58. Skin

Entrai nel mio ufficio sbattendo la porta dietro di me.
Afferrai il bordo della scrivania stringendolo forte fino a sentire dolore alle mani.
Ero furibondo. Con me stesso, con quella merda umana e con Mela che aveva deciso di giocare con la persona sbagliata.
Ero così furibondo da faticare a ragionare.
Per questo quando la porta si spalancò di nuovo e Mela fece capolino nel mio ufficio mi voltai di scatto urlandole di uscire.
Come se servisse a qualcosa.
Lasciò che la porta sbattesse dietro di lei e si avvicinò a me.
"Te la prendi un po' troppo per una semplice scopata."
Rincarò la dose facendomi imbestialire.
Con due passi fulminei le arrivai ad un palmo dal naso. La sovrastavo di diversi centimetri ma lei non sembrava intimorita.
Nulla la intimoriva.
D'altronde, non era mia intenzione minacciarla o farle del male.
Lei questo lo sapeva bene.
"Ti ha dato fastidio vedermi stringere le mani di Buch? Ti ha infastidito il fatto che mi toccasse?"
"No!"
Le urlai diritto in faccia allontanandomi da lei.
Scoppiò a ridere.
"Tu non riesci ad ammettere i tuoi sentimenti. Perché tu ti vieti di sentire i tuoi sentimenti. È incredibile!"
"Incredibile è stare qui a litigare con te con tutti i problemi che abbiamo."
"Oh certo, perché io non conto nulla. Dimenticavo! Vado a cercare Buch, vediamo se lui mi vuole ascoltare."
"Aspetta, che cazzo fai."
La raggiunsi velocemente mentre lei si stava girando per andare via e la afferrai delicatamente per un braccio.
Lei lo ritrasse come se si fosse scottata.
Sapeva quanto potere aveva su di me, me lo stava solo dimostrando.
Ero io che ancora non me ne ero accorto, lei mi stava aiutando a vedere.
"Magari gli terrò la mano e poi gli darò un bacio e chissà, vediamo se per lui sarà qualcosa in più, di una semplice.."
La misi a tacere dandole un bacio che lei ricambiò immediatamente.
Mi strinse forte le spalle e iniziò a spingermi verso la scrivania.
Ribaltai la situazione sollevandola di peso, con una mano buttai a terra tutti i documenti e poi la misi a sedere lì sopra.
"Perché giochi con me? Perché mi ferisci?"
Le chiesi tra un bacio sul collo e uno sul viso.
"Perché tu mi ferisci. Non sei l'unico ad attaccare quando sente dolore."
Si appese alla mia camicia ed iniziò a strappare tutti i bottoni poi sollevò le braccia e si lasciò sfilare la maglietta.
Mi staccai da lei solo per correre alla porta e chiudere a chiave.
Quando mi voltai, si era già sfilata i pantaloni e questo mi fece correre da lei.
"Io non voglio giocare con te. Non voglio farti soffrire."
La rovescia sulla scrivania e le mie mani iniziarono ad accarezzarla ovunque.
"Allora smetti di lottare con me."
Scoppiai a ridere. Era una vita intera che lottavo contro chiunque. Non sapevo cosa significasse avere un rapporto con qualcuno che non includesse la lotta.
"Non volevo dire quelle parole."
Spostò la faccia evitando di baciarmi nonostante i miei sforzi per arrivare alla sua bocca.
"Era rabbia la mia. Non controllo la mia rabbia e non voglio riversarla su di te. Per questo è tutto così sbagliato."
Girò il viso verso il mio e finalmente potei baciarla.
La baciai fino a soffocare, fino a dimenticare tutto e poi ricordarmelo ancora.
"Non sei solo una scopata. Io sono un coglione."
"Non ti perdono!"
Urlò lei spingendomi via.
Per un attimo la mia anima si estraniò dal mio corpo.
Non mi perdonava, se ne sarebbe andata. Era tutto finito.
Ma poi lei dopo una rincorsa mi saltò in braccio facendomi oscillare e finii per sedermi sulla poltrona. Quella poltrona.
Lì dove tutto era iniziato per la prima volta, in quell'ufficio dove lei aveva capito tutto.
"Non ti perdonerò mai per quello che hai detto. Ti posso perdonare il Messico ma non questo."
La strinsi forte continuando a baciarla mentre ogni minimo tessuto che separava i nostri corpi spariva e lasciava solo noi, così sbagliati, così distruttivi e poco controllati, animaleschi anche nel sesso.
"Io imparerò a controllare le mie.."
Mi mise a tacere con un profondo bacio mentre tra un movimento e un gemito finiva dall'inferno al paradiso per poi riatterrare sulla terra.
Quel viaggio meraviglioso non poteva non significare nulla.
Mela si appoggiò sul mio petto per riprendere fiato e io le girai una mano intorno alle spalle.
"Dimmi che anche questa è stata solo una scopata."
Si alzò in piedi cercando di andare via ma io la afferrai per le gambe facendola cadere su di me e le cinsi la vita con la mano.
"Sai che non è così. Lo sai da sempre che effetto mi fai. Ero geloso. Geloso da fare schifo. A Buch voglio tagliare le mani, è questo che vuoi sentire?"
Scosse la testa e tirò su con il naso.
Il mio cuore scoppiò dentro al mio petto e la strinsi più forte.
"Voglio che dici che ti importa di me."
Sbattei la testa contro la poltrona. Che idiota che ero.
"Mi importa di te!"
Sussurrai lasciandole il tempo per calmarsi.
"Ho messo in discussione tutto. La mia morale, la mia etica, il mio lavoro. Persino la mia vita! Ho passato ore chiusa in una cantina fredda pensando ogni minuto che qualcuno sarebbe arrivato ad ammazzarmi ed inutile che io menta a me stessa, l'ho fatto per te non per la mia libertà. Sarei potuta scappare mille volte.."
"Lo so."
Le baciai la guancia e poi i capelli.
"E non mi perdonerò mai per averti messa in pericolo. Non ho fatto altro che immaginarti sola in quella casa dove non ti manderò mai più."
Le misi una mano sulla bocca per impedirle di parlare perché sapevo che stava per interrompermi.
"Ora ascolti tu. Sei così importante per me che potrei mandare all'aria il piano piuttosto che metterti in pericolo. Ci andrà quel coglione di Buch da Donati. Tu sei troppo preziosa per me e io non metterò più a rischio la tua vita per nessuna ragione. Non potrai fare nemmeno yoga con Neve, non voglio che tu rischi nemmeno un tendine."
La sentii finalmente ridere e il sollievo che provai fu quasi doloroso.
La lasciai andare e lei strinse le mie braccia con le sue mani.
Si voltò sul fianco per riuscire a guardarmi negli occhi.
Eccoci qui, totalmente nudi, corpo e anima.
"Potrò almeno servire cocktail?"
"Assolutamente no! Potresti tagliarti con un vetro o inciampare tra un tavolo e l'altro."
Rise di nuovo ma poi si incupì.
Inizio a disegnare un cuore sul mio petto ripassandolo continuamente.
"A che pensi?"
Le chiesi dolcemente.
"A come posso stare bene con te e ad un tratto stare semplicemente male."
Le baciai la fronte.
"Forse è perché sono un coglione e tu hai un brutto carattere."
Sorrise di nuovo.
"Mi piacciono queste giostre di emozioni ma non vorrei che arrivassimo troppo in alto. In un punto di non ritorno, capisci?"
Capivo. Purtroppo lo capivo benissimo.
Le accarezzai il braccio.
Mi ricordai del livido che le avevo procurato.
"In un mondo normale, io sarei etichettato come un compagno violento. Non dovresti accettare tutto questo da me."
Questo la fece ridere sul serio.
"In un mondo normale, non starei cercando di arrestare un boss, non troverei una pistola nel primo cassetto della tua scrivania, so che è lì, l'ho trovata nel tempo, e tu non mi avresti rapita."
Mi diede un bacio sulle labbra.
"Ti ho rapita, ti ho maltrattata, manipolata e l'altra sera persino picchiata."
"Chiamerò la polizia."
Sorrisi anche io nonostante avessi il mare dentro.
Ero totalmente sbagliato per lei.
"È che non posso prometterti che le cose andranno meglio. Non controllo la rabbia. Appena mi sento ferito o se ho paura, attacco. Ferisco l'altro. Corro ai ripari; per non sentire dolore io lo faccio percepire a chi io accanto. Non voglio condannarti a questo."
"Per lo meno non sei bugiardo.."
Mi accarezzò il bicipite.
"Io non vorrei litigare con te. Vorrei ricoprirti di zucchero filato e poesie ma purtroppo, sono questo."
"Un essere umano ripetutamente ferito che ora non si fida del prossimo, con manie del controllo e un carattere di merda. Lo so."
Sorrisi per quella descrizione.
"Non so se riuscirò a cambiare."
Lei scosse la testa.
"Non voglio che tu cambi. Ti prendo così come sei. Tu hai cambiato ogni singolo minuto del mio giorno in meglio. Posso accettare di litigare con te qualche volta, perché so come stiamo insieme quando stiamo bene."
Sbuffai. Perché sentivo che era così sbagliato? Che di nuovo, stavo facendo qualcosa di brutto e lo stavo facendo proprio a lei che significava tanto?
"Potresti solo provare a comunicare con me. Sai, non tagliarmi fuori. Dirmi quello che provi e che pensi."
"Non lo facevo nemmeno con lo psicologo.."
Mela si alzò in piedi ed iniziò a vestirsi.
"Perché? Comunico meglio quando sei nuda."
Rise della mia battuta.
"Io mi fido di te."
"Ed io di te."
Mela scosse la testa lasciandomi sorpreso.
"Se tu lo facessi davvero, non avresti creduto che ti avrei sbattuto in prigione. Non ti saresti arrabbiato per Buch. Non continueresti ad escludermi."
Si avvicinò per darmi un bacio sulla guancia mentre io riflettevo sulle sue parole.
"Tu non riesci a fidarti della gente perché sei stato ferito. Ma con Billo e Sam è diverso. Magari col tempo.."
La strattonai facendola cadere di nuovo su di me.
"Mela, ti giuro che ci proverò ma ti prego, credimi! Non posso assicurarti di riuscirci. Io so che distruggo tutto. Giurami che te ne andrai non appena inizierò a distruggere te."
Mi morsi il labbro. E se avessi già iniziato.
"No. Non posso prometterlo. Ti prometto però che ti rimetterò in riga ogni volta che succederà. Io ti terrò testa, ti renderò accorto dei tuoi sbagli, ti prenderò a cazzotti quando perderai il lume della ragione e farò l'amore con te quando riuscirai a recuperarlo. Questo posso prometterti."
Chiusi gli occhi per godermi quell'istante. Le sue promesse implicavano un futuro che non avevamo. Chiuso il caso, lei se ne sarebbe andata via.
Eppure, faceva bene all'anima sentire quelle parole e non c'era nulla di male ad assaporarle per qualche momento.
Avrebbe fatto più male dopo, ma oggi era oggi. Non volevo pensare al domani.

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