44. Skin

"Dai, apri gli occhi. Svegliati."
Toccai di nuovo la spalla di Mela scuotendola e producendo un rantolo da quel corpo che sembrava uno zombi.
Erano le cinque di mattina e da quello che vedevo, Mela non era mattiniera.
"Alzati. Ho una sorpresa per te."
A quelle parole abbassò il lenzuolo per fissarmi.
"Nessun biglietto per il Messico, vero?"
Scossi la testa.
"Alza il culo e non farmi pentire di quello che ho pensato."
La ammonii avvicinandomi alla porta per lasciarle il tempo di prepararsi.
Per fortuna era veloce, in meno di dieci minuti comparve al piano di sotto vestita in maniera semplice, jeans e pullover, con i capelli legati in una lunghissima coda e totalmente struccata.
Bella, nella sua totale semplicità.
"Che succede?" Mi chiese con un filo di voce.
Sorrisi.
"Nulla. Alle volte non succede nulla."
Le feci segno di seguirmi e lei lo fece senza tempestarmi di domande.
Per lo meno, non finché non salì in macchina.
"Dove andiamo? Che vuoi fare? Hai un polmone che sembra uva passa, ti sembra il caso? Stiamo andando da Donati?"
Sbuffai e alzai la musica della radio per metterla a tacere. Non mi piaceva particolarmente parlare e poi le avevo detto che era una sorpresa.
La sentii agitarsi al mio fianco. Guardava fuori dal finestrino e si tormentava le mani.
"Perché sei così preoccupata?"
Cosa si aspettava, che la stessi portando alla riva del fiume per buttarcela dentro? Mi infastidiva tutta quella agitazione.
Mela si voltò per scrutarmi il volto e incastonò i suoi occhi neri nei miei per alcuni istanti.
Era inebriante. Fottutamente inebriante. Quanto erano sbagliate quelle emozioni.
"Non lo so. Non esco al di fuori da una vita."
"Sei uscita due giorni fa per venire alla villa."
Si morse l'unghia del pollice.
"Sono uscita solo per delle emergenze.."
Mi sentii un cane. Come si poteva rendere prigioniera una persona.
"Mi dispiace."
Non rispose. Ero onesto e lei lo sapeva ma nemmeno lei trovava le parole per descrivere quanto fosse incasinata e sbagliata quella situazione.
Proseguimmo in silenzio per diverso tempo.
Non mi andava di mettere troppe parole su quella situazione, sapevo di essere ingiustificabile, ma mi sentivo così male che dovevo per forza provare a dire qualcosa.
"Sai che non avrei voluto nulla di tutto ciò."
"Ne abbiamo già parlato."
Tagliò corto lei innervosita. Era passata dallo spaesamento alla rabbia.
"Dimmi solo se stiamo lavorando. Voglio essere pronta per.."
"No, te l'ho detto è una sorpresa."
Mi guardò storto.
"Perché mi fai una sorpresa?"
Sbuffai. Quanto era pesante quella donna.
"Allora?" Incalzò lei.
Scossi le spalle e fu lei a sbuffare.
"Non capisco.."
Abbassai il volume della radio.
"Non c'è nulla da capire. Mi hai salvato la vita e voglio ricambiare facendo qualcosa per te. Puoi semplicemente accettare questo gesto senza aggiungerci troppe parole?"
Rimase in silenzio alcuni istanti ma la pace durò troppo poco.
"Continuo a non capire."
La fulminai con gli occhi.
"Devo tornare indietro?"
Non rispose alla mia domanda ma scosse la testa poco dopo.
"Sono libera ora?"
Feci un cenno con la testa.
"Sì."
Mi agitai a quella domanda.
"Ora sei tu che sei agitato."
Mi ero immaginato quell'uscita molto più silenziosa.
"Lo sai quanto rischio."
Sorrise.
"Non preoccuparti."
Mi grattai il mento.
"Mi hanno tradito tutti nella vita."
Sentii i suoi occhi bruciarmi il profilo.
"Non io. Non ne ho intenzione."
"Nessuno ne ha intenzione ma poi quando si presenta l'occasione o quando è conveniente.."
"Sam e Billo non ti hanno tradito."
Sorrisi. Erano gli unici.
"Non ti tradirò. Non fingerò di accettare condizioni che non mi vanno bene. Ti ho detto in cosa ti aiuterò e non ho intenzione di fare altro per te. In cambio, la mia libertà e l'allontanamento di una figura pericolosa dalla città. È un ottimo compromesso. Hai detto che ti fidi di me."
Aveva ragione, l'avevo detto.
Ed era vero, non avevo cambiato idea. Però una vocina nella mia testa mi diceva che avrebbe potuto rovinare l'esistenza a tutti e forse non si rendeva nemmeno conto del potere che aveva. Lei ci conosceva, sapeva i nostri segreti, poteva rovinarci. Nessuno di esterno era stato così vicino a noi.
Le stavo dando la vita della mia famiglia nelle mani, poteva spezzarci l'anima con lo schiocco di un dito.
Sorrisi, senza darle risposta.
"Non so nemmeno perché ne stiamo parlando. Però sono felice di uscire. Ero così stanca di non vedere anima viva."
Scoppiai a ridere.
"Hai lavorato in una discoteca fino all'altro ieri."
Rise anche lei.
"Quindi oggi io sono solo Mela e tu sei solo Skin?"
Sussultai a quella domanda e mi sentii improvvisamente nudo.
Spogliarmi dell'identità che mi ero costruito significava espormi e mostrare qualcosa che non avevo mai mostrato a nessuno prima.
Non ero mai uscito con qualcuno per essere solo Skin.
Però, lei mi aveva più volte parlato di sè stessa e aveva provato a mostrarmi degli scorci di "Mela". Mi resi conto che anche io mi ero esposto con la storia di mia madre. Perché lo avevo fatto?
Quella consapevolezza improvvisa mi fece rabbrividire.
La vicinanza con le persone mi metteva ansia. Avevo bisogno di essere protetto dai miei scudi per non essere colpito e frantumato.
"Skin stavo solo scherzando. Smettila di analizzare tutto."
Strinsi più forte il volante improvvisamente consapevole del fatto che eravamo soli. Io e lei. Fuori dalla mia comfort zone. Fuori dai miei schemi.
Che idea di merda che avevo avuto.
"Guarda!"
Mi indicò col dito all'improvviso facendomi rischiare di andare fuori strada.
"Che succede?"
"Fanno il Pumpkin Spice Latte qui. Prendiamone uno!"
Rallentai la macchina guardandomi intorno spaventato. Questo non era nei piani e non ero sicuro fosse una buona idea.
Lei sembrò accorgersene.
"Posteggia lì. Entro solo io se tu non vuoi venire. Sono una donna libera, ricordi?"
Sembrò sfidarmi per controllare che non le avessi mentito.
"Non essere così rigido. Ci siamo già detti che ci fidiamo l'uno dell'altro. Cosa potrebbe andare storto?"
Posteggiai la macchina e spensi io motore.
"Potrebbero spararci addosso?"
Mi girai a guardarla e vidi la preoccupazione farsi spazio tra le righe d'espressione della sua fronte. I suoi occhi sbiadirono e mi mancò un battito.
Non mi piaceva vederla triste o preoccupata.
"Sto scherzando."
Le dissi con poca convinzione e scesi dalla macchina.
Lei mi seguì in silenzio stringendosi nella giacca.
Tossii cercando di non mostrare il dolore mentre camminavo. Ci sarebbe voluto almeno un mese finché non si sistemava quel maledetto polmone.
"Forse dovremmo prenderlo da asporto. Alla fine non mi piace nemmeno troppo. Torniamo indietro."
La ignorai e continuai a camminare.
La tenevo rinchiusa in un locale da oltre un mese. Quanto dolore le aveva causato? Non volevo più andare avanti.
"Skin.."
Mi toccò la mano per fermarmi e quasi scivolai sulla neve.
Sentii subito il calore irradiarsi nella pelle nel punto esatto che aveva toccato.
Mi voltai a guardarla fingendo indifferenza ma scostai la mano dalla sua.
Era troppo intenso così come era troppo intenso stare in piedi, a pochi centimetri da lei e guardarla negli occhi.
Mi venivano in mente cose che non avrei dovuto pensare ed era difficile concentrarmi.
"Mi dispiace, ho proposto una cosa stupida. Non ho pensato alla situazione. Torniamo indietro."
Rimasi in silenzio, non perché non volessi entrare in quel locale ma perché il mio cervello non stava funzionando come doveva.
Da quella sera, da quando ci eravamo baciati, le uniche immagini che avevo in testa erano le mie mani su di lei e non riuscivo a interrompere quel flusso di pensieri.
"E mi dispiace che tu debba vivere così, con la paura di poter incontrare dei nemici in ogni angolo."
Volevo dirle che non era così in realtà, che avevamo più amici che nemici in quell'angolo della città e che, oltre a Donati, collaboravamo bene con tutti.
Ma lei alzò la mano e mi toccò il braccio e l'ultimo neurone che era rimasto acceso si spense. Una furia mai provata prima si irradiò dal mio intestino raggiungendo ogni angolo del mio corpo.
Le afferrai la mano con forza e la staccai dal mio braccio.
Lei mi guardò incerta, quasi spaventata.
Mi resi conto che la stavo stringendo forte ma non lasciai la presa.
"Perdonami."
Le dissi soltanto pensando a che merda ero.
L'avevo rapita, rinchiusa, spaventata. Si era ferita così tante volte in un solo mese e poi l'avevo esposta a pericoli che non avrebbe mai immaginato solo per salvarmi il culo.
E ora, pensavo di potermi prendere quel poco che ancora non mi aveva dato nonostante sapevo che non ci avrebbe portato da nessuna parte.
Eppure, quando io le fissai le labbra lei schiuse la bocca e poi sorrise.
Aprii la bocca per dirle che era meglio tornare indietro, che stavamo facendo una cazzata ma lei mi precedette e fece un passo avanti.
Si liberò la mano e le appoggiò entrambe sul mio petto. Potevo sentire il peso attraverso il cappotto.
"Stiamo facendo una cazzata."
Le dissi quando si avvicinò ulteriormente.
"Lo so."
Rispose spingendomi contro il palo che avevo alle spalle. Era audace, pericolosa.
Sapeva cosa voleva ed era la stessa cosa che volevo io.
"Questa cosa.."
"Non ha un senso." Concluse lei.
"Non porta da nessuna parte."
Avvicinò le sue labbra al mio orecchio e respirò il mio odore, proprio come l'altra sera. Questo bastò ad uccidermi.
"Lo so."
Disse ancora baciandomi la mascella.
La mia mano si mosse prima ancora di ragione. Le afferrai un fianco e strinsi forte avvicinandola a me.
"Non tutte le cose portano da qualche parte. Alcune, sono semplicemente fini a sè stesse."
Avvicinai la mia bocca alla sua e lei alzò il mento pronta ad essere baciata.
La lasciai in attesa, felice di poter essere io a giocare un poco con lei.
La sentii agitarsi sotto il mio tocco.
"Non era questo il regalo che avevo pensato per te."
Le sussurrai all'orecchio.
Lei restò in silenzio per un istante e poi rispose.
"Infatti questo è il mio."
Bastarono quelle parole.
Le presi la mano e la trascinai verso la macchina.
Chiusi la portiera e misi in moto prima ancora che lei si allacciasse la cintura.
Non erano quelli i programmi, per nulla.
Non avevo pensato nemmeno per un istante che sarebbe esplosa quella bomba nucleare.
Eppure era bastato che lei mi toccasse io avevo smesso di essere Skin e lei di essere Mela.
Oppure, mi ero sentito Skin come mai prima di allora.

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