Capitolo 2
La mattina seguente Koriand'r si svegliò di buon ora. Accese la sua lampada rosa e si stiracchiò con uno sbadiglio.
«Buongiorno, nuovo giorno!» disse con un sorriso, inchinandosi davanti alla finestra aperta.
Era così che la ragazza amava salutare il mattino. Ci metteva sempre quella nota di allegria tipica dei Tamariani, mista a la regalità dei Reali e alla sua personalità infantile.
Indossò un vestito verde smeraldo e una tiara dorata con tanto di rubini. Emanava luce, così come il suo sorriso.
Poi sbatté le ciglia un paio di volte, assicurandosi di dare l'effetto desiderato.
Si pettinò accuratamente i capelli fucsia e riempì d'acqua un bicchiere di vetro. Prima di bere, come era solita fare, si specchiò nell'acqua cristallina.
«Dolce come il melograno» disse, senza saper bene di cosa si trattava. «Lucente come un diamante e bellissima come l'iris».
Era ciò che si ripeteva sempre la principessa della sua storia preferita. Sua madre gliel'aveva ripetuta così tante volte che l'aveva imparata a memoria.
«C'era una volta una principessa di nome Rubia. Era dolce come il melograno, lucente come il diamante, bellissima come l'iris e quando rideva, era come sentire le campane a festa» ripeté.
Aveva sempre amato quella fiaba, anche se non sapeva bene da dove provenisse.
Poi qualcuno la chiamò. «Koria! Vieni, i Reali di Vicin'O stanno per arrivare!» disse il Re, irrompendo nella sua stanza.
La trascinò nel grande salone dei banchetti, dove seduta sul suo trono la aspettava la Regina.
Aveva i capelli raccolti in una treccia, arrotolata intorno al capo come una grande corona.
«Dov'è Komand'r?» domandò preoccupata, guardandosi intorno.
Komand'r non voleva partecipare a quella cerimonia, ma le toccò farlo.
Legò i capelli in uno chignon e indossò un ampio vestito viola, come aveva previsto. Poi da uno dei cassetti del suo armadio tirò fuori un pezzo di vetro, che usava come specchio.
Dal giorno dell'incidente nessuna delle due sorelle teneva nella sua camera uno specchio.
Anzi, era roba vietata nel loro castello.
Komand'r sospirò e scagliò il pezzo di vetro fuori dalla finestra. Poi delle parole si fecero largo nella sua mente. Aveva pensato a lungo a come raccontare quella storia.
Ma una cosa era certa, quello non era un giorno freddo e umido e la scena non si sarebbe ripetuta.
Perché quando Marius le disse che era bella, finalmente Komand'r credette di essere qualcosa.
Andò in camera, si specchiò e si convinse che lui aveva ragione. Ma subito dopo nello specchio comparve anche un altro riflesso: quello di sua sorella, Koriand'r.
E la ragazza seppe che ci sarebbe sempre stata lei a frapporsi fra lei e i bei momenti che rubava.
E ruppe lo specchio.
Le schegge volarono e si sparsero dappertutto, Koriand'r rimase ferita a un braccio.
Guarì, ma Komand'r non se lo perdonò mai. Da allora entrambe non si guardarono mai più in uno specchio.
Komand'r sospirò, chiedendosi se quel ragazzo credeva ancora che lei fosse bella.
Scacciò subito il pensiero dalla mente.
«Il sole splende. Magnifico!» si trovò a dire. «Ma cosa vado blaterando, il sole fa schifo! La vita fa schifo, le persone fanno schifo! E se esiste qualcuno lassù, che fa andare avanti la vita, che fa sorgere il sole e che fa parlare le persone...be' fa schifo pure quello!»
Qualcuno rise.
«Koria?» chiese la ragazza, voltandosi di scatto.
«Stai dicendo che anche io faccio schifo?» domandò Koriand'r, poi riprese a ridacchiare.
«No...io...ecco...mi stavo solo sfogando» cercò di giustificarsi.
«Forza, vieni, stanno per arrivare i Reali di Vicin'O» disse Koria trotterellando.
Sua sorella la seguì.
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