27. Mela

Quando mi svegliai la prima cosa che percepii era un gran freddo. Ma un freddo anomalo, di quelli che ti frantumano le ossa.
Spalancai gli occhi e mi ritrovai a fissare il soffitto. Voltai la testa giusto per vedere che il fuoco nel camino stava morendo e purtroppo, con i riscaldamenti spenti c'erano ben pochi gradi lì dentro.
Mi mossi leggermente e un dolore sordo mi ricordò che ero appena stata operata.
"Che hai adesso? Si può dormire quando ci sei tu o ti muovi continuamente?"
Sorrisi quando sentii la voce di Skin e poi mi resi conto che erano giorni ormai che sorridevo al suono della sua dannata voce.
Per quale miserabile motivo? Per quale trick psicologico sorridevo quando il mio fottuto rapitore parlava?
Mi resi ben presto conto di essere sdraiata con la testa posata sulle sue gambe sode.
Era imbarazzante, ma non ero assolutamente in grado di tirarmi su da quella posizione.
"Stai male?"
Non risposi a Skin.
"Hai una faccia di merda."
"Pensa alla tua."
Replicai tossendo.
Mosse una mano e la posò sulla mia fronte e poi su una guancia.
Era così delicato, in contrasto con l'uomo che ero abituata a vedere.
"Hai la febbre. Sei una cazzo di kamikaze. Torniamo al club ora. Sono ore che siamo qui, direi che hai respirato a sufficienza aria di casa."
Feci una smorfia.
"Che ti cambia? Cosa avevi qui che ora non hai?"
"La libertà."
Skin scoppiò a ridere.
"Eri sola. E per un cazzo libera. Eri schiava del tuo lavoro. Schiava del tuo capo che ti faceva lavorare come e quando voleva. E quando tornavi a casa non avevi altri se non il gatto. Qualche volta in compagnia di Buch, fattelo dire che gusti di merda. Ma eri succube pure di lui. Era lui ad avere il controllo anche se così non ti sembrava. Dimmi, quanto eri libera?"
Lo zittii con uno sbuffo. Mi faceva male tutto, non riuscivo a ribattere.
"Potevo uscire. Andare a bermi uno spritz, potevo andare al mare, non dovevo chiedere a nessuno il permesso di fare nulla."
Fu il turno di Skin di sbuffare.
"Quando ero in riformatorio potevo uscire quando volevo eppure mi sento o in prigione. Mi sentivo proprio in galera cazzo. Odiavo quel posto. Per assurdo, in galera mi sentivo meno in galera che in riformatorio. Quindi, sta tutto nella nostra testa."
Cercai di ragionare su quello che mi stava dicendo.
Questo uomo era assurdo. Mi aveva presa sotto sequestro e ora voleva farmi credere che ero più libera di prima. Manipolatore del cazzo.
"Quando è morta tua madre?"
Osai chiedere spinta da tutte quelle parole che ci stavamo dicendo.
Lo sentii ritrarsi sotto la mia testa. Mossa sbagliata.
"Fatti i cazzi tuoi. Non siamo amici."
Il suo tono di voce era arrabbiato, non tollerava repliche. Non lo avevo mai visto davvero fuori di sè ma sapevo bene che il suo nome lo precedeva. Tutti avevano paura di Skin perché chi lo aveva visto arrabbiato, aveva visto il tornado di emozioni che lo devastata.
"Avevo nove anni. Ha avuto un'overdose." Aggiunse però poco dopo sorprendendomi.
Forse non gli dispiaceva avere qualcuno con cui parlare. D'altronde, in pochi si prendevano il tempo per farlo con lui.
"Mi spiace."
Sussurrai sotto voce. Non potevo credere a quella confidenza. Avevo timore a guardarlo in viso. Sapevo che se fossi riuscita a scorgervi la minima emozione per lui sarebbe stato intollerabile, quindi rimasi immobile.
"Ho pensato fosse meglio così. Sai, era consumata dalle droghe, dall'alcool, dalla prostituzione. Ero stanco di nascondermi dai suoi uomini.. Non so se puoi capire."
Gli strinsi la mano ma chiaramente, lui la spostò immediatamente, come se lo avessi bruciato.
"Certo che lo capisco."
Lo rassicurai. Avevo male ovunque ma non volevo muovermi per non interrompere quel flusso di pensieri.
"Volevo diventare un avvocato. Oppure un barman. Avevo qualche sogno timido nel cassetto usurato che la vita mi aveva lasciato in prestito. Ma poi ho girato per la strada qualche anno e il riformatorio.."
Intravidi una smorfia quando ne parlò.
"Peggio della strada?" Chiesi allora con un filo di voce.
Skin fece un segno di assenso.
"Il peggior incubo. Si è mangiato ogni mio sogno."
Alzai una mano esitate e poi gli accarezzai la pancia. Non sapevo bene cosa stessi facendo, ma era più difficile fuggire per lui così. Avevo bisogno di non interrompere il contatto fisico.
Lo stavo spronando a proseguire.
Ero pronta a conoscere di più dell' uomo che volevo così tanto in galera. Ero lì, e lo ascoltavo. Doveva saperlo.
"Ti ho detto fin troppo.." concluse bloccandomi il polso e facendomi smettere.
"Raccontami qualcosa di bello." Gli chiesi allora cogliendolo alla sprovvista.
Sospirò e poi ci pensò a lungo.
"Ho preso un diploma. Una cosa semplice, come gestore di immobili. Però sono il primo nella mia famiglia ad avere un diploma."
Sorrisi.
"Ora dormi. Non rompermi più i coglioni. Ho sonno e ho passato una giornata d'inferno.."
"Vedi un po'" ribattei facendolo ridere.
"Non ci riesco. Ho freddo e ho male ovunque."
Confidai con un filo di voce.
Skin sbuffò.
Era meglio andare al club, aveva ragione lui.
"Dai, alza il culo. Ti riporto al club e se ci stai così male domani proverai a fuggire. Ma ora ho bisogno di dormire. Andiamo."
Mi spinse per la schiena tirandomi su tra una smorfia di dolore e un'imprecazione.
"Ho un'ultima domanda. Ti farà incazzare."
Skin mi osservò sorpreso e poi mi mostrò il dito medio.
Era sempre stato dannatamente bello.
"Perché sei fuggito l'altra sera."
Si bloccò. Tutti i suoi muscoli in tensione, le labbra serrate e gli occhi attenti.
Così serio di obbligarmi ad abbassare lo sguardo.
"Perché non mi importa nulla di te. Devi capire bene questa cosa. Non voglio problemi. Tu non sei il nulla assoluto e quello che stavamo facendo era sbagliato."
Sorrisi.
"Ma perché?"
Rincarai la dose non contenta dell'umiliazione.
Skin si innervosì. Tirò un calcio alla poltrona prima di rispondere.
"Era sbagliato perché eri tu. Io da te non voglio nulla. Nemmeno questo. E ora basta."
Potevo percepire nell'aria il suo sbalzo di umore. Lo avevo chiuso di nuovo dentro il suo riccio. Avevo osato troppo e ora stava fuggendo.
Skin non riusciva a mostrarsi. A mostrare i suoi sentimenti, le sue debolezze, le sue paure..
Ma io volevo capirlo. Capire tutto di lui.
E senza nemmeno rendermene conto, avevo cambiato obiettivo durante il corso della mia spedizione.
Spedizione fallita in partenza, sotto certi punti di vista.
Ma forse, poteva ancora regalarmi qualcosa.

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