32. Mela

"Come cazzo credi di stare in piedi tutte quelle ore? Smettila di fare la cretina!"
Neve imprecava da ore mentre mi truccavo per iniziare il turno.
Avevo indossato dei pantaloncini neri, una canotta bianca e le Dottor Martins ai piedi.
Mi stavo truccando più pesante del solito perché quello era il mio umore, nero come il mio trucco.
"Mi stai almeno ascoltando, cazzo?" Chiese nervosa impalandosi di fianco a me.
Voltai gli occhi al cielo ignorandola.
"Skin è spesso incazzato quando torna dai suoi viaggi. È spesso incazzato in generale. E quando è incazzato non ragiona. Parla perché ha la bocca. Ma di sicuro non vuole che lavori oggi. Non puoi, lo ha detto il medico."
Continuai ad ignorarla.
Era questione di orgoglio.
Infatti, mezz'ora dopo ero dietro al bancone pronta ad iniziare il mio turno della mezzanotte con Neve che mi teneva il broncio ed evitava di guardare nella mia direzione. Le sarebbe passata. D'altronde, non ero una persona accondiscendente che accettava ordini o consigli altrui. Altrimenti avrei avuto il culo appoggiato sul mio divano in quel momento.
Sorrisi ai primi clienti, iniziai a versare i primi drink, mandai a fanculo qualcuno che si lamentava per il fatto che fossi lenta.
Andai avanti così per almeno un'ora finché mi resi conto che effettivamente iniziava a fare male. Parecchio male.
Ma orgoglio era orgoglio e finire di nuovo in ospedale era una buona idea.
Così li avrei denunciati tutti!
"Ti fai una pausa?" Mi chiese Lisa ma scossi la testa. L'idea di passare in mezzo a tutti quei clienti mi terrorizzava.
Avevo paura di urtare contro la gente.
"Piuttosto mi siedo un attimo quì dietro."
Lisa non rispose ma mi indicò un punto nella folla.
"Vedi di non farmi licenziare."
In mezzo a tutte quelle persone, c'era Skin, in piedi, fermo e immobile con la bocca spalancata.
Alzai il dito medio salutandolo come meritava.
Lo vidi scuotere la testa e partire come un toro.
Che cazzo di problemi aveva ora.
"Che cazzo stai facendo?"
Mi chiese venendo dietro al banconee posizionandosi di fronte a me.
Gli occhi fuori dalle orbite per la rabbia, gli ematomi che lo facevano sembrare più cattivo del solito.
"Lavoro!" Gli urlai in faccia voltandomi. Mi dava fastidio anche solo guardarlo.
Mi afferrò per un braccio obbligandomi a girarmi di nuovo.
"Sei appena stata operata!" Tuonò pieno di rabbia.
I suoi occhi lanciavano saette.
"Tu mi hai detto di lavorare!"
Fece un passo indietro a quelle parole.
"Non dicevo sul serio!"
Urlò di rimando guardando storto un cliente che ci chiedeva di litigare altrove.
"Bene ma ti dirò Skin che le parole hanno un cazzo di peso e un cazzo di significato e se le pronunci.."
Non mi lasciò finire la frase.
Scoppiò a ridere facendo un passo indietro.
Alzò le braccia sopra la testa contrariato. Era agitato. Era furibondo.
"Come fai ad essere sempre un cazzo di problema?"
Mi chiese facendomi salire le lacrime agli occhi.
Orgoglio Mela, fallo per il tuo orgoglio.
"Fottiti!"
"Fottiti tu! Non te ne stai buona nemmeno un secondo. Siamo pieni di problemi e non fai altro che sommarne altri. Cosa devo fare con te?"
"Lasciami andare!"
Urlai a un millimetro da lui, andando proprio sotto al suo viso.
Perché dentro di me speravo che mi dicesse che non lo avrebbe fatto?

Skin scosse la testa per la ventesima volta e si voltò per andarsene.
In automatico, senza sapermi spiegare il motivo, senza ragionare, gli afferrai la mano stringendola e impedendogli di andare via.
Non potevo lasciarglielo fare. Non potevo litigarci come una dannata dopo averlo atteso per giorni.
Si girò, guardando esattamente dove la mia mano toccava la sua. Non osò alzare gli occhi verso di me. Mi avrebbe trovata quasi in lacrime e forse lo sapeva.
"Vieni con me." Disse stringendo di rimando la mano e iniziando a trascinarmi verso la folla.
Mi feci più vicina a lui terrorizzata di ricevere qualche pugno.
Infatti, poco dopo, una ragazza mi passo accanto toccandomi il fianco e facendomi vedere le stelle.
Skin se ne accorse e prontamente mi fece andare davanti a lui, mi strinse a sè facendo aderire la mia schiena al suo petto e iniziò a muoversi in avanti proteggendomi dai colpi laterali.
Non mi lasciò andare quando superammo la folla ma continuò a restarmi attaccato fino al suo ufficio.
Aprì la porta e mi fece segno di entrare.
Acconsentii e andai a sedermi sulla poltrona della vergogna.
Stavo troppo male per pensare a cosa avevo combinato quella notte.
"Perché mi tratti così?" Gli chiesi allora con un filo di voce.
Sembrò vergognarsi di quello che era successo.
Prese una sedia e si sedette vicino a me.
"Non ho ucciso io Browne. E nemmeno gli altri cadaveri che avete trovato e che avevano lo stesso marchio. È stato Donati, lo conosci?"
Spalancai la bocca a quelle parole. In cuore mio speravo non fosse stato lui ma non mi aspettavo una confessione.
"Ma cosa..?"
Skin alzò la mano per farmi tacere.
"Sono anni che cerca di fare affari da questa parte della città e noi lo ricacciamo indietro. Non voglio quella merda qui. Non voglio lui qui. Abbiamo ideali diversi. Non ti sto dicendo che non sono un pazzo o un criminale, che il mio cervello non è fottuto. Ma non sono come lui!"
Urlò per convincere più sè stesso che me.
"Ti ascolto." Sussurrai con un filo di voce.
Lo sapevo che non era come lui. Me lo aveva dimostrato in ospedale.
"Sei mesi fa uno dei suoi uomini ha sparato ad uno dei miei. Non so quale fosse il problema ma è finita in un mare di sangue. Probabilmente avevano accordi sotto banco, io non c'entro nulla, però Donati ha preso la palla al balzo per insistere nel fare affari qui nel club. Ha iniziato a presentarsi sempre più frequentemente e gli spargimenti di sangue sono diventati sempre di più. I nostri uomini erano fuori controllo. Alcuni dei miei mi hanno mollato per collaborare con lui e viceversa. Abbiamo rotto l'equilibrio."
E questo spiegava tanti cadaveri che avevamo trovato in giro, ma non tutti.
"E i cadaveri con il marchio? Di chi sono?"
Chiesi allora sconvolta.
"Sono suoi. Lui uccide persone che sono ricollegate a me e lascia sempre lo stesso marchio, come fosse uno schema. Vuole mettermi la polizia alle costole. Vuole che io abbia bisogno di lui in maniera da costringermi a diventare un suo scagnozzo."
"Il cadavere dello spacciatore? Il sud americano trovato sei mesi fa?"
Aveva avuto una buona risonanza perché era stato trovato in pieno centro. Era quel momento in cui avevano affidato il caso a me nello specifico e aveva avuto inizio tutto, nonostante fossero anni che gli stavo dietro senza capire realmente chi fosse. L'unica cosa che sapevamo, era che quell'area aveva un capo e che svolgeva attività criminali internazionali. Sapevamo che aveva grandi conoscenze e rispetto, infiltrati nel dipartimento e amici di rilevanza. Chi non si sapeva, a nessuno importava realmente finché non abbiamo trovato quel corpo e le cose si sono fatte più serie per tutti.
"L'ho ucciso io."
Rispose Skin lasciandomi senza fiato.
Non era un bugiardo.
"Non voglio mentirti dicendo che io non ho mai ammazzato nessuno ma credimi quando ti dico che se lo faccio è solo per difendere me e la mia famiglia."
Alzai un sopracciglio. Sapevo di essere giudicante in quel momento.
"Mai fatto per altro?"
"Due volte per vendetta. Ero giovane, davo un valore diverso alla vita."
Sussultai di nuovo. Mi toccai il fianco che mi faceva male e lui se ne accorse.
"Browne?"
"Era il mio avvocato." Rispose con un sospiro.
"E il mio uomo di punta per gli affari. Copriva il mio giro con le sue abilità. Compra vendita, come hai notato."
Sorrisi. Ero furba. All'incirca.
"E che lavori sporchi copriva?"
Ci pensò un attimo prima di rispondere.
Sembrava cercare di decidere se mentirmi o meno.
"Furto di cripto valute, riciclaggio di denaro.."
Alzai gli occhi al cielo. Non era di certo una delle persone più temute per via del furto di qualche cripto.
"Okay.." Prese un bel respiro. "Abbiamo fatto la nostra gavetta e ora stiamo in alto. Gestiamo gli informatori, quelli importanti. Gestiamo e distribuiamo lavoro ai boss. Siamo in cima alla catena alimentare. Capisci?"
Feci un cenno con la testa. In fondo lo sapevo.
"Spaccio?"
Scosse la testa.
"Siamo nati così ma non lo facciamo da una vita. Sembrava una cosa divertente all'inizio.."
Alzò le mani per placare la mia ira.
"Eravamo ragazzini e tutto quello che non ci faceva pensare era bello. Nati da tossicodipendenti, pieni di odio per noi stessi, usavamo e vendevamo. Abbiamo smesso con l'overdose di Sam e il suo ricovero."
"Nemmeno i boss ai quali dai lavoro lo fanno?"
Skin alzò le spalle.
"Ognuno ha la sua coscienza. Io non lo faccio, ciò che fanno gli altri è un problema loro. Non la uso, non la vendo, non la metto in circolo. Capita che cancelli le tracce di qualcosa andato storto o passi delle informazioni che sicuramente servono a questo ma non lo faccio io direttamente. Ho deciso così, fa parte dei miei valori."
"Capisco. Sembri quasi un criminale onesto."
Scherzai, ma come sempre non comparve il sorriso sulla sua bocca.
"Sono un criminale che è finito qui per sopravvivere. Avrei voluto nascere in una villetta a schiera con una madre e un padre che mi accudivamo, un canestro per il basket in giardino e un labrador come compagnia. Forse in un'altra vita."
Feci "sì" con la testa. Potevo capirlo, in parte.
"Quindi il problema è Donati?"
Skin si guardò le mani. Io guardai i suoi tatuaggi che incorniciavano i muscoli delle braccia.
"Sì. Due mesi fa ho sparato alle mani di suo cugino. Aveva picchiato Melody. Lui ha assoldato un sicario per uccidere Browne. Noi abbiamo trovato il sicario in questi giorni."
Mi venne la nausea pensando alle sue parole.
"Lo hai ucciso?"
Scosse la testa.
"Perché?"
"Perché a te non sarebbe piaciuto." Rispose con un filo di voce schiarendosela subito dopo.
Boccheggiai.
Avevo capito bene? Ma interruppe subito il flusso dei miei pensieri.
"Non ha parlato. Non so cosa sarà la prossima mossa di Donati ma so che agirà presto. Qualcosa farà e la mia famiglia è in pericolo. Questo posto, voi tutte lo siete. Capisci?"
Sentii le lacrime pungermi agli occhi.
Maledetta empatia.
"E poi sei arrivata tu.."
"E ho complicato tutto."
Sorrise. Giuro che sorrise.
"Perché mi stai dicendo tutto questo?" Gli chiesi ancora incredula per quella conversazione. Mi stava raccontando cose compromettenti, proprio a me che ero arrivata qui per metterlo in carcere. Dove voleva arrivare? Cosa voleva da me?
"Io non posso avere altri nemici ora. Non ho le forze per affrontarne due insieme. Lo capisci?"
Rimasi in silenzio.
"Senti.." mise una mano sulla poltrona, vicino alla mia coscia.
"Io lo so che quello che faccio non è condivisibile. So che quello che sto facendo a te.."
Non finì la frase, abbassò solo gli occhi.
"Io non ci sarei voluto arrivare qui. Avrei voluto non averti incontrata, non averti rapita.. Ma non posso cambiare ciò che è stato e non posso cambiare il fatto che sei pericolosa per la mia famiglia e quindi per il momento, dobbiamo convivere in qualche modo. Io posso prometterti che troveremo una soluzione. So che non sei un poliziotto corrotto, non sto dicendo questo.."
Mi mise a tacere prima che potessi interromperlo.
"Ma penso che potremmo trovare dei compromessi per sopravvivere entrambi. Lo faremo un domani. Ora ho bisogno che non mi remi contro. Puoi farlo?"
Lo guardai con aria di sfida. Non lo avevo mai visto così stanco e così in trappola.
La situazione poteva farsi più interessante e potevo intravedere altro nel mio futuro in quel momento che non era una vita al club oppure in Messico. Eppure una parte di me avrebbe voluto consolarlo, dirgli di non preoccuparsi così tanto, che sarebbe andato tutto bene.
"Mi serve un altro favore."
Spalancai la bocca. Non potevo ancora credere a ciò che sentivo.
"Se dovesse succedere qualcosa, se la polizia dovesse arrivare qui.. Dì che Billo e Sam lavoravano per te. Dì che cercavano prove per incastrarmi, che si erano convertiti. Fai in modo che paghi solo io. Loro sono brave persone, non lo meritano. Puoi fare la differenza Mela. Ricordati questo. Non è sempre tutto bianco o nero."
"Ma che stai dicendo?"
Domandai con orrore.
"Ti lascio la chiave del mio ufficio. Ci sono alcuni documenti che possono incastrarmi. Che addossano tutto su di me. Usali se dovessero arrivare a noi. Sei una detective, si fideranno di te."
Mi osservò deciso per alcuni istanti e poi si alzò in piedi. Si voltò, si incamminò verso la porta dell'ufficio e come promesso mi lasciò sola.
Non permisi alla mia testa di pensare, nemmeno per un secondo. Gli corsi dietro e gli gettai le braccia intorno al corpo stringendolo forte.
Non la volevo quella chiave.
Non la volevo quella responsabilità.
In quel momento ero sicura di una cosa.
Non tutti i buoni erano buoni, non tutti i cattivi erano cattivi ma tutti meritavano una seconda possibilità.

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