60. Skin
Lo sentivo nelle viscere che quel piano non poteva funzionare più.
Mela era troppo esposta, Donati aveva recuperato il potere che voleva, Eifel era morto, nessuno di noi era più utile.
Mela non era più necessaria e Donati non la voleva tra i piedi. Sarebbe stata più utile in centrale, perché acconsentire ancora di girare in quei luoghi che considerava ormai suoi?
Lo sapevo nel profondo del mio cuore che non sarebbe andata bene, infatti quando li vidi parlare, il sorriso ricurvo di Donati che potevo scorgere fin da lì mi ricordava tutte le cose brutte che aveva fatto.
Aveva quel sorriso, prima di sparare in testa al suo socio in affari per guadagnarsi la piazza. Lo sapevo. Io c'ero
E aveva quel sorriso mentre lo incriminavano di aver di aver rapito più di venti donne per metterle al servizio delle strade di New York.
Lo stesso sorriso lo aveva riservato a me quando mi aveva giurato di prendersi il mio club.
Donati era un uomo senza scrupoli e senza carattere.
Senza carattere perché non aveva una morale che non profumasse di dollari e questo, lo faceva comportare come un codardo. Lui uccideva prima ancora che il problema si presentasse così da poter vivere tranquillo all'interno della sua Jacuzzi.
Quando afferrò Mela per il collo, tutti i miei timori si confermarono e il mondo mi crollò addosso.
I miei sensi si fecero più deboli, la parte cognitiva del mio cervello si spense e prese il sopravvento l'istinto. Mi fiondai sulla porta pronto ad essere io quello senza scrupoli e senza morale. L'avrei fatta finita lì, in quel momento specifico.
Invece i miei fratelli erano di un'altra opinione.
Lottai con loro con tutte le mie forze.
"Lasciatemi andare ad ammazzarlo!"
"A finire in galera stupido coglione!"
Mi urlavano di rimando loro strattonandomi e beccandosi i miei pugni.
Sam dovette saltarmi sulla pancia per tenermi fermo e per un attimo, temetti di svenire quando l'unico polmone che funzionava ancora venne compresso.
E poi la porta si aprì e Mela entrò dentro la stanza piantato le sue Dottor Martens ad un palmo dal mio naso, tranquilla come se tornasse da una passeggiata.
"Che succede qui dentro?"
Era serena lei. Non si lasciava spaventare da un farabutto come Donati.
Non aveva un vulcano colmo di lava nel suo stomaco, come lo avevo io.
Persino Billo e Sam apparivano spaventati.
Mela no. Era sicura di proseguire il piano.
Sabato, durante lo scambio, sarebbe arrivata la polizia e lo avrebbe arrestato.
Tutti sani e salvi, Donati in galera e storia finita.
Persino Buch, quel grandissimo bastardo, sembrava tranquillo.
Ma che importava a lui?
Proprio lui che l'aveva venduta per due spicci, perché non avrebbe dovuto giocare con la sua vita in cambio di fama e gloria?
"Togliti quella faccia di dosso. Mi fai perdere concentrazione!"
Mi ammonì lei passandomi un bicchiere di gin.
Lo presi in mano ed iniziai a giocarci senza berlo.
Ero troppo su di giri per farlo.
"Si mette male. Il piano ha falle in ogni dove.."
Neve si intromise nel discorso confermando le mie paure.
Anche lei si era spaventata.
Continuava a camminare avanti e indietro toccandosi i capelli in maniera nervosa.
Donati non aveva mai osato venire nel nostro territorio a cuore leggero ma ora pensava che fossi fuori dai giochi, quindi non mostrava più remore.
Era più pericoloso che mai.
"Non è così. Donati ci sta facendo paura per farci capire che non dobbiamo tradirlo ma ha bisogno di noi. Il contatto è nostro, non suo. Sa che da solo non è ancora avviato. Sa che noi siamo l'unica chiave del suo successo."
"Inoltre," si intromise Buch, "ho creato una foto con l'intelligenza artificiale che vi ritrae in prigione. Ha tutte le prove necessarie per fidarsi di noi. Domani gliela spedirò dal commissariato per ricordargli che siamo dalla sua parte. Per finta, chiaramente."
Scossi la testa e Mela mi diede un pugno sul braccio.
"Che alternativa abbiamo? Andiamo alla villa e insceniamo una sparatoria?"
Mi misi le mani nei capelli.
Avrei potuto consegnarmi a lui ma avrei dovuto farlo prima.
Billo e Sam potevano prendere tutti i soldi e fuggire.
Questo lo avrebbe messo al suo posto. Si sarebbe preso tutto, ma le persone che avevo a cuore sarebbero state salve.
Ora era troppo tardi.
Avremmo dovuto fuggire tutti, ragazze comprese.
Mela era stata messa al centro dell'attenzione.
Non l'avrebbe lasciata andare.
"Non si farà prendere facilmente. Non verrà al molo senza protezione."
Ci fece presente Buch alimentando le paure di tutti.
Ci avevo pensato anche io ma non avevo condiviso la questione. C'era tempo per spaventare gli altri e preferivo tenermi quel fardello per me, al momento.
"Chiederà un incontro in un altro luogo."
Sam si fece attento a quelle parole.
"Probabile."
Confermò Mela grattandosi la testa.
Aprii le braccia davanti a me.
"Così farete l'incontro, totalmente esposti, e una volta concluso vi farà fuori!"
Tirai un pugno sul tavolo facendo trasalire tutti.
Non ero stupido, sapevo come funzionava la mente di quegli uomini ma ora che lo avevamo detto ad alta voce mi sembrava ancora più pericoloso e concreto rispetto a prima.
"No. Verrà al porto perché lì è il nostro fornitore che non accetterà di andare a spasso per la città. Cercherà un angolo nascosto per incontrarlo ma voi sarete lì. Sarete tutti di vedetta. Proverà a depistarvi con tanti uomini e tante macchine ma anche noi siamo in molti e questo lui non lo sa.
Vi dividerete, ci seguirete e lo prenderete."
Buch aprì la bocca per parlare e poi la richiuse.
Si aprì l'ultimo bottone della camicia per prendere aria e poi mi osservò.
"Mela, permetti una parola in privato?"
"No!"
Risposi al suo posto beccandomi l'ennesimo pugno.
"Non rispondere al posto mio."
Alzai gli occhi al cielo.
"Buch, siamo una squadra. Puoi dire tutto ciò che riguarda il piano davanti a tutti. Per quanto concerne le cose private, rimandiamole a più tardi."
Sembrò rifletterci ancora un po' mentre Billo gli girava intorno come un avvoltoio.
Sembrava volesse attaccarlo.
"La polizia non saprà dove arrivare e chi seguire. Come faranno a catturare Donati? Non potremo di certo fare una telefonata al volo."
Mela inghiottì la saliva vistosamente ma poi sorrise per calmarlo.
"Lo cattureremo noi e aspetteremo che arrivi la polizia. Non potremo avere cimici addosso ma troveremo il modo di segnalare la posizione. Sai che alle volte dobbiamo essere creativi. Questa è una di quelle volte."
Le fece un segno di assenso e sembrò calmarsi.
Io no. Sapevo che il piano stava cambiando.
Mela era intelligente e si era resa conto di quanto fosse difficile se non impossibile riuscire ad arrestarlo senza farselo scappare o finire morti.
La guardai intensamente e quando mi diede la sua attenzione fissai il muro con il fucile appeso.
Voleva che lo uccidessimo?
Lei fece un cenno con la testa confermando la mia ipotesi.
Non saremmo riusciti a catturarlo vivo.
"E se dovesse succedere qualcosa a te?"
Le domandò allora Billo con la voce rotta dall'emozione.
Mela restò calma anche questa volta ricordandomi di nuovo quanta forza avesse dentro di sè.
"Non accadrà. Staremo attenti e ci ritireremo in caso di pericolo. Se non fosse possibile prenderlo questa volta, sarà la prossima. Non moriremo in una missione impossibile. In caso, la ritarderemo. Ricordatevi però che nessuno è infallibile. Anche i migliori criminali si fanno arrestare. E sapete perché? Perché quando sono disperati abbassano le difese, non ragionano più, fanno meno attenzione. E Donati si trova proprio in questa posizione. Lo dimostra il fatto che è venuto fino a qui solo per minacciarmi. Lui ha paura che io possa fregarlo perché senza di me al momento è spacciato."
Sam si grattò la testa.
"Abbiamo cinque giorni per rifletterci. Dormiamoci su. Che ne dite?"
Chiese schiarendosi la gola.
Neve sbadigliò confermando a tutti quanto fossimo stanchi.
"Dormiamoci su."
Rispose Buch alzandosi in piedi.
Mela si avvicinò a lui di rimando.
"Ti accompagno all'uscita."
Gli propose facendomi trasalire.
In un attimo la affiancai e lei scoppiò a ridere.
"Non puoi scendere di sotto. La discoteca è ancora aperta."
Mi ricordò dandomi un bacio sulle labbra.
"Torno subito."
Le presi la mano e gliela tenni qualche istante, come per paura che evaporasse se solo la lasciassi andare.
Ma d'altronde, mi fidavo di lei. Volevo dimostrarle che la trattavo con rispetto e non come una proprietà.
"Ti aspetto."
La afferrai per un fianco e la baciai intensamente.
Buch doveva sapere che non aveva speranza. Non aveva speranza perché le mie labbra e le sue erano in incastro perfetto di un puzzle.
Perché io non l'avrei mai venduta al primo offerente.
Non avrei rinunciato a lei.
E solo io sapevo quanti errori avevi fatto ma non l'avrei messa in pericolo mai più.
Di questo ero convinto.
Mai più.
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