24. Skin

"Porca troia!"
Picchiai forte il pugno contro il volante mentre per l'ennesima volta la macchina sbandava e rischiavamo di trovarci in fondo al fiume.
"Muovetevi cazzo!" Tuonai suonando il clacson.
Le strade erano un puro inferno, nessuno sano di mente si sarebbe messo alla guida quella notte.
Ma noi avevamo la detective e quando quella piccola, stupida, testa di cazzo decideva di rischiare di morire?
Quando nessun medico sarebbe potuto venire al club ovviamente.
"Lo sta facendo apposta. Ci sta ingannando per bene!" Aveva tuonato Sam quando Neve era corsa a chiamarmi.
"Mela sta male. Non so cos'abbia. Non reagisce più." Aveva detto semplicemente e io mi ero sentito le vene ghiacciare.
L'ennesimo problema, l'ennesima preoccupazione che mi regalava.
Eppure, mentre la vedevo contorcersi nel letto, non potevo essere arrabbiato con lei. Ero solo preoccupato. Seriamente preoccupato.
"Non finge." Aveva detto Sam tirando un cazzotto al muro.
"Se la portiamo in ospedale siamo nella merda. Questa parla!"
Mi aveva sussurrato all'orecchio.
Dovevo lasciarla morire.
O provare a salvarle la vita con il rischio che ci facesse arrestare tutti.
L'avrebbero riconosciuta in ospedale? Avrebbe parlato?
Certo che sì, l'avevamo rapita cazzo!
"Dobbiamo decidere in fretta."
Aveva suggerito Billo, pallido in volto e sconvolto per quello che stava succedendo. Nessuna delle nostre ragazze era mai stata male e comunque, avevano il nostro medico di fiducia che correva appena io fischiavo.
"Skin, non possiamo.."
Non avevo lasciato finire la frase del mio amico. Mi ero avvicinato a Mela e l'avevo girata delicatamente sulla schiena facendola scoppiare in lacrime per il dolore.
Poi l'avevo avvolta nella sua coperta e l'avevo presa in braccio.
E ora ci ritrovavamo qui.
Io urlavo contro il traffico, contro la neve, contro il mondo.
Sam se ne stava zitto accanto a me e Billo invece era sistemato dietro, teneva Mela appoggiata alle sue gambe e le accarezzava la testa mentre questa continuava a contorcersi.
"La buttiamo giù dalla macchina e scappiamo."
Suggerì Sam all'improvviso.
Scossi la testa. Non aveva prove ma ormai ci conosceva bene. Ci avrebbe denunciato e qualcosa avrebbero trovato.
Ora eravamo più bravi, riciclavamo denaro ma ci limitavamo a quello e non lasciavamo la minima traccia.
Negli anni passati avevamo distribuito la bianca nelle vie della città e lì ne avevamo lasciati di indizi. Ci avrebbero preso.
Sospirai. Avrei condannato i miei amici alla galera.
"Io entro con lei. Se parla, sarò solo io ad andare nella merda. Mi prendo le colpe di tutto."
"No." Tuonò Sam e Billo gli fece subito eco.
"Non si discute. Voi andrete avanti con gli affari. State lontani dalla merda, niente droga, niente prostituzione. Potete agganciarvi alle cripto valute, sarà il futuro e sicuramente la speculazione immobiliare continuerà a fruttare."
"Porca troia! Come ci siamo finiti in questa merda?"
Ignorai la crisi isterica di Sam.
"Billo, voglio che tu sposi Mary e tu Sam, voglio che sia felice. Non mi interessa con chi. Non mi importa del tuo orientamento sessuale, devi solo essere felice."
Alzai la mano per interrompere sul nascere la discussione.
Io e Billo sapevamo bene che aveva avuto una storia con il buttafuori ma lui non ce ne aveva mai parlato e noi non avevamo insistito.
Era difficile per lui accettare il fatto di essere attratto anche dagli uomini, soprattutto per via di quel prete schifoso..
"Prendetevi cura l'uno dell'altro, mantenete il nostro territorio senza cedere un millimetro e impedite a quel figlio di puttana di Donati di fare affari nella nostra parte di città. Quello ci manderà a fondo. Se inizierà a rendere il club un sobborgo di tossici e puttane, ci beccheranno subito. Deve stare alla larga dai nostri affari, costi quel che costi."
Svoltai per entrare nella corsia del pronto soccorso e sospirai. Finalmente ce l'avevo fatta, era da almeno un'ora che eravamo in macchina e Mela stava sempre peggio.
"Stiamo facendo la cosa giusta, vada come vada."
Li rassicurai fermando la macchina.
Mi voltai a guardali entrambi.
Erano sconvolti, non sapevano cosa dire.
"Io entro con te." Piagnucolò Billo.
Scossi la testa.
"Ho bisogno che vi prendiate cura l'uno dell'altro. Io me la caverò. Troverò il modo di tornare."
Scesi dalla macchina e l'aria fredda mi tirò un ceffone in pieno viso, quasi a volermi dire di risalire in macchina.
Scappa finché puoi, è una vita che costruisci il tuo futuro, non permettere a nessuno di portartelo via. Hai sofferto abbastanza. Hai sopportato abbastanza..
Scossi la testa scacciando i pensieri.
Se qualcuno si fosse fermato ad aiutare mamma, sarebbe ancora viva. Se il suo cliente l'avesse portata in pronto soccorso..
Presi Mela tra le braccia fingendo di non sentire i suoi gemiti, erano dolorosi anche per me, e mi incamminai verso il pronto soccorso.
Non mi voltai quando sentii la voce di Billo chiamarmi.
Non era il momento degli addii.
Faceva troppo male anche quello.
"Andrà tutto bene. Io lo prometto a te e tu a me. Siamo d'accordo?"
Sussurrai a Mela mentre il caldo e le luci dell'ospedale mi investivano.
Un infermiere si mise a correre verso di noi.
"Promettimi di non vedere solo il marcio. Promettimi di pensare che siamo umani, nonostante ti fa schifo quello che facciamo. Noi siamo solo sopravvissuti.."

"Che succede qui?" Chiese l'infermiere.
Spostò una ciocca di capelli a Mela e scosse la testa.
"Sta male."
"Questo lo vedo da me." Rispose brusco cercando di strapparmela dalle braccia.
La strinsi forte e lo fissai impassibile.
Lo avrei strozzato volentieri.
"La metta qui sdraiata." Mi ordinò quando una seconda infermiera avvicinò a noi un letto.
"Serve un medico!" Urlò quest'ultima quando Mela tremò per il dolore.
"Le fa male la pancia, da ore. Ha la febbre a quaranta." Descrissi io la situazione.
"Da quanto sta cosí precisamente?"
"Sei ore.." Conclusi facendo spalancare la bocca agli infermieri e al dottore che si era aggiunto.
"Cosa stava facendo prima di iniziare a stare male? Perché non l'avete portata prima?"
Spalancai la bocca per giustificarmi.
Non lo sapevo stesse così. Io ero arrabbiato con lei, la stavo evitando. La evitavo perché mi fa contorcere lo stomaco e io non voglio che succeda.
"Potete aiutarla?" Chiesi soltanto.
L'infermiera tolse il cerotto dalla sua fronte e scoprì la ferita sulla sua testa. Ormai i punti erano stati tolti ed era guarita quasi totalmente.
"Qui cosa è successo?"
"È caduta." Risposi senza convinzione, tanto che il personale sanitario si guardò sospettoso.
"Come si chiama la vittima?"
"Vittima di cosa?" Risposi io agitandomi.
Avevano preso a camminare lungo il corridoio e io li stavo seguendo.
"Conosce questa donna?"
"È la mia compagna. Mary Sol." Risposi prontamente mostrando il documento finto di Mary e pregando non guardassero troppo da vicino la foto, perché le due donne si somigliavano ma non troppo.
"Ha preso una botta?" Mi chiese allora l'infermiera facendomi sussultare.
"No, cazzo!" Tuonai rendendomi conto subito che dovevo calmarmi. Un uomo della sicurezza mi osservava.
"È la mia compagna." Sussurrai pregando che smettessero di farmi domande.
"Lei non può più proseguire."
Scossi la testa e presi la mano di Mela.
"Non la lascio." E mi resi conto che non lo dicevo solo per la paura che mi sputtanasse, temevo anche per lei.
"La ragazza va in sala operatoria. Pensa di poter venire in sala operatoria?
Si faccia da parte."
Permisi all'infermiere, quello stronzo di Mendez, così diceva il suo cartellino, di allontanare la mia mano da lei e di portarla via.
"Tornerete a dirmi come sta?"
Urlai dietro di loro ma ormai se ne stavano andando senza ascoltarmi.

Mi buttai sulle poltroncine azzurre della sala d'aspetto e chiusi gli occhi sconvolto.
Ero nella merda. Nella merda più totale.
"Signore mi scusi.." spalancai gli occhi sperando di trovare un infermiere davanti a me, invece un poliziotto mi osservava sospettoso.
Sorrisi. Questa era la fine.
"Sono l'agente Flores.."
I fiori, dove ti ho incontrata.
"E ho bisogno di un suo documento e di uno della sua compagna."
La mia mano corse alla tasca ed estrassi i due documenti fasulli.
Erano fatti dal miglior falsario di New York, non avrebbero trovato nulla con questi. Infatti l'agente si allontanò per tornare poco dopo e ripassarmi i passaporti.
"Quando si sveglierà la ragazza dovremo parlare con lei."
Sorrisi di nuovo fingendomi indifferente.
Dentro di me avevo una giungla di emozioni che mi dilaniavano gli organi.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top