22. Skin

Mi toccai la mascella e ne tolsi un rivolo di sangue.
"Fanculo!"
Lanciai l'asciugamano verso Sam che lo prese ridendo di gusto.
Si avvicinò e mi mollò un pugno, l'ennesimo, sul braccio.
"Sei un fottuto coglione."
Ribattei nuovamente scuotendo la testa.
Avevo perso il controllo ma ora mi sentivo nettamente meglio.
"Ne avevo bisogno."
Dissi onestamente afferrando la bottiglia di gin dal ripiano alto dello scaffale del mio ufficio.
"E io ho bisogno di questo."
Rispose Sam strappandolo dalle mie mani.
"Lei ti piace. Lo so da tempo che ti piace. Lo so da quando ti presentavi ogni giorno in quel cazzo di posto a portarle i fiori come un coglione. La tengo d'occhio. Ma chi volevi prendere per il culo?"
Gli strappai di nuovo la bottiglia dalle mani e ne bevvi un sorso generoso.
"Infatti ce la siamo trovata alle costole. Dimmi grazie se l'ho controllata altrimenti avremmo avuto il nemico in casa senza nemmeno accorgercene."
Gli passai la bottiglia. Mi faceva male la testa, bere non era la cosa più saggia da fare ma c'era una cazzo di bufera in atto e questo significava che non mi sarei mosso dal locale e nessuno sarebbe venuto a rompermi il cazzo. Me lo meritavo.
"Non mi sento in colpa per mia madre. Lei la sua strada l'ha scelta da sola."
Mi schiarii la voce sentendo lo sguardo di Sam posarsi su di me. Non ne parlavo frequentemente.
"Mi sento in colpa per Paula. Da morire."
Mi grattai il braccio nella speranza di mandare giù quel boccone amaro.
Per Paula avevo compiuto il mio primo omicidio, quasi dieci anni prima.
Era stata il mio primo amore, non molto condiviso in realtà. Anche lei veniva dalla strada, l'avevo conosciuta in riformatorio ed era nata la nostra storia d'amore, la più tossica ed abusante che potesse esistere al mondo.
Lei beveva, io pure, lei prendeva un sacco di droghe, io un sacco di psicofarmaci e si finiva continuamente a litigare come pazzi.
Io ero dipendente da lei, in ogni modo.
Poi un giorno si era stufata di me e aveva iniziato a girare con uno stronzo del quartiere, uno pericoloso.
Eravamo entrambi minorenni, spericolati, cercavamo di affermarci in quel mondo che non ci voleva e per Paula, nulla era più elettrizzante che farsi venire a prendere da quel coglione con i denti d'oro.
Non le importava che fosse sposato, che fosse un porco, che avesse vent'anni più di lei.
Le importava solo che le altre la guardassero con invidia, che le persone volessero essere lei per una volta.
E io? Io che dicevo di amarla le avevo voltato le spalle.
"Finirai in un fottuto fosso. Finirai morta come ti meriti!"
Le avevo urlato in faccia pieno di rabbia e disprezzo. Ero ferito, umiliato. Sentivo di essere stato abbandonato di nuovo, di non valere nulla.
Mi davo il vomito da solo. Persino Billo e Sam se ne sarebbero andati, perché io non meritavo nulla.
Invece io ero qui, Billo e Sam al mio fianco e un impero costruito insieme, sbaglio dopo sbaglio, sangue sul sangue.
Paula era finita in un fosso davvero, per overdose. Lui l'aveva scaricata dalla sua macchina, l'aveva lasciata crepare come una bestia selvatica appena investita da una macchina.
Io gli avevo scaricato il contenuto della sua pistola in testa.
Era la prima volta per me. La prima volta che toglievo la vita e che mi sentivo vivo.
Per anni avevo avuto gli incubi ripensando a quella notte.
Ripensando a come lo avevo ammazzato e come ero stato bene mentre lo facevo.
Ero un pazzo, un sadico. Forse meritavo ogni singola botta presa nella mia vita..
"Ehi, coglione. Torna qui!"
Sam mi dette un altro pugno sulla spalla e poi appoggiò la fronte alla mia.
"Io mi fido di te. Io sono tuo amico. Io non voglio che ti succeda nulla. Capisci?"
Inspirai forte il suo odore di sangue e sudore e feci un cenno con la testa.
"Che devo fare?" Gli chiesi allora.
Scoppiò a ridere e poi sbuffò.
"Capisci perché ora sono in un vicolo cieco? Non posso liberarmi semplicemente di lei? Non siamo così."
Anche Sam fece un segno di negazione con la testa.
"Lo so."
Ammise per la prima volta.
"Cazzo.."
Alzò le braccia sopra la testa innervosito.
"È furba. Dobbiamo stare attenti, tenerla d'occhio."
"Te lo prometto."
Mi intromisi fermando le sue parole.
"Ti prometto che non permetterò a nessuno di distruggere quello che abbiamo creato. Te l'ho promesso una vita fa e sono un uomo di parola."
Gli porsi la mano e Sam la strinse.
Sapeva che non stavo scherzando.
"Skin.."
Le parole gli morirono sulle labbra.
Sbuffai e mi toccai il petto. Mi faceva male la vita.
"Cazzo Skin."
Disse di nuovo toccandosi la fronte. Anch lui era tormentato.
"Ci ha portato solo guai. E tu hai un cuore grande.."
Sorrisi. Di solito la gente non mi descriveva con quelle parole.
"Sei uno straccio. Da quanto non dormi? Quella sera.. Quella sera ti ha fatto male tanto quanto quelle sere passate in riformatorio. Perché glielo permetti?"
Fu il mio turno di scuotere la testa.
Perché le avevo lasciato tutto quel potere? Non sapevo spiegarmelo. Sapevo che la vita ci costringeva nemici eppure ero felice se la vedevo sorridere. Era il senso di colpa? Non solo. Quella era la mia scusa preferita.
La realtà era che sorridevo anche quando mettevo in moto la macchina e mi dirigevo al negozio per portarle i fiori.
L'energia che sprigionava solo per il fatto di esistere mi ricaricava per tutto il giorno.
Eppure non la conoscevo nemmeno ma sentivo di averne bisogno.
E poi era venuta qui. Aveva creato solo subbuglio e io mi sentivo soffocare.
Ma piaceva a Billo, piaceva a Neve, piaceva a me averla intorno.
Mi lanciai sulla poltrona e mi strinsi la testa.
"Qualcosa non funziona qui dentro."
Dissi soltanto e lo pensavo davvero, da sempre.
D'altronde c'era un limite umano di sopportazione dopo il quale diventavano l'ombra di noi stessi. Dove era il confine?
Non lo sapevo e nemmeno Sam che si avvicinò a me girandomi un braccio intorno al corpo.
"Non preoccuparti. Ci sono io per te. Non ti abbandonerò mai."

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