26 Skin

Non so per quanto tempo avevo trattenuto il respiro.
Forse per un giorno intero, non potevo dirlo.
Di sicuro non avevo respirato quando quel figlio di puttana mi aveva portato fuori dalla camera di Mela, quando mi aveva lanciato nello sgabuzzino e aveva fatto il grande con me in manette, come se non ci fossi abituato.
Non so come facevo a fidarmi di Mela ma da qualche parte nel mio cuore, ero sicuro non mi avrebbe tradito così.
Mi voleva in galera, quello era sicuro, ma l'avevo appena salvata e lei era una donna leale.
Avevo trattenuto il respiro lo stesso perché nella vita avevo ricevuto così tante delusioni da parte della gente che mi aspettavo solo il peggio.
Ma poi erano venuti a chiamarmi. Mela era agitata ma stava bene, era stata zitta e forse nemmeno si rendeva conto di quale occasione aveva buttato all'aria.
Ma la stimavo. Mi aveva colpito. Poteva demolirmi quel giorno e non lo aveva fatto, non lo avrei dimenticato.
I medici erano assolutamente contrari a lasciarla andare ma l'autodeterminazione è legge e Mela aveva firmato, sotto finto nome, anche l'impossibile per poter uscire da quell'ospedale e non potevano trattenerla contro la sua volontà, come invece stavo facendo io . E ora ci trovavamo in macchina, intorno a noi era tutto bianco, faceva freddo da morire ma lei, cocciuta come un cazzo di mulo, voleva andare a casa sua!
"Non capisco perché ti ostini tanto! Hai avuto la febbre a quaranta, al club hai Neve e il tuo cazzo di gatto. Vuoi solo mostrarmi di avere il potere.."
Mela scoppiò a ridere.
"Esatto." Ammise facendomi fumare il cervello.
"E io ti assecondo pure."
Si mise un dito vicino all'orecchio e uno vicino alla bocca fingendo fosse un telefono.
"Pronto agente, ho cambiato idea. Venite ad arrestare questo bastardo.."
Le diedi un colpetto contro al braccio per farla smettere. Mi dava fastidio anche solo scherzare su questo argomento.
Billo si era drogato fino a svenire quella notte e Sam non riusciva nemmeno a parlare quando lo avevo chiamato.
Mela non si rendeva conto di quello che avevamo rischiato per lei.
"Finiscila. Sei una bambina."
Rise di gusto e si allungò per cambiare stazione radio. Le diedi una sberla sulla mano.
Odiavo quando la gente toccava la mia musica.
All'improvviso vidi l'espressione di dolore sul suo volto.
"Smettila, in ospedale non ti riporto."
La osservai preoccupato.
"Ti sono saltati i punti?" Le chiesi muovendomi veloce per cambiare la musica.
Sintonizzati su un canale rap e sapevo che le piaceva quella merda. Al negozio ascoltava sempre quel genere di canzoni. Avevo notato pure quello.
La vidi sorridere sotto la smorfia di dolore.
"Respira.." le suggerii continuando a guardarla preoccupato.
"Come sei premuroso." Mi prese in giro lei facendomi girare gli occhi al cielo.

"Tieni mammina, questa coperta è calda." Le appoggiai la coperta sulle spalle magre cercando di fermare i suoi tremolii. Sorrise, i denti consumati dal crack."'come sei premuroso figlio mio. Sei un bravo bambino, ricordalo sempre. Non è colpa tua."

"Sei ancora qui?" Mi chiese Mela riportandomi alla realtà. La guardai storto e la misi finalmente a tacere. Non disse più una parola finché non posteggiai dietro a casa sua.
"Se ci vedono sono spacciato."
Mela sorrise.
"Potrebbero vederci in effetti.."
Sbuffai innervosito. Quanto riusciva a farsi odiare?
"Ma sono le dieci di sera, c'è stata una bufera e non andavo particolarmente d'accordo con i vicini. Si faranno gli affari loro. Andiamo!"
Mi intimò spalancando la porta. Uscii e mi misi davanti alla macchina aspettando che mi seguisse.
Faceva fatica, lo percepivo, ma erano cazzi suoi.
Era lei che era voluta venire qui.
Eppure tenevo le orecchie tese per ascoltare ogni rumore diverso e accorrere in suo soccorso in caso di bisogno.
"Grazie mille, uh?" Si indignò lei passandomi accanto.
Avanzò zoppicante fino alla porta, sentiva dolore ma non mollava. Era una tosta. Le luccicarono gli occhi mentre allungavo la chiave per aprirla.
Fece un passo nell'atrio e tirò su col naso.
"Sembrano passati anni.."
Sbuffai.
Esagerata.
Passò accanto alle foto e le sfiorò con la mano.
Poi si diresse verso il divano e si sistemò su di esso.
La guardai in viso.
Era pallida come un cadavere, le labbra contratte per il dolore.
"Tu stai male.."
Sussurrai ma lei scosse la testa.
"Non sto così bene da un po'".
Rimasi fermo a guardarla mentre ad occhi chiusi respirava l'aria di casa sua.
Faceva freddo, freddo da morire.
Avevo paura che si sarebbe sentita male.
Andai verso il camino e ci misi dentro due legni.
"Lì sopra.." mi indicò lei con un dito e afferrai l'accendino.
"Congelerai qui dentro. Ho rischiato la vita per cosa, dato che morirai così? Potevo lasciarti morire ieri."
Appena le fiamme si fecero vive mi voltai verso di lei.
Mi avvicinai e le toccai le mani, poi il viso.
Merda, congelava sul serio.
Feci il giro del divano e da dietro, iniziai a spingerla più vicino al fuoco.
La sentii ridere e mi sembrò normale.
Normale prendermi cura di lei.
"Hai delle coperte?"
Fece un segno di assenso e mi indicò una cesta.
All'interno, c'erano diverse coperte colorate. Le afferrai tutte e le portai da lei. La avvolsi al loro interno e la guardai sorridermi.
Ne presi una anche io e mi sedetti accanto a lei.
Sbuffai. Che situazione di merda.
"Ti va di restare ancora un poco?" Mi chiese dolcemente.
Come potevo dire di no, quando me lo chiedeva così?
Rimasi in silenzio.
"Raccontami un tuo segreto."
Scoppiai a ridere a quella richiesta e di nuovo, non risposi.
"Te ne dico uno io."
"Sono tutto orecchi."
Trattenne il fiato qualche istante.
"Al liceo, il mio compagno di classe, Malcolm Jay, mi ha aggredita una sera mentre tornavamo a casa."
Sgranai gli occhi a quella confidenza.
Lei sorrise.
"Quando ho ricevuto l'arma sono andata a casa sua. Gliel'ho puntata in testa. Ma non avevo abbastanza coraggio."
Il suo sguardo si fece triste e il mio istinto mi suggerì di toccarla, ma io non potevo farlo.
"Volevo ucciderlo. Volevo farlo soffrire. Lui mi aveva tolto tanto sai? La spensieratezza nei rapporti sociali, la fiducia nel prossimo. Quando ho avuto il mio primo ragazzo, lo obbligavo a tenere le mani sul cruscotto quando guidavo. Eppure, io non ho avuto il coraggio. Avrei fatto un favore all'umanità sai? È stato arrestato qualche anno dopo. Indovina per cosa?" Sorrise amara.
"Pensi sia colpa mia?"
Rimasi in silenzio. Non sapevo cosa dire.
"Scusami, penso sia l'anestesia. Non so che dico."
Scossi la testa.
"Lo capisco."
Le dissi soltanto.
Lei si voltò a guardarmi.
"Tu per lo meno sei coerente con i tuoi sentimenti. Fai quello che ti sembra giusto, quello che ritieni migliore. Io ti ho giudicato, sempre e tanto. E oggi ti ho difeso. Non permetterai che tra qualche anno io mi penta anche di questo, vero?"
Il mio cuore sussultò. Ero il peggior figlio di puttana del quartiere. Non sapeva con chi aveva a che fare?
Mi sorrise di nuovo, afferrò un cuscino e lo portò dietro alla testa.
"Non possiamo dormire qui." Le dissi saggiamente. Faceva freddo, lei sembrava più morta che viva ma quella stronzetta alzò la mano per zittirmi stizzita.
Sbuffai.
"Billo e Sam.."
Iniziai la frase e mi schiarii la voce a disagio. Mi accorsi che aveva aperto gli occhi.
"Sono gli unici amici che ho. Sono gli unici affetti. Gli unici di cui mi fido.
Io.."
Sbuffai di nuovo. Odiavo parlare di me. Mi accorsi che lei nemmeno respirava, probabilmente spaventata dal fatto che io avrei smesso.
"Ho promesso di proteggerli, anni fa quando eravamo delle vittime e io oggi li ho messi in pericolo per te. L'ho fatto perché in qualche modo ti stimo e so che.."
Mi morirono le parole in gola. Lei si sollevò per guardarmi e fu io mio turno di zittirla con la mano.
"Lascia perdere."
"Skin.."  Mi richiamò lei ma ormai stavo già uscendo sul portico per fumarmi una sigaretta, poi due e chissà quante. Chiamai Billo, mi assicurai che tutti stessero bene e pregai che l'agente Flores si dimenticasse di noi in fretta.
Pregai anche che Mela non schiattasse in quella casa, perché poteva pure essere e io non ero bravo ad occultare i cadaveri.
Quando rientrai era passata ormai una vita, le dita delle mie mani erano gelide, Mela si era addormentata sul divano e respirava pesantemente.
Quanto odiavo quella splendida, noiosissima ragazza.

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