto. Andrea, la sua famiglia, non meritavano questo da parte sua.

Dimitri, seduto dal'altro lato del divano, la osserva in silenzio, mangiando del pollo alle verdure. La vede incupirsi.

"Qualcosa non va?" si azzarda a chiedere dopo un po', vedendo che non mangiava più. Lei scuote la testa, riprendendo a mangiare piano.

Dimitri non insiste, soddisfatto di vederla mangiare. Quando lascia cadere il cucchiaio nella ciotola ancora mezza piena, Dimitri si arrende e le passa la medicina, che lei beve tutto d'un fiato, strizzando gli occhi.

Si raggomitola nel suo angolino, lo sguardo lontano. Lui continua a guardarla, desiderando leggerle nel pensiero. Non gli dispiace il silenzio, ma c'era qualcosa di strano nell'espressione di Natalie.

"Vuoi che me ne vada?" le chiede all'improvviso, distraendola dai suoi pensieri e portando gli occhi nei suoi. Teme la sua risposta.

Natalie lo guarda, incredula. Possibile che non se ne rendesse conto?

Di slancio prende blocco e penna.

Anche con la febbre, in condizioni pietose, incapace di parlare, non vorrei essere da nessun'altra parte se non qui. Con te.

Volta il blocco verso di lui con rassegnazione. Inutile continuare a mentire a sè stessa e a lui: lo voleva lì con lei.

Lo sguardo di Dimitri muta, inchiodandola al divano. Lo vede indugiare nei suoi occhi, alla ricerca di qualcosa ed esitare.

Forse si era spinta troppo in là e troppo presto.

A meno che tu non voglia andartene.

Aggiunge poi, pronta a ricevere un rifiuto più che giustificato.

Ancora, le prende il blocco dalle mani e poggia le sue ai lati del suo viso, avvicinandosi.

La scruta a fondo, senza lasciare i suoi occhi un solo istante.

"Ti facevo più sveglia" un sorriso compare ai lati della sua bocca "dovresti aver capito ormai che, nonostante i miei sforzi, non riesco a tenere le distanze. Semplicemente non voglio".

Natalie azzera la distanza fra loro, azzerando anche ogni pensiero, e lo bacia.

Lentamente prima, prendendo confidenza con la forma delle sue labbra, con maggiore irruenza poi sentendo le mani di lui tra i capelli e i suoi sospiri mozzati.

Dimitri le passa una mano sulla schiena, usandola per attirarla maggiormente a sè, facendo aderire i loro corpi completamente.

Purtroppo la febbre le rallenta i riflessi, sebbene percepisca ogni suo tocco con incredibile chiarezza. La febbre!

"Aspetta... " sussurra piano Natalie, ancora senza voce. Mette le mani sul petto di lui, facendo una leggera pressione. Che agonia dover interrompere quel momento. Lui si ferma controvoglia, ricercando un segnale di pentimento sul suo viso, come l'altra volta. Trova invece una Natalie con le guance finalmente rosee, gli occhi brillanti e affamati, ma un'espressione seria.

"Sono ammalata, potrei contagiarti" prende la faccenda del contagio così sul serio che a Dimitri scappa un risolino. Doveva essere un po' ipocondriaca.

In tutta risposta, le deposita un bacio casto a fior di labbra, e poi un altro, e un altro ancora, facendola sciogliere piano piano. La sente rabbrividire visibilmente e si costringe a riprendere il controllo, staccandosi da lei.

"Hai ragione, sei malata" le dice tenendola vicina "e devi riposare, ti sto facendo stancare".

"Mai" risponde troppo velocemente, strappandogli un sorriso soddisfatto.

"Non era una domanda" spiega con tono fermo. Riecco il despota.

Natalie solleva lo sguardo al cielo, ma all'improvviso sente tutta la debolezza appesantirle le membra. Vorrebbe opporsi alla decisione di Dimitri, ma non ha la forza necessaria.

Lui si alza in piedi, staccandosi da lei e, per la seconda volta quel giorno, la solleva tra le braccia, diretto alla camera. A differenza della prima volta però, Natalie si lascia andare e poggia la testa sulla spalla di lui, strofinando il naso sul suo collo incredibilmente caldo e profumato. Una leggera ricrescita della barba le solletica la pelle. E' mille volte meglio di come lo aveva immaginato.

Dimitri viene ripercorso da brividi da capo a piedi, e stringe istintivamente più forte a sè il corpo di Natalie. Vorrebbe tenerla tra le braccia per tutta la notte.

La posa invece sul letto, delicato. La camera è buia, illuminata soltanto dalla luce accesa in salotto.

Si sistema meglio le coperte, sollevata di essere sdraiata. Non dice nulla, si limita a spostarsi verso il centro del materasso, lasciando libero il posto occupato poco prima dal suo corpo, e lo guarda.

Una richiesta silenziosa, un bisogno inespresso.

Dimitri sembra combattuto, sa che non dovrebbe, che non ci sarà un punto di ritorno.

Leva le scarpe e la felpa senza cappuccio, restando con i pantaloni e una semplice maglia a maniche lunghe scura, che gli mette in risalto i pettorali e le clavicole.

Si sdraia a fianco a Natalie, che immediatamente gli prende la mano sotto la coperta, stringendola. Quello è l'unico contatto che si concedono prima di addormentarsi, faccia a faccia, pochi minuti più tardi.

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