30. Skin

Stavamo perdendo tempo che non avevamo.
Il finto Browne non rispondeva alle nostre domande o lo faceva continuando a mentire e a prendersi gioco di noi.
Era lì, di fronte a noi, legato come un salame sulla sedia.
Ci avevamo messo una vita per metterlo in quella posizione.
Era veloce e spietato. Le ferite sui nostri corpi lo confermavano.
Fortunatamente, avevamo riservato le stanze di tutto il piano e anche le camere sopra e sotto di noi ma sicuramente, qualcuno si era accorto del rumore.
Eravamo in un albergo frequentato da brutta gente, tossici e senza fissa dimora principalmente quindi non volevano troppi problemi ma questo non bastava per farmi stare tranquillo.
Qualcuno poteva chiamare la polizia da un momento all'altro e quel casino era difficile da spiegare.
Billo era entrato dalla stanza a fianco, tramite una porta comunicante, e aveva trovato un cecchino pronto a ficcarci una pallottola in testa.
Browne sapeva che saremmo arrivati, sapeva che lo seguivamo e probabilmente, aveva allertato i suoi uomini sparsi per la città che ora lo stavano cercando.
Città che non era la nostra e dove non avevamo nessuno a guardarci le spalle. Dovevo finire veloce ma la situazione non si sbloccava.
"Sparami coglione."
Intimò l'uomo a Billo sputando sulle sue pregiate scarpe.
Il mio amico sorrise.
"Non vi dirò nulla. So di essere morto lo stesso. Lo farò da eroe."
"Che ti ha promesso Donati? Manterrà la tua famiglia in Russia? Sono puttanate. Appena morto tu li farà uccidere tutti. Non ha scrupoli, non ha morale. Se non gli servi, muori e non sarà diverso per la tua gente."
Rise di gusto alle mie parole.
"Credi che uno come me ha una famiglia da qualche parte? Tu ne hai una?"
Assottigliai le labbra. La mia famiglia era lì in quel momento e se qualcuno ci avesse teso un'imboscata avrei perso ciò che contava nella mia vita.
"Dobbiamo andare."
Ripetei di nuovo ai miei amici fregandomene dello sguardo contrariato di Sam. Non valeva la pena rischiare oltre. Non avrebbe parlato.
Gli uomini come lui avevano un codice d'onore. Erano le poche le cose a cui tenevano ma il tradimento non era contemplato nella loro natura.
Non aveva paura di morire. Se ne stava fermo, impassibile con i capelli biondi che non si erano mossi di un millimetro e la faccia di uno che è pronto per l'aperitivo.
Non avrebbe ceduto e lo sapevo.
Erano poche le persone come lui ma quando le incontravi, non ottenevi nulla né con le minacce, né con le promesse.
"Dicci quale è il piano di Donati e noi ti risparmiamo. Vuoi fare la fine del cecchino?"
"Si, ti prego." Scongiuro l'uomo continuando a ridere e osservando Sam con aria di sfida.
Billo afferrò la sedia e lo trascinò fino alla finestra. Lo sollevò da dietro sporgendolo nel vuoto.
Quel bastardo continuava a ridere.
"Siete venuti qui per nulla. Non mi lascio corrompere né tanto meno convincere. Per questo Donati mi ha assoldato. Nell'ultimo anno ho vissuto meglio che negli ultimi quaranta e di come avrei potuto campare per i prossimi. È sufficiente. Ammazzami."
Scossi la testa quando Billo mi guardò implorante.
Avevamo tutti i nervi tesi, non ce la facevano più e mi stava chiedendo di poter agire.
A che pro? Donati probabilmente aveva altri mille sicari pronti a guadagnarsi il suo rispetto. Non si sarebbe nemmeno accorto che ne mancava uno all'appello.
Sam lo voltò verso di me.
Anche lui aveva capito.
Mi guardò desolato.
"Abbiamo perso tempo. Che facciamo?"
Afferrai la bottiglia di vetro posata sul mobile accanto a me e la scagliai contro il muro.
Quella situazione si metteva male. Molto male.
Con Donati gli scontri andavano avanti da anni ma non era mai successo che avessimo litigato fisicamente.
Non fino a quella notte al club.
Non l'avrebbe perdonata, troppa gente a testimoniare la sua debolezza. Doveva dimostrare di aver valore e probabilmente per farlo era intenzionato a farci fuori e a prendere il club.
Rabbrividii all'idea. Non avrei lasciato le ragazze nelle sue mani. Non avrei lasciato ciò che avevo costruito sputando il sangue.
"Dicci perché Browne."
Continuò Billo imperterrito nella speranza di ottenere almeno una confessione. Quella cantilena proseguiva da un po' ormai.
Sicuramente Brown era morto perché era il nostro tramite con il quale ci facevamo i soldi.
Grazie ai soldi potevamo decidere se iniziare o meno una guerra.
Altrimenti eravamo spacciati in partenza.
Inoltre, era facilmente collocabile a noi. Una sveglia come Mela infatti era subito giunta al club. Con la polizia alle calcagna ci complicava la vita.
Questa però era una deduzione, di concreto non avevamo ricavato nulla.
"Lascialo andare." Ordinai allora io all'improvviso.
I tre uomini presenti nella stanza spalancarono la bocca e mi guardarono impietriti.
"Tornerà da Donati." Mi ricordò Sam.
Sorrisi.
"Sì, e gli dirà che siamo pronti a combattere.  Che siamo disposti a tutto per proteggere la nostra famiglia. Se non si farà da parte ne pagherà le conseguenze col sangue."
Billo scoppiò a ridere e il sicario lo seguì.
"Questo ce lo troviamo alle costole a breve."
Mi ricordò Billo.
"O lui o un altro, che cambia? Voglio che dica così al suo padrone. Voglio che gli dica che gli abbiamo risparmiato la vita perché non siamo come lui. Ma possiamo diventare peggio. Siamo i peggiori animali quando qualcuno cerca di toglierci qualcosa che è nostro."
Sollevai la pistola e la puntai alla testa di Browne.
Sorrise.
Sparai due colpi, ma solo dopo aver cambiato bersaglio.
Non la testa, bensì il braccio destro e la gamba.
"Vediamo se Donati ti aiuterà, ora che non servi più a nulla."
Rimisi la pistola nei pantaloni e cominciammo a fuggire per le scale.
I colpi di pistola si erano sentiti di sicuro. Sarebbero venuti a cercarci, dovevamo correre al jet e ripartire.

"Abbiamo fatto bene?"
Mi chiede Sam titubante mentre rallentavamo il passo per confonderci con la folla. Billo si piazzò vicino alla strada cercando di fermare un taxi.
Non risposi.
Sapevo bene cosa avevo fatto. Quell'uomo andava eliminato.
Le facevo tornare da Donati con una disabilità consapevole che lo avrebbe eliminato lui.
E se non fosse tornato, Donati lo avrebbe trovato lo stesso e messo a tacere.
In poche parole, lo condannavo a morte ma non prendevo il grilletto, come fanno i codardi.
Per non farti giudicare da lei. Per non deluderla. Per poterle dire che sei meno merda di quello che pensa.
Disse la mia testa.

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